Nuovo album musicale del Gen Rosso: “The reason”

Il nuovo album sarà presentato al pubblico domenica 30 aprile, durante un concerto sul canale YouTube GEN ROSSO official, nell’ambito della Settimana Mondo Unito 2023.Il CD, che esce in formato fisico, sarà anche disponibile su tutti gli store online dal 23 aprile.

 




Parliamone! Giovani consacrati in comunione

Siamo un gruppo di giovani consacrati e consacrate del Movimento dei Focolari che da alcuni anni portiamo avanti un cammino per i giovani e le giovani consacrate che chiamiamo “santi insieme”. Si tratta di occasioni per incontrarsi e fare famiglia insieme tra vari carismi, cercando di aiutarci nel cammino di santità alla luce della spiritualità dell’unità del Movimento dei Focolari.
Quest’anno proponiamo una serie di incontri su temi attuali e scottanti della vita consacrata che abbiamo intitolato  “PARLIAMONE”; l’obbiettivo è infatti creare degli spazi di dialogo per condividere e confrontarsi su alcuni aspetti che rendono difficile il nostro cammino di santità.
I temi che affronteremo in questi quattro incontri saranno:
  • Abusi
  • Internet e social media
  • Omosessualità
  • Sostenibilità delle opere
Saranno incontri internazionali con la possibilità di traduzioni in: spagnolo, inglese, portoghese e italiano.
Questo invito è rivolto in modo particolare a tutti i giovani consacrati e consacrate, che stanno vivendo le prime tappe della formazione, (noviziato, juniorato), oppure a professe/i perpetue/i che stanno ultimando gli studi.
Vogliamo crescere nel cammino di comunione tra giovani consacrate e consacrati appartenenti a diversi carismi, condividere esperienze vissute e costruire ponti di fraternità, formandosi insieme al vangelo illuminato dai vari carismi.
La partecipazione è gratuita.
Gli incontri saranno ONLINE utilizzando la piattaforma Zoom.
Contatti: santi.insieme@gmail.com
1° incontro –  ABUSI il 29/04/2023 alle ore 20.30 
interverrà Sr. Tiziana Merletti, suora francescana dei poveri laureata in giurisprudenza e dottore in diritto canonico.
Le iscrizioni sono chiuse, chi desidera seguire l’evento, solo in lingua italiana, lo potrà fare attraverso il link yuotube :  https://www.youtube.com/watch?v=o8GNCEHSlnA



TOGETHER: 100 ragazzi, 3 giorni e tantissima felicità!

Il CONGRESSO dei e delle gen3 (ragazzi e ragazze del Movimento dei Focolari) da 9 a 18 anni: tre sorelle, di 11,12 e 16 anni ci raccontano la loro esperienza vissuta nel periodo pasquale

Ciao a tutti!  Durante il triduo pasquale, dal 6 all’8 aprile, con i e le gen 3 abbiamo partecipato ad un “congresso” a Cavallino, un piccolo paese sul mare in provincia di Venezia. Eravamo tantissimi. Arrivavamo dal Triveneto, da Udine, da Bergamo, da Brescia e anche da Mantova! Il viaggio per raggiungere il Cavallino è stato un po’ tormentato a causa di un incidente che ci ha rallentati, ma siamo riusciti comunque a divertirci e sfruttare il tempo dell’attesa per conoscerci.

Appena arrivati abbiamo cominciato le nostre attività divisi per età.

Noi più piccoli abbiamo iniziato con la parola di vita di aprile “Cercate le cose di lassù” che abbiamo subito tradotto in “punta in alto la tua vita” e l’abbiamo poi sfruttata come spunto per giochi e riflessioni. Abbiamo imparato a non accontentarci di piccole soddisfazioni perché si possono sempre raggiungere un sogno e una gioia più grandi. Un’attività che abbiamo molto apprezzato è stata la creazione del “cartonales” (un murales composto di scatoloni) che abbiamo colorato con la scritta “together”: la cosa più importante del congresso infatti era essere uniti con gioia. Per concludere,ci siamo salutati con i “grazie per”: ognuno di noi aveva un foglio attaccato alla schiena per accogliere le dediche degli altri. Ci ha stupito vedere quanto avessimo condiviso in soli tre giorni.

Leggi tutto su: https://www.focolariveneto.it/bambini-e-ragazzi/together-100-ragazzi-3-giorni-tantissima-felicita/




Casa Margherita: accoglienza e fraternità

C’è un proverbio ebraico che dice: “Dio ha creato l’uomo perché gli piace ascoltare le sue storie”: per me le comunità più belle hanno sempre storie da raccontare. Durante il periodo del Covid ho vissuto per tante richieste di aiuto: per alimenti, pagare bollette, immigrati analfabeti che non sanno compilare moduli online per i sussidi economici, posti di lavoro, permessi di soggiorno…

Mi adopero, si fa quello che si può, dico: io metto i pani e i pesci, poi sarà Lui a fare i miracoli. E il primo miracolo inatteso è che ci si incontra con tanti che hanno gli stessi tuoi sentimenti ma con provenienza e colorazioni diverse e ti dicono: “Io conosco chi può aiutarti”, oppure “Ti ho chiamato perché ho saputo da un amico che puoi aiutarmi” e così nasce una rete di circa 30 persone di vari movimenti, parrocchie e non credenti. Tra tutti ci si aiuta e si risolvono tante situazioni di disagio.

Luigi, un amico del Movimento di Comunione e Liberazione mi dice che in un centro immigrati sono presenti ragazzi del Bangladesh minori non accompagnati. Quando avranno 18 anni verranno mandati fuori poiché finiti i finanziamenti, non sono più fonte di reddito. Nessuno di noi ha una soluzione però ci avviciniamo, stiamo con loro.

Io ero un elettricista, Luigi un elettronico. Abbiamo pensato di professionalizzare un po’ questi ragazzi, per renderli più appetibili per il mondo del lavoro. Iniziamo così a fare un corso teorico pratico da elettricista, partiamo con schemi elettrici e montiamo su pannelli parti di impianti tipici di un’abitazione, con prese, interruttori, luci, ecc.

Non capivano molto bene l’italiano ma quattro insegnanti del liceo scientifico, saputa questa nostra avventura dal parroco, ci hanno affiancato offrendosi per fare un corso di italiano per i ragazzi e una signora del Bangladesh si è offerta di farci da traduttrice.

In quei giorni un imprenditore, cercava operai elettricisti da assumere. Gli abbiamo proposto di assumerli in prova, e noi avremmo provveduto a migliorare la loro formazione in base alle sue richieste e necessita. Un altro imprenditore mi contatta per la ricerca di ragazzi nella ristorazione.

In breve tutti i ragazzi sono collocati ma per l’assunzione mancano i documenti, permessi di soggiorno, ma soprattutto residenza perché contemporaneamente arriva l’espulsione dal centro di accoglienza. Conosciamo però Valeria, che volontariamente è la loro tutrice legale, e seguiva già questi ragazzi da tempo come figli e uniamo le forze.

Un avvocato ha saputo dal parroco quanto facciamo e vuole mettersi gratuitamente a disposizione per noi, entra a far parte della rete. Ci aiuta per tutta la burocrazia e Valeria si reca diverse volte all’ambasciata del Bangladesh a Roma. Ma c’è un problema, nessuno affitta una casa dignitosa ad extracomunitari.

Decidiamo così di prendere insieme a Luigi e Valeria una casa in affitto facendo noi da garanti. Una signora di una parrocchia saputo questo, accetta di darci un appartamento in affitto con possibilità di subaffitto e così da poter dare noi la residenza ai ragazzi mediante un comodato.

Vorremmo sia un luogo dove si possano superare momenti di emergenza lavorativa e di alloggio, poi man mano si esce per lasciare il posto ad altri. Tutti i mobili arrivano in omaggio. Insieme ai ragazzi si vernicia e sistema. Un banco alimentare ci offre periodicamente cibo da immagazzinare e così possiamo abbassare le spese e, in comune accordo coi ragazzi, decidiamo che nel loro modesto affitto sia compreso un extra di solidarietà per pagare un posto in più. Così anche loro possono aiutarci a sistemare un ragazzo in difficoltà oppure ammortizzare la perdita di lavoro di uno di loro.

Attualmente sono ospitati tre ragazzi del Bangladesh e due africani del Mali. L’appartamento che abbiamo chiamato casa Margherita è stato inaugurato tre settimane fa alla presenza dell’imam della moschea, che conosco da tempo, e del nostro sacerdote, con una preghiera comune ed un piccolo buffet.

Qualche tempo fa, per una richiesta di aiuto del parroco per alcuni ragazzi disagiati, incontro bambini di strada nel quartiere povero che ballano con musica da cellulare. Con mia figlia Federica, titolare di una scuola di ballo, nasce l’idea di aprire una scuola di ballo gratuita per tentare di tenere lontani i bambini dalla strada. Lei avrebbe insegnato, gli adulti della nostra rete sarebbero intorno come angeli custodi a capire necessità e situazioni.

Non avevamo però il luogo, ma il comune cede in affitto ad una amica della nostra rete un luogo per aprire un centro anziani. Lei non voleva accettare perché aveva fatto richiesta di un posto dall’altra parte della città, saputo però del progetto della scuola di ballo ha subito detto: chissà se c’è un disegno di Dio? E ha accettato l’offerta per aprire lì il centro anziani, dando così la possibilità di avviare anche un centro per bambini in quel quartiere.

