Città Nuova Fest a Teramo

Aria di festa e di grande attesa fra i numerosi partecipanti al Città Nuova Fest, dai neonati di quattro mesi agli ultra settantenni,  che sabato 10 novembre hanno invaso l’aula magna del Convitto di Teramo e le aule limitrofe. Lo spirito forte che ispira il lavoro costante e al passo coi tempi di Città Nuova ha preso forma puntando l’attenzione verso le emozioni da cui oggi il vivere dell’uomo e delle relazioni è mosso più che mai.
 
Pur facendo un’analisi della situazione di crisi in cui viviamo, lo psicologo Ezio Aceti, con la sua caratteristica veemenza e passione, ha indicato nella stessa crisi la possibilità di crescita  e nelle emozioni energie da sfruttare per alimentare solide relazioni. Tanti gli spunti per approfondire la conoscenza dei nostri bambini e poterli così amare veramente. Uno sguardo ampio sulla società civile e religiosa, non sono mancate riflessioni sulle relazioni interpersonali della coppia e tra genitori e figli.
 
Una per tutte: “l’amore è sempre possibile”. Questa affermazione  ha sicuramente infuso in ciascuno una sensazione positiva di benessere ed una spinta ad approfondire il cammino intrapreso o comunque a ricominciare con fiducia. 
 
Una persona che ha collaborato per la realizzazione dei due laboratori dedicati ai bambini con Sara Fornaro, caporedattrice del giornalino BIG, e ai ragazzi con Mauro Di Girolamo, attore di Spazio 3, così ci scrive:
 
“È stata un’occasione per entrare con i ragazzi (circa 60) dentro le emozioni. Con i più  piccoli abbiamo “avvicinato ” la paura accartocciandola nel vero senso della parola e gettandola nell’omino mangiapaura; poi abbiamo guardato in faccia la rabbia chiamandola per nome e maltrattandola con una delle nostre scarpe gettate nella scatola delle cose che ci fanno arrabbiare… I più grandi hanno lavorato sulla gelosia proponendo una drammatizzazione con la quale si è cercato di imparare ad andare oltre. Un’occasione per comprendere insieme come siamo persone che vivono delle emozioni e occorre conoscerle per gestirle.”
La serata si è conclusa con la rappresentazione dei ragazzi offerta a tutti i presenti. 
Notevole l’interesse verso l’approfondimento di Città Nuova e riviste ad essa collegate come Big (Bambini in Gamba), Teens (la rivista fatta dai ragazzi e per i ragazzi), nell’ottica di continuare a dialogare.

All’uscita, diverse persone hanno voluto prendere una copia della rivista CN, di BIG ,Teens, lasciare un contatto per continuare il dialogo intrapreso.. Una serata diversa e molto positiva!

Gabriella Ceritano




Convegno a Firenze: “Il Concilio Vaticano II e il carisma dell’unità di Chiara Lubich”

12 MARZO

11 MARZO

“Il Concilio Vaticano II e il carisma dell’Unità di Chiara Lubich”
Firenze, 11 e 12 marzo 2022
Facoltà di Teologia dell’Italia Centrale
Salone dei Cinquecento – Palazzo Vecchio

Il convegno riscopre la novità che il Concilio Vaticano II continua a rappresentare per la Chiesa universale, promuovendo la partecipazione dei laici alla vita e alla missione della Chiesa, cammino in cui si colloca anche il carisma dei Focolari, incentrato sulla fraternità.

Interverranno tra gli altri (vedi programma): Erio Castellucci, Vescovo di Modena-Nonantola, Vice-Presidente della Conferenza Episcopale italiana; Brendan Leahy, Vescovo di Limerick – Irlanda; Severino Dianich, Facoltà teologica dell’Italia Centrale; Piero Coda, Istituto Universitario Sophia; Angelo Maffeis (Facoltà Teologica dell’Italia  settentrionale);  Stefan Tobler (Università “Lucian Blaga” Sibiu –Romania).
Sarà presente per un saluto Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari. 

Il programma sarà trasmesso anche via streaming in italiano e inglese

“L’inizio di un nuovo inizio”: venne definita così la straordinaria novità del Concilio Vaticano II, che ha proiettato la Chiesa in un dialogo intenso quanto inedito con la cultura contemporanea, nella direzione di un maggiore avvicinamento alla società laica; imprimendo un’accelerazione al cammino ecumenico e con le grandi religioni del nostro tempo; ha valorizzato il ruolo del laicato e il contributo dei cristiani alla lotta contro le disuguaglianze sociali, le violenze e le guerre tra popoli. Argomenti di straordinaria attualità, soprattutto in queste settimane.
Un tempo, quello del Concilio in cui si colloca anche il carisma dell’unità di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, con oltre due milioni di membri nel mondo.

“Anche oggi – spiega il prof. Vincenzo Di Pilato (Università Teologica pugliese) – mentre tutto sembra nuovamente crollare sotto i colpi di una politica miope e smemorata, non ci resta altro di sicuro tra le mani che la Parola di Vita, la sola capace di rigenerare la Chiesa. Ed è su questa testimonianza che la Chiesa potrà diventare per il mondo intero Parola autorevole di pace e di unità”. Unità che anche è il nucleo carismatico della spiritualità di Chiara Lubich, estratto dal Vangelo, fin dagli albori dei Focolari.

Il convegno vuole mettere in luce le consonanze tra il cammino tracciato dalla Lubich ed i grandi temi affrontati dai lavori del Concilio Vaticano II. Si esaminerà inoltre come il messaggio del Concilio si sia innestato nell’esperienza nata dal carisma dell’unità, ma, nello stesso tempo, come la fioritura ecclesiale di esso sia stata possibile proprio grazie al Concilio.

Oltre venti studiosi di vari Paesi europei approfondiranno il legame tra il carisma dell’unità e due delle quattro costituzioni emanate dal Concilio Vaticano II, la Lumen Gentium e la Dei Verbum. Il convegno si compone di tre sessioni: Un Concilio e un carisma; La Parola si fa Chiesa; La Chiesa si fa Parola.

L’appuntamento, inserito nell’ambito delle manifestazioni organizzate in occasione del centenario di Chiara Lubich (1920-2020) e rimandato a causa della pandemia, nasce dalla collaborazione del Centro Chiara Lubich con l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (Firenze), la cittadella internazionale dei Focolari. L’evento ha il patrocinio del Comune di Firenze ed è realizzato con la partecipazione della Facoltà teologica dell’Italia centrale, Associazione teologica italiana, Istituto Paolo VI, Centro internazionale studenti “Giorgio La Pira”, Movimento dei Focolari, Scuola Abbà, Città Nuova editrice.

NOTE TECNICHE PER STREAMING:
11 marzo 2022 – Facoltà di Teologia Italia Centrale – 15,00- 19,30
12 marzo 2022 – Salone dei Cinquecento – Palazzo Vecchio – dalle 9,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 18,00
Si può seguire il convegno in italiano e inglese su live.focolare.org/Firenze2022

 




Dio, la nostra roccia

Era una giornata piena di telefonate e lavoro in ufficio. Strilla di nuovo il telefono e dall’altra parte c’e un signore , a me sconosciuto, che chiede una alloggio per una famiglia giovane dell’Ucraina, con un bambino di 3 anni e una coppia di gemelli, nate due mesi fa….in una cantina…

Sto guardando il calendario e vedo che abbiamo affitate tutte le stanze del nostro Centro di Incontri….fino alla fine dell’anno…Mi sembra impossibile e chiedo aiuto a Dio, pensando alle esperienze dolorosi di questa famiglia in fuga. Voglio già rispondere che non possiamo aiutare, ma in cuore mio una voce forte: “No, no ,stai ferma, pensaci sopra” e cosi dico a questo signore, che lo richiamo qualche ora più tardi o in un giorno.

Parlo con la nostra responsabile di casa e troviamo una soluzione impensata. La madre di lei prende questa famiglia per qualche giorno a casa sua e poi, parlando con altre persone, possiamo mettere a disposizione un’alloggio adatto a questa giovane famiglia. In cuore mio sono felice, per me è una esperienza di Natala attuale….

Illes




#agendamigrazioni L’adesione dei Focolari

Giovedì 8 febbraio sono state presentate delle proposte per una nuova agenda sulle migrazioni in Italia.

La crisi dei migranti che attraversa oggi l’Europa mette in luce una profondala crisi dei valori comuni su cui l’Unione si dice fondata, e la questione delle migrazioni sembra essere diventata un banco di prova importante delle politiche europee e nazionali.

Per questo, gli enti cristiani impegnati a vario titolo nell’ambito delle migrazioni sentono la necessità di aprire uno spazio di confronto in cui dare voce alle esigenze di convivenza civile e di giustizia sociale che individuano come prioritarie, per il bene di tanti uomini e donne di cui si impegnano a promuovere i diritti e la dignità.

Durante la conferenza stampa i rappresentanti degli enti firmatari hanno presentato il documento sottoscritto e l’agenda dei punti sulle migrazioni, su cui chiamano ad esprimersi i diversi schieramenti politici che si presentano al prossimo appuntamento elettorale. A questo link le adesioni che continuano a crescere. 

