I popoli nella famiglia umana

Seminario di Primiero 27-28 agosto 2016

LO SPIRITO DI PRIMIERO E LA PACE TRA I POPOLI

L’attualità di un patto siglato nel 1959 nella località del Trentino. Lo sguardo planetario delle prime comunità del Movimento dei Focolari dalla guerra fredda agli scenari del nuovo millennio.

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Terremoto: vivere un’esperienza di famiglia

«La generosità dei volontari arrivati subito e in gran numero nei vari posti, impegnati a scavare senza sosta prima con le mani, poi con le pale e infine con mezzi sofisticati nel tentativo di individuare qualsiasi minimo segno di vita proveniente dalle macerie, è il volto migliore di questa tragedia che, via via che passano le ore, assume dimensioni sempre più grandi, per il numero delle vittime, dei feriti, delle case sbriciolate al suolo, con paesi che non esistono più. Immediata anche la disponibilità delle persone comuni, impegnate nella raccolta di beni di prima necessità, in fila negli ospedali per donare sangue, desiderose di recarsi nelle tendopoli a portare sollievo».

«Dalle 3,30 di ieri, svegliati dalla prima forte scossa, abbiamo seguito in diretta lo svolgersi degli eventi, in contatto costante con le numerose persone del Movimento che abitano in queste regioni: abbiamo gioito perché un gen e il suo nonno sono stati estratti vivi dalle macerie, così come il suocero e la cognata di una focolarina sposata; siamo stati tutto il giorno con il fiato sospeso per Rita, che coi suoi due nipoti, Elisa di 14 anni e Gabriele di 12 e l’altra nonna, erano invece rimasti intrappolati. Solo alla sera siamo stati raggiunti dal messaggio della mamma che scriveva: “Sono tutti saliti da Gesù”.

Altri membri del Movimento, presenti per vacanza ad Amatrice, sono riusciti a mettersi in salvo». «Per tutti è stata un’occasione di stringersi in unità e vivere gli uni per gli altri. Dall’Umbria, poi, ci scrivono: “Carissimi, grazie delle vostre preghiere e unità che a catena si sono diffuse in tutto il Movimento in Umbria sostenendoci in questa notte di scosse sismiche e di paura. Sentire che eravamo tutti vivi ci ha fatto ringraziare Dio e subito il pensiero è andato a chi era ed è sotto le macerie e a chi ha perso tutto. Il fatto di esserci messi immediatamente in rete ci ha sostenuti e in tempo reale avevamo notizie anche dei paesi più colpiti. Elisabetta, di Assisi, ci ha detto che il messaggio è arrivato nel momento più difficile dandole forza e pace. Ci sentiamo più che mai una famiglia. I gen sono in rete pronti a dare un sostegno e si stanno adoperando per andare in aiuto nelle città particolarmente colpite. Anche gli adulti sono pronti ad intervenire e dare un aiuto concreto. Intanto assicuriamo le preghiere ai familiari che hanno subito grandi perdite».

«Subito, infatti, si è diffuso il tam tam dei messaggi sulle necessità e le possibilità di aiuto in collegamento con la Protezione Civile in primis, ed altri. Così, ad esempio, ad Ascoli, dove insieme ad altre associazioni con cui già collaboriamo si è attivata la raccolta di viveri e indumenti; lo stesso nel Lazio; gli abruzzesi, “esperti” dopo il terremoto dell’Aquila (2009), hanno iniziato una mappatura di possibili alloggi per gli sfollati; anche da altre regioni sono arrivate offerte di aiuto».

 




Arte e media veicolo d’integrazione

Il tema è di quelli da primo piano: come favorire l’integrazione in Italia dei migranti in fuga da guerre e miseria. Ma i giornali lo trattano sommariamente inseguendo una politica stanca, svogliata e un po’ scontata, come da copione in queste ultime giornate d’agosto. Diversamente da ciò che fanno alcuni giovani artisti, che proprio l’arte, la poesia, la musica e la comunicazione visiva hanno scelto come veicolo di conoscenza e condivisione con i loro coetanei migranti . . .

Sorgente: Arte e media veicolo d’integrazione. L’esperienza romana di un gruppo di artisti e performer




«E adesso che si fa?». «Non vi lasceremo soli».

Il Movimento dei Focolari in Italia in prima linea nel dopo terremoto

Da un lato la domanda del vescovo di Ascoli, mons. Giovanni D’Ercole: «E adesso che si fa?». L’ha rivolta a Dio e l’ha condivisa coi presenti ai funerali di Stato celebrati nella palestra della città marchigiana dove si è dato l’ultimo saluto a 35 delle quasi trecento vittime del terremoto che ha interessato il centro Italia lo scorso 24 agosto. Dall’altra la promessa del capo di Stato, Sergio Mattarella, intervenuto alle esequie con le altre massima autorità, e ripetuta anche personalmente nell’abbraccio fraterno e paterno offerto uno per uno ai tanti parenti che circondavano di affetto le bare distese al centro della palestra: «Non vi lasceremo soli».

Una domanda e una promessa che abbiamo fatte nostre anche noi del Movimento dei Focolari in Italia sin dall’inizio di questa tragedia, dalle 3,36 della prima scossa, come abbiamo raccontato nell’articolo “Terremoto: esperienza di famiglia” , mentre continuiamo a sentirci interpellati insieme giorno dopo giorno, quando il mutare delle situazioni suscita nuove necessità e genera nuove richieste. Ad animarci un moto interiore molto forte che ci sprona in ogni