Genfest Italia 2024, insieme per prendersi cura

Gli appuntamenti e le iniziative in Italia dei giovani dei Focolari

di Aurelio Molè

Alcuni dei momenti più belli della nostra vita li abbiamo vissuti nei Genfest. Ognuno può sfogliare il proprio personale album di ricordi. Nel mio, uno dei miei momenti clou, ma non solo, è stato il Genfest del 1990. Il muro di Berlino, sembrava fino ad allora una barriera impossibile da rimuovere, eppure si sgretolò in pochi minuti nel novembre del 1989. Un mondo più unito si faceva storia concreta. Le frontiere si aprirono e, per la prima volta, era possibile incontrare centinaia di giovani dell’Est Europa. Dalla ex Yugoslavia fino alla Lituania. Dei popoli e dei giovani bellissimi, ancora incontaminati dal consumismo Occidentale, con cui era possibile sperimentare una unità di cuori palpabile. Nel 1990 San Giovanni Paolo II al Palaeur di Roma disse che il mondo unito «è la grande attesa degli uomini d’oggi, la speranza e, nello stesso tempo, la grande sfida del futuro» perché «è la via della pace». Parole quanto mai attuali in un mondo che vive una terza guerra mondiale a pezzi.

Il Genfest, deriva da gen “generazione nuova”, il settore giovanile dei Focolari, e da fest, festival. Nasce nel 1973 a Loppiano, una piccola cittadella dei Focolari vicino Firenze, quando non erano ancora state ideate le Giornate mondiali della gioventù e si ripete ogni sei anni radunando centinaia di migliaia di giovani dai cinque continenti per condividere attraverso esperienze, canti, coreografie, interventi la propria passione per la fraternità universale. L’ultima edizione si è svolta nel 2018 nelle Filippine, la prossima sarà in Brasile dal 12 al 24 luglio 2024 dal titolo “Insieme per prendersi cura” per costruire un mondo di fraternità al di là delle differenze culturali, etniche e religiose prendendosi cura del pianeta e delle persone, soprattutto le più vulnerabili. Si snoderà in tre fasi: volontariato, un evento centrale e la creazione di comunity per continuare a costruire un mondo più unito nel proprio territorio.

In Brasile, ad Aparecida, sono attesi seimila giovani e una diretta streaming in 120 Paesi, ma non tutti potranno partecipare. In Italia sarà possibile vivere una sorta di staffetta. Si comincia dalla Toscana. Dal 12 al 21 luglio si vive dapprima con le mani in pasta in una settimana di volontariato locale diffuso in città della Toscana come Firenze, Prato, Massa, Pistoia, Grosseto, Lucca e Pisa. In collaborazione con associazioni, parrocchie, case di accoglienza e nella cornice più ampia del Progetto Milonga “Embrace Humanity che da anni si occupa di volontariato internazionale.  Lo sguardo sarà rivolto a persone migranti che mettono a rischio la propria vita in cerca di speranza; a chi è costretto a vivere nella disumanità di una guerra; a chi è povero e affamato; a chi è escluso e emarginato dalla vita sociale o, discriminato per la sua appartenenza etnica, per l’identità di genere, perché persona con disabilità mentale o fisica; di chi è prigioniero di una dipendenza, di chi è anziano e solo. Non si tratta solo di azioni ma anche di formazione ai fenomeni e temi e di condivisione nella fase finale che avverrà a Loppiano dal 19 al 21 luglio. Tre giorni vissuti insieme con persone provenienti da varie regioni d’Italia e qualche Paese europeo. Sono previsti collegamenti in diretta con il Genfest internazionale del Brasile e la creazione di community per aree tematiche per formare dei gruppi in base agli interessi che potranno continuare le loro azioni sul territorio perché il Genfest non è solo un evento, ma un processo generativo che si spera continuo nel tempo.

«In Toscana – commenta Nadia Xodo, una delle organizzatrici – abbiamo notato un risveglio nelle comunità, un coinvolgimento con l’organizzazione di cene solidali, nell’ ospitare i giovani presenti nelle loro città, e una nuova coscienza nel prendere cura del proprio territorio».

Il modello è “Una città non basta” proposto da Chiara Lubich in cui invita a prendere le misure della città per cercare i poveri, gli abbandonati, gli orfani, i carcerati per non lasciare nessuno solo e dare sempre «una parola, un sorriso, il vostro tempo, i vostri beni» e condividere ogni cosa «momenti di gioia e di vittoria, di dolore e di fallimento, perché la luce non si spenga». «Ma “una città non basta”: sì, con Dio, una città è troppo poco. Egli è colui che ha fatto le stelle, che guida i destini dei secoli e con Lui si può mirare più lontano, alla patria di tutti, al mondo. Ogni nostro respiro sia per questo, per questo ogni nostro gesto, per questo il riposo e il cammino. Alla fine, facciamo in modo di non doverci pentire di aver amato troppo poco».

Dopo la Toscana, la Calabria che prenderà il testimone per tutto il Sud Italia coinvolgendo la Sicilia, la Campania, la Basilicata, la Puglia, la Sardegna e persone dalla Palestina, dall’Egitto per gettare ponti di fraternità sulle sponde del Mediterraneo. Tre gruppi sono al lavoro da tutte le regioni per il programma dal 26 al 30 luglio per un percorso immersivo e pratico di conoscenza della cultura della pace, della fraternità e della solidarietà. Le tre fasi del Genfest del Brasile saranno declinate anche il Calabria. La mattina del 27 luglio apertura a Lamezia terme (CZ) per andare in profondità su quello che è il primo “ambiente” dove viviamo, e cioè noi stessi, la nostra identità, chi siamo, verso dove andiamo e come prendersi cura di sé. Sono previsti anche collegamenti con il Genfest internazionale del Brasile e con gruppi di giovani in Ungheria e Giordania. Il pomeriggio si continua con la vita, con l’amore concreto, «con i muscoli», l’ascolto, la vicinanza: incontri con comunità di recupero, accoglienza di persone ai margini della società, di minori stranieri non accompagnati e ambiente con la pulizia delle spiagge, visite ad azienda agricole controcorrente che rifiutano di pagare il pizzo. Al tramonto è tempo di festa con una cena e una serata artistica nella piazza di Curinga (CZ) in collaborazione con la Proloco del Comune. La mattina del 28 luglio ci si sposta a Isola di Capo Rizzuto (KR) per approfondire con esperti il tema “Mediterraneo. Un caleidoscopio di crisi, sfide, opportunità”.  Sulla spiaggia di Cutro, nel pomeriggio, si ricorderà la tragedia del naufragio dei migranti con una Messa, l’incontro di alcuni protagonisti del tragico evento e un flash mob. Senza tralasciare la conoscenza delle bellezze culturali e naturali di Isola di Capo Rizzuto. La giornata conclusiva del 29 luglio sarà il giorno della creazione di community per continuare ad agire nel proprio territorio in base ai propri interessi, di tirare le conclusioni e di chiudere il Genfest con una grande festa sul lungomare di Lamezia terme aperto a tutti con cantanti, esperienze, testimoni, interventi.

«I protagonisti e gli ideatori sono i giovani – chiosa Gabriella Zoncapè, tra le organizzatrici –, ma gli adulti dei Focolari sono di supporto per la parte logistica. Si è avviato un processo di comunione, partecipazione, fraternità non solo all’interno dei Focolari, ma con associazioni, movimenti ecclesiali, scuole, comuni, diocesi». Il Genfest è già iniziato!

Per iscrizioni al Genfest in Calabria: link

Instagram: Genfest_ Calabria2024

Email: genfest.italia@gmail.com

Iscrizioni al Genfest Toscana a questo link

Info: giovanifocolaritoscana@gmail.com

LIBRO DEL GENFEST

SITO WEB GENFEST INTERNAZIONALE 




La festa del Genstella (1974-2024): 50 anni insieme

Un concerto a Lamezia Terme (CZ) ripercorre la storia di un complesso musicale nato nel solco del Movimento Gen

di Aurelio Molè

Si può raccontare una vita, spiegare una melodia, trasmettere l’emozione di una amicizia, comunicare l’esperienza della presenza di Dio tra gli uomini? La reunion del complesso musicale Genstella ci ha provato, in occasione del suo cinquantesimo, al Teatro Grandinetti a Lamezia Terme lo scorso 23 marzo davanti a 600 persone.

Correva l’anno ’74, in piena contestazione giovanile, con bande armate di terroristi rossi e neri che imperversavano nel Belpaese, l’impennata dei prezzi con l’inflazione al 20%, gli attentati di piazza della Loggia e dell’Italicus che alimentavano la strategia della tensione, il referendum sul divorzio e, allo stesso tempo cresceva, nel solco del Vangelo, del comandamento dell’unità e dell’amore scambievole, il carisma del Movimento dei Focolari. La musica era il veicolo, come oggi i Social, per narrare la propria esperienza nel mondo giovanile e non solo. C’era la passione per la musica, il mettere in gioco i propri talenti, la forza del gruppo per poter donare l’incredibile scoperta di un Dio vicino e innamorato dell’uomo, il rapporto di amicizia che ne scaturiva, la profonda partecipazione gli uni alla vita dell’altro.