E’ possibile sottoscrivere il documento inviando una e-mail a:

agendamigrazioni@gmail.com

#agendamigrazioni

Il documento entra nel dettaglio di questioni conosciute molto bene dagli “enti cristiani” impegnati, in modo diverso, nell’ambito delle migrazioni.

Sono sette i punti offerti ad un esigente confronto pubblico:

Riforma della legge sulla cittadinanza
Da troppi anni il nostro Paese non adegua la sua legislazione sull’acquisizione della cittadinanza al mutato contesto sociale e troppi cittadini di fatto non sono riconosciuti tali dall’ordinamento. Varare un provvedimento che sani queste contraddizioni non è più rimandabile.

Nuove modalità di ingresso in Italia
Serve un nuovo quadro giuridico per accogliere quanti arrivano nel nostro Paese senza costringerli a chiedere asilo. A fronte di flussi migratori che gli esperti definiscono sempre più come misti, creare una divisione politica tra richiedenti asilo e “migranti economici” è difficile, anacronistico e inefficace. Bisogna andare oltre. Viene chiesta una rapida riattivazione dei canali ordinari di ingresso che ormai da anni sono pressoché completamente chiusi, con l’inevitabile conseguenza di favorire gli ingressi e la permanenza irregolari. Per entrare in Italia secondo la legge servono modalità più flessibili e decisamente più efficienti, a cominciare da un immediato ritorno del decreto flussi, per arrivare fino a proposte più ampie e organiche di modifica del testo unico sull’immigrazione: permesso di soggiorno temporaneo per la ricerca di occupazione, attività d’intermediazione tra datori di lavoro italiani e lavoratori stranieri non comunitari e reintroduzione del sistema dello sponsor (sistema a chiamata diretta).

Regolarizzazione su base individuale degli stranieri “radicati”
Gli stranieri irregolari, seguendo i modelli di Spagna e Germania, dovrebbero avere la possibilità di essere regolarizzati su base individuale, qualora dimostrino di avere un lavoro, di avere legami familiari comprovati oppure di non avere più relazioni col Paese d’origine. Si tratterebbe di un permesso di soggiorno per comprovata integrazione, rinnovabile anche in caso di perdita del posto di lavoro alle condizioni già previste per il “permesso attesa occupazione”. Infine, il permesso di soggiorno per richiesta di asilo si potrebbe trasformare in permesso di soggiorno per comprovata integrazione anche nel caso del richiedente asilo diniegato in via definitiva che abbia svolto un percorso fruttuoso di formazione e di integrazione.

Abrogazione del reato di clandestinità
Il reato di immigrazione clandestina, che è ingiusto, inefficace e controproducente, è ancora in vigore: va cancellato al più presto, abrogando l’articolo 10-bis del decreto legislativo 26 luglio 1998, n. 286.

Ampliamento della rete Sprar
Lo squilibrio a favore dei Cas, i Centri di Accoglienza Straordinaria, è ancora troppo forte e a risentirne è la qualità dell’accoglienza. L’obiettivo deve essere riunificare nello Sprar l’intero sistema, che deve tornare sotto un effettivo controllo pubblico, prevedere l’inserimento dell’accoglienza tra le ordinarie funzioni amministrative degli enti locali e aumentare in maniera sostanziale e rapida il numero di posti totali.

Valorizzazione e diffusione delle buone pratiche
Siamo ormai da tempo sommersi da casi di cattiva accoglienza. Esistono, sono purtroppo numerosi e non bisogna mai smettere di denunciarli con forza e rapidità, senza il minimo timore. C’è però anche un’altra faccia dell’accoglienza dei migranti, meno esposta e ben più positiva. Va raccontata il più possibile, proprio attraverso un osservatorio capace di individuare e diffondere le buone pratiche, affinché vengano il più possibile replicate.

Effettiva partecipazione alla vita democratica
Si prevede l’elettorato attivo e passivo per le elezioni amministrative a favore degli stranieri titolari del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo.

Don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della Carità di Milano ha messo in evidenza il contenuto di questa iniziativa con la campagna “Ero straniero” che ha presentato una proposta di legge popolare in materia di migrazioni la quale resta all’attenzione e alla volontà del prossimo Parlamento che verrà eletto il 4 marzo. Il dibattito con i giornalisti è stato preceduto dagli interventi dei rappresentanti delle associazioni promotrici dell’agenda (Acli, Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo, Associazione Papa Giovanni XXIII, Azione Cattolica, Centro Astalli, Centro Missionario Francescano Onlus (Ordine dei Frati Minori Conventuali), CNCA, Comboniani, Comunità Sant’Egidio, Conferenza Istituti Missionari Italiani, F.C.E.I., Federazione Salesiani per il Sociale, Fondazione Casa della carità, Fondazione Somaschi, GiOC – Gioventù Operaia Cristiana, Istituto Sturzo, Movimento dei Focolari Italia, Paxchristi, U.I.S.G.). Prossimo incontro e confronto pubblico previsto a Milano il prossimo 20 febbraio.

Vedi anche Articolo su Città Nuova




L’Italia ratifichi il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari: appello delle associazioni cattoliche

Appello congiunto di Acli, Azione Cattolica Italiana, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Movimento dei Focolari Italia e Pax Christi.

Il 22 gennaio 2021, al termine dei 90 giorni previsti dopo la 50esima ratifica, il “Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari” è diventato giuridicamente vincolante per tutti i Paesi che l’hanno firmato.

Questo Trattato, che era stato votato dall’Onu nel luglio 2017 da 122 Paesi, rende ora illegale, negli Stati che l’hanno sottoscritto, l’uso, lo sviluppo, i test, la produzione, la fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, l’immagazzinamento, l’installazione o il dispiegamento di armi nucleari.

Il nostro Paese non ha né firmato il Trattato in occasione della sua adozione da parte delle Nazioni Unite, né l’ha successivamente ratificato. Tra i primi firmatari di questo Trattato vi è invece la Santa Sede.

In Italia, nelle basi di Aviano (Pordenone) e di Ghedi (Brescia), sono presenti ordigni nucleari (B61), una quarantina circa. E nella base di Ghedi si stanno ampliando le strutture per poter ospitare i nuovi cacciabombardieri F35, ognuno dal costo di almeno 155 milioni di euro, in grado di trasportare nuovi ordigni atomici ancora più potenti (B61-12).

Il nostro Paese si è impegnato ad acquistare 90 cacciabombardieri F35 per una spesa complessiva di oltre 14 miliardi di euro, cui vanno aggiunti i costi di manutenzione e quelli relativi alla loro operatività.

Le armi nucleari sono armi di distruzione di massa, dunque, in quanto tali, eticamente inaccettabili, come ci ha ricordato anche papa Francesco in occasione della sua visita in Giappone domenica 24 novembre 2019, a Hiroshima:

 «Con convinzione desidero ribadire che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche, come ho già detto due anni fa. Saremo giudicati per questo. Le nuove generazioni si alzeranno come giudici della nostra disfatta se abbiamo parlato di pace ma non l’abbiamo realizzata con le nostre azioni tra i popoli della terra».

Il 22 gennaio 2021 autorevoli esponenti della Chiesa cattolica di tutto il mondo, tra i quali il cardinal Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e mons. Giovanni Ricchiuti, arcivescovo della diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti e presidente di Pax Christi Italia, hanno sottoscritto a loro volta un appello in cui «esortano i governi a firmare e ratificare il Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari», sostenendo in questo «la leadership che papa Francesco sta esercitando a favore del disarmo nucleare». Altri vescovi italiani si sono espressi pubblicamente in questa direzione e anche numerose sedi locali delle nostre associazioni e dei nostri movimenti.

A tutti questi appelli, unendoci convintamente alla Campagna nazionale “Italia ripensaci”, che ha registrato una vasta e forte mobilitazione su questo argomento, aggiungiamo ora il nostro e chiediamo a voce alta al Governo e al Parlamento che il nostro Paese ratifichi il Trattato Onu di Proibizione delle Armi Nucleari.

La pace non può essere raggiunta attraverso la minaccia dell’annientamento totale, bensì attraverso il dialogo e la cooperazione internazionale.

«La pandemia è ancora in pieno corso; la crisi sociale ed economica è molto pesante, specialmente per i più poveri; malgrado questo – ed è scandaloso – non cessano i conflitti armati e si rafforzano gli arsenali militari. E questo è lo scandalo di oggi»

(Papa Francesco, messaggio Urbi et Orbi 4 aprile 2021, giorno di Pasqua).

Emiliano Manfredonia, Presidente nazionale Acli
Matteo Truffelli, Presidente nazionale di Azione Cattolica
Giovanni Paolo Ramonda, Presidente nazionale dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
Rosalba Poli e Andrea Goller, Responsabili nazionali Movimento dei Focolari Italia
Don Renato Sacco, Coordinatore nazionale di Pax Christi

Questo documento è aperto alle adesioni dei responsabili delle associazioni e dei movimenti del mondo cattolico italiano.