Dopo i lavori di sistemazione fatti da una decina di persone della nostra rete, parte la scuola di ballo, i bambini chiamano quel luogo “Smile Art”. Poi la festa di carnevale nessun bambino aveva un vestitino, ma ne sono arrivati 50! Una insegnante del quartiere propone un cineforum ed arriva un proiettore ed un telo. Una ragazza ha perso da poco la mamma e vorrebbe imparare pianoforte, ma il papà non ha lavoro: ci arriva un vero pianoforte per il nostro locale ed abbiamo l’insegnante

Francesco mi dice che un ragazzo rumeno di 13 anni che conosce nel quartiere, da mesi non esce più di casa e ha già fatto 60 giorni di assenza a scuola, ed interpella Lucilla, psicologa. Con Lucilla incontriamo la famiglia. Il ragazzo, dopo la Dad, è in prima media senza conoscere bene la lingua, senza saper leggere, ama il calcio ma senza avere la residenza nessuna squadra lo ha iscritto.

Per il ragazzo, spiega Lucilla, essere l’ultimo della classe ed affrontare il mondo era diventato impossibile: il miglior rifugio era casa coi social, e a volte non mangiava. Ma aveva detto a Francesco che da grande avrebbe voluto fare il parrucchiere.

Parlo di questo al mio parrucchiere, che mi offre un’ora di lezione a settimana. Quando ho detto al ragazzo di venire a conoscere il parrucchiere e vedere il suo negozio, lui che non usciva da mesi, ha percorso 5 km in bicicletta in salita. Collego uno scaldabagno nel nostro Smile Art e poco dopo inizia il corso. Il parrucchiere promette che con un diploma scolastico a 16 anni gli avrebbe fatto fare il corso professionale.

E’ scattata la molla della motivazione e ha ripreso ad andare a scuola con entusiasmo, il parroco lo ha inserito nella squadra di calcio della parrocchia e ci ha procurato insegnanti volontari per le ripetizioni di matematica ed Italiano. Con Lucilla abbiamo incontrato la preside che ci ha fatto avere i libri gratuitamente e ci ha messo in contatto con i suoi professori per una collaborazione. Gli scout del quartiere hanno fatto da cavie per il taglio dei capelli. L’amico parrucchiere ripete spesso: grazie per avermi dato questa possibilità

Una rappresentante di una classe del quartiere, ci ha offerto tutta la sua disponibilità ed esperienza ad avviare attività per i bambini del quartiere poiché vede in questo nostro centro un luogo bello, sereno e sicuro per ridare fiducia alle famiglie che non fanno più uscire i bambini di casa per timore.

Un giovane del Movimento dei Focolari mi diceva che  dei nostri incontri non ricordo le parole ma solo le esperienze vissute insieme. Mi piace pensare che i giovani ascoltano il Vangelo con gli occhi e se è vero che per educare un bambino ci vuole un villaggio, per me sono belle le comunità che hanno storie di Dio da raccontare ai propri ragazzi.

La cosa bella che mi piace di più in questa esperienza è che ho contato per gioco le persone che si sono lasciate coinvolgere, sono 28, ognuna fondamentale per un pezzo di strada insieme.

F.D.B.




Ho trovato un padre ed una madre

Stamattina mi sono recato a Messa in un paese a 5 km da casa mia. Arrivato in chiesa vedo che c’è spazio in un banco in cui è presente un ragazzo di colore. Mi metto in quel banco.In paese è attivo un CAS, centro di accoglienza straordinaria per migranti.

Al segno della pace chiedo al ragazzo come si chiami e da dove arrivi: A. del Cameroun. Si esprime in francese. Ha un aspetto serio e dolce allo stesso tempo. Alla comunione sento che ho Gesù in cuore e accanto. A fine Messa potrei augurargli semplicemente buona domenica. Ma qualcosa mi dice di parlargli.

E’ giunto in Italia da un mese, è andato via dalla guerra in cui sono morti suo padre e sua madre. Prima di partire ha portato le due sorelle e il fratello da una zia e poi è partito a piedi.. ha passato un anno in Tunisia, poi è arrivato in barca… nello scendere gli è caduto in acqua il cellulare e così ne è sprovvisto. Aspetta di ricevere dal CAS la somma che gli permetta di acquistarne uno nuovo, di costo modesto, che ha già visto.

Prendo il portafogli e gli do quanto ho. Ma non basterebbe. Mi viene in mente che Piera (la “mamma” di tanti di questi ragazzi) è a casa. La chiamo, la raggiungiamo. Lei gli fa festa. Poi gli dà quanto gli manca e di più. Domani A. andrà ad acquistare il cellulare. E’ un ragazzo in gamba, faceva il falegname e intanto studiava economia all’università.

Mentre parliamo con mamma Piera arrivano a trovarla due altri ragazzi di colore, dei tanti che sono stati “adottati” da lei da quando erano nel CAS, diversi anni fa. Arrivano in auto, perché nel frattempo hanno terminato gli anni di permanenza nel CAS, e, con il loro impegno e il nostro aiuto, hanno trovato il lavoro, una casa, preso la patente, ricevuto un’auto… qualcuno ora sta mettendo su famiglia.

Con A. salutiamo i due. Sono del Mali, mussulmani, e siamo tutti ugualmente fratelli… Piera dà ad A. alcune cartine che lo aiutino ad un primo approccio al territorio in cui si trova, e gli dà appuntamento per i giorni seguenti per aiutarlo per la lingua italiana. Salutiamo e ripartiamo.

Fermo l’auto poco oltre, in un posto tranquillo. Siamo entrambi commossi. “E’ il Signore che mi ha dato questo” mi dice A., “ho trovato un padre e una madre”. Poi piange di gioia e commozione. Tengo stretta la sua mano, in silenzio. Quando ripartiamo ringraziamo Dio insieme e ci assicuriamo di pregare l’uno per l’altro.

Nel pomeriggio a casa ho necessità di guardare il mio conto bancario: inaspettatamente vedo che mi è arrivata da un amico una somma, superiore a quanto avevo donato io. La causale dice: “Aiuto accoglienza migranti”.

S.O.




Associazione “Il Vaso di Pandora”

L’Associazione “Il Vaso di Pandora” ha la sua mission nella stessa metafora figurativa del nome che le è stato attribuito: è un vaso ricolmo, femminile, generoso, colto. Allude non ad un pieno, ma ad una pienezza, alla generosità del dare nelle sue forme più disparate, all’attenzione verso l’altro. E’ la vera pienezza, infatti, che rende l’uomo generoso e lo rende incapace di ignorare l’altro.

I principi che ispirano l’associazione sono quindi quelli di solidarietà verso gli altri, del rispetto, della formazione e dell’approfondimento culturale, il cui cardine è l’etica e la legalità: un’associazione non di individui, ma di persone.

ll vaso di Pandora opera per un mondo in cui ogni uomo e ogni donna abbiano la consapevolezza di appartenere ad un’unica comunità e dove la cultura del dialogo, del confronto e della corresponsabilità permetta con pari opportunità di accedere attraverso un percorso di crescita umana integrale ad un umanesimo trascendente sollecitando ogni persona a dare un proprio contributo.

L’impulso vivo ed esemplare della mission de “Il Vaso di Pandora” è la sua Presidente e Fondatrice, Severina Bergamo, vero motore dell’associazione, in tensione continua verso il prossimo. È lei che motiva, coinvolge e appassiona vecchi e nuovi iscritti con l’obiettivo di partecipare alle molteplici iniziative in programma.

In soli 4 anni dalla sua fondazione, l’associazione con l’operato infaticabile e magnetico della Presidente, vanta 140 iscritti e oltre 160 iniziative sociali, culturali, solidali, di grande pregio, anche a livello nazionale

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Il Vaso di Pandora ancora una volta ha potuto attivare la rete delle “Aziende Amiche” che anche quest’anno si sono prodigati generosamente rifornendo circa 10-15 dispense Caritas di Bari e provincia, sopperendo così alle crescenti esigenze di aiuto alimentare del territorio.
L’iniziativa della distribuzione si è svolta in data 31 marzo e 1 aprile 2023.

Purtroppo, oltre alle 18.000 famiglie in difficoltà del 2021 seguite dai centri Caritas Bari-Bitonto, se ne sono aggiunte altre 3.900 nel 2022 e numerose parrocchie stanno intensificando i propri sforzi attraverso il lavoro dei volontari di associazioni sensibili al dilagante fenomeno.

Sicché, l’associazione socio-culturale “il Vaso di Pandora”, che da molti anni organizza raccolte alimentari, (questa la dodicesima) in occasione della Santa Pasqua 2023 ha deciso di accogliere, concretamente, le richieste di aiuto da parte di alcune Caritas del territorio.

Segui le attività dell’Associazione sul sito:

http://www.ilvasodipandoraeventi.it/

 




Come uno spicchio di arancia

Il cammino di unità è un’esperienza vitale, anche in un incontro di preparazione di una veglia ecumenica per giovani di tutta Europa.

60 movimenti e tradizioni cristiani. Migliaia di persone da tutta Europa parteciperanno a Roma, il prossimo 30 settembre ad una veglia ecumenica che si chiama “Together | Raduno del Popolo di Dio” per pregare in vista dell’Assemblea sinodale di ottobre. Del resto, la parola insieme è contenuta anche nell’etimologia di Sinodo: camminare insieme. Verso quale direzione? L’unità sognata da Gesù che non ha solo un significato escatologico, della fine dei tempi, ma ha un’attrattiva anche nel presente. Il motivo? Si realizza anche oggi, pur con tutti i limiti e le difficoltà. S’intravede, si sperimenta, si realizza nel “qui e ora” in tante esperienze, piccole ma profetiche e significative.

Alice Montrucchio di Torino (la ragazza a destra)

Papa Francesco ha ricordato come «il cammino verso l’unità dei cristiani e il cammino di conversione sinodale della Chiesa sono legati» e ha invitato anche i giovani a partecipare alla veglia ecumenica e al programma speciale curato per loro per tutto il fine settimana curato dalla comunità di Taizè. Di questo cammino ed esperienza già in atto ne è testimone Alice Montrucchio di Torino, una giovane dei Focolari, che lo scorso novembre si è recata a Taizè, in Francia, per una tre giorni di incontro preparatorio della veglia ecumenica. Dalla freschezza del suo racconto in prima persona traspare l’esperienza fatta.

«Appena mi è stata proposta questa iniziativa ho avvertito dentro di me una spinta ad andarci. Non avevo capito di cosa si trattasse, avevo già preso degli impegni ed ero preoccupata perché il viaggio sarebbe stato costoso. Una voce interiore continuava a pungolarmi e ho deciso di ascoltarla. Avevo poco tempo per decidere e alla fine, dopo giorni di silenzio e discernimento, ho detto il mio sì. Con lo zaino in spalle sono partita e sul treno continuavo a chiedermi come mai stavo andando a Taizè, un posto perfettamente sconosciuto. Non ero mai stata in Francia e non parlo il francese. Non avevo davvero capito di cosa si trattasse e non avevo idea di chi avrei incontrato. Così ho pregato e ho affidato tutto al Signore, chiedendogli di farmi strumento della Sua volontà.

Dopo sei ore di viaggio sono arrivata nella comunità di Taizé. Che bello! Sono rimasta colpita dalla loro semplicità e mi sono sentita subito a casa. Mi hanno accolta e mi hanno indicato la camera da letto. Pian piano che arrivavano persone da tutta l’Europa mi sentivo sempre più ricca e piena di entusiasmo. Non conoscevo nessuno, ma sentivo una forte connessione e avevo tanta voglia di conoscere quelle anime così luminose. Ho messo da parte l’imbarazzo e la timidezza e ho iniziato a parlare in inglese con chi incontravo. Quante belle storie, parole, pensieri, idee e racconti che ho sentito in quei giorni speciali.

Ho conosciuto Irene una focolarina originaria del Madagascar che vive a Ginevra in Svizzera. Ci siamo abbracciate come sorelle nonostante non ci fossimo mai incontrate prima. In quei giorni abbiamo avuto la grazia di condividere la stanza e di conoscerci più in profondità. È stato bello poterci confrontare. Siamo di due confessioni cristiane differenti, io cattolica, lei protestante, ma anziché essere un motivo di divisione, la comunione spirituale ci ha, invece, arricchito e rese più vicine e unite.

Le giornate sono trascorse in un’aria di famiglia. Eravamo tutti uguali, indipendentemente da dove provenivamo, dalla nostra età e dal ruolo che ricoprivamo nella società. Per i pasti insieme lavavamo i piatti e sistemavamo i locali.

Nei momenti di preghiera è stato stupendo vedere così tante persone, più o meno giovani, inginocchiate o sedute per terra. Persone di diversi pensieri, vite e confessioni cristiane. Una donna vescovo luterana seduta vicino a un sacerdote ortodosso, un uomo anziano accanto a una ribelle adolescente e un bambino piccolo di fianco a una suora cattolica. Tutti a lodare lo stesso Dio. Si pregava cantando in mille lingue, alternando momenti di silenzio a letture della Bibbia che illuminavano la vita di ognuno.

Trascorsa la prima giornata non avevo ancora compreso fino in fondo il motivo per cui ero lì, ma il mio cuore era pieno di emozioni e di gioia.

Il giorno dopo tutto era chiaro: ero stata invitata per preparare “Together | Raduno del Popolo di Dio”, l’evento del 30 settembre a Roma, per confrontarci e vivere in fraternità. Che idea stupenda! Ma la cosa ancora più bella è stato che non abbiamo semplicemente parlato, ma agito. Abbiamo fatto esperienza di cosa vuol dire concretamente camminare insieme. Quanto vorrei che tutto il mondo vivesse quello che abbiamo sperimentato in questi giorni, vorrebbe dire abbattere tutte le barriere e vivere nella pace, proprio come voleva Chiara Lubich: tutti figli di uno stesso Dio che è Amore.

I momenti così ricchi di condivisione mi hanno fatto pensare a quanto sarebbe bello se tutti fossimo più umili e riconoscessimo che le nostre convinzioni di fede non sono assolute, ma una piccola parte di Dio, come se ognuno di noi fosse uno spicchio di un’arancia che prende forma nel momento in cui si unisce agli altri. Un solo spicchio non rappresenta l’intera arancia, ma solo una parte di essa. Se ci fosse amore e unità tra tutti noi il mondo sarebbe completo e migliore.

La tre giorni si è conclusa con la concretizzazione del progetto e l’organizzazione della veglia ecumenica, ma resta il sapore di un’esperienza straordinaria, come se fossimo stati insieme una vita intera.

Ci sentivamo fratelli e sorelle in cammino, uniti e vivi”.

Dal 12 al 15 marzo, si è tenuto a Roma un secondo incontro di preparazione che ha affrontato le sfide della logistica, dell’ospitalità, dell’accessibilità a tutti e alla coerenza ecologica dell’evento. La tre giorni si è conclusa con un’udienza privata di Papa Francesco che ha ringraziato tutti di «tessere unità» e ha sottolineato l’importanza di formare insieme una Chiesa di riconciliazione.

La veglia ecumenica del 30 settembre, ci tiene a sottolineare Alice Montrucchio: «Non è rivolta solo ai giovani ma a tutte le fasce d’età: anche bambini, adulti e anziani. Il desiderio è quello che ci sia unità anche tra le diverse generazioni. La Chiesa è fatta di tanti pensieri, tante storie e tanti punti di vista: tutto è prezioso.

A cura di Aurelio Molè

 




Weekend “Formato famiglia” a Loppiano

Nel weekend 25-26 marzo nuovo appuntamento  a Loppiano per “Formato Famiglia” con la partecipazione di oltre 30 famiglie con i loro 40 bambini/ragazzi dagli zero ai 17 anni.

Una breve presentazione di tutti i presenti, con una caratteristica della propria famiglia, ha creato da subito un clima gioioso. Un video su Loppiano e tre esperienze di focolarini hanno poi presentato la spiritualità e la vita  della cittadella, la sfida su cui costruire il weekend.

Il tema “Sessualità e tenerezza in famiglia” è stato guidato da Maria e Raimondo Scotto, lei psico-pedagogista e lui medico, con una lunga esperienza nell’accompagnamento di famiglie.

Maria e Raimondo con la loro freschezza, semplicità, competenza, e le loro esperienze di vita, hanno saputo trasmettere, in modo chiaro, “il segreto per essere felici, amando”, offrendo a tutti la possibilità di sperimentarlo nella propria coppia. La riflessione personale e di coppia, il lavoro e la condivisione in piccoli gruppi, hanno permesso di esprimere i propri sentimenti al partner e confrontarsi con altri.

L’aver “aperto le porte” ad altre famiglie arrivate la domenica, ha messo in luce come  “Formato Famiglia” abbia proprio la funzione di fornire a ogni famiglia brevi spazi e qualche spunto per fare il punto della situazione e ripartire ricaricati.

Molto partecipato e gradito anche il sabato sera  con le artiste del GEN VERDE , che con la loro frizzante vitalità, hanno condotto la serata con canti, esperienze, animazioni…. “risvegliando in tutti noi la felicità”.

Bambini e ragazzi sono stati coinvolti nei due giorni in un programma parallelo: i più grandi si sono  aggregati a un gruppo di ragazzi della Toscana presenti a Loppiano per una giornata di formazione mentre ai bambini fino agli 11 anni,  sono stati proposti attività, laboratori, giochi, e un momento dedicato ai compiti, accompagnati da alcune famiglie del team “Formato Famiglia” e alcuni animatori della cittadella.

Alcune impressioni dei partecipanti:

“Sono stati giorni brevi, ma intensi. Ci portiamo a casa tante cose, soprattutto il valore della tenerezza e il proposito di dire ogni mattina: “Cosa posso fare per far contento l’altro?”. Ora non ci resta che metterlo in pratica.

“Grazie per la vostra organizzazione: tutto perfetto. Ne avevamo bisogno. Viviamo lontano dalle nostre famiglie e non abbiamo aiuto e sostegno. Qui abbiamo avuto momenti per noi due … i bambini, non solo erano custoditi, ma amati! “

“Non abbiamo avuto mai l’opportunità di confrontarci con altre famiglie. Qui è stato molto utile. Ritorneremo il prossimo weekend.”

“Questo weekend è arrivato in uno di quei momenti bui della nostra vita di coppia di cui parlavano Maria e Raimondo, per una preoccupazione legata a nostro figlio. Questo ha finito con l’allontanarci, dimenticando di essere, prima che genitori, coppia. Abbiamo riscoperto quelle parole di tenerezza che non usavamo da tempo e, nel leggere i pensieri scritti dall’altro nella piccola esercitazione, ci siamo commossi. Questo weekend è stato per noi un punto di ripartenza e un’occasione di formazione per la nostra coppia”

Enrico e Daniela




“Il Dio presente” di Pasquale Ionata

Dopo i primi due volumi già editi per i nostri tipi (Il Dio morente e Il Dio Vivente), lo psicologo e psicoterapeuta Pasquale Ionata ci presenta la conclusione di un trittico di grande valore con questo ultimo volume Il Dio presente con un sottotitolo che esplicita la sua ambizione: “discesa all’Inconscio e scoperta del sacro Io”.
Al centro dell’interesse è sempre il rapporto della persona umana con Dio, sia nella sua individualità che nella percezione comunitaria. Chi cercasse una critica serrata della religione, rimarrebbe deluso, perché l’autore offre al lettore una via per affrontare − dopo la vita e la morte – il dilemma del presente grazie anche e soprattutto allo spirito religioso, ancorato alla tradizione cristiana, ma nell’apertura alle grandi tradizioni di pensiero del mondo intero.

L’autore | Pasquale Ionata, laureato in Psicologia all’Università di Roma “La Sapienza” nel 1980 con una tesi dal titolo Antropologia e Psicopatologia della Morte è pure diplomato in Psicoterapia, in Ipnosi, in EMDR, in Tecniche Callahan, in Costellazioni Familiari e in PNL. È iscritto all’Albo Professionale degli Psicologi. Tra i suoi titoli: Psicoterapia e problematiche religiose (1991), Sapersi amare (1994), Ottimismo (1997), Armonia cercasi (2001), Nati per amare (2006) e, per le nostre Edizioni, Il Dio morente (2020) e Il Dio vivente (2021).

SCHEDA DEL LIBRO




Cooperativa Loppiano Prima: l’amore al creato, una profezia in cammino

In occasione dei 50 anni dalla costituzione della cooperativa “Loppiano Prima”, esperienza precorritrice dell’agricoltura ecologica, a Loppiano (FI), un weekend di approfondimento dedicato all’ecologia integrale. Nella Settimana in cui nel mondo si celebra l’ottavo anniversario della Lettera Enciclica Laudato sì’.

VEDI ARTICOLO SUL SITO DI LOPPIANO

Rivedi l’evento:

“L’amore al creato, una profezia in cammino”. È questo il titolo del convegno che, il 27 e il 28 di maggio, si è tenuto presso l’Auditorium della cittadella dei Focolari vicino Firenze, per celebrare i 50 anni della cooperativa “Loppiano Prima”.

 

Nata il 19 maggio del 1973, con 8 soci fondatori

per mettere a frutto i terreni che erano stati donati dalla famiglia Folonari al Movimento dei Focolari sulle colline del Chianti, nel Valdarno fiorentino, Loppiano Prima  è una cooperativa ad azionariato diffuso che conta oggi 3.256 soci.

Come precisato nello Statuto, «non ha finalità speculative ed è retta da principi di mutualità prevalente». Inoltre: «Suo fine precipuo è il conseguimento dell’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini, nonché il concorrere nel dare attuazione alla fraternità universale».

È così che, negli ultimi 50 anni, sui terreni incolti, che erano stati abbandonati a causa dell’emigrazione di tanti contadini nel dopoguerra, la cooperativa Loppiano Prima si è resa protagonista di un’esperienza peculiare di agricoltura ecologica ante litteram, che ha messo al centro l’umanità, la natura e la loro relazione.

Il convegno è stato aperto al mattino del 27 maggio con l’assemblea annuale dei soci. Nel pomeriggio, alle 15.30, attraverso una prima tavola rotonda, si è ripercorsa la storia di Loppiano Prima, approfondendo il valore della sua esperienza nata nel contesto della prima cittadella internazionale dei Focolari. Riscoprendone, quindi, le radici carismatiche, ripercorrendone il cammino e tracciandone le prospettive di sviluppo.

Nella seconda parte del pomeriggio, una seconda tavola rotonda è stata dedicata ad approfondire i temi dell’ecologia integrale, della sostenibilità e della cura del creato, partendo dall’impegno dell’azienda per una coltivazione e produzione biologica rispettosa dell’intero ecosistema agricolo, dell’ambiente e del paesaggio. Interverranno, tra gli altri:Luciano Orioli e Leonardo Nale del Movimento Laudato si’; Gianmaria Simonetti della rete EcoOne; Gabriella Bardarelli, docente di Ragioneria presso l’ Università di Bologna.

Il programma di domenica 28 maggio, è stato aperto dal prof.  Sergio Rondinara, docente di Epistemologia all’Istituto Universitario Sophia, che ha tenuto una lectio magistrali dal titolo: “La presenza di Dio sotto le cose”.

Il convegno “L’amore al creato, una profezia in cammino” si è collocato simbolicamente nell’ambito della “Settimana Laudato Si’” (21-28 maggio 2023), in cui globalmente si mettono in luce i progressi fatti nel mettere in pratica la lettera enciclica di Papa Francesco, “Laudato si’”, sulla cura del creato.

VISITA IL SITO WEB https://www.loppianoprima.it/home/

COMUNICATO STAMPA




Saper rischiare per tessere il cambiamento

500 aderenti dei Focolari provenienti da 29 Paesi, con traduzioni in 16 lingue, hanno partecipato, dal 23 al 26 marzo, al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo ad un congresso internazionale dal titolo: “Tessere il cambiamento”. Presenti 80 italiani di varie regioni. Un collegamento planetario ha unito virtualmente decine di città in tutto il mondo.

«Occorre saper rischiare per amore». «Il mondo è alla ricerca di persone che sono pronte a rischiare per un bene più grande, per una umanità più fraterna».

Sono alcune delle parole chiave con cui Margaret Karram, presidente dei Focolari, si rivolge ai partecipanti con un messaggio scritto. «Come sapete – aggiunge – sono a Monaco per un incontro di “Insieme per l’Europa”, ma desidero con tutto il cuore raggiungervi con questo messaggio scritto per esprimervi tutta la mia gratitudine, stima e affetto».  

E confida i suoi ultimi impegni: «Nei mesi scorsi ho avuto una serie di importanti appuntamenti, nell’ambito del percorso sinodale della Chiesa Cattolica e nel cammino con altri Movimenti ecclesiali e Nuove comunità. Ho sperimentato la vitalità della Chiesa e ho avuto la possibilità di incontrare personalmente Papa Francesco, che ci ha parlato a cuore aperto, comunicandoci ciò che gli sta più a cuore per la Chiesa e per il mondo […]».

Centro Mariapoli di Cadine (TN)

Il nucleo del suo intervento va al cuore del titolo del congresso “Tessere il cambiamento” che Margaret Karram evidenzia come sia un programma centrale di ogni persona e per l’umanità intera. «La tessitura è un processo paziente, costante, che, per essere portato a termine, richiede l’intreccio di molti fili che, insieme, compongono un tessuto solido e duraturo. E il cambiamento di cui il mondo ha urgente bisogno richiede una tessitura di questo tipo: una rete fatta di persone allo stesso tempo salde e flessibili, che sanno accogliere tutti, aprire mente e cuore alla più grande diversità; che sanno lavorare con tutti, anche con chi la pensa diversamente da loro, ma con cui condividono i valori fondamentali di pace, giustizia, dignità per tutti». 

E conclude evidenziando il cuore di ogni azione: «Prego che questo congresso radichi in tutti voi una forte esperienza di Dio che vi dia la gioia di far parte di una grande famiglia, come nodi di una rete d’amore che abbraccia e consola il mondo». (qui il messaggio completo)

Centro Mariapoli Bra (CN)

Parole efficaci accolte con prontezza dai partecipanti che hanno vissuto la gioia di ritrovarsi in uno dei primi congressi in presenza dopo la pandemia con la possibilità di relazioni, di potersi guardare negli occhi e poter condividere le proprie esperienze di vita.

Anche la preparazione è stata una bella palestra di unità, di confronto e di corresponsabilità: il risultato sono stati dei programmi ricchi e personalizzati, momenti partecipati fin dall’inizio; esperienze di comunità,  di accoglienza, di apertura al territorio, di attenzione e cura per le nuove generazioni ed intensi momenti di comunione e spiritualità.

Tra gli argomenti approfonditi troviamo la preghiera, la comunità come luogo di crescita e di testimonianza, la spiritualità dell’unità, l’impegno ecclesiale e sociale con relative esperienze, alcune consolidate negli anni.

Un congresso che ha abbracciato virtualmente il mondo intero, non solo a parole. Molti i convegni paralleli in varie città del mondo e sabato 26 marzo un collegamento online planetario di un’ora con esperienze personali, forti testimonianze sul Vangelo vissuto, numeri artistici, ha contribuito a riconoscersi in una unica famiglia legata dallo stesso desiderio di fraternità al di là dei confini geografici, religiosi, sociali.

Una ventina di punti collegati dall’Italia, dove si svolgevano altrettanti congressi in presenza, ad esempio dal Centro Mariapoli di Bra (CN), Frontignano (BS), Cadine (TN) e molti altri (vedi cartina).

I partecipanti sono partiti arricchiti dai momenti vissuti insieme, dal forte amore reciproco sperimentato e dalla profonda esperienza di Dio. Così scriveva uno di loro, ringraziando a conclusione del congresso: «La nostra linfa la prendiamo da Dio, però se non ci mettiamo in contatto con Dio è difficile dare qualcosa al fratello, ma se non ci mettiamo nell’amore al fratello è più difficile questa unione con Dio».

Centro Mariapoli Frontignano




Presentazione di: “Un cuore in azione”

Rafforzare negli adolescenti il perdono, la pazienza, il prestare consiglio o conforto, la critica costruttiva significa aiutarli a crescere personalmente e come comunità, a diventare responsabili verso quanti vivono accanto a loro ed avere cura della felicità altrui come della propria. Un cuore in azione offre a catechisti, animatori, insegnanti un’ampia scelta di proposte didattiche per approfondire con ragazzi tra i 10 e 14 anni le opere di misericordia spirituali, partendo dal loro vissuto e portandoli a scoprire l’Amore misericordioso di Dio nella loro vita.

https://www.cittanuova.it/libri/9788831165884/un-cuore-in-azione-1/

 

Gli adolescenti che attuano le opere di misericordia hanno il coraggio di mettersi al servizio della comunità, attenti a quanti sono più nel bisogno e capaci di stabilire relazioni di vicinanza e solidarietà. Solo insieme a loro possiamo concretizzare quelle opere virtuose necessarie per custodire nell’oggi e in un domani la famiglia umana e il pianeta che la ospita.

https://www.cittanuova.it/libri/9788831165952/un-cuore-in-azione-2/




«Tu mi ami?»

Una storia d’amore. Il matrimonio, la nascita di una figlia e la separazione. Eppure, anche la separazione può diventare un’esperienza di Dio. Anche attraverso una bimba di sette anni. La vicenda è narrata in prima persona dalla mamma.

Raccolta da Aurelio Molè

V. ed io ci conosciamo nel 2003 e dopo un anno e mezzo decidiamo di sposarci. Siamo due veterinari che lavorano insieme e che hanno diversi interessi ed hobby in comune. Per cinque anni non abbiamo figli e dopo una prima fase in cui accettiamo con difficoltà il fatto, il nostro rapporto comincia a cementarsi. Siamo entrambi credenti praticanti e nel tempo frequentiamo diversi percorsi cattolici di accompagnamento familiare.

Nel 2010 arriva, inaspettata una bambina, M., e il suo arrivo coincide con la perdita, per entrambi, del lavoro. Ci lanciamo, quindi, in un’avventura lavorativa nuova: aprire una nostra attività dal nulla. Lo stress è notevole. Arrivano anche due aborti spontanei, l’uno dietro l’altro. A poco a poco, quasi inconsapevolmente, qualcosa comincia a cambiare: il dialogo si affievolisce, gli interessi da comuni diventano individuali, V. sembra vivere un momento di profonda crisi, io penso sia depressione.

Tantissimi i tentativi di recuperare il rapporto chiedendo aiuto a tutti: guide spirituali, psicologi, amici. Sembro una cieca che non si rassegna a ciò che appare inevitabile. Passano ancora quattro anni. Siamo cambiati: V. è distaccato, inaccessibile, molto scontroso, spesso aggressivo. Io, di conseguenza, mi chiudo in un silenzio innaturale e allo stesso tempo in una vigile attesa dell’evoluzione degli eventi e con un’attenzione quasi maniacale cerco di scoprire particolari utili a capire.

Nel frattempo, M., benché piccolissima, con le antenne tipiche dei bimbi, mi conferma con i suoi comportamenti, ignari ed istintivi, che qualcosa di importante non va. Una profonda tristezza prende dimora dentro me. Finalmente tutto si chiarisce, e benché siano passati quattro anni durissimi, ci diamo ancora un anno per capire cosa fare tra noi. Ora tutto è venuto alla luce, tutto è chiaro e c’ è tanta consapevolezza e con essa tanto dolore. Alla fine, chiedo a V.: «Tu mi ami?». Silenzio assoluto è la sua risposta, più eloquente di tante parole.

Finalmente comprendo la realtà, comprendo che la mancanza di rispetto non può essere accettata, l’abnegazione e il desiderare a tutti i costi una realtà di coppia a dispetto della mia persona mi aveva fatto perdere di vista me stessa. Mi ero persa.

Mi ripeto una frase: «Non voglio che M. abbia la percezione di una madre triste, io non sono così». All’esterno sembriamo una coppia serena. Avrei potuto continuare a vivere così, ma il rispetto verso me stessa e il grido interiore che mi spinge a ritrovarmi mi ha condotta verso un invisibile, necessario, temporaneo orizzonte buio verso il quale non sarei mai voluta andare. E ad un certo punto la separazione diventa inevitabile.

La separazione è un’esperienza dolorosa che ti investe all’improvviso, lasciandoti frantumata e a tratti sommersa dalle macerie della tua stessa vita, fino a poco prima apparentemente piena. Uscire da questa esperienza devastante in tempi brevi e con lucidità non è semplice. Bisogna affrontare e tenere a bada tutto l’umano che ti investe e che vuole prendere il predominio. Ti senti tramortita dal dolore, fragile, debole, indifesa, in balia di eccessi di ira e rabbia, di rigurgiti di orgoglio, odio e rancore.

Eppure, tutto ciò può essere contenuto, eppure l’esperienza della separazione può diventare esperienza di Dio. Due le caratteristiche alla base di questa storia: la lentezza con cui ho vissuto questa esperienza, che mi ha dato la possibilità di discernere e il silenzio e la preghiera che hanno aperto le porte del mio cuore allo Spirito Santo, accogliendo i suoi suggerimenti.

Cinque anni fa, quando io e V. ci siamo separati, M. aveva sette anni. È sempre stata una bimba molto perspicace e matura e da subito ha saputo comunicare quanto sentiva dentro pretendendo alcune cose per lei fondamentali. Per questo all’epoca M. era per me il chiodo che mi teneva stretta alla mia croce. Con la semplicità di una bimba mi faceva domande e pretendeva risposte. Un giorno mi disse: «Mamma tu vuoi bene a papà?». Una domanda a bruciapelo che richiedeva una risposta sincera e coerente.

Prima di conoscere la mia risposta occorre fare un passo indietro nel tempo. Uno dei dolori più grandi di tutta questa storia era la sofferenza che stavamo arrecando a nostra figlia. M. è stata tanto desiderata, per cinque anni non sono arrivati figli e vari medici specialisti ci avevano detto che non ne avremmo mai potuto avere a causa della nostra infertilità. E invece, poi inaspettatamente è nata. La maternità è stata un’esperienza di un amore grande.

Per quell’esserino provavo un trasporto mai avvertito che stranamente mi apriva all’ umanità intera perché apriva una finestra di amore su ogni uomo e donna del pianeta. E ora come potevo essere così egoista da non pensare a M. in questo momento? Proprio io che l’avevo tanto voluta. Il mio umano ferito, quel dolore lancinante, era capace di generare sentimenti come rabbia, rancore, odio. Così forti, intensi, fino a prendere possesso di me e annebbiarmi.

Per contrastarli serviva una forza più grande.

Confido ad una compagna del Movimento dei Focolari che frequento che ho bisogno di liberare il mio cuore da tutti i sentimenti negativi per far spazio solo all’amore. Ma dove cercare un’esperienza di amore concreto? Dove nutrirmi e mettere nel cuore un amore così grande? Avevo bisogno di una motivazione significativa.

La spinta al cambiamento era mia figlia. Prima l’avevo desiderata, poi concepita fino al miracolo della nascita. Il suo primo sguardo, quando ha puntato i suoi occhi neri nei miei, ha generato dentro di me un amore più grande, mai provato. Era il sentiero che mi avrebbe guidato verso mete inaspettate. Come risponderle?

Ezio Aceti, uno psicologo che avevo contattato, mi ripeteva spesso di dire sempre la verità a mia figlia, una verità alla sua portata. La guardo, allora, dritto nei suoi occhi neri come fa sempre lei per essere certa della mia sincerità, e le dico: «Io vorrò sempre il bene di papà, come papà vuole il bene di mamma e entrambi vogliamo il tuo bene».

Senza accorgermene con questa risposta avevo segnato il mio itinerario di vita. Passare “dal voler bene” a “volere il bene”. M., giorno dopo giorno, mi ha spinto a vedere V. con occhi diversi, con i suoi occhi, con gli occhi innocenti e semplici di una bimba. Da chiodo che aggancia la mia carne alla mia croce M., a poco a poco, è diventata un punto d’incrocio dello sguardo di Dio. Innestandomi nell’ amore per M. ho cominciato a vedere V. come un figlio di Dio.

Credo che io e M. siamo il frutto reciproco di quanto lo Spirito Santo ha voluto operare per mezzo di noi sussurrandoci all’orecchio del nostro cuore, come un Cyrano divino, parole e pensieri che ci hanno condotte a vivere in pienezza l’esperienza dura e dolorosa della separazione facendo finalmente uscire da quelle che io definisco le nostre stimmate, la luce della resurrezione dalla separazione. Ritrovando il senso mai perduto, attraverso una grazia capace di parlare ancora, siamo state l’una la vita per l’altra. Senza M. non avrei aperto il mio cuore alla creatività dello Spirito Santo e non avrei potuto fare questo tipo di esperienza.

Io e V. continuiamo a lavorare insieme ciascuno consapevole della propria storia, ciascuno capace di perdonare l’altro, ciascuno finalmente in grado di vedere ed accogliere l’altro. Un giorno se Dio vorrà troverò il modo per raccontare questa esperienza a mia figlia e la ringrazierò per l’opportunità che mi ha dato, una bimba di sette anni, con poche certezze e poca consapevolezza di quanto stava accadendo, mi ha insegnato ad amare me stessa e gli altri.

Un cammino lungo, faticoso, tortuoso dove hanno avuto un ruolo fondamentale uno psicoterapeuta che mi ha “ricomposta”, (ha rimesso insieme i pezzi), e ricondotta a me; l’accompagnamento di una amica dei Focolari con il silenzio, la tenerezza, la delicatezza e l’accoglienza e la guida spirituale di un sacerdote che mi ha permesso di credere che il sacramento del matrimonio continua a vivere, che la grazia non è finita e anche se, con la separazione, restiamo una famiglia.




#Together2023: Vigilia ecumenica del Sinodo

Trasmessa in Live streaming a partire dalle ore 16.30 sui canali di vaticannews

E’ nato tutto da un sogno che Frère Aloïs di Taizé aveva condiviso con papa Francesco e i padri sinodali nell’ottobre 2021: che un giorno, nel corso del processo sinodale della Chiesa cattolica, si radunasse il popolo di Dio in un grande incontro ecumenico aperto a tutti i cristiani delle varie Chiese.

Il 15 gennaio scorso, dopo l’Angelus in Piazza San Pietro, papa Francesco ne ha dato l’annuncio con queste parole: «Il cammino per l’unità dei cristiani e il cammino di conversione sinodale della Chiesa sono legati. Colgo questa occasione per annunciare che sabato 30 settembre prossimo, in Piazza San Pietro, avrà luogo una veglia ecumenica di preghiera con la quale affideremo i lavori della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi». Ed ha precisato: «Per i giovani che vengono alla veglia, ci sarà un programma speciale in tutto quel fine settimana, a cura della Comunità di Taizé».

Quello del 30 settembre prossimo sarà, quindi, nel cammino sinodale un momento di sosta, di respiro, per celebrare l’unità già realizzata in Cristo e renderla visibile. Del resto, durante un percorso sinodale, è senza dubbio importante camminare insieme, ascoltarsi, riflettere e discernere insieme per maturare decisioni adeguate. È quanto si fa e si vive, nelle varie parti del mondo, in ogni Chiesa dove si cerca di praticare lo spirito della sinodalità.

Ma una dimensione da non trascurare è costituita dall’aspetto spirituale e dalla preghiera. Nella Prima lettera ai Tessalonicesi, Paolo esorta i seguaci di Cristo allo spirito di discernimento comunitario, ma anche alla gioia e alla preghiera: «Cercate sempre il bene tra voi e con tutti. State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi» (1 Ts 5, 15b- 18).

L’iniziativa del 30 settembre è stata maturata con cura. Durante il 2022, Frère Aloïs e la sua comunità hanno condiviso il loro sogno con vari movimenti cristiani di differenti confessioni. Sono più di cinquanta Movimenti, svariate realtà ecclesiali e rappresentanti di diversi servizi nazionali e internazionali di pastorale giovanile che si sono radunati nei mesi di luglio e di novembre 2022, in Francia, presso la Comunità di Taizé, per riflettere insieme su come far sì che il processo sinodale in atto nella Chiesa cattolica diventi un momento forte nella ricerca dell’unità tra i cristiani e dell’intera famiglia umana.

Era sorta anche la domanda su come incoraggiare il coinvolgimento dei giovani in questo processo. Si è fatta strada così il progetto di un “raduno del popolo di Dio”, un incontro ecumenico, intergenerazionale e interculturale da tenere a Roma e contemporaneamente in altre parti del mondo, alla vigilia del Sinodo dei vescovi nell’ottobre 2023. Al cuore dell’incontro, appunto, la veglia di preghiera del 30 settembre prossimo.

Together Flyer it

https://together2023.net/it/home-italiano/

https://together2023.net/it/info-page/linvito-di-papa-francesco/

https://www.focolare.org/2023/03/24/together-necessita-di-fratellanza/

Vedi anche: https://www.focolaritalia.it/events/veglia-ecumenica-di-preghiera-30-settembre-2023/

Articolo tratto dall’ultimo numero di Ekklesía n. 18 – anno 6 (2023/1)

Oltre le polarizzazioni

 

 




La conoscenza di sé in Dio (Chiara Lubich nella scia della tradizione spirituale cristiana)

“Conosci te stesso”: l’imperativo attribuito all’oracolo di Delfi diventa con Socrate lo scopo della filosofia e come tale, con alterne vicende, innerva la storia tutta del pensiero. Anche nella tradizione cristiana si tratta di realtà centrale, come si evince dall’accurato percorso tracciato in questo saggio e scandito in tre momenti: quello che da Origene, passando attraverso la testimonianza di alcuni dei Padri greci e latini, giunge fino a Bernardo di Chiaravalle nel Medioevo; quello che s’esprime, agli albori della modernità, nella mistica di Caterina da Siena e poi, soprattutto, nella mistica del Carmelo e della Compagnia di Gesù; quello infine che – in modo per l’oggi emblematico – presenta l’accento di novità apportato dal carisma dell’unità di Chiara Lubich nel mettere in luce anche la dimensione comunitaria della conoscenza in sé di Dio. Il rigore accademico si congiunge con l’esperienza di vita dell’Autore, in un libro che si accredita come un work-in-progress da leggere soffermandosi con attenzione su ciascuna delle sue pagine: per dar spazio a quanto lo Spirito di Dio via via suggerisce.

SCHEDA DEL LIBRO




Don Annibale Ferrari: zio Bibbo!

Il 5 marzo di 28 anni fa nella cittadella di Loppiano don Annibale, per tutti noi nipoti zio Bibbo, all’età di 76 anni, si è addormentato per sempre con un dolcissimo e lieve passaggio all’altra vita.

Se n’è andato così come è vissuto, nella semplicità della sua camera, circondato da quelle poche cose, che gli permettevano di vivere nel suo quotidiano la bellezza e l’essenzialità del Vangelo.

Grande commozione e motivo di profonda riflessione è stato per noi nipoti entrare in quella stanza e constatare come avesse messo in pratica la sua “promessa di povertà”. Gli oggetti presenti si potevano contare sulle dita di una mano: la macchina da scrivere modello anni 50, un cappotto, un colbacco, tre camice, due vestiti, due golf invernali ed estivi. E poi, invece, tanti libri che, insegnante e uomo coltissimo, non abbandonava mai. Conosceva, per esempio, a memoria le tre cantiche della Divina Commedia.

Da alcuni anni, per via della salute precaria, viveva nella casa parrocchiale di Incisa Valdarno, dove era parroco e svolgeva un’attività pastorale che gli consentiva di trascorrere una vita più tranquilla rispetto a quella in cui per tanti anni aveva profuso con tanto impegno tutte le sue energie, prima a Fontem in Africa e poi in tante città d’Europa.

Nel ’56 l’incontro con Chiara Lubich e la spiritualità del Movimento dei Focolari l’aveva folgorato e aveva dato, come lui stesso spesso raccontava, “una nuova dignità al suo essere sacerdote”.

Infatti, quando Tommaso Sorgi lo invitò ad andare in Mariapoli nel trentino, lui era già un sacerdote affermato nella città di Teramo, un vulcano pieno di idee con tante aspirazioni umane e personali.

Nei primi anni di sacerdozio, a volte, il parrocchiano rappresentava per lui una sorta di ostacolo che gli impediva di portare avanti tutti i suoi progetti “terreni”. In seguito con sapiente e accattivante ironia era solito raccontare di questo periodo simpatici aneddoti sulla “perfida cameriera”, sul “sacrestano pesante e mostruoso da vedere”, sul “vicino di casa logorroico”, sul “parrocchiano petulante”. Tutti personaggi che nel tempo don Annibale ha amato con grande cuore e generosità.

Don Annibale: matrimonio dei nipoti Concetta e Tito

Appena conosciuto il Movimento, vi aderisce totalmente. Si libera di tutto ciò che avrebbe potuto ostacolare la sua nuova vita, anche da un punto di vista materiale. Vende i suoi beni e con il ricavato partecipa anche alla realizzazione del centro Mariapoli di Castel Gandolfo, incontrando qualche iniziale incomprensione in famiglia. Ma poco a poco, col tempo, siamo diventati tutti orgogliosi e fieri di lui e delle sue scelte.

Frequenta poi a Londra una scuola dove torna a studiare per imparare l’inglese e prepararsi a partire per il Camerun dove arriva a Fontem nel 1967, mandato da Chiara Lubich per dare il suo specifico contributo a servizio del popolo Bangua che viveva grandi difficoltà di sopravvivenza. Si tratta di una tappa molto importante del suo percorso, una scelta radicale. Lì resta però pochi anni, perché duramente provato da una malattia tropicale dalla quale esce miracolosamente indenne, ma che fiacca la sua forte fibra.

I racconti di quegli anni, efficacemente animati anche con l’aiuto di un filmino, rappresentavano per noi nipoti occasione di stringerci attorno a lui e ammirare con una sorta di “santa invidia” la natura selvaggia che ci mostrava, piena di verde e di colori, rigogliosa ed incontaminata.

Tornato in Italia, per ben 19 anni, gira le parrocchie d’Europa alla ricerca di fondi da inviare a Fontem per il completamento delle indispensabili strutture progettate facendo forza sull’oratoria e sull’esperienza di cui era ben provvisto. Non era un semplice questuante ma un vero missionario accolto dovunque come un autentico “fidei donum”.

Superati abbondantemente i settant’anni, nonostante la sua salute sempre più compromessa, è riuscito a portare avanti il suo impegno pastorale, in particolare con le giovani coppie, e tanti progetti importanti come il restauro delle chiese di Loppiano e di S. Vito. Fino alla fine don Annibale ha messo a frutto i suoi talenti con tutte le sue forze.

Ma è bello anche ricordare come non sia mai mancato a tutti gli appuntamenti importanti della nostra famiglia a Giulianova e a Roseto. L’ultima volta ci eravamo visti in occasione del battesimo della mia quinta bambina. Portava sempre tavolette di cioccolata e regali a tutti. Ricordo che riusciva ad avvicinare tante persone e a relazionarsi con grande facilità. Era come una calamita con quanti veniva in contatto: tutto il nostro vicinato, i suoi amici di infanzia, gente che non frequentava la chiesa… Alcuni si confessavano solo con lui e, anche in famiglia, la sua presenza era sempre motivo per rinsaldare l’unità tra tutti.

In occasione di quel battesimo, d’accordo con Lui, invitai a casa mia un gruppo di amici di Roseto (Roseto degli Abruzzi). Fu un momento bello e appassionante perché la sua testimonianza era e risulta ancora una storia avvincente. Aveva un modo tutto suo di raccontare che incantava e divertiva allo stesso tempo l’auditorio di ogni età, una vera “arte del dire” fatta di parole semplici ed essenziali, intercalate da frequenti “È vero… fratelli cari”. Erano frammenti di vita illuminata da un grande Ideale, un’autentica testimonianza di Vangelo vissuto.

Il suo cuore di “fanciullo”, il fisico da “pacioccone”, il carattere gioviale e bonario, la gioia contagiosa che non mancava mai, anche nei momenti per lui più difficili, riuscivano a mettere tutti di buon umore.

E fino alla fine è stato così: l’espressione da eterno fanciullo sul volto, illuminato dal suo cordiale sorriso … a dimostrazione di un passaggio sereno, pervaso di pace, proprio come quello riservato ai giusti.

Concetta Ferrari




Grazie Papa Francesco

In occasione dei 10 anni di Pontificato di Francesco, Margaret Karram, Presidente dei Focolari, ha fatto giungere al Papa un messaggio a nome di tutto il Movimento, che pubblichiamo qui di seguito.

Santità, carissimo Papa Francesco,

mi unisco alle preghiere che si elevano da moltissimi punti nel mondo per ringraziare Dio per questi dieci anni in cui ha abbracciato la Chiesa e l’umanità facendosi portatore dell’amore di Cristo.

Grazie, Santo Padre, per questo tempo di luce, di coraggio, fede incrollabile e ascolto dello Spirito Santo, con cui ci chiama continuamente ad “uscire” dalle nostre case e comunità, per camminare sulle strade del mondo e condividere gioie e dolori con le donne e gli uomini del nostro tempo.

Ho ancora in cuore la gioia e la gratitudine per l’ultimo nostro incontro, il 24 febbraio scorso, quando ci ha ricevuti in udienza insieme ad alcuni moderatori di Movimenti ecclesiali e nuove Comunità. Ancora una volta abbiamo constatato la sua lungimirante sapienza e il suo realismo evangelico e devo dirle che le sue parole mi guidano e mi incoraggiano ogni giorno nel mio servizio alla Chiesa e alla fraternità umana.

Gli argomenti trattati con lei, Santità, saranno oggetto di riflessione e condivisione, in particolare la sua raccomandazione di essere testimoni coerenti, docili alle novità dello Spirito perché possa emergere la dimensione mariana della Chiesa e la ricchezza della donna nella vita ecclesiale, anche attraverso il contributo della vita dei Movimenti.

Ci senta con Lei, in ciascun punto del mondo in cui ci troviamo, a costruire la Chiesa, a dare la nostra vita affinché la pace torni dove non c’è e porti, come frutti, la giustizia e la riconciliazione tra i popoli.

Insieme alla nostra preghiera quotidiana, Le invio, anche a nome del Movimento dei Focolari, gli auguri più vivi per quanto desidera e per la sua salute.

Maria Santissima Le sia accanto con le sue materne consolazioni.

Con affetto filiale

Margaret Karram

da focolare.org

 




Alla scuola del dolore

Affermato e invidiato professionista, Filippo rimase sulla cresta dell’onda fino a quando il corso della sua vita ebbe una svolta improvvisa. In seguito al divorzio dalla moglie e dopo che l’unica figlia, tossicodipendente, venne accolta in una comunità terapeutica, il mio amico ateo convinto si trovò a fare un bilancio e si rese conto che potere e successo non lo salvavano da un’umiliante bancarotta.

Dietro suo invito lo visitai nella casa di cura dove si era rifugiato in seguito a una forte depressione che gli aveva fatto tentare il suicidio. Non aveva molto da dire. Con occhi rossi e bagnati, mi guardò implorante: «Dove ho sbagliato?».

Gli proposi di raccogliere le energie per tentare di ricominciare. «È difficile ripartire dal nulla, soprattutto se davanti a te c’è il nulla e ogni tentativo di rinascita è sommerso da un passato pesante», puntualizzò. Settimane dopo seppi che si stava riprendendo. Poi ricevetti una cartolina da un luogo turistico, firmata anche dalla figlia, dove Filippo scriveva: «Il dolore mi ha dissequestrato dalla mediocrità!»

(Tratto da Il Vangelo del giorno, Città Nuova, anno IX, n. 2, marzo-aprile 2023)

 




Prudenza

Come responsabile di un reparto nella mia ditta, un giorno ho notato in un collega, di solito molto sereno, un atteggiamento aggressivo. Invitato a parlare, mi ha confidato i suoi problemi con la moglie, rivelatasi violenta al punto da mettergli le mani addosso. Pretende- va da lui sempre più soldi. Era questo il motivo delle sue ore di straordinario.

Da allora quel collega ha cominciato a telefonarmi fuori dal lavoro quando le cose andavano male, sicuro di trovare in me un ascolto disinteressato. Quando però mi sono resa conto di essere diventata per lui una specie di rifugio, ho avvertito – per la prudenza cristiana – il bisogno di parlarne con mio marito.

E proprio lui, dopo avermi aiutata a capire che per quell’uomo io potevo rappresentare non solo un’amica, ma l’ideale di donna, ha proposto un’idea rivelatasi vincente: invitare la famiglia del collega con la scusa di un compleanno. Grazie al clima creato dai giochi e dalle trovate dei nostri figli, il rapporto instaurato con l’altra coppia ha fatto ben sperare in un cambiamento della situazione

(Tratto da Il Vangelo del giorno, Città Nuova, anno IX, n. 1, gennaio-febbraio 2023)

 




Una seconda vita da spendere meglio

Le mie condizioni erano apparse subito gravi. Durante la corsa in ospedale, provavo però una grande pace che non mi abbandonò nemmeno in terapia intensiva, con i medici agitati perché non riuscivano a infilarmi un ago nella vena.

Mentre sempre più deboli si facevano i battiti del cuore, mi arrivò ovattata la voce di una infermiera: «Lo stiamo perdendo». Per mancanza di letti, ero stato sistemato in una barella col viso girato verso un Crocifisso appeso alla parete. Era piuttosto malridotto e senza gam- be. Ma proprio questa sua impotenza mi spinse a parlargli con confidenza, a dirgli che ero pronto a fare la sua volontà.

Vedevo come in un film tutta la mia esistenza, piena di vuoti d’amore che avrei voluto colmare. E mi venne una voglia di vivere per far sapere ai miei cari il tesoro scoperto in quegli istanti. Finalmente i medici riuscirono a infilare l’ago e subito avvertii che nel mio corpo riaffiorava la vita. La ripresa fu lenta, ma era netta in me la certezza che Dio mi aveva voluto dare un’altra possibilità, una seconda vita da spendere meglio.

(Tratto da Il Vangelo del giorno, Città Nuova, anno IX, n. 1, gennaio-febbraio 2023)

 




Shomer

Sono di turno questa notte e le luci sono già abbassate. Agitato e confuso disturbi tutto il reparto gridando. Hai la pressione altissima e mi chiedo come calmarti visto che rifiuti le medicine. Mi avvicino con prudenza, già mi è capitato di dovermi difendere, per questo siamo in due vicini al tuo letto. Cerco di decifrare il tuo parlare ingarbugliato, ma è come una matassa aggrovigliata, non trovo il bandolo da cui dipanarla…parli e parli ed io penso preoccupata ai tuoi neuroni, al tuo cuore sotto stress, alla decisione se devo trattenerti o inviarti al Pronto Soccorso.

Ad un certo punto sono catturata dai tuoi occhi; è come se due fili elettrici facessero contatto ed una luce si accendesse: riesco a entrare in te e quel parlare senza senso, quasi un codice cifrato, trova la sua chiave di lettura. Con linguaggio fantasioso mi stai descrivendo sintomi reali ed io li riconosco! Ti accorgi che ho capito ed improvvisamente ti calmi; ti rassicuro che ti prescriverò il farmaco adatto e ti apri al sorriso, accettando le cure necessarie. E che eri veramente presente in quel momento me lo confermi nei giorni successivi, quando torno a trovarti e mi riconosci.

Questa esperienza mi fa riflettere; anche l’agitazione è un linguaggio che vuol comunicare un disagio: nel tuo caso, reduce da un ictus, è la vertigine che ti disturba. Andare al di là, sempre, della prima ipotesi. Lavorando si acquista una certa abitudine ed alla fine ci si appiattisce un po’ su certi standard di trattamento, ma per fortuna tu, come ciascuna e ciascuno di noi, sei un essere irripetibile e da vera sentinella, mi aiuti a vigilare.

Sentinella, quanto resta della notte? La sentinella risponde: “Viene il mattino, poi anche la notte, se volete domandare, domandate, convertitevi, venite! (Is 21,11)

Paola Garzi




Pisa, un progetto di fraternità

Dall’unificazione di due parrocchie si avvia un processo per rigenerare il territorio

di Aurelio Molè

«Il tutto è più delle parti». Lo dice Aristotele, trova conferma nel motto della Gestalt, la teoria della forma degli anni ’20, riecheggia nel teologo Romano Guardini, lo ripete Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium che aggiunge: «Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi».

È anche l’esperienza di Stefano e Luisa Biondi, pisani e focolarini doc, (non c’è contraddizione ndr) che sanno legare mente e cuore e affrontare ogni sfida come occasione di gettare ponti, fare comunità, costruire unità. Il fatto è semplice. Il sostanziale calo di sacerdoti, l’innalzamento dell’età media, ha come conseguenza la creazione di unità pastorali, l’accorpamento di più parrocchie sotto un unico parroco. Apriti cielo! Soprattutto quando l’unificazione è avvenuta tra San Martino e San Marco. La prima è citata dal 1067, già sede dei canonici agostiniani, conserva ancora un “Crocifisso” su tavola di Enrico di Tedice (XIII sec.). Una parrocchia antica, in centro storico, sulla riva sinistra dell’Arno, con un ceto culturale e sociale medio alto, cosa ha da spartire con San Marco? Di antica data anch’essa, menzionata nel 1153, ma attualmente situata in una periferia esistenziale concentrazione di disagi sociali ed economici. Uno stridore evidente.

L’unificazione ha un sapore amaro e i parrocchiani anziani di San Marco non le mandano a dire. Ostacolano il processo con lamentele, chiacchiere e azioni: articoli sui giornali e proteste con il vescovo. La riconciliazione parte, si sviluppa e termina solo con il cambiamento delle relazioni umane. Un gruppo di laici tesse con pazienza mettendosi in dialogo e in ascolto. Vale più ascoltare che parlare: d’altronde ci sarà un motivo per cui abbiamo due orecchie e una sola bocca. Nasce un consiglio pastorale formato da persone di entrambe le parrocchie. «Ci è sembrato – commentano Stefano e Luisa – subito evidente che, al di là della motivazione pratica che ha portato all’unificazione di queste due realtà, Dio avesse un disegno più grande».

Il tutto più della somma delle parti è fortemente voluto dal parroco che lo rende concreto attraverso la realizzazione di un progetto di fraternità. In azione crollano le barriere, ci si conosce, si vive per gli altri. Le idee non possono diventare ideologie perché bisogna guardare “fuori” alle povertà del territorio.

Vengono censiti i beni materiali, i talenti delle persone e le diverse realtà associative che hanno sede nel territorio. Dall’inventario emergono immobili in grave stato di abbandono e un appartamento, da sistemare, ma adatto all’accoglienza.

Come regola si sono proposti di far tutto “non per ma con”, in modo che i destinatari siano protagonisti e artefici insieme a tutti.

Il 24 febbraio del 2022 deflagra la guerra in Ucraina con la sua scia di disperazione e grida di dolore che risuonano anche a Pisa. “Con occhi strabici” per non dimenticar nessuno guardando sia le povertà locali, sia quelle internazionali. Padre Volodymir, il parroco greco cattolico di rito bizantino di Pisa è travolto dagli eventi, dall’onda emotiva dei profughi che si rivolgono a lui. Un fiume in piena non arginabile.

Per ristrutturare l’appartamento occorrono molte risorse. Le promesse di una fondazione, i contributi previsti della prefettura si volatilizzano. «Si sono chiuse molte porte mentre altre impensabili si sono aperte». Una donazione inaspettata copre i costi di ristrutturazione e di arredo, tecnici e imprese lavorano al solo prezzo dei costi dei materiali, una nota ditta di arredamento realizza progetto e arredamento completo.

Il 13 dicembre 2022 arriva la prima famiglia ucraina: genitori, due bambini, di cui una autistica, e un altro in arrivo. Il 18 dicembre 2022 e l’11 gennaio 2023 è la volta di due mamme rispettivamente con due figli e i due mariti al fronte. Si respira il loro dolore: ferite nell’animo e frastornate per gli eventi. Passata la gioia dell’accoglienza è sorta l’ansia dei tanti problemi da affrontare: la gravidanza di una mamma, l’inserimento scolastico, la necessità di trovare lavoro per gli adulti. Istanze affrontate in cordata, nel gruppo, in rete e risolte con la generosità di medici, volontari, un pensionato, vedovo da molti anni, a cui il progetto di unificazione delle due parrocchie ha dato nuova vitalità, opportunità e relazioni di fraternità. E poi religiose, parroci che hanno valorizzato i talenti di ognuno e contribuito al risveglio della sensibilità spirituale.

Fare rete, avviare processi, conoscersi ha messo in evidenza la presenza delle realtà associative presenti sul territorio delle due parrocchie per un progetto di rinascita umana e civile, per “rigenerare” il quartiere mettendo al centro i temi del benessere e della salute, la convivenza pacifica e fraterna, l’accesso e la fruizione di servizi utili.

Si è costituito un Tavolo per la Promozione Umana e l’Accoglienza e la rigenerazione del Territorio dell’Unità Pastorale San Marco e San Martino che ha questi obiettivi a medio termine: scrivere subito e sottoscrivere un documento condiviso, un “Patto di fraternità” tra tutte le realtà coinvolte con la prospettiva di costituire, poi, una Cooperativa di Comunità che riunisca tutti i soggetti per la realizzazione di vari progetti integrati tra loro come ad esempio utilizzare per l’accoglienza l’ex Casa della Pace di San Martino; la realizzazione di un Centro di ascolto e mediazione del disagio sociale e sanitario, un Gruppo di acquisto solidale, un centro per il riuso di abiti/mobili/elettrodomestici in San Marco; un laboratorio di sartoria nell’ex Asilo Gianfaldoni; una sala multimediale per attività giovanili e per la famiglia nell’oratorio di San Marco.

Il pensiero che anima tutti sono i quattro cardini di Papa Francesco: il tempo è superiore allo spazio; l’unità prevale sul conflitto; la realtà è più importante dell’idea; il tutto è superiore alla parte.

«Stiamo provando – conclude Stefano Biondi – ad immaginare la promozione umana del quartiere. Dalla concretezza delle azioni, poi, si comprenderà meglio anche l’annuncio cristiano. Cerchiamo di ricostruire il tessuto sociale, fatto di rapporti nuovi, dove le persone si possano di nuovo aprire alla vita».

Scriveva Italo Calvino: «Cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».

Elenco dei soggetti coinvolti:

Unità Pastorale San Martino-San Marco

Fondazione Opera Giuseppe Toniolo

Gruppo Amici di Toniolo

San Vincenzo

San Martino

San Marco

Acli

Cisl

Cif

Associazione Centro d’Ascolto San Marco per abbandono e disagio scolastico

Confcooperative Grazia Ambrosino

Coop Radio Incontro

Coop Spes

Coop Impegno e Futuro

Scout Pisa 3

Padre Volodymyr per gli Ucraini

Movimento dei Focolari




Come una comunità cristiana può “stare” nel cambiamento?

Martedì 28 febbraio a Pescara si è svolto il laboratorio dal titolo “Come una comunità cristiana può “stare” nel cambiamento?”. A condurre la serata Suor Tiziana Merletti, Francescana dei Poveri, esperta di diritto canonico, formatrice su leadership e tutela dei minori.

L’argomento era davvero di notevole interesse visto che quella che stiamo attraversando – come più volte ci ha ricordato  Papa Francesco, “non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento d’epoca”.

“Il cambiamento è nel DNA” ha affermato Suor Tiziana, esortando i partecipanti prima di tutto a condividere le “emozioni” che tale parola suscitava in loro. Prendendo spunto anche diverse prospettive laiche, come quella economica e sociale, la relatrice ha illustrato la multidimensionalità del cambiamento (esso – io – noi), affermando che “spesso il cambiamento è solo la punta dell’iceberg”: tutto quello che c’è sotto l’iceberg indica che per un vero cambiamento occorre una reale trasformazione (Ted Dunn, “The inter work of transformation”).

Gli spunti forniti dalla relatrice hanno suscitato domande ed un vivo dialogo tra i partecipanti, membri del Movimento dei Focolari, con qualche rappresentante di altre associazioni cattoliche nonché persone impegnate in  vari servizi parrocchiali.

Durante il laboratorio è emerso che certamente nelle nostre comunità cristiane c’è desiderio di cambiamento e anche, a volte non c’è l’adeguata preparazione a farlo. “Tre sono le domande fondamentali che ci dobbiamo fare quando si vuole attuare un cambiamento” e, dobbiamo affrontarle nell’ordine giusto per avere una strategia efficace: “Perchè il cambiamento? Come cambiare? Cosa cambiare?”: il Perchè va messo al centro, sottolinea Suor Tiziana.

Nella vivacità della serata, inoltre la nostra esperta ha offerto tre parole chiave tratte da diversi discorsi di papa Francesco durante il suo pontificato: Discernimento, Parresia e Hippomone, parole che servono proprio a illuminare il cammino del cambiamento con consapevolezza e fiducia in ciò che lo Spirito muove.




A Trieste si accende la pace

Il 24 febbraio 2023, presso la Chiesa Madonna del Mare di Trieste, ha avuto luogo un momento di preghiera ecumenica per la pace, ad un anno dall’inizio della guerra in Ucraina.

Canti, letture e preghiere hanno guidato pastori e fedeli di diverse Chiese cristiane – avventista, luterana, metodista valdese, serbo ortodossa, greco ortodossa e cattolica, durante un momento di unità, rivolti tutti verso un sogno comune: la pace.

Storicamente, infatti, la città di Trieste è stata un luogo di incontro, a volte anche di scontro, sociale, politico e religioso. Per una realtà relativamente ridotta come questa, ospitare sul territorio comunità cattoliche, luterane, valdesi, avventiste, serbo-ortodosse e greco-ortodosse, è una importante manifestazione del fatto che fedeli con professioni religiose diverse possano convivere pacificamente.

Al giorno d’oggi è quasi normale sentire parlare di incontro ecumenico, come se questo fosse sempre esistito. Invece, questa realtà è recente, ed è la dimostrazione che nonostante il credo diverso le Chiese cristiane si vogliono impegnare a costruire un cammino comune, al di là delle differenze, delle ferite e incomprensioni.

Se ce la fanno istituzioni secolari come queste, perché non dovremmo noi?

Questo incontro ecumenico ha sottolineato delicatamente quanto la pace sia un concetto che va al di là del credo, della nazionalità, e del ruolo che ciascuno svolge all’interno della società, non è solo un tema largamente dibattuto da funzionari di Stato, leader politici e giornalisti: questo coinvolge ciascuno di noi.

“Accendi la pace, comincia da te!”, canta, infatti, il Gen Verde, invitando ciascuno a prendere parte alla costruzione di un mondo unito. Questo obiettivo va raggiunto passo dopo passo, partendo proprio dai gesti più piccoli e quotidiani, mantenendo buoni rapporti con il vicinato, con i colleghi, con i compagni di scuola, e, non per ultimo con i famigliari.

Durante la celebrazione del 24 febbraio non sono mancate alcune testimonianze da parte di cittadini ucraini aiutati dalla Comunità di Sant’Egidio e dal Movimento dei Focolari durante questo difficile anno.

La ricchezza della diversità di credo si è manifestata anche sotto forma di diverse riflessioni offerte dai rispettivi rappresentanti della comunità ecumenica presenti.

Le parole di ciascun pastore hanno creato un’interessante meditazione su come vivere in pace nel nostro mondo. Questa, infatti, non è da intendere solo come assenza di guerra, ma è un sentimento di armonia totale dell’essere. La pace significa anche pace con sé stessi, con l’ambiente che ci circonda e ovviamente, con il nostro prossimo.

Per fare tutto ciò è necessario essere “agenti di riconciliazione”, citando le parole del pastore protestante valdese Peter Ciaccio. La ricerca della pace avviene tramite l’incontro con Dio, che si manifesta attraverso l’Altro.

Infine, la celebrazione si è conclusa recitando la preghiera che unisce tutti i fedeli presenti, nessuno escluso, il Padre Nostro, e intonando insieme la canzone del Gen rosso “Semina la pace”, con l’augurio del pastore avventista Michele Gaudio “Che la guerra finisca, ma che il processo di pace continui nella nostra vita.”

Martina Pitacco