Il Genstella nasce a Reggio Calabria da un gruppo di giovani attratti dalla musica e dalla spiritualità del Movimento Gen, cioè Generazione nuova. Il nome “Stella” lo attribuì direttamente la fondatrice dei Focolari Chiara Lubich che in una missiva scriveva: «È così che (per la fede) nacque una posterità numerosa come le stelle del cielo». La band crebbe, maturò, si affermò coinvolgendo 120 giovani tra cantanti, musicisti, mimi, tecnici. In 50 anni sono più di 250 gli spettacoli, 200 mila le persone che hanno partecipato, 70 mila i chilometri percorsi tra Calabria, Sicilia, Puglia, Campania, Lazio, Polonia, quattro le audiocassette, due le compilation incise su CD. Incontri reali, personali, nei luoghi più impensati, in grandi città e nelle periferie esistenziali e geografiche del nostro Paese. Spettacoli divulgati senza Social, cellulari, mezzi di comunicazione di massa, ma con il passaparola, l’entusiasmo e la convinzione di avere qualcosa da dire e che valeva di più accendere un fiammifero piuttosto che imprecare contro il buio.

Una citazione particolare merita lo spettacolo di Gibellina, nella Valle del Belice, distrutta dal terremoto del 1967, davanti alle baracche di 2 mila terremotati attentissimi. Sui loro volti dipinti il terrore, la paura e la speranza del messaggio cristiano in cuori sensibili perché provati dalla sofferenza. Tra le esperienze più toccanti i due concerti svolti a Gela (CL) e nel carcere di Noto (SR) perché inseriti in contesti in cui, la criminalità organizzata, esercita la sua azione vessatoria sul territorio in modo costante e violento.

Poteva sembrare ingenuo, idealistico, ma l’esperienza era autentica come quando si fa una nuova scoperta. Non importa che si sia inventato solo un grammo di penicillina, ma che si possa moltiplicare per guarire i mali del mondo. O almeno per fare la propria parte per un mondo più unito.

Lo stesso spirito di fratellanza si è respirato sul palco di Lamezia Terme dove si sono alternati i componenti del Genstella tra storie, ricordi, aneddoti divertenti, avventure e brani musicali del loro repertorio. Un concerto che sa di un piccolo miracolo per essere riusciti a mettere insieme 40 persone provenienti da 20 città diverse, che hanno fatto le prove del concerto solo tramite una piattaforma online e che sono riusciti a coinvolgere la platea per più di due ore di spettacolo con il loro entusiasmo e la condivisione di quell’essenziale che è invisibile agli occhi, ma che si respirava tra loro. La commozione era palese nell’esplosione finale con il brano “Resta qui con noi” cantato da tutti. Non sono mancate le profonde esperienze di vita, come quella di Salvatore Ignaccolo che da oltre 30 anni vive come focolarino in Africa e di don Piero Catalano, un sacerdote focolarino che si è speso per i bambini abbandonati, per i malati di AIDS e per il recupero di molti giovani dalla dipendenza della droga.

È stato possibile seguire l’evento anche online e sono molti i riscontri positivi arrivati al Genstella. «Anche a 1.000 km di distanza è arrivato l’amore di tutti voi. È stata una festa bellissima per donare a tutti l’unità che scaturisce dall’amore scambievole che mi ha fatto partecipe della famiglia del Genstella». «Non è la fine di una storia, perché nella vita di ogni giorno dobbiamo continuare a realizzare l’Ideale che ci ha preso il cuore». «Tempo fa, in una situazione molto dolorosa in casa, senza la fiamma che avete acceso in me e che mi ha legato all’amore di Dio, non so che fine avrei fatto. Grazie!». «La sera parlando con mio figlio e i suoi amici quattordicenni, li ho visti con negli occhi una luce diversa». «La musica e i testi sono stati per l’anima carezze di persone rinnovate dall’Amore ricevuto e donato». Tra i presenti anche il vescovo di Lamezia Terme, mons. Serafino Parisi: «Sono felicemente sorpreso – ha commentato – da questa comunicazione gioiosa del Vangelo. Ci sono state parole di pace, da costruire nel nostro piccolo. I temi dell’amore, della fraternità, dell’amicizia ci hanno trascinato con la forza della musica, in modo empatico e coinvolgente per diventare tutti come il Genstella cantori della pace».

Un bell’incoraggiamento e un passaggio di testimone per i giovani di oggi in vista del Genfest che si svolgerà in Brasile dal 12 al 24 luglio 2024. (qui il link). Il Genfest si svolgerà non solo in Brasile ma anche con dei collegamenti in diverse parti del mondo: uno dei punti sarà proprio a Lamezia Terme (qui le varie informazioni).




La Regola d’Oro

LA REGOLA D’ORO
Non trattare gli altri in maniere che tu stesso troveresti dannose (BUDDISMO)
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la legge ed i profeti. (VANGELO DI MATTEO 7,12)
Una parola riassume tutta la base di una buona condotta: la bontà. Non fare agli altri ciò che tu stesso non vorresti fosse fatto a te. (CONFUCIANESIMO)
Questa è la sintesi del dovere: non fare agli altri ciò che sarebbe causa di dolore. (INDUISMO)
Nessuno di voi è credente se non desidera per il fratello ciò che desidera per sé stesso. (ISLAM)
Non fare al prossimo ciò che non vorresti fosse fatto a te: questa è tutta la torà, il resto è commento. Va e studia. (GIUDAISMO)

Sono all’ultima ora del turno di lavoro pomeridiano, ho quasi concluso il mio giro, la situazione sembra abbastanza tranquilla. E ’inevitabile, lo confesso, guardare all’orologio e vedere quanto manca! Non sono una persona superstiziosa ma certo mi auguro che tutto fili liscio fino alla fine; per questo quasi faccio finta di non sentire la moglie di un paziente che cerca un cardiologo…

Sento l’infermiera che le dice: a quest’ora signora…non c’è più nessuno…cosa si sente? Solo mi gira un po’ la testa… la pressione è appena un po’ più alta del normale; ok mi dico, è a posto, non mi riguarda.

Dopo qualche minuto entro nell’ultima stanza che mi mancava: oh no mi ritrovo proprio davanti quella signora! E’ giovanile, dinamica, all’apparenza sta bene e poi mi racconta sintomi così sfumati, trascurabili… penso di liquidarla dicendole: niente di urgente signora, si rivolga al suo medico.

Eppure, un medico ce l’ha davanti, non è una mia paziente ma è qui, mi sta chiedendo consiglio. Venga signora, mi racconti meglio…la visito…riscontro un grave disturbo del ritmo cardiaco, allerto il 118 e invio la paziente in codice rosso, impianto di pacemaker.

Signora quella dottoressa le ha salvato la vita… che impressione mi fanno quelle parole! Le 20.00 sono passate da un pezzo, ma che importa!

Paola Garzi




Dare un sorriso, la nostra disponibilità, il nostro tempo, i nostri beni a chi è nel bisogno

Tre anni fa, con l’anno della Misericordia indetto da papa Francesco, ho deciso di dare il mio contributo a favore di tanti fratelli bisognosi, impegnandomi sul fronte “Migrantes”, e assicurando così la mia adesione come Volontario presso il Centro di Ascolto “G.B.Scalabrini”, in Reggio Calabria. Collaboro pertanto con un esperto legale del Centro stesso, per l’approntamento della complessa documentazione, relativa al rilascio o al rinnovo dei permessi di soggiorno di tante persone, arrivate in città e provenienti in gran parte dall’Africa e dall’Est Europa.

Molte sono anche le pratiche riguardanti la residenza ed il lavoro, per le quali necessita un trait d’union tra idonei interlocutori e i richiedenti interessati, che spesso non sanno scrivere, né parlare in lingua italiana! La fatica è intensa, ma rimane la certezza di potere aiutare tante persone sprovviste di tutto e lontane dalla propria terra e dai propri affetti.

In occasione di una liturgia funebre per un giovane del Togo, morto per una grave malattia, ho conosciuto un giovane musulmano, proveniente dalla Costa d’Avorio, al quale ho dato un passaggio per permettergli di raggiungere il luogo di sepoltura dell’amico. Al ritorno, di comune accordo con mia moglie Paola, lo abbiamo invitato a casa nostra per pranzare con noi.

Questo è stato l’inizio di un rapporto profondo, per cui Ibraim ormai considera la nostra famiglia come la sua, non avendo più i genitori o altri parenti. Questo rapporto si è intensificato nel tempo, per cui ai nostri quattro figli, se n’è aggiunto un altro, anche se di colore diverso!

Per lui la nostra famiglia è stata un’ancora di speranza, soprattutto alla scadenza del periodo vissuto nella Cooperativa di prima accoglienza! Ha trovato così l’energia indispensabile per iniziare un lavoro come “factotum” in un villaggio turistico,  riscuotendo fiducia ed apprezzamento, a tal punto da meritare lusinghiere referenze che hanno reso possibile il suo trasferimento presso un quotato ristorante nel centro di Firenze! Ma le leggi restrittive varate nel frattempo in Italia, hanno reso molto complicata la legalizzazione degli immigrati. Per cui Ibra ha perso il lavoro, non essendo la ristorazione contemplata fra le attività previste per il permesso di soggiorno. Il suo ritorno in Calabria è stato molto doloroso e senza speranza!

In quella preoccupante situazione, mi sono venute in mente le parole di Gesù “l’avete fatto a me” e mi è sembrato che il Signore chiedesse proprio a me di servire “quel povero”.

Ho preso così a cuore il problema di Ibra e, accertato che tra le poche attività consentite c’era la “collaborazione domestica”, ho raccomandato al buon Dio questo fratello e, tramite whatsapp, ho diramato nel gruppo del Movimento dei Focolari, la disponibilità di Ibra ad accettare questo lavoro, pur sapendo le difficoltà pregiudiziali per l’assunzione in una famiglia calabrese, di un giovane sconosciuto e, per giunta di colore!

Ma la Provvidenza non ci ha abbandonati e dopo un’attesa snervante di 15 giorni, è arrivata la chiamata da parte di una buona famiglia. Ho garantito personalmente sull’affidabilità del giovane e così, dopo il disbrigo di estenuanti procedure, Ibra ha potuto prendere servizio, diventando il principale e permanente sostegno di un simpatico  nonnino, dando tranquillità e puntuale servizio a lui ed ai figli, impegnati professionisti.

Se non fossi stato sostenuto dall’Ideale dell’Unità e dall’amore dei fratelli del Movimento, probabilmente avrei avuto tante perplessità ad espormi, specie in un periodo così difficile come quello in cui stiamo vivendo. Ma non ho avuto tentennamenti, convinto che i doni che Dio mi ha concesso, nell’arco della mia vita, devo farli circolare.

Pensando al futuro di Ibra, mi sono inoltre impegnato per assicurargli una base culturale, con un adeguato titolo di studio: sono così riuscito a fargli  ritagliare del tempo, nelle pause di lavoro, per frequentare una Scuola che, alla fine dell’anno, potrebbe rilasciargli un diploma di terza media, necessario per accedere ad altre possibili attività.

Con l’occasione, munito di un computer, messo a disposizione dalla famiglia presso cui lavora, sta apprendendo anche i primi elementi di informatica . Non solo, ma mia moglie Paola, a cui Ibra è particolarmente legato, chiamandola “mamma”, lo sta aiutando, pur con la sua salute malferma, a diventare bravo in matematica, essendo lei stata docente in tale materia.

Questa avventura che ancora continua, è stata possibile grazie alla “cultura del dare”, alla quale il Movimento ci ha formati. Dare un sorriso, l’ascolto, la nostra disponibilità, il nostro tempo, i nostri beni, a chi è nel bisogno. Solo così troveremo la nostra realizzazione: nell’amare, nel dare, per la gloria di Dio.

Enzo Bagnato e famiglia




Una parola del Vangelo che ci fa trasalire di gioia

La settimana scorsa, abbiamo ricevuto una richiesta di aiuto da parte di una famiglia povera, che vive qui a Reggio Calabria ormai da molti anni, provenienti dal Montenegro, Jugoslavia. Vivevano una vita normale e tranquilla, quando si sono trovati costretti a lasciare la loro terra a causa dell’instabilità politico economica del loro paese.

Ma non avendo trovato miglior fortuna qui da noi, dove vivono insieme ai due figli, hanno iniziato a darsi da fare attraverso la vendita di oggetti di ogni tipo, organizzando una bancarella vicino le chiese, nei mercatini o anche chiedendo qualcosa fuori dalle chiese. Potete immaginare cosa sia stato per loro e per tanti che hanno perso il lavoro, non poter uscire più di casa, non solo per i vari decreti restrittivi sulla mobilità personale, ma soprattutto, per la mancanza di sostentamento economico, con bollette ed affitto da pagare, il tutto aggravato dalle condizioni precarie di salute della moglie.

Prima dell’avvento di questa pandemia, la nostra comunità non ha mai fatto mancare loro il nostro aiuto attraverso la raccolta degli oggetti più vari, ai quali in qualche occasione, si aggiungevano anche altri oggetti provenienti da altre comunità della Calabria. Ma stavolta la telefonata ha avuto un tono molto diverso dalle altre: “E’ finita la bombola del gas, non c’è rimasto quasi niente da mangiare e servono delle medicine, ma non so come fare e dove andare” con tono sommesso e scusandosi alla fine per la richiesta e per il disturbo.

Dopo averne parlato in famiglia, lo abbiamo comunicato subito a tutta la comunità ed a fine giornata è stata raggiunta la somma di € 220,00 che ci ha consentito di fare tutto e di coprire anche una rata di fattura di energia elettrica in prossima scadenza. Grande è stata la loro gratitudine per la provvidenza ricevuta, mentre il nostro grazie sale al cielo. Anche stando a casa si, ma tante cellule vive, come Chiara Lubich ci ricorda: “C’è una parola nel Vangelo che fa pensare e che, compresa appena un po’, fa trasalire di gioia. In essa è condensato quanto dobbiamo fare nella vita. Tale frase è chiamata la Regola d’oro: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Mt7-12).

Comunità del Movimento dei Focolari di Reggio Calabria
24 marzo 2020




Ritiro 2020 per sacerdoti, diaconi e religiosi in Calabria

La seconda “edizione” del Ritiro per sacerdoti, diaconi e religiosi della Calabria si è svolta dal 2 al 4 marzo 2020.

Nell’anno dedicato a Gesù in mezzo ed al centenario di Chiara, abbiamo voluto dare questo titolo: “Camminare insieme verso la santità: una novità per la Chiesa”. Una novità senz’altro significativa che Chiara, venendo al mondo, ha portato col suo carisma.

Hanno partecipato a tutto il periodo del ritiro 15 tra sacerdoti, diaconi e religiosi. Motivi di salute e impegni pastorali hanno impedito la partecipazione di tanti altri, i quali hanno comunque assicurato la loro preghiera e la loro unità a distanza.

Altri 18 però si sono aggiunti per la seconda giornata, quando abbiamo avuto il dono della presenza di Michel Vandeleene e don Sergio Pellegrini. In un clima di profondo ascolto e unità, Michel ha trattato il tema della santità collettiva e lo ha fatto veramente con sapienza e “passione”, toccando il cuore e l’anima di tutti.

Subito dopo, don Sergio e Padre Marcio (della Fazenda da Esperança di Lamezia), attraverso le loro esperienze, hanno comunicato come il camminare insieme verso la santità si può concretizzare nella vita di un sacerdote diocesano e di un religioso: esperienze molto belle, che proprio ci volevano per passare dalla contemplazione all’incarnazione.

E’ seguito un momento di dialogo molto partecipato e profondo. I presenti venivano da 10 diocesi della Calabria. Il giorno prima (lunedì), la venuta dei ragazzi del Movimento dei Focolari e le loro esperienze, precedute da un approfondimento sul pensiero di Chiara riguardo alle nuove generazioni, avevano fatto capire meglio il valore dei “piccoli”: si toccava con mano che l’anima non è né grande né piccola…

Molto apprezzati anche i momenti artistici dei dopo cena, che abbiamo voluto inserire nel programma per sottolineare che Dio è anche Bellezza e può parlarci pure attraverso l’arte. I momenti di comunione d’anima sin dal primo giorno sono stati molto belli… ma l’ultima mattina la meditazione ha suscitato una comunione particolarmente profonda: veniva fuori non solo il desiderio di tutti di rimanere nella realtà dell’Unità, ma anche una consapevolezza nuova del “peso” del carisma di Chiara, che, se vissuto, ci inserisce nella vita trinitaria… insomma “una spiritualità chic”, come lei diceva nel video.

Sono ripartiti tutti felici e grati per questi momenti vissuti insieme e… con la preghiera di ripetere incontri come questo. Non c’è che da ringraziare Dio per quanto ha operato al di là di noi! 

 




Associazione: “Insieme per il Bene Comune”, nascita e sviluppi

7 ottobre 2018:Una data importante!

Nasce nella città di Vibo Valentia l‘associazione “IBC” – Insieme per Il Bene Comune.

Lo scopo dell’associazione è quello di promuovere e diffondere, ad ogni livello ed in ogni campo della vita sociale, una cultura della Pace e dell’Unità tra le persone e tra i popoli, con particolare attenzione al mondo giovanile e nell’ottica di uno sviluppo integrale della persona umana.Essa si ispira allo spirito del Movimento del Focolari e desidera contribuire alla diffusione, in ogni ambito della società, dell’idea del mondo unito, promuovendo lo spirito della fraternità universale.

Tale scopo potrà essere perseguito attraverso ogni opera azione o iniziativa che sia direttamente o indirettamente strumentale al suo raggiungimento. L’associazione è nata grazie anche al Convegno tenutosi a Vibo il 12 giugno 2018 dal titolo “Elogio dell’autosovversione di Vibo Valentia” alla presenza dell’Economista, storico del pensiero economico e professore ordinario di economia politica all’università LUMSA di Roma Prof. Luigino Bruni.

Infatti, in una sala gremita alla presenza  di circa 300 persone, dell’allora Sindaco di Vibo, Dott. Costa, e vari Consiglieri ed assessori comunali, il professore Bruni ha spiegato con parole semplici quello che è necessario attuare per fare una “rivoluzione d”amore” e cercare di cambiare dal di dentro il proprio modo di agire.

Notando la massiccia partecipazione di pubblico, cosa molto difficile in una realtà come Vibo,  lo stesso sindaco ci ha spronato ad organizzare ulteriori convegni a sfondo sociale, ai quali avrebbe partecipato con enorme piacere, chiedendoci in particolare di organizzare un convegno sul gioco d’azzardo ormai diventato una vera e propria piaga sociale.

Anche una Banca nazionale, avendo apprezzando la riuscita dell’evento, ci ha promesso un contributo di 5.000,00 euro nel caso in cui avessimo organizzato altri eventi interessanti l’intera collettività. E proprio in quest’ottica che il 30 novembre 2018 alla presenza di 250 giovani appartenenti a classi delle Scuole secondarie di II grado abbiamo organizzato un convegno molto apprezzato dal titolo “Insieme, nella legalità, per una società libera dall’azzardo”. Tale convegno, organizzato in collaborazione con la società di comunicazione scientifica TAXI 1729, ha teso a dimostrare agli studenti, usando la matematica, in una forma coinvolgente e divertente, che è quasi impossibile vincere al gioco e che i danni provocati dal gioco d’azzardo sono spesso irreparabili.

Dal marzo 2019 al giugno 2019, l’associazione ha organizzato presso l’Ordine dei Dottori Commercialisti di Vibo Valentia più incontri, in diretta via streaming dal Polo Lionello Bonfanti di Loppiano, vicino Firenze, aventi ad oggetto un corso di formazione tendente ad inculcare un nuovo modo di fare economia, “l’Economia di Comunione”.

Da ultimo, in occasione delle elezioni comunali avvenute in concomitanza con le elezioni europee, sempre a Vibo Valentia l’IBC ha pensato di rendersi parte attiva organizzando con altre 2 associazioni, l’associazione “Condividiamo” e l’associazione “Centro Servizi per il volontariato” un incontro con la cittadinanza, alla presenza dei quattro candidati alla carica di sindaco; tutti i candidati a sindaco hanno accolto con piacere l’invito e sono rimasti stupefatti della folta partecipazione del pubblico che, in silenzio e senza faziosità, ha ascoltato con interesse dapprima i Presidenti delle 4 associazioni, che hanno introdotto i lavori, e poi coloro i quali sono spontaneamente intevenuti senza però dare giudizi e senza sottolineare le cose negative della città ma, al contrario, facendo proposte concrete di miglioramento della stessa.

Alla fine dei lavori, si è proposto ai 4 candidati alla carica di Sindaco di rivedersi prima delle consultazioni elettorali affinchè prendessero impegni per la città. E’ nato così l’idea di proporre un patto per la città da sottoporre all’attenzione di tutti i candidati a sindaco, a consigliere comunale ed alla cittadinanza.

Ma da dove cominciare? cosa scrivere?

Vi assicuro, non è stato semplice lavorare con tutte le associazioni ma, man mano che ognuna di esse apportava il proprio contributo, ci  si rendeva conto dell’occasione e della bellezza di condivedere le proprie idee senza prevaricare quelle degli altri, anzi facendo spazio alle idee degli altri, rinunciando alla propria; è stata un’esperienza di forte comunione fra tutti.

Ma proprio quando si era già stilata la bozza definita da inviare ai candidati affinchè ne avessero contezza e decidessero di firmarla totalmente oppure parzialmente oppure di non firmarla affatto, perchè non condivisibile, e si era già fissato l’incontro con i candidati e la cittadinanza, ecco che un’altra associazione ha chiesto di aggregarsi per dare il proprio contributo, l’associazione “Libera” – contro le mafie -.

Ognuna delle associazioni coinvolte umanamente sentiva di dovere dire che ormai era troppo tardi e che non ci sarebbe stato il tempo di ritoccare nulla, ma, sempre nell’ottica di dare spazio all’altro e di far sentire pertanto importante anche l’altro, mettendo da parte i propri egoismi, ha accolto subito con gioia la proposta dell’associazione aggregatasi.

Ma quale impegno era contenuto nel patto? In esso ciascun candidato a sindaco avrebbe dovuto assumere impegni programmatici, etici, democratici e concreti, nei confronti degli altri candidati e nei confronti della cittadinanza tutta, impegnandosi, fra l’altro:

– a gestire con trasparenza e correttezza il denaro pubblico;
– ad ascoltare la parte avversaria con atteggiamento costruttivo e non distruttivo a prescindere dal ruolo di maggioranza e/o di opposizione;
– a promuovere e sostenere l’utilizzazione ai fini sociali dei beni confiscati alle mafie;
– a contrastare con proposte concrete il dilagare della povertà adottando azioni reali di contrasto;

ma anche i cittadini si dovevano impegnare a partecipare alla vita democratica della città anche nel caso in cui avesse vinto la coalizione per la quale non si era votato  ed inoltre si dovevano impegnare a non chiedere favori e privilegi personali o di categoria ma di ricercare sempre la relazione tra il proprio problema ed i bisogni della Comunità.

Come si può immaginare, tale patto, se firmato e soprattutto se rispettato da tutti, era davvero un modo di andare contro corrente, di non sottostare alle logiche del proprio partito di appartenenza.

E’ così e successo!!! Ogni candidato a sindaco ha firmato il patto approvandolo e condividendolo in pieno. In una sala gremita in ogni ordine di posti, con tanta gente anche in piedi, si spera sia partito un nuovo modo di fare politica a Vibo, come già in altre parti d’Italia ed anche in Calabria, come a Cutro e Castrolibero dove i rispettivi sindaci Salvatore e Giovanni hanno cominciato ormai da tempo a dare la propria vita per i loro cittadini senza compromessi e liberi da condizionamenti.




Si è sentita amata ed ha cominciato a legarsi a noi come una figlia

Quando abbiamo conosciuto il Movimento dei Focolari, abbiamo concretamente incominciato ad amare, proiettandoci completamente verso gli altri e ponendoci come stile di vita appunto l’arte di amare. Le esperienze che, singolarmente o soprattutto come coppia, abbiamo fatto, sono numerose.

Una bellissima esperienza l’abbiamo fatta ospitando a casa nostra per un anno intero una ragazza brasiliana venuta in Italia con un programma di scambio culturale. All’inizio le cose non andavano tanto bene: J. non riusciva ad inserirsi nella nostra famiglia e noi, considerandola ospite, non contribuivamo allo scopo. Semplicemente mancava l’amore. Da quando, per primi, abbiamo incominciato ad amarla concretamente, ad amarla come le altre due nostre figlie, le cose sono cambiate improvvisamente: lei si è sentita amata ed ha cominciato a legarsi a noi come una figlia e le nostre figlie sono diventate le sue sorelle.

J. è diventata così tanto una di noi che ha sentito il bisogno di approfondire la bellezza della famiglia cristiana: ci ha chiesto di poter essere formata per prendere i sacramenti del battesimo, cresima e comunione che non aveva ricevuto in Brasile, pur avendo 17 anni! Per l’occasione sono venuti i suoi genitori dal Brasile ed abbiamo fatto una grande festa che ha coinvolto l’intera comunità. Oggi il legame con J. continua, e noi continuiamo ad essere per lei “mamma e papa” tutte le volte che ci vediamo in videochiamata o ci scriviamo.

G. e A.




Calabria: la novità della Mariapoli 2019 a Mormanno

La Mariapoli di Mormanno, nel Nord della Calabria al confine con la Basilicata è stata – possiamo dire – un evento programmato e portato avanti da Qualcuno più grande di noi!

Nei primi giorni del novembre scorso, erano state presentate ai giovani e al paese di Mormanno le figure di Carlo Grisolia (che aveva radici mormannesi) e Alberto Michelotti: due giovani del Movimento dei Focolari che, nella loro seppur breve vita, avevano puntato in alto: Il racconto della loro esperienza ha lasciato nel cuore dei giovani del posto il desiderio di conoscere più in profondità la loro vita e la spiritualità dell’unità che li animava.

Un incontro casuale poi di questi giovani di Mormanno con il loro Vescovo ha suscitato il desiderio di programmare la Mariapoli nel loro paese. Con loro abbiamo gioito e affidato a Maria questo progetto. Si trattava di capire se c’erano le premesse per un’accoglienza di un centinaio di persone.  Si sono iniziate le ricerche e verso la fine di aprile abbiamo visto la possibilità di rendere concreta l’idea.

Il tempo stringeva… ma insieme ci abbiamo creduto e in particolare la comunità di Cosenza si è fatta carico di tutta la parte logistica, dei rapporti con le autorità civili del Paese, con il Vescovo e con il parrocco, che hanno sostenuto e messo le basi a tutto l’evento.

Sicuramente dal cielo Carlo e Alberto hanno fatto il tifo per questa Mariapoli. È stato immediato il titolo “Puntare in Alto“, alla luce della loro breve vita radicata nel Vangelo.

Preparata in poco tempo (una quarantina di giorni), questa Mariapoli ci è sembrata davvero un frutto dell’amore reciproco, costruito giorno per giorno con tutte le persone coinvolte nei vari aspetti.

Il programma voleva aiutare i mariapoliti, attraverso storie di vita, esperienze, stralci di interventi di Chiara (sull’Arte di amare e sullo Spirito Santo), a fare un cammino insieme e scoprire con la vita il significato del titolo dato alla Mariapoli.

Ideato da un architetto di Cosenza e con l’aiuto di guide del posto, si è voluto anche conoscere le radici e le bellezze del paese che ci avrebbe ospitato per alcuni giorni: “Curiosando per Mormanno” ha suscitato in tutti i presenti tanto entusiasmo e tanto interesse.

Il primo giorno si è concluso con la presenza del Vescovo di quella Diocesi (Cassano), del Sindaco e di alcuni assessori di Mormanno. Nelle sue risposte alle domande dei giovani, Mons. Francesco Savino ha voluto condividere con tutti tratti della sua esperienza di fede.

È stato forte sentirlo dire con forza al Sindaco, Giuseppe Regina, e agli assessori presenti cosa avrebbe generato nel territorio la Mariapoli: “Vi lasceranno la gioia”, diceva tra l’altro. E ai giovani: “Non sprecate la Mariapoli, è un’opportunità, vivetela intensamente”. In un passaggio ha definito Chiara Lubich la “folle dell’Amore di Dio”.

Il secondo giorno ci si è suddivisi per gruppi di interesse: Ambiente ed Economia, La città , L’arte del dialogo. Momenti di confronto aperti e costruttivi.

L’ultimo giorno, altro momento forte: la testimonianza di Marta Chierico, Antonio Topi e Paolo Grisolia, su Alberto e Carlo. Con loro si è toccato il divino. E poi una carrellata di esperienze di impegno concreto su vari fronti in varie città della Calabria, che hanno dato speranza e gioia.

Alla fine Don Francesco, il parroco, nel ringraziare si è commosso. Mentre l’assessore, Giuseppe Fasano, salutandoci ci diceva: “Ho costatato che venite da città diverse ma siete una cosa sola”. 




“Fazenda da Esperança“ – Lamezia Terme (CZ)




Ritiro per sacerdoti e religiosi in Calabria: un’esperienza di gioia e speranza

Dal 26 al 28 Febbraio 2019 si è svolto in Calabria un ritiro per sacerdoti e religiosi organizzato dalla comunità del Movimento dei Focolari. Ecco quanto ci scrivono.

 “A conclusione di una delle più luminose esperienze che ho celebrato nella mia vita, voglio ringraziare per questo respiro di Paradiso che il vostro carisma mi ha consegnato in queste ore stupende passate insieme a voi. Dio vi benedica tutti. Grazie per la risposta che date al Signore, alla Chiesa e a Chiara. Spero di poter in seguito attingere a questa sorgente fresca e profonda che Dio ha dato alla Chiesa e al mondo…”. E’ quanto ci ha scritto uno dei 22 partecipanti al ritiro per sacerdoti e religiosi – provenienti da varie diocesi della Calabria – che si è svolto a Lamezia Terme dal 26 al 28 febbraio. Di questi, 8 venivano dalla diocesi di Mileto. Era la prima volta che in questa regione si faceva una cosa del genere.

Da vari anni un gruppo di circa 30 sacerdoti e religiosi si trovano mensilmente nel nostro focolare di Lamezia. La scorsa estate è nata l’idea di fare un incontro di più giorni, idea che a settembre è stata accolta con entusiasmo da tutto il gruppo che ha anche dato dei suggerimenti per il programma.

Nel fare gli inviti ci siamo resi conto che alcuni sacerdoti non riuscivano a partecipare a tutto il ritiro… per questo abbiamo pensato di invitarli solo per il secondo giorno. Poi ci è venuta un’altra idea: da tempo avevamo il desiderio di rincontrare i seminaristi di Cosenza, che erano stati in focolare lo scorso giugno, anche per rispondere ad una esplicita richiesta del Vescovo. Abbiamo pensato quindi di invitare pure loro a questo secondo giorno. Perciò il secondo giorno si sono aggiunti altri sacerdoti e 13 seminaristi di Cosenza accompagnati dal loro Padre spirituale. Quel giorno eravamo in tutto una cinquantina.

Ogni momento del programma è stato vissuto e accolto in un clima di grande unità e ascolto. La prima mattina abbiamo approfondito “La Carità”, mentre al pomeriggio “Gesù abbandonato”, anche con esperienze di membri del Movimento dei Focolari, molto apprezzate.

La mattina del secondo giorno era dedicata alla trasmissione di quella esperienza mistica vissuta da Chiara Lubich nell’estate del 1949: è stata una mattinata straordinaria! Il momento di comunione successivo ha confermato che era scesa una grazia su tutti. E le Tre Comunioni (con l’Eucaristia, con la Parola, con il fratello) sono state davvero prese da ciascuno come un viatico da portare via per rimanere in questa realtà. A conclusione della mattinata la S. Messa, durante la quale abbiamo fatto il Patto dell’amore reciproco.

Molto bello e fruttuoso nel pomeriggio di quello stesso giorno il momento che abbiamo chiamato: “Il Carisma dell’unità nella vita dei sacerdoti e dei religiosi”. Soprattutto attraverso esperienze sono venuti fuori spunti molto interessanti: la scelta radicale di Dio, la vita fraterna con gli altri sacerdoti, la comunione dei beni… che sono stati ripresi – anche dai seminaristi – nella successiva condivisione tra tutti.

L’ultima mattina, dopo una meditazione sulla Chiesa, ricorrenti erano le espressioni di gratitudine, di gioia e desiderio di andare avanti in questa vita di unità alla luce del carisma di Chiara: “Grazie di questi giorni inattesi e incredibili anche per le prospettive che si possono intravedere…”. “Un incontro rivoluzionario a mio parere, che riempie di gioia e di speranza”.

Prima della partenza, ci siamo tutti insieme interrogati su come andare avanti adesso, dopo questi giorni… E’ emersa l’esigenza di continuare senz’altro con gli incontri mensili in focolare, ma anche di inserire momenti locali per diocesi, in cui sia possibile andare più a fondo nella vita di comunione e anche nel confronto su tematiche pastorali inerenti al proprio territorio. Vedremo quindi come attuare queste esigenze.

Focolare di Lamezia Terme
tel.0968-419024  email: focmcz@gmail.com




L’esperienza di “Casa Ismaele” a Cosenza

Riceviamo e pubblichiamo l’esperienza di una comunità che ha aderito a un progetto di accoglienza. L’articolo è stato pubblicato sul periodico dell’Associazione Famiglie Nuove, Spazio Famiglia.

“Mi chiamo Lamine Badiane e ho da poco compiuto 18 anni.
Vengo dal Senegal,dove vivevo con la mia famiglia. Lì dopo la scuola, che ho frequentato per quattro anni, ho lavorato come elettrauto, finché ho deciso di partire. Prima di mettermi
in viaggio non potevo immaginare quanto questo sarebbe stato duro e faticoso. Ho attraversato quattro Paesi prima di arrivare in Italia. Tutto il viaggio è durato due anni. Dal Senegal ho attraversato la Mauritania, il Mali, l’Algeria, la Libia, dove sono rimasto per un mese in prigione. Sono riuscito a scappare grazie all’aiuto di una signora e ad arrivare sulla
spiaggia, dalla quale mi sarei imbarcato.

Il 30 Giugno 2017 sono partito a bordo di un’imbarcazione e sono arrivato in Italia, a Corigliano, il 3 Luglio». Quella di Lamine è una delle tante storie che accomunano i ragazzi ospitati nella Casa di Ismaele, una casa famiglia situata a Rogliano, in provincia di Cosenza, che accoglie minori stranieri non accompagnati, tra le fasce più vulnerabili di chi arriva in Italia con la speranza di un futuro migliore. La struttura, aperta dopo l’emergenza sbarchi sulle coste calabresi dello scorso Giugno e poi entrata nel circuito Sprar, ospita 12 ragazzi, adolescenti e neo maggiorenni. Nata dalla collaborazione tra la cooperativa sociale Fo.Co., AFNonlus, AMU Onlus e la cooperativa sociale Mi.Fa., Casa di Ismaele offre ai ragazzi un ambiente familiare e uno stile di vita adatto alla loro età. Oltre all’attività scolastica, gli ospiti della casa famiglia infatti frequentano dal mese di ottobre un corso di italiano, che li impegna tutti i giorni nonché attività sportive in base alle loro attitudini. Il pranzo e la cena sono momenti conviviali e vengono condivisi con gli educatori.

In entrambi i pasti sono i ragazzi stessi a cucinare, assieme all’educatore di turno. Non mancano momenti di aggregazione, uscite, partecipazioni alle feste popolari, pizze, tombolate ed altro. Oltre agli operatori, ai mediatori linguistico-culturali, all’assistente sociale e alla psicologa, i ragazzi sono seguiti da una rete di famiglie locali, che si sono messe a disposizione per offrire loro momenti di svago e tempo libero. Alcune si sono riunite formando la cooperativa sociale Missione Famiglia (Mi.Fa.), impegnata nella diffusione di un’idea “sociale” di famiglia, che si metta al servizio delle periferie esistenziali.
«L’esperienza di Casa di Ismaele, parte da una comune attività sociale di volontariato, svolta da alcuni anni, in favore di minori con disagio, residenti in case famiglia, inclusi i minori stranieri non accompagnati», ‒ ci spiegano Gaetano e Giulia Gabriele, tra i fondatori di Mi.Fa. Per realizzare l’obiettivo di un’accoglienza che, riconoscendo la centralità della persona umana e della sua dignità, garantisca la reale applicazione dei diritti umani, nonché l’attivazione di percorsi finalizzati all’autonomia economica e sociale dei giovani, le famiglie di Mi.Fa. hanno da subito istaurato un rapporto di amicizia con i ragazzi della casa famiglia. «Fin da subito ‒ continua Gaetano ‒ grazie all’aiuto dei mediatori lingustico-culturali, siamo riusciti a creare una zona di prossimità, favorendo un clima di accoglienza e d’incontro, cercando di valorizzare e rispettare la diversità delle loro culture e, soprattutto, facendogli capire di non sentirsi estranei, ma considerandoli un dono alle nostre vite».
Le famiglie hanno un ruolo fondamentale in questo processo di integrazione.

Lo conferma anche Alfusainey Touray, mediatore linguisticoculturale della struttura.
«Fare in modo che un ragazzo straniero sia supportato da una famiglia locale, gli permetterà di praticare la lingua e gli darà un punto di riferimento. Nello stesso tempo, questa esperienza consentirà alla famiglia di superare gli stereotipi e i pregiudizi che accompagnano lo straniero». Così l’accoglienza assume la sua vera conformazione, diventa un’opportunità di conoscere, confrontarsi con il diverso, sperimentando forme di multiculturalità anche all’interno di piccoli centri abitati. Per fare in modo che tutti i ragazzi come Lamine, alla domanda “Cosa ti aspetti dal futuro?”, rispondano proprio come ha fatto lui: «Mi piace studiare e voglio continuare così per imparare la lingua e integrarmi. Voglio diventare un elettrauto nel futuro e voglio servire questo Paese, che mi ha dato l’opportunità di cominciare una nuova vita»”.

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Associazione “Insieme per il bene comune” – Vibo Valentia

L’Associazione intende promuovere e diffondere, ad ogni livello ed in ogni campo della vita sociale, una cultura della Pace e dell’Unità tra le persone e tra i popoli, con particolare attenzione al mondo giovanile e nell’ottica di uno sviluppo integrale della persona umana.

Essa si ispira allo spirito del Movimento del Focolari e desidera contribuire alla diffusione, in ogni ambito della società, dell’idea del mondo unito, promuovendo, tra quanti vorranno condividerne l’azione, lo spirito della fraternità universale proclamata nell’art. 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

Tale scopo potrà essere perseguito attraverso ogni operazione o iniziativa che sia direttamente o indirettamente strumentale al suo raggiungimento.

Nell’ambito delle suddette finalità l’Associazione, a titolo esemplificativo, si propone quanto segue:

a) suscitare una mentalità della solidarietà come elemento determinante dello sviluppo integrale dell’uomo, promuovendo in tal senso opere, azioni e iniziative in ogni campo della vita sociale;

b) favorire anche a livello locale, un dialogo ed una maggiore conoscenza reciproca tra i popoli, razze ed etnie, che porti alla stima dell’altrui cultura come della propria e alla diffusione di una cultura planetaria che goda dell’apporto delle singole culture;

c) educare alla pace e alla non violenza, valorizzando il pensiero ed i messaggi di quanti nel mondo hanno favorito e favoriscono la pace e l’unità tra gli uomini;

d) assicurare con iniziative ricreative, ecologiche e sportive, la riscoperta dell’importanza che anche lo sport e l’ambiente rivestono nello sviluppo pacifico delle persone e dei popoli; promuovere, organizzare e gestire iniziative ed attività sportive, musicali e teatrali sia avvalendosi di strutture dell’Associazione stessa, ovvero messe a disposizione da enti pubblici o privati;

e) promuovere e diffondere l’economia civile e di comunione in tutte le sue implicazioni, organizzando a tal fine corsi, workshops, mostre, convegni, tavole rotonde, forum, seminari, studi, cineforum, corsi di formazione, premi e borse di studio, viaggi e visite culturali;

f) promuovere e diffondere gli ideali di una politica di comunione e per l’unità;

g) promuovere le scienze e le arti, operando per mettere in rilievo i valori morali e spirituali che uniscono le culture e garantendo la ricchezza delle loro diversità, nonché il progresso del sapere in ogni disciplina, per contribuire a migliorare la vita umana e l’ambiente naturale e sociale;

h) sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo le finalità generali e le iniziative dell’Associazione attraverso i mezzi di comunicazione di massa e attraverso manifestazioni di vario genere, pubblicazioni e notiziari.

L’Associazione può svolgere tali compiti anche in collaborazione con altri enti aventi finalità analoghe.

L’Associazione potrà compiere ogni atto, azione o negozio direttamente o indirettamente strumentale al perseguimento degli scopi istituzionali, nelle forme e nei limiti stabiliti dalla legge.”  

Viale Matteotti pal. Ubi Carime – Vibo Valentia 

c.f. 96045370796  – viboinsieme@gmail.com  infoline 392 9863470




Giovani e Gen Verde a Crotone, un cocktail spumeggiante

Tra sfide, scoperte e sorprese, echi di un’autentica scuola di vita e di fraternità

video del Gen Verde

video da WeSud news




Crescere coi nostri figli

Un bilancio sul progetto “Famigliedicuore” di Napoli e  Cosenza

Si dice che sia il mestiere più difficile quello del genitore: domande, dubbi si affacciano ogni giorno dovendo accompagnare i figli nella varie tappe di crescita nei contesti sempre nuovi dove si trovano a vivere.

L’impegno si fa più esigente se il figlio arriva da lontano tramite l’adozione internazionale. Al bisogno di formarsi e confrontarsi con altre famiglie che vivono l’esperienza adottiva, cerca di offrire risposte concrete e innovative il progetto “Famigliedicuore”. Il percorso  dà la possibilità alla coppia di sentirsi meno sola e di essere sostenuta  nella fase delicata in cui il bambino proveniente  da un altro Paese entra a far parte della nuova famiglia e l’avventura si fa unica e meravigliosa, ma anche contrassegnata da interrogativi e responsabilità.  Nato nel 2014 in collaborazione con l’Associazione Unafamigliapertutti Onlus di Ascoli Piceno e realizzato da Azione per Famiglie Nuove onluscon l’obiettivo di divulgare la cultura dell’adozione attraverso il rafforzamento della rete tra famiglie e tra famiglie e istituzioni,  il progetto si è avviato anche in Campania nel 2016  col contributo della Fondazione Banco di Napoli,   e nel 2017 è approdato in Calabria. Tramite  la piattaforma di Crowfounding Meridonare della fondazione Banco di Napoli  si è potuto sensibilizzare a largo il progetto, diffuso anche grazie a diversi eventi solidali, come quelli organizzati da l’ “Associazione Pietra Viva” onlus di Casavatore Napoli, partner del progetto, e al contributo di tanti sostenitori che credono nelle potenzialità di questo percorso costruttivo.

Numerose le attività proposte: da incontri formativi allo sportello di consulenza psicologica, a laboratori tematici per bambini e ragazzi, condotti da una psicologa e psicoterapeuta familiare e da due operatori per l’infanzia per favorire l’ascolto delle emozioni più profonde in un clima di gioco e di partecipazione emotiva, fino ad aperitivi e momenti ludici di socializzazione. “E’  un’esperienza fondamentale per essere dei genitori più consapevoli, per imparare a mettersi in discussione e poi trovare la strada da percorrere come singoli e come famiglia”, commenta una coppia sulla pagina facebook che consente alle famiglie di collegarsi in rete e restare informati su appuntamenti e novità.

Il passaparola tra le coppie ha favorito la diffusione di eventi sul territorio e incontri formativi gratuiti che hanno visto aumentare il numero dei partecipanti nel corso dei mesi, presso l’Istituto Nazareth nel quartiere Vomero di Napoli, facilmente raggiungibile da vari punti della Campania. Attualmente le famiglie coinvolte a vario titolo sono  45, tra cui anche quelle aspiranti l’adozione. Quasi una cinquantina i ragazzi tra i 2 anni e i 16 anni.

“Il tempo vola grazie alla vostra capacità di rendere il tutto molto molto piacevole e andiamo via con ancora tanta voglia di raccontarci, ma portando con noi un nuova riflessione sulla quale soffermarsi.”-  dice una famiglia.

L’importanza delle regole, come gestire la rabbia dei bambini, il rispetto dei tempi di crescita, la costruzione dell’identità, la relazione tra fratelli e i modelli educativi  sono alcune delle tematiche proposte nei diversi gruppi di famiglie, seguiti  da una psicologa e psicoterapeuta familiare, costituiti in base all’età dei figli, dal momento che ogni tappa dello sviluppo ha le sue peculiarità e le sue criticità da approfondire.

“Abbiamo la possibilità di condividere le nostre esperienze e i bambini di stare insieme, giocare, condividere le emozioni. Sono incontri speciali per noi e per i nostri figli”, è un’altra impressione che risuona sui social. C’è anche chi ringrazia “per la ricchezza di contenuti e di emozioni ricevute fino ad ora!” ed esprime il desiderio di vedersi di più: “Sarebbe bello se, oltre a continuare questo percorso, si potessero fare più incontri…!”

Un bilancio positivo anche per il progetto che, a partire da febbraio, si è avviato a Cosenza  con oltre una ventina di famiglie partecipanti, sia adottive che affidatarie, tra cui alcune indirizzate alla sede AFNonlus  dai servizi sociali.

Le famiglie comunicano  paure, perplessità e il bisogno di essere seguite e supportate nel gestire situazioni difficili, ma anche  i benefici di un percorso che ha attivato in loro risorse e il desiderio di mettersi in gioco. Una certezza: la relazione sicura e stabile è la base per la costruzione dell’identità del bambino e dell’adolescente e la condizione indispensabile per vivere serenamente con se stessi e con gli altri.

Giovanna Pieroni




“Famigliedicuore” approda anche a Cosenza

Approda anche a Cosenza il progetto a sostegno delle famiglie adottive e affidatarie. 

La genitorialità è di per sé un compito assai arduo, in special modo per quanto riguarda l’adozione, nella quale la costruzione delle relazioni tra i membri della famiglia diventa molto delicata e necessita di un’attenzione particolare.  Le difficoltà aumentano poi, quando i genitori tendono ad isolarsi e a vivere le varie problematicità in maniera chiusa, perché la solitudine può avere delle ripercussioni negative sul rapporto con il bambino, a sua volta portatore di storie dolorose.

“Famigliedicuore” è un progetto che ha proprio l’obiettivo di supportare e accompagnare le famiglie adottive lungo tutto il loro percorso, che non si ferma nel momento in cui il bambino entra nella sua nuova casa, ma che continua in tutte le fasi della sua crescita.

Voluto proprio da un gruppo di famiglie che hanno sentito la necessità di mettersi insieme per superare al meglio le difficoltà, quest’anno il progetto approda anche a Cosenza, dopo essere partito nel 2014 da Ascoli Piceno e passato successivamente per Napoli.

In territorio calabrese, FamigliediCuore è stato presentato venerdì 24 Febbraio presso il Palazzo della Provincia di Cosenza, in un evento di sensibilizzazione e diffusione dell’iniziativa. Durante la serata sono state presentate le attività di quest’anno e le diverse novità, tra cui l’estensione dell’iniziativa anche alle coppie affidatarie, oltre che adottive, e la presenza del progetto sulla piattaforma di crowdfunding Meridonare. Tra i presenti: i servizi sociali della zona, alcuni avvocati della Camera minorile, molte coppie adottive ed affidatarie e diverse personalità pubbliche. “E’ fondamentale che le famiglie facciano parte di una rete, di un posto accogliente dove potersi confrontare e scambiare esperienze – afferma la Dott.ssa Mariella Rende, referente delle adozioni internazionali della sede AFN Onlus di Cosenza e relatrice dell’evento – questo serve per vivere con maggiore serenità il compito di mamma e di papà, figure fondamentali per la crescita armoniosa e sana del bambino”.

Ma in che modo offrire ai genitori gli strumenti giusti per poter affrontare con serenità i momenti difficili che il ruolo di genitore comporta? “Attraverso una formazione di gruppo ed una consulenza individuale – spiega la Dott.ssa Maria Rosaria Venuto, psicologa e formatore genitoriale di AFN Onlus – Come confermano le statistiche, la formazione e la consulenza, intesa come momento di confronto e di crescita personale, sono elementi necessari per poter affrontare le possibili difficoltà che si possono incontrare lungo il percorso adottivo e affidatario”.

Contestualmente alla formazione dei  genitori, un gruppo di educatori esperti del settore, dell’Associazione Fusi Orari, si occuperà dei veri protagonisti del progetto Famigliedicuore, ovvero i bambini ed i ragazzi, che, attraverso attività formative e ricreative, faranno un piccolo percorso parallelo a quello dei genitori. 

“Accoglienza e accettazione dell’altro rappresentano gli elementi necessari per poter creare un’alleanza relazionale con il bambino adottato e/o affidato – continua la Dott.ssa Maria Rosaria Venuto – Il genitore adottivo e affidatario non deve essere una persona “speciale”, ma consapevole e responsabile, capace di mettersi in gioco e modificare i propri punti di vista”.

L’evento si è concluso con un dibattito molto interessante e con la bella testimonianza di Grazia e Giovanni Ruberto una coppia che ha sperimentato sia il percorso adottivo che quello affidatario e che ha saputo, in modo semplice e diretto, riferire tutti gli stati d’animo, le difficoltà e le gioie che questa avventura porta con sé.

È facendo spazio all’interno della disponibilità emotiva  dei genitori e del bambino che l’adozione e l’affido diventano un incontro tra storie,  ed è proprio da queste storie di vita che bisogna ripartire, conoscendole e fornendone un nuovo significato.

Anita Leonetti

 




Le potenzialità del dialogo

CONVEGNO INTERNAZIONALE
OnCity: reti di luci per abitare il pianeta
Laboratorio internazionale di cittadinanza per il bene comune

Atti del Convegno Internazionale Oncity-reti di luci per abitare il pianeta, che dal 1° al 3 Aprile 2016 ha riunito al Centro Congressi di Castel Gandolfo (Rm) 900 partecipanti provenienti da tutto il mondo: tre giorni di lavori, riflessione e confronto su alcuni grandi temi d’attualità legati alla vita nelle città.

Il convegno, organizzato dal Movimento Umanità Nuova, AMU e Movimento Giovani per un Mondo Unito, è un’iniziativa che si colloca nel quadro dello United World Project (UWP).

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Le potenzialità del dialogo nelle situazioni di conflitto: processi globali e personali

La relazione educativa come “luogo” di dialogo tra generazioni per affrontare, trasformare e superare il conflitto – Annelisa Vecchione, Formatrice, Potenza (Italia)

“Il rapporto educativo è puramente dialogico” (Martin Buber)

LA STORIA – L’idea: Sogno e Realtà –

La mia esperienza di educatore comincia nel 1999, con l’ideazione, insieme ad alcuni miei colleghi, di un laboratorio di narrazione per lo sviluppo di un progetto inserito nell’ambito della realizzazione di centri ludici per l’infanzia e l’adolescenza sul territorio della Basilicata (Italia).

I centri ludici furono realizzati nel 2001 ed io, insieme al mio gruppo di lavoro, cominciai a costruire un laboratorio della fiaba per i bambini del mio territorio. Laboratorio che è diventato poi, nel tempo, una metodologia educativa che definisco “Educazione Socio – Emotiva Integrata”, che ha preso forma in maniera più chiara nel 2005, quando abbiamo proposto questa esperienza ad un istituto comprensivo di un comune lucano (Viggiano), nel quale ho lavorato per sei anni come esperta nella conduzione di laboratori socio – emotivi in classe, durante le ore curriculari come supporto ai docenti, nella scuola dell’Infanzia e Primaria.

I laboratori di educazione socio emotiva integrata si costituiscono come piccole comunità educanti, alle quali partecipano i bambini, gli insegnanti, i genitori, che a turno, vengono ospitati in classe per condividere le attività di laboratorio, cercando di costruire relazioni in cui ci si impegna a generare un’accoglienza incondizionata, non giudicante dell’altro, nello sforzo costante di valorizzare il positivo di ciascuno, per realizzare una consapevole reciprocità.

Il processo di insegnamento/apprendimento nei laboratori socio emotivi integrati, è finalizzato all’acquisizione di comportamenti che tentano di genera il “Ben–stare” insieme. Gli strumenti utilizzati sono i contenuti disciplinari e l’educazione al riconoscimento e alla gestione delle emozioni primarie, attraverso la decodifica dei comportamenti, spesso conflittuali tra pari, ma anche tra genitori e insegnanti e tra questi e i bambini o i ragazzi. L’esperienza è stata poi replicata in diverse scuole della Basilicata, circa una decina, fino a trasformarsi nel 2014 in un Progetto di Comunità, finanziato dai fondi europei, per la valorizzazione del territorio e della memoria, realizzato nel comune di Sarconi, in provincia di Potenza in Basilicata.

IL METODO – Leggere e decodificare la realtà

COME costruire relazioni che si trasformano in “luogo di dialogo”, che possano consentire di affrontare la conflittualità, trasformandola in incontro?
Lavorando per diversi anni con i bambini ho imparato, ascoltando le loro narrazioni con attenzione, molte cose che mi hanno aiutata a mettere insieme lo studio, la conoscenza, con la realtà dei rapporti umani, la teoria con la pratica. Senza questo connubio, il processo educativo non può realizzarsi e i bambini con i loro bisogni, spesso inascoltati, mi hanno “suggerito” la necessità di coinvolgere, nonostante le difficoltà organizzative, burocratiche, gli adulti nelle attività laboratoriali.

Coloro che sono stati coinvolti nelle attività, non potevano essere destinatari di questo processo, ma partecipanti, costruttori del dialogo.
I laboratori sono strutturati in modo da dare valore alle persone, capovolgendo le logiche diffuse in una società competitiva, edonistica, consumistica. Lo spazio laboratoriale diventa luogo per acquisire e sviluppare competenze che si realizzano in un clima altruistico di collaborazione, che richiede il sacrificio del “mi piace”, oggi molto usato nelle chat, intervallandolo con altri atteggiamenti, come ad esempio: “provo ad ascoltarti”,“provo a mettermi in gioco”, “mi fido di te”, “ti chiedo aiuto”, “ti racconto una storia …”.

In classe si lavora quasi sempre in coppia, in gruppo, mettendo in comune lo spazio, gli strumenti, le conoscenze, la pazienza, il fastidio, a volta il disordine, l’inevitabile scontro, con lo scopo di mediare, di “ascoltare” il disagio provocato dalla frustrazione del limite che l’altro mi pone con la sua presenza. L’educatore educa attraverso la sua carne e il suo sangue, non solo attraverso le parole e le spiegazioni. Spesso, incorriamo nel verbalismo, rischio che tutti gli educatori, oggi corrono, focalizzando il proprio impegno educativo in una serie di spiegazioni teoriche; ma non posso educare all’altruismo e alla collaborazione, al rispetto e all’ascolto, se non predispongo i banchi in un certo modo, se non favorisco l’utilizzo comune degli strumenti e dei materiali, e così via.

Nei laboratori di educazione socio emotiva integrata rivolti agli adulti (realizzati nelle biblioteche comunali, nei centri per le famiglie, nelle scuole ecc), non si ascolta una lezione in modo distaccato, ma si sta in cerchio, si partecipa ai giochi di pedagogia creativa, si sente il fastidio o l’imbarazzo del decostruire per ricostruire, dando un senso condiviso alle parole “RELAZIONE”, “DIALOGO”, “CAMBIAMENTO”, “DARE VALORE”, “EDUCATIVO”.

LE ESPERIENZE – tendere verso la realizzazione di un FINE indefinitamente perfettibile, ma concretamente realizzabile –
“I luoghi dei legami e della memoria”) – 2014 –
Partecipanti:

  •   gruppo studio e ricerca (15 – 25 anni);
  •   4^ e 5^ primaria e 1^, 2^, e 3^ secondaria di primo grado;
  •   adulti, famiglie, anziani in pensione;
  •   Enti e associazioni del territorio (Comune, Parrocchia, Ass. culturali, turistiche e divolontariato).

Il progetto sviluppato a Sarconi, dall’associazione Ca.Tali.Te e dalla Pro Loco, relativo ai Luoghi della Memoria, è stato un viaggio emotivo – sensoriale nell’immaginario collettivo, di quanti, hanno voluto partecipare alle attività proposte.
L’iniziativa progettuale, ha dato vita ad una rete culturale che ha messo in relazione persone, enti, istituzioni e infrastrutture, favorendo una circolarità di iniziative che ha spinto la comunità a prendere coscienza del patrimonio esistente e a condividerlo come bene comune, vivendo l’appartenenza ad un territorio non come semplice fatto geografico, ma nel senso di avere intessuto con esso un “legame emotivo”, costruito attraverso le persone, il contatto di mani e di piedi che hanno toccato, camminato, accarezzato volti, strade, muri e pietre.

“Abitare il Sogno” (Potenza) – 2014/2016 – Partecipanti:

  •   i giovani allievi di diverse scuole secondarie di secondo grado (15 -18 anni) del capoluogo potentino impegnati in 7 laboratori creativi ( pittura, scrittura, graffiti, teatro, musica ecc.);
  •   di cui uno dedicato ai ragazzi del Carcere minorile di Potenza;
  •   un laboratorio dedicato agli adulti educatori (genitori, insegnanti, allenatori, catechistiecc.).Il Progetto, di cui è promotore il Rotary Club di Potenza in collaborazione con la Regione Basilicata, si è posto l’obiettivo di costruire con consapevolezza una comunità educante; una comunità di persone disponibili ad allearsi per formarsi e confrontarsi. La comunità educante è un modo di essere e di vivere, in cui non ci si limita ad affermare l’importanza della collaborazione e della condivisione in linea di principio, ma si tenta di creare occasioni di scambio e di comunicazione, spazi per il sostegno e la formazione dei diversi soggetti coinvolti, attraverso il quale generare il bene comune, un sistema che garantisce le condizioni per cui ciascuno può impegnarsi per realizzare i propri sogni, specialmente le giovani generazioni alle quali, spesso, il mondo adulto nega il futuro non svolgendo adeguatamente nel presente la propria funzione educativa.

Alcune affermazioni conclusive degli adulti che hanno partecipato al percorso, parole incarnate, frutto dei mesi trascorsi insieme:

  • “si insegna soltanto se si impara”;
  • “educare è amare: la parola che nasce dal cuore arriva al cuore”;
  • “Educare è cambiare se stessi”;
  • “Educare è comunicare il messaggio abbi fiducia in te”;
  • “ho acquisito una maggiore consapevolezza dell’atto educativo e ciò mi stainducendo ad una riflessione prima dell’azione che mi conferisce serenità e capacità di autocontrollo”;CONCLUSIONI COME INIZIOAffermava Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, a Washington, durante la Lectio Magistralis tenuta in occasione del conferimento della Laurea Honoris Causa in Pedagogia:
    “Ogni pedagogia autentica è portatrice di una tensione utopica, da intendersi come idea regolativa a costituire tra noi, quel paese che ancora non c’è, ma che dovrebbe esserci. L’educazione, in tale prospettiva è vista come mezzo per avvicinarsi al fine utopico[…]. L’utopia non è un sogno, né illusione, né una meta inavvicinabile, essa è tra noi[…]”.

    Allora potremmo dire che il fine utopico dell’educazione socio – emotiva è costruire una comunità educante, in cui è la memoria la mappa di una comunità, espressa attraverso il dialogo nei legami tra generazioni, per insegnare e imparare a progettare e realizzare, con impegno, il cammino per abitare il proprio sogno, educando al difficile, all’incarnazione della parola, con il contributo di tutti coloro che partecipano.

    Affermava Monsignor Romero in una sua riflessione, di cui vi lascio solo alcune righe stralciate:
    “[…]Non possiamo fare tutto, però dà un senso di liberazione l’iniziarlo. Ci dà la forza di fare qualcosa e di farla bene. Può rimanere incompleta, però è un inizio, il passo di un cammino […]”.

E’ il nostro inizio quotidiano che costruisce la via per raggiungere la meta prefissata, e il cammino è la parte reale e concreta del nostro fine utopico.

Annelisa Vecchione

Fonte: dal sito ufficiale del unitedworldproject