Le adesioni possono essere inviate entro il 23 maggio 2021 a:

Carlo Cefaloni  carlo.cefaloni@gmail.com

Laila Simoncelli lailaita@libero.it




Il “gioco della traduzione”

Una zia di mia moglie era ricoverata in ospedale. Nota per avere una lingua pungente, parlava e sparlava di tutti e di ogni cosa vedeva il negativo, col risultato che a frequentarla erano pochi tra parenti e amici.

Quando ci è stato possibile visitarla, mia moglie ed io ci siamo accordati per “tradurre in positivo” le sue prevedibili lagnanze e recriminazioni. Infatti niente le andava bene di quello che avevamo preparato per lei… e noi, divertiti per come tutto si svolgesse secondo le previsioni, stavamo al gioco per il quale, invece, “tutto andava bene”.

Non avevamo però previsto una cosa: la zia, disorientata dalla nostra imperturbabilità, ha esaminato meglio i nostri doni e, un po’ raddolcita, quasi si è scusata per la sua ingratitudine. Dopo di che ci ha chiesto notizie dei nostri figli, di come andavano a scuola… insomma, sembrava un’altra persona.

Appena tornati a casa, i bambini ci hanno accolti con la notizia che aveva telefonato la zia: voleva congratularsi con ciascuno per come andava a scuola. Il “gioco della traduzione” aveva funzionato

(Tratto da Il Vangelo del giorno, Città Nuova, anno VII, n. 3, maggio-giugno 2021)

 




Maggio 2024

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1 Gv 4,8).

La prima lettera di Giovanni si rivolge ai cristiani di una comunità dell’Asia Minore per incoraggiarli a ripristinare la comunione tra loro, poiché sono divisi da dottrine diverse.

L’autore li esorta a tenere presente ciò che è stato proclamato “fin dal principio” della predicazione cristiana e ripete ciò che i primi discepoli hanno visto, udito e toccato con mano nella convivenza con il Signore, affinché anche questa comunità possa essere in comunione con loro e, quindi, anche con Gesù e con il Padre (1).

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Per ricordare l’essenza della rivelazione ricevuta, l’autore sottolinea che, in Gesù, Dio ci ha amato per primo, assumendo fino in fondo l’esistenza umana con tutti i suoi limiti e le sue debolezze.

Sulla croce, Gesù ha condiviso e sperimentato sulla sua pelle la nostra separazione dal Padre. Dando tutto sé stesso l’ha risanata con un amore senza limiti né condizioni. Ci ha dimostrato cos’è l’amore che ci aveva insegnato con le parole e con la vita.

Dall’esempio di Gesù si comprende che amare davvero implica coraggio, fatica e il rischio di dover affrontare avversità e sofferenze. Ma chi ama così partecipa alla vita di Dio e sperimenta la Sua libertà e la gioia di chi si dona.

Amando come Gesù ci ha amati, ci liberiamo dall’egoismo che chiude le porte alla comunione con i fratelli e con Dio e possiamo sperimentarla.

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Conoscere Dio, colui che ci ha creati e che conosce noi e la verità più profonda di tutte le cose, è da sempre un anelito, magari inconscio, del cuore umano.

Se Lui è amore, amando come Lui possiamo intravedere qualcosa di questa verità. Possiamo crescere nella conoscenza di Dio perché viviamo essenzialmente la Sua vita e camminiamo alla Sua luce.

E ciò si compie pienamente quando l’amore è reciproco. Se ci amiamo l’un l’altro, infatti, «Dio rimane in noi» (2). Avviene un po’ come quando i due poli elettrici si toccano e la luce si accende, illuminando quanto ci circonda.

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Testimoniare che Dio è amore, afferma Chiara Lubich, è «la grande rivoluzione che siamo chiamati ad offrire oggi al mondo moderno, in estrema tensione», così «come i primi cristiani la presentavano al mondo pagano di allora» (3).

Come farlo? Come vivere questo amore che viene da Dio? Imparando da Suo Figlio a metterlo in pratica, in particolare «[…] nel servizio ai fratelli, specie quelli che ci stanno accanto, cominciando dalle piccole cose, dai servizi più umili. Ci sforzeremo, ad imitazione di Gesù, di amarli per primi, nel distacco da noi stessi ed abbracciando tutte le croci, piccole o grandi, che tutto questo può comportare. In tale modo non tarderemo ad arrivare anche noi a quella esperienza di Dio, a quella comunione con Lui, a quella pienezza di luce, di pace e di gioia interiore, a cui vuole portarci Gesù» (4).

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Santa visita spesso una residenza per anziani, un ambiente cattolico. «Un giorno, con Roberta, incontra Aldo, un uomo alto, molto colto, ricco. Aldo guarda le due giovani con sguardo cupo: “Ma perché venite qui? Che volete da noi? Lasciateci morire in pace!” Santa non si perde d’animo e gli dice: “Siamo qui per lei, per vivere qualche ora insieme, conoscerci, diventare amici”. […] Ritornano altre volte. Roberta racconta: “Quell’uomo era particolarmente chiuso, molto abbattuto. Non credeva in Dio. Santa è stata l’unica che è riuscita a entrare nel suo cuore, con tanta delicatezza, ascoltandolo per ore”». Pregava per lui, e una volta gli ha regalato un rosario, che lui ha accettato. «Santa viene poi a sapere che Aldo è morto nominandola. Il dolore per la sua morte è attenuato dal fatto che è morto serenamente, tenendo fra le mani il rosario che un giorno gli aveva regalato» (5).

A cura di Silvano Malini e del team della Parola di Vita

_________________________________________________________________

1 Cf. 1 Gv 1,1-3.
2 Cf. 1 Gv 4,12.
3 C. Lubich. Conversazioni, a cura di M. Vandeleene (Opere di Chiara Lubich 8/1); Città Nuova, Roma 2019, p. 142.
4 C. Lubich, Parola di Vita di maggio 1991, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5),
Città Nuova, Roma 2017, p. 477.
5 P. Lubrano, Un volo sempre più alto. La vita di Santa Scorese, Città Nuova, Roma 2003, pp. 83-84,107.




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Studenti siciliani per il Myanmar

È nata in Sicilia un’azione per sostenere le popolazioni dell’ex Birmania, molte delle quali in fuga per la guerra che dura ormai da troppo tempo. Giovani delle scuole siciliane hanno voluto e continuano a dare il loro contributo per essere vicini alla sofferenza di questa gente.

Così è partita l’iniziativa “una candela per il Myanmar”, perché in quel martoriato Paese non mancano solo cibo e generi di prima necessità. Chi ha abbandonato la città spesso oltre ai beni primari, medicine e cibo, ha bisogno anche delle candele perché non c’è nessuna forma di illuminazione. Nel Paese manca l’energia elettrica e qualunque fonte energetica che possa consentire di vivere le ore più buie.

Nell’Istituto Superiore Curcio di Ispica è arrivata la proposta di una delle azioni previste da Living Peace, il progetto che punta a costruire una nuova cultura di pace, l’unica che possa rispettare e rispondere alle domande più vere e profonde di tutti e di ciascuno, nell’impervio cammino verso la fraternità universale. I progetti di Educazione alla Pace avviati in alcune scuole siciliane, che vedono come capofila il Liceo Galileo Galilei di Catania, sono approdati anche a Ispica e Rosolini.

A Ispica i ragazzi hanno avviato l’iniziativa “Una candela per il Myanmar” mettendo in vendita delle penne, del valore di un euro che riportano la scritta dedicata proprio all’azione di solidarietà internazionale. Ma l’azione non si ferma. Nei laboratori di scienza i ragazzi apprendono anche l’antica arte della realizzazione del “sapone di casa”, a base di olio di oliva, soda caustica e acqua che sono stati venduti destinando il ricavato proprio ai primi soccorsi per le popolazioni del Myanmar. All’iniziativa hanno preso parte anche alcuni gen 3, i ragazzi del Movimento dei Focolari. «I ragazzi si sono riuniti per preparare il sapone – spiega Carmela Muni – un’esperienza di condivisione che ha coinvolto anche gli adulti. In tutti c’è la gioia di donare». «L’iniziativa è nata dalla scuola – spiega Massimo Micieli, docente di Scienze all’Istituto Curcio – grazie alla sinergia con il Liceo Galilei di Catania ma si è allargata sempre di più. Abbiamo venduto il sapone davanti alla porta delle chiese. Tanti hanno voluto aderire e tanti ci hanno donato dell’olio per permetterci di produrre altro sapone: una catena virtuosa, l’amore che circola e che si intreccia producendo sinergie positive».

Questi oggetti stanno diventando pian piano il simbolo di una gara di generosità che si sta diffondendo anche a Catania e in altre città della Sicilia.

Melina Morana




Si può fare di più

La comunità dei Focolari di Roma in aiuto di una famiglia afgana

di Aurelio Molè

15 agosto 2021: una data che non si dimentica. L’Afganistan è di nuovo nelle mani dei Talebani. L’aeroporto di Kabul diventa l’unica via di fuga dal Paese. Migliaia di civili si accalcano per partire. Una folla impressionante. Tra loro la famiglia afgana Khrosh che, tramite la mediazione della Nunziatura vaticana, può imbarcarsi alla volta di Kiev con il corpo diplomatico ucraino. Gli accordi prevedono che, una volta atterrati nel Vecchio Continente, i profughi afgani saranno distribuiti in vari Paesi europei. Ma c’è un intoppo per la famiglia Khrosh: mancano dei documenti per Mehin, 4 anni, la figlia di Zabi, un medico, e Aqela, un’ostetrica, e non può partire. Aqela è incinta all’ottavo mese, estrae alcuni indumenti per il marito che parte da solo, con una busta di plastica e pochi vestiti. «Ci rivedremo!» – è la promessa e il commiato di Aqela.

Nel febbraio del 2022 la comunità di Roma dei Focolari organizza una apericena per conoscere e far conoscere tra di loro i vari afgani presenti nella capitale. Nell’occasione incontrano Zabi e decidono di aiutarlo. Vive in un centro di accoglienza, non ha lavoro, la famiglia è scappata in Iran ed è nata una seconda figlia, Barin. Ma come fare?

Tiziano Binaghi, uno dei volontari, pronuncia uno stentato «proviamo!», anche se è forte il senso di inadeguatezza per la mancanza delle competenze necessarie. Con l’aiuto di alcune docenti della facoltà di Lingue e scienze orientali dell’università La Sapienza raccolgono fondi per coprire le spese dei visti e dei biglietti aerei per il ricongiungimento che avviene nel settembre del 2022. «Ricordo ancora – racconta Tiziano – la forte emozione di Mehin che correva sul molo di Fiumicino per guardare per la prima volta il mare che non aveva mai visto». Nel frattempo, poco prima, a giugno, era avvenuto il primo miracolo: Zabi trova lavoro, non come medico, ma per una ditta che lavora alla sterilizzazione dei ferri chirurgici per il Policlinico Umberto I di Roma. Dapprima, dopo l’insistenza di Tiziano, in prova per una settimana, poi per periodi più lunghi, ma sempre a tempo determinato.

Ora il lavoro c’è, poco e precario, ma manca una casa dove accoglierli. A Tiziano e a sua moglie Paola viene in mente la casa disabitata a Casperia (RI) dei genitori di lei, ormai in Cielo. È l’unica soluzione concreta e non funziona. Per Zabi diventa un’impresa impossibile raggiungere il lavoro. La stazione di treno più vicina è a Poggio Mirteto e, a turno, persone dei Focolari, parenti e amici, devono recarsi a Casperia e portare Zabi alla stazione. Un trasferimento a Poggio Mirteto, ospiti a casa di una loro cugina, dovrebbe ridurre il tempo di percorrenza per il lavoro, ma non di molto. Anche questa soluzione è temporanea. A Paola viene un’idea. A Roma è impossibile comprare una casa, con i loro risparmi, aggiungendo quelli di sua sorella e della sorella di Tiziano acquistano un piccolo appartamento a Monterotondo. Dal giugno 2023 la famiglia Khrosh abita lì.

Altro scoglio il permesso di soggiorno. L’ associazione “Una città non basta” lo indirizza, ma Tiziano è incerto sul da farsi quando accompagna Zabi all’Ufficio Immigrazione e non sa a che santo appellarsi. Gli viene, però, in mente il santo del giorno, san Francesco: è il 4 ottobre. «Ho pregato san Francesco – racconta Tiziano con la sua carica di simpatia – anche se ho pensato che cosa c’entra? Poi, però, mi è venuto in mente che è il patrono degli italiani. San Francesco pensaci tu, io non so che fare. Al cancello ho avuto l’impressione di un miracolo». All’ingresso incontra Simone. «Lo conosco perché i suoi genitori e quelli di sua moglie sono di Casperia e d’estate danno una mano per la festa della Madonna della Neve, ma non sapevo fosse un poliziotto. Mi è sembrato di vedere un angelo: si è messo a disposizione, ha cercato il mediatore culturale e ci ha aiutato in tutti i modi per completare l’iter della richiesta». Ad agosto del 2023 hanno ottenuto il permesso di soggiorno.

La provvidenza si manifesta in molti modi. Un giorno Tiziano passeggia, da solo, e una telefonata lo avverte che Zabi è stato assunto. Pensa sia il solito rinnovo del contratto, invece è assunto a tempo indeterminato. Non è semplice trattenere la commozione.

Da sin: Tiziano, Mehin, Zabi, Paola, Aqela e Barin

Il lavoro di accompagnamento continua e non è possibile enumerare i piccoli e grandi atti di generosità compiuti dalle persone più diverse che contribuiscono con vestiario, denaro, viveri, visite gratuite da parte di un ortopedico, un dentista, un pediatra.

«Con questa esperienza – chiosa Tiziano – ho scoperto tanti segni della provvidenza. Come se Dio mi dicesse: “Buttati, rischia!”. La mia impressione è che potremmo fare molto di più, per renderli autonomi e metterli nelle condizioni di portare il loro contributo alla società. Anche così costruiamo un pezzetto di mondo nuovo, in pace».

La speranza per il futuro è che Zabi possa avere riconosciuto in Italia il suo titolo di studio e così poter lavorare come medico, professione che esercitava già da vari anni.




Stefania ce l’ha fatta!

Si avvicinava il Natale. Stefania mi chiese se l’avrei potuta aiutare a incartare per bene i regalini per tanti bimbi di cui si sentiva “zia” ed io accettai volentieri. Il giorno fissato squillò il telefono. Era Stefania che, desolata, mi avvisava che non sarebbe venuta, aveva un gran mal di gola e andava a letto. Trascorsi alcuni giorni mi arrivò un messaggio: “Mi stanno portando in ospedale”. Tentai di rispondere e richiamare, ma non ricevevo risposta, perciò, attraverso un cugino, riuscii a sapere che Stefania era ricoverata all’ospedale del capoluogo, nel reparto Covid.

Seguirono giorni di silenzio, poi arrivò un mail con la sua foto: Stefania non poteva parlare né muoversi, era con il respiratore e le servivano diverse cose. Mio marito Aldo, era turbato: “Non andrai in casa sua…c’e il virus, e poi in ospedale? Ma sai cosa rischi? Prendi almeno i guanti …e come farai a raggiungere la città e guidare? Non portarmi a casa il Covid”. Lo rincuorai, anche se io pure avevo un po’ di timore; ma Stefania viveva sola, ed ora era Gesù abbandonato e aveva bisogno di tutto, non potevo lasciarla; l’amore non deve temere nulla.

Andai a recuperare le chiavi del suo appartamento, presi alcuni indumenti e con coraggio mi misi alla guida: faticavo, avevo dolori alle gambe, ma nel silenzio andavo avanti e mi sentivo pronta a tutto. Ogni giorno le inviavo messaggi gioiosi, facevo acquisti di cose intime e igieniche, e cercavo di raggiungerla per non privarla dell’indispensabile. Alcune sue amiche mi consegnavano pensieri: era un’occasione per costruire un rapporto amichevole con persone sconosciute.

Dopo vari giorni Stefania iniziò ad alzarsi, a mangiare, e desiderava un pezzo di pane speciale. Un’amica voleva portarglielo, perciò mi chiese come doveva fare; le descrissi il percorso e alcune regole come il Green Pass, ma qui crollarono le speranze: non l’aveva, come pure tutte le altre amiche. Chiara si mise in contatto con me e preparò il pane che Stefania gradiva, poi io l’avrei portato.

L’appuntamento era alla stazione e fu una bella conoscenza, lei giovane ed io anziana; mi chiese se fossi una zia o una cugina di Stefania. No -rispondo – non sono una parente. – E perché allora va? – Io la conosco da quando è nata, ed ora sono una nonna e le voglio bene. Aprimmo così il nostro cuore ad un piccolo dialogo . E’ stato un far nascere Gesù tra noi e ci salutammo con un sorriso.

Dopo alcuni giorni mi giunge un messaggio “Oggi pomeriggio torno a casa! Grazie Carletta!” . Che gioia! Corro a casa sua, appendo nell’atrio dei palloncini colorati e sul tavolo lascio un pensiero di Natale con dei disegni e un dolce, mentre con lo sguardo osservo i vari regali per i “nipotini” ancora sparsi ovunque per la casa, che la “zia” con il tempo avrebbe consegnato; perché ogni giorno è Natale. Chiudo la porta, consegno le chiavi alla vicina di casa e assieme condividiamo questa felicità: Stefania ce l’ha fatta.

Carla




Benevento, Progetto “Per un pezzo di pane”

Il progetto “per un pezzo di pace” si inserisce nella cornice di attività pensate dal coordinamento istituito per riconsegnare al Centro “La Pace” il suo obiettivo primordiale: essere un laboratorio permanente di unità, una esperienza di pace attraverso la cultura e l’accoglienza, un motore continuo che muove idee e proposte.

Il progetto è indirizzato a tutti i giovani della provincia di Benevento di età compresa fra i 15 e i 30 anni, si rivolgerà pertanto a scuole, università, associazioni, parrocchie, realtà locali (proloco, forum giovani). Il progetto è articolato in cinque fasi spalmate su un arco temporale di circa 4 mesi.

Scarica gli allegati con la descrizione del progetto e le schede di iscrizione:

benevento descrizione progetto (1)

benevento ( allegato1) REGOLAMENTO

benevento (allegato 2) SCHEDA D’ISCRIZIONE

benevento (allegato 3) SCHEDA DI ADESIONE

 




Fragilità nella famiglia

Da un po’ di tempo mio marito ed io ci prendiamo cura, quasi a tempo pieno, dei nostri due nipoti di 10 e 8 anni, che abitano al piano di sopra. Questo perché la mamma li ha lasciati al babbo, nostro figlio, per andare a stare da sola. “Troppa responsabilità” ha detto e la separazione è stata consensuale.

Già da qualche tempo avevo notato l’insofferenza di mia nuora per gli impegni che una famiglia richiede. Mio figlio ha vissuto mesi molto dolorosi nel sentirsi rifiutato e nel dover accudire ai figli ancora abbastanza piccoli. Noi gli siamo stati sempre vicino, abbiamo condiviso tutto.

Ogni volta per noi nonni era fare il vuoto e vivere l’attimo presente anche se a volte ci chiedevamo “perché?”. La risposta ci è venuta meditando sugli scritti di Chiara Lubich, soprattutto quando parla del dolore ed elenca i volti di Gesù Abbandonato. Lì vi abbiamo riconosciuto l’”Assurdo”. Era Lui da amare!

Come fare però ad andare oltre quella piaga? La preghiera quotidiana, il cercare di vivere la Parola di Vita che ogni mese ci nutriva, sono state un aiuto essenziale per dire di sì e ricominciare sempre ad amare. Per me è stato fondamentale “farmi uno” con mia nuora, per sostenerla, farla parlare, non giudicarla. In fondo era stata accolta come una figlia, poiché aveva rotto i rapporti con la sua famiglia d’origine. Mi sentivo di poter volerle bene!

Avvenuta la partenza da casa di nostro figlio ho sentito un senso di fallimento. Forse non era stata amata abbastanza, visto che “tutto vince l’amore”? L’idea di chiudere ogni rapporto con lei ci ha sfiorato più volte, ma è stato più forte il pensiero che Chiara ci aveva, negli anni, formato ad amare sempre.

Non c’è stato un miracolo nella mia nuora ma c’è stato in me.

Tutte le volte che viene a prendere i bambini l’accolgo con un sorriso, le chiedo se desidera un caffè e la saluto con affetto. Dentro di me sento che questo modo d’essere aiuta i bambini a sentirsi meno soli, ad essere abbastanza sereni.

Questa accoglienza, che anche mio figlio condivide, penso che permetterà loro di passare un’infanzia abbastanza gioiosa. Con loro spesso si gioca a nascondino, si dipinge, si fanno i compiti….

In fondo al cuore c’è sempre il desiderio che si ricomponga la famiglia. In caso avvenisse questo miracolo vorrei che mia nuora trovasse qui quel clima che le permettesse di fare la sua parte. So che è un pio desiderio, ma non voglio porre limiti al Gesù che è in lei.

G. e F.




LA VOCE DEI GIOVANI ALL’ONU: Bando per due borse di studio

PROMETEO WORLD ONU 2019 – BANDO INTERNAZIONALE per DUE BORSE DI FORMAZIONE E RICERCA presso la sede ONU di NEW YORK

LA VOCE DEI GIOVANI ALL’ONU

Prometeo World ONU 2019, il progetto internazionale promosso dall’associazione New Humanity (ONG del Movimento dei focolari) e dalla Fondazione Mario Diana onlus di Caserta (Italia) offre due borse di formazione e ricerca del valore di 5mila euro ciascuna per giovani con forte motivazione e interesse per le questioni internazionali e per la promozione del dialogo e della pace tra i popoli. Lo stage si svolgerà presso la sede ONU di New York da febbraio a maggio 2019.

La selezione è aperta a laureati o laureandi delle seguenti aree disciplinari: scienze umanistiche, scienze politiche, relazioni internazionali, diritto, cooperazione internazionale, comunicazione, social management.

I giovani selezionati saranno accompagnati nel loro percorso da esperti di New Humanity, associazione che da oltre trenta anni è ente accreditato presso il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC).

Obiettivo dello stage è condurre una ricerca su uno o più temi legati al lavoro delle ONG e ai progetti dell’ONU, finalizzati a realizzare gli obiettivi definiti dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Parte del progetto prevede l’ideazione di criteri e processi per il riconoscimento, da parte delle Nazioni Unite, della “Settimana Mondo Unito”: l’expo internazionale di buone pratiche orientate alla fraternità e alla sostenibilità sociale che, da oltre 30 anni, è promossa e organizzata dai giovani del Movimento dei focolari.

Termine ultimo per la candidatura è il 15 dicembre 2018. Il bando è consultabile sui siti web degli enti promotori www.new-humanity.orgwww.fondazionediana.it.

“La nostra Fondazione attraverso il progetto di educazione ambientale ‘Seguimi’ e la sezione ‘Prometeo’, da cui prende il nome questo bando, è da tempo impegnata con e per i giovani a testimonianza, ancora una volta, di quanto sia necessario porre le nuove generazioni come fulcro delle strategie presenti e future, per promuovere crescita e sviluppo sostenibile – ha dichiarato Antonio Diana, presidente della Fondazione Mario Diana. Di fronte alle sfide globali che l’umanità è chiamata oggi ad affrontare, occorre formare una generazione di giovani che siano opportunamente preparati, che trovino spazi dove spendere al meglio le proprie energie e talenti, sviluppino competenze trasversali e capacità di leadership etica, in modo da essere portatori di un autentico rinnovamento sociale”.

Marco Desalvo, presidente di New Humanity ha sottolineato l’apertura internazionale dell’iniziativa. “Abbiamo voluto aprire il bando a giovani di ogni nazionalità, indipendentemente dalla loro cultura e credo religioso. Come ha affermato Papa Francesco: troppo spesso si parla di giovani senza lasciarsi interpellare da loro. Con questo progetto vogliamo che le nuove generazioni, con la creatività, lo stile e l’originalità che le caratterizza, facciano sentire la loro voce nelle sedi dove si prendono le più importanti decisioni per il futuro del pianeta. Il ruolo di un’economia civile e di comunione nella lotta alla povertà, le politiche in tema di rifugiati e migranti, il rafforzamento del ruolo delle donne, la leadership delle nuove generazioni, sono alcuni degli ambiti su cui aspettiamo proposte e idee dai giovani beneficiari del progetto”. 

Lo scorso 24 settembre 2018, il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres ha annunciato “Youth2030”, la nuova strategia per i giovani promossa dall’ONU, per incrementare azioni globali, regionali e nazionali che rispondano ai bisogni delle nuove generazioni, realizzino i loro diritti e gli offrano l’opportunità di essere agenti di cambiamento.

Amplificare la voce del mondo giovanile per la promozione di un pianeta pacifico, giusto e sostenibile, supportare i giovani quali catalizzatori di pace e di azioni umanitarie, volte al bene collettivo sono alcune delle priorità di “Youth2030” e questi sono anche gli obiettivi che si prefigge il progetto Prometeo con l’istituzione di queste due borse di ricerca.

Contact:

New Humanity – Press Office – Lucia Compostella, tel. +39 06.94315635

Fondazione Mario Diana onlus – Press Office – Marco Miggiano, cell.+39 339.8386824




Dal parrucchiere

In attesa del mio turno, una signora si rivolge a me lamentandosi dei politici e della società. Tali sono la sua rabbia e la sua delusione che è tutta congestionata in volto. La ascolto pazientemente. Appena trovo uno spazio per parlare le faccio notare che non dappertutto è così, dato che vivo in un Paese estero: esistono altri modi di guardare il mondo.

Lei replica che ha lavorato in una compagnia aerea ed ha girato il mondo, ma ribadisce: la società di oggi è malata dappertutto. Mentre la parrucchiera lavora con il colore dei capelli, la signora accenna ad altro e finiamo col parlare di fede, di questa forza che ci aiuta a vedere le cose da altra prospettiva…

Le racconto le mie scelte, aggiungendo che il positivo devo attenderlo da me, non dagli altri, non dai politici. Una volta “rinnovate” tutte e due nei capelli, ci salutiamo e facciamo per uscire. A questo punto la signora si ferma: «Oggi è stato Dio a farmi uscire, dovevo proprio incontrarla. La pace che mi ha comunicato è un dono di lui!».

(Tratto da Il Vangelo del giorno, Città Nuova, anno V, n.6, novembre-dicembre 2019)




#AMOREPERSEMPRE

di Andrea e Rosalba Ponta

A Loppiano 150 fidanzati da tutta Italia e non solo, per un corso di preparazione al matrimonio

 

75 coppie di fidanzati, 11 famiglie, una location interessante, desiderio di mettersi in gioco e interrogarsi sul futuro, condivisione di esperienze e sogni, confronto con esperti, punti luce tratti dalla spiritualità dell’unità e dalle parole di papa Francesco: questi gli ingredienti per un evento speciale di tre giorni che fidanzati da tutta Italia (con qualche rappresentanza europea dalla Spagna, Inghilterra, Belgio e Serbia) si sono dati a Loppiano, cittadella dei Focolari non lontana da Firenze, dal 10 al 12 febbraio.

Se qualcuno avesse ancora dubbi sul desiderio di famiglia, sulla serietà nel prendersi un impegno “per sempre”, sulla ricerca e condivisione di valori solidi, sui sentimenti profondi e toccanti dei giovani, dovrebbe guardarsi il film di questi giorni per ricredersi totalmente.

La sfida proposta dall’equipe di famiglie che si è fatta carico dell’organizzazione di questo evento non era né semplice né “fuori moda”: è possibile anche oggi pensare a nuove famiglie che non si fanno condizionare da quella “cultura del provvisorio” denunciata da papa Francesco e che sanno chiedere ogni giorno il loro “amore quotidiano” per fondare il rapporto di coppia sulla roccia. Tutto questo per essere «semi di comunione per il terzo millennio», come indicato da Chiara Lubich in quel discorso sorprendente fatto nel lontano ’93 in occasione del FamilyFest.

Questo corso si inserisce in un programma di formazione del Movimento Famiglie Nuove (diramazione del Movimento dei Focolari) dell’Italia; le relazioni sulle tematiche connesse al fidanzamento, al sacramento del matrimonio ed alla futura vita familiare, sono state curate e svolte da esperti quali Rino e Rita Ventriglia, la famiglia Vaccher, don Stefano Isolan e Inaki Guerrero.

Molto apprezzate e indispensabili per una profonda valorizzazione degli argomenti trattati sono state le testimonianze di vita vissuta offerte sia dai relatori sia da alcune famiglie. Una eco speciale hanno avuto le esperienze raccontate dalle famiglie della scuola Loreto, la scuola permanente di Famiglie Nuove che a Loppiano offre la possibilità di un’esperienza residenziale a famiglie provenienti da tutto il mondo. Anche attraverso di loro le idee di sobrietà, nuovi stili di vita, ispirazione al Vangelo e fiducia nella provvidenza presentate dai relatori si sono dimostrate concrete e alla portata di tutti.

Non sono mancati i momenti di confronto e di scambio in ciascuna coppia e con gli altri, serate “speciali” tra una cena romantica, una festosa paella e la visita alla cittadella di Loppiano.

Alla fine dei tre giorni si faceva fatica a partire per ritornare ciascuno nelle proprie città: l’impressione comune, oltre ad una gioia profonda, era quella di aver vissuto un’esperienza fondante per il futuro di ogni coppia e di aver raccolto energie nuove e strumenti per far gustare al mondo intero il calore della famiglia.

 




Migranti: iniziative dei focolari in Veneto per i Balcani

Nella comunità locale di Treviso, due anni fa, un gruppo di persone del Movimento dei focolari vogliono rispondere ad alcune esigenze avvertite in modo particolarmente forte nel territorio. All’inizio, il gruppo nasce per coinvolgere i giovani: la prima azione è recarsi a Mestre, nella struttura denominata San Raffaele, dove è accolto un numero contenuto di immigrati, che hanno condiviso le loro esperienze di vita. Un pomeriggio di festa e conoscenza!

La motivazione del gruppo diventa poi sempre più forte nell’impegnarsi nel concreto, inizialmente con la comunità di Sant’Egidio, attraverso contributi per le famiglie povere e i senza tetto. Poi emerge in maniera preponderante il problema dei Balcani. “Noi da soli non avevamo le possibilità per spedire gli aiuti, perciò abbiamo pensato di unirci a qualcuno”, racconta Laura Rigo, un membro del gruppo. “Con Maurizio Tonet abbiamo sempre lavorato insieme, fa parte del Movimento politico per l’unità. Inizialmente mi sono rivolta a lui per capire come potevamo muoverci. Maurizio allora è venuto in contatto con un gruppo di Thiene, in provincia di Vicenza, e ci siamo uniti a loro”. La rete dei contatti si allarga e Il rapporto costruito con la comunità di S. Egidio permette loro di collaborare per una spedizione per i Balcani. Il gruppo si procura delle coperte e le dona, contribuendo al riempimento di un camion di materiale, portato poi al gruppo di Thiene, che ha iniziato a spedire.

Poi una nuova opportunità di fornire aiuto: due coniugi di Vicenza fanno conoscere un gruppo, “Energia e sorrisi”, che unisce lo sport della motocross con attività di beneficenza.  “Pensiamo di sostenerli economicamente nell’invio dei pacchi, – continua Laura – verso il campo di  Lipa. È molto difficile accedere ai campi in Bosnia, i loro tir sono sempre accompagnati dai soldati. Recentemente due associazioni ci hanno messo a disposizione grandi quantità di vestiario dai loro magazzini, per i migranti. Questi beni verranno poi inviati grazie a “Energia e sorrisi”.

Il campo profughi di Lipa si trova in Bosnia, vicino alla frontiera croata. In questi campi ai confini ci sono forme di tortura e umiliazione profonde, come quelle che hanno visto sui corpi dei migranti due coniugi di Trieste, che il gruppo di Treviso contatterà per definire come poter essere loro di aiuto.

Tra le altre iniziative quella di raccogliere dei soldi devoluti a una scuola nel Libano, per i bambini. Ancora il gruppo ha collaborato nel 2020, nel periodo natalizio, a una raccolta di pacchi dono per i carcerati, promossa dalla parrocchia di S. Bartolomeo a Treviso. È stata un altro tipo di iniziativa nei confronti dei bisognosi che ha riscosso grande partecipazione, tra cui anche i ragazzi di un Istituto Salesiano a Castelfranco e il Centro della Famiglia a Treviso, che si occupa delle famiglie bisognose in situazioni di difficoltà, sostenendole sia psicologicamente sia economicamente. La parte più importante sono stati i biglietti personali inviati ad ogni carcerato, piccole lettere di speranza e vicinanza a cui loro hanno risposto commossi.

“Dopo Natale siamo rimasti in contatto con il cappellano del carcere – racconta Laura – procurandogli asciugamani e ciabatte per la doccia. Quest’anno ci ritroveremo a sostenere la parrocchia di S. Bartolomeo per rinviare i pacchi dono e i biglietti natalizi!”.

Oltre che al gruppo di Vicenza e Venezia, collaborano alle iniziative anche le comunità di Castelfranco e Conegliano. “La comunità è importante, ci si muove insieme. Ci spinge il desiderio di fare per le persone. Siamo fortunati: di quel tutto che abbiamo siamo anche debitori nei confronti degli altri”, conclude Laura Rigo.

Miriana Dante




Run4unity 2017: al via il 7 maggio la staffetta planetaria per la pace anche in Italia!

Al via il 7 MAGGIO 2017 la sesta edizione di Run4Unity

Per maggiori informazioni: www.run4unity.net/2017/

Vedi: R4U Dado sport

Volantini delle varie città dell’Italia

in cui si svolgerà la staffetta per la pace:

Roma

Sito della manifestazione di Roma

Trieste

Milano

Milano: Per maggior informazioni

Sicilia – Giarratana RG

Volantino Giarratana RG

Sardegna – Iglesias

Volantino Run4unitySardegna

La Spezia

TRENTO

Volantino Run4Unity-2017-TRENTO

Puglia – Neviano




Agosto in città

In agosto l’arte di una delle tante città italiane, sature di bellezza, è restituita alla consapevolezza dei residenti dalla folla di turisti che cercano, con il naso all’insù, inesistenti indicazioni, attendono autobus che si fanno aspettare un po’ troppo, chiedono informazioni, timidamente, a qualche passante dall’inglese stentato.
Le stesse città in cui le stazioni ferroviarie, più di altri luoghi, portano i segni di evidenti contraddizioni: negozi di marchi famosi, eccellenze, raffinati ristoranti e a pochi passi mercatini arraffati, bancarelle “tutto a un euro”, sottopassaggi occupati da senza fissa dimora.
I sensi, soprattutto la vista e l’olfatto, sono buoni navigatori, consigliano di non percorrere mai quei pochi metri per non avvicinarsi alle strade più sgradevoli e pericolose della bella città.
Un po’ di coraggio comunque ripaga, subito, e libera da confini tirati su troppo presto. Offre un possibilità di conoscenza più approfondita e completa il quadro globale, libera dalla paura o almeno l’attenua.
E ce ne vuole per scoprire quelle tre aule vicino ad un maleodorante sottopassaggio della stazione che richiamano ogni giorno una piccola folla etnicamente variopinta. L’indirizzo non è riportato su nessun social media. E’ un passaparola: chi ha la necessità di imparare la lingua italiana per tentare di trovare un lavoro o tenersi quello che con difficoltà ha racimolato, sa di poter andare lì da lunedì a venerdì in qualsiasi periodo dell’anno, anche in agosto.
Si formano classi improvvisate di pakistani, indiani, bangla, venezuelani, cinesi, colombiani, peruviani, russi, bulgari, siriani, nigeriani, elenco che potrebbe non finire mai e che cambia nelle percentuali seguendo l’andamento delle politiche migratorie nazionali e internazionali.
Gli insegnanti sono per lo più pensionati, volontari molto attivi e motivati, coordinati da quattro studentesse del servizio civile che assicurano competenza e continuità.
Mi sono unita a loro un anno fa, al ritorno nella “mia” città nel periodo delicato dell’inizio del pensionamento, e non solo dal lavoro. C’è un’età in cui scopri con sorpresa ciò che già sarebbe ovvio aver acquisito: quello che sei e che fai non è determinante, puoi essere felicemente sostituita, non presenti più caratteristiche interessanti che suggeriscono di investire su di te, nell’ambiente lavorativo, in quello associativo e oltre. Quando l’atmosfera interiore rischia di diventare depressiva, da “resa dei conti”, da “fissa” persecutoria, un po’ di coraggio non può mancare, quello che ripaga subito.
Proprio in agosto ho più tempo per immergermi in quel pezzetto di mondo negato della mia grande città e subito quelle persone a cui cerco di insegnare italiano si rivelano un’ancora di salvezza per ricostruire il presente da abitare senza sospetti, fiduciosamente. Vedo declinarsi in storie concrete le grandi narrazioni politiche, cerco di ascoltare perché ogni piccolo fatto spiega più di mille insostenibili dibattiti.
I miei attentissimi alunni mi restituiscono la mia lingua, musicale e accogliente, che sulla loro bocca risuona di assonanze immaginate, di storie d’amore, di dolorose odissee. Una lingua che dissolve nella mia anima il rancore e mi costringere a non sottrarmi alla “salvezza” di questo presente, complesso, spesso ingiusto, ma che nasconde la bellezza inaspettata di uomini e donne che si incontrano, si riconoscono, rischiano per condividere il mondo in una città.

Ada Corsi




Per la pace in Yemen – Comunicato stampa congiunto

Comunicato stampa congiunto

Amnesty International Italia – Movimento dei Focolari – Fondazione Finanza Etica Oxfam Italia – Rete della Pace – Rete Italiana per il Disarmo

27 marzo 2018

Il nuovo Parlamento sospenda l’invio di armi che alimentano il conflitto in Yemen

A tre anni esatti dall’inizio della conflitto, richiediamo con fermezza alle istituzioni italiane, ai Paesi membri ed all’Unione Europea di sospendere l’invio di armamenti alle parti in conflitto in Yemen e di sollecitare una iniziativa di pace a guida ONU

Non possiamo più chiudere gli occhi davanti alla catastrofe umanitaria che da tre anni si sta perpetrando in Yemen anche con armi italiane. Per questo chiediamo che la prima iniziativa del Parlamento italiano sia quella di conformarsi alle risoluzioni, votate ad ampia maggioranza nel Parlamento europeo, che chiedono di promuovere un embargo di armamenti verso l’Arabia Saudita e i suoi alleati in considerazione del coinvolgimento nelle gravi violazioni del diritto umanitario in Yemen accertate dalle autorità competenti delle Nazioni Unite. Chiediamo inoltre al prossimo Governo di farsi promotore della medesima istanza in sede di Consiglio europeo e di avviare un’iniziativa multilaterale per promuovere la fine del conflitto e il processo di pace in Yemen.

L’Italia e l’Unione Europea non possono continuare ad essere complici del disastro umanitario e della carneficina in corso in Yemen. Un confitto sanguinoso che sta colpendo soprattutto la popolazione civile da tre anni, cioè da quando la coalizione guidata dall’Arabia Saudita, senza alcun mandato internazionale, ha iniziato i primi bombardamenti sul territorio yemenita il 25 marzo 2015. Tre anni di guerra hanno portato a una situazione drammatica ed insostenibile per la popolazione locale (oltre 22 milioni di persone in condizioni di emergenza umanitaria), con più di 9 mila morti, di cui 6 mila civili, causati da scontri tra le parti in conflitto e e bombardamenti quotidiani soprattutto su aree cittadine. La crisi umanitaria è senza precedenti con difficoltà di accesso al cibo e acqua e con emergenze sanitarie sempre crescenti, nei mesi scorsi contraddistinte anche da epidemie di colera (1 milione di casi di colera ed 1 altro milione a rischio), inasprite dal blocco navale deciso dalla coalizione Saudita che impedisce l’arrivo di aiuti umanitari.

La richiesta della società civile italiana (in linea con le richieste internazionali tra cui la recenti decisioni del Consiglio di Sicurezza ONU che chiede il via libera agli aiuti umanitari oltre ad indagini sulle violazioni del diritto internazionale commesse in questi tre anni) continua d essere con forza quella di fermare le ostilità e permettere l’assistenza umanitaria alla popolazione e l’avvio di un percorso di pacificazione che parta in primo luogo dalle necessità della popolazione civile. Chiediamo con forza che cessino gli attacchi ad ospedali, luoghi di cura ed abitazioni.

In questi tre anni la guerra è stata condotta con armi fornite principalmente dall’Occidente e dai maggiori produttori di armamenti. Tra di essi anche l’Italia che ha consentito l’invio all’Arabia Saudita e ai propri alleati di bombe ed altri armamenti in quantità mai registrata prima, con un livello record di autorizzazioni per centinaia di milioni di euro. Le licenze rilasciate hanno già consentito negli ultimi mesi l’invio di migliaia di ordigni – sicuramente utilizzati nel conflitto, come dimostrano numerose prove raccolte sul campo – e la messa in produzione di nuove forniture che potrebbero giungere nei luoghi di ostilità nelle prossime settimane.

Contribuendo a rendere ancora più insostenibile una situazione già drammatica; tutti gli osservatori indipendenti ed anche autorevoli e anche autorevoli prese di posizione e Rapporti delle Nazioni Unite hanno sottolineato le violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani perpetrate in Yemen da tutte le parti in conflitto.

Carlo Cefaloni
ufficiostampaitalia@focolare.org
cell. 328 0531322




Sul bus

Alcuni ragazzi seduti sui sedili posteriori mandavano a tutto volume musica rap, unendosi al cantante. Invano i passeggeri lanciavano loro occhiatacce: proprio questo sembrava incentivarli a urlare di più.

A un certo punto una donna di mezza età, grassoccia e con un volto ottimista, si avvicinò a quei ragazzi invitandoli a cantare meglio, in modo che tutti potessero ascoltare bene le parole delle canzoni.

Dopo un imbarazzante silenzio, iniziò un coro. Si capivano le parole, i ragazzi cominciavano a sorridere, la gente ad applaudire. Era bastato l’atto di coraggio di una donna, che certamente era madre, per cambiare l’atmosfera del bus.

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.3, maggio-giugno 2019)




Guerriero

Io sono un guerriero
Veglio quando è notte
Ti difenderò da incubi e tristezze
Ti riparerò da inganni e maldicenze
E ti abbraccerò per darti forza sempre
Ti darò certezze contro le paure
Per vedere il mondo oltre quelle alture
Non temere nulla io sarò al tuo fianco
Con il mio mantello asciugherò il tuo pianto

Marco Mengoni

Sono entrata nella tua stanza in punta di piedi, spesso sei assopito e non vorrei disturbarti. Al mio saluto sussurrato rispondi come sempre, aprendo un occhio solo. Quando mi riconosci, il tuo viso magro si apre in un sorriso e tendi la tua mano scarna. La prendo come sempre tra le mie, e non importa se non ho ancora indossati i guanti di protezione; ho bisogno io del tuo calore.

Sei arrivato, reduce da un evento tragico, e pensavo che avremmo avuto poco tempo da trascorrere insieme. Ieri mi dici: “Dottoressa, qui voi avete fatto un miracolo; sono arrivato pieno di dolori, non ce la facevo più e adesso sto bene, pensi che con la fisioterapista mi sposto con il deambulatore per il corridoio, mi reggo sulle mie gambe! Spero di tornare a casa presto”.

Questa è la bellezza delle cure palliative, dare qualità alla vita che resta; qualità che vuol dire libertà dal dolore e da altri sintomi fisici, comprensione e sollievo nelle dimensioni psicologica, sociale e spirituale della persona, coinvolgendo e supportando la famiglia.

Questo miracolo lo può compiere un team di professionisti, protagonisti ognuno per la parte che gli compete, medico, infermiere, operatore sociosanitario, psicologo, fisioterapista, assistente sociale, educatore senza dimenticare le altre figure professionali, non coinvolte direttamente nell’assistenza alla persona, ma importanti per rendere funzionale, pulito e sicuro l’ambiente, per portarti indumenti freschi di bucato o un cibo adatto alle tue esigenze.

Una rete con nodi saldi pronta a sostenere se uno dei punti si allenta, dove non esiste la parola competizione perché sappiamo che nessuno da solo ce la fa. Tu, con le tue parole, hai compiuto questo miracolo in me, rinnovando la speranza che il mio lavoro possa contribuire a tutto ciò. Sei anche tu un nodo della nostra rete, il più importante.

Paola Garzi

 




Esercizi spirituali per giovani sacerdoti e diaconi

… siano una cosa sola (Gv 17, 21)
Esercizi spirituali per giovani sacerdoti e diaconi
sulla vita della beata Chiara Luce Badano
21-25 novembre 2016
Presso la Casa di Ospitalità Fatebenefratelli di Varazze (SV)
Gli esercizi avranno uno stile di comunione: agli interventi dei relatori ed ai momenti di silenzio si alterneranno spazi di condivisione tra i presenti. Incontreremo persone che hanno vissuto con Chiara e trascorreremo una giornata nella “sua” Sassello.

Arrivo nel pomeriggio di lunedì 21 novembre; alle 18.30 vespri e presentazione del corso.
Conclusione a Sassello alle 15 di venerdì 25 novembre.

Sistemazione in camera singola con bagno. Quota: €250 tutto compreso.
Contatti:
d. Tommaso Danovaro, 3479142205, tdanovaro@gmail.com
d. Andrea Della Monica, 3405005114, andrea.dellam@gmail.com
d. Alessandro Martini, 3486538661, donale.martini@gmail.com
d. Gianfranco Manera, 3383133914, madongianfranco@libero.it
Info ed iscrizioni: http://esercizichiaraluce.blogspot.it/
Modulo per le iscrizioni online: iscrizioni
Evento Facebook: Pagina facebook




Palermo: “Andare oltre le frontiere”

Pubblicato www.unitedworldproject.org 
 
Chiuso tutto. Porte e serrande abbassate per la pandemia… anche a casa delle famiglie Rom.

Con la pandemia di Coronavirus si fanno i conti in diversi modi: con la morte in solitudine di tante persone, con lo strazio di famiglie costrette a casa, senza poter stare vicine ai loro cari. Queste sono le situazioni forse più crudeli che il virus sta generando. Ce ne sono poi altre, forse più subdole, che vengono in evidenza in un secondo momento, con la lotta quotidiana per affrontare le conseguenze economiche e sociali, particolarmente dure per chi vive già in una condizione di marginalità.

Carla Mazzola, insegnante e psicopedagogista, è la referente per gli alunni Rom dell’Osservatorio sulla dispersione scolastica dell’Ufficio Scolastico Regionale Sicilia. Abita a Palermo, una delle città italiane che vede crescere il malcontento sociale ogni giorno, ma dove, allo stesso tempo, si evidenziano quelle buone pratiche inclusive, di attenzione, che permettono al tessuto sociale di non sfilacciarsi, soprattutto nelle periferie, dove quella marginalità è più forte. Carla segue soprattutto alcune famiglie Rom che, al tempo del Coronavirus, vivono una condizione drammatica.

Carla, ci spieghi dove operi tu oggi?

«È un contesto di grande difficoltà, lo devo ammettere. Le famiglie di cui mi occupo sono arrivate soprattutto dal Kosovo, scappate dalla guerra poco più di vent’anni fa; in effetti non sono persone abituate al nomadismo, e una volta arrivate a Palermo non si sono più mosse, sono stanziali».

Sono persone integrate?

«Sono persone che non possono rientrare nella loro terra, per tanti motivi. Il Comune di Palermo ha assegnato loro una parte del Parco della Favorita dove è stato costruito il campo Rom, rimasto aperto dalla fine degli anni ‘90 fino al 2019. Come insegnanti sapevamo, fin da quel tempo, che la vera integrazione sarebbe partita dalla scuola: così ci siamo interessati presso le famiglie per incoraggiarle a mandare a scuola i ragazzi, in un momento in cui non c’era integrazione con le famiglie di Palermo, anzi, c’erano pregiudizi, divisioni, paure rispetto a questa realtà: grazie ad accordi di “rete” fra le scuole, e a un’attenzione continua verso le famiglie e i loro problemi, molti bambini e giovani hanno potuto studiare e raggiungere dei risultati. Chiaramente io non potevo pretendere di iscrivere un ragazzo a scuola ignorando il contesto in cui viveva: quello era un campo con la presenza di amianto e una grandissima precarietà: famiglie che vivevano in baracche, con allacci abusivi alla corrente elettrica: ricordo il cosiddetto “albero di Natale”: un palo della luce al quale tutti si attaccavano con mezzi di fortuna per prendere corrente. Questo per far capire che non c’è, nemmeno oggi, un vero diritto allo studio senza diritto alla salute, alla vita, al ripristino di una quotidianità nel rispetto delle situazioni; era necessario  favorendo, al contempo, un’integrazione scolastica anche con i bambini delle famiglie palermitane, attraverso percorsi di conoscenza molto forti, che hanno coinvolto negli anni i docenti volontari che seguivano il dopo scuola nel campo, svolgendo un lavoro eccezionale».

Con la pandemia cosa è cambiato per queste famiglie?

«Premetto che l’anno scorso il campo è stato dismesso e le famiglie vivono ora in modo “diffuso” in varie parti della città, senza più essere ghettizzate. Questo anche per mettere le “persone” davanti alle etnie. Ma i genitori continuano a vivere di espedienti, sono venditori ambulanti, molti irregolari, anche perché non riescono a ottenere certificati di residenza che permettano un lavoro diverso, con una dignità stabile. Con lo scoppio del Coronavirus, con l’isolamento forzato e la mancanza di sussidi e documenti validi, queste persone sono diventate gli ultimi degli ultimi, invisibili al resto della società».

Come vivono questa situazione?

«Con una grande paura e angoscia: non possono procurarsi nulla da mangiare, perché non escono di casa non avendo documenti, né tanto meno conti correnti: vivono alla giornata, principalmente di espedienti, aprendo un fortissimo rischio che su questa situazione di debolezza metta le mani la criminalità, che a volte diventa l’unica soluzione per poter mangiare».

Qui siete entrati in gioco voi…

«Non riuscivo a dormire la notte pensando a tutto questo e a un certo punto è venuta l’idea: noi non possiamo uscire di casa, è vero, ma ci sono associazioni come la Caritas che si possono occupare di questo: se noi avessimo fatto un bonifico Caritas con una causale mirata per le famiglie Rom, fornendo nomi e indirizzi, spiegando le situazioni più difficili, loro gli aiuti li avrebbero potuti portare. Abbiamo messo in moto la macchina in accordo con “La Casa dei Diritti” del Comune di Palermo, con la Caritas, e dal 19 Marzo gli aiuti sono partiti, grazie alla generosità di tanti cittadini che hanno donato per queste famiglie».

Le necessità sono diverse da famiglia a famiglia?

«È stata realizzata una mappa che indica dove sono dislocate le famiglie, con il numero di componenti, le età, e noi volontari da casa facciamo da “navigatori”, con il telefono, ai volontari Caritas per spiegare loro le varie situazioni: hanno portato generi di prima necessità uguali per tutti e poi ognuno ha raccolto le necessità ulteriori di ogni famiglia particolare, per farla sentire accolta, amata in modo speciale. Mentre continuano le distribuzioni ci siamo mossi per far registrare queste famiglie al comune e ottenere i bonus che il governo ha promesso, sperando che tutto questo vada a regime».

A scuola però i ragazzi non ci vanno più…

«È uno dei problemi più grandi, perché l’istruzione, la scuola, portano integrazione e nuove possibilità, per tanti di loro è l’unica via di salvezza, di un futuro diverso riscattato dal male vissuto. Dobbiamo ricordarci, come ha detto un noto calciatore di origini Rom, che puoi levare un ragazzo dal ghetto, ma non il ghetto dal cuore di un ragazzo. La legalità, imparata fin da piccoli, sarà l’unica possibilità di avere un lavoro e una casa. Per questo ci siamo attivati, con l’aiuto dell’associazione “In Medias Res”, per provvedere a dei tablet per questi ragazzi e così continuare a seguirli perché possano proseguire da casa il loro percorso».

A questi aiuti concreti, quanto conta l’aggiunta di un rapporto personale con le famiglie?

«Il rapporto è tutto. Con i ragazzi e le famiglie ci scambiamo continuamente messaggi, per loro è importante sentirsi pensati, sapere che c’è qualcuno che è dalla loro parte. Certo, da quando il campo è stato dismesso sono più tranquilla pensandoli in una casa vera, ma è nella relazione continua che poi arriva un cambiamento».

Cos’è la fraternità per te?

«Fraternità per me è andare oltre la frontiera, fare un passo più in là per scoprire in ogni persona la mia stessa umanità, tirare fuori i sogni dei sofferenti, dare una possibilità di volare a chi ne ha il desiderio. Per questo ci vuole perseveranza, costanza nel rapporto; la relazione non può essere uno spot ma è reciprocità: le famiglie Rom sono in grado di dare tanto, a me lasciano una ricchezza enorme ogni volta, in termini di fede, di capacità di relativizzare i problemi, ma anche in termini di sorrisi e accoglienza. Per me è questa la fraternità, anche al tempo del Coronavirus».

di Paolo Balduzzi

Pubblicato www.unitedworldproject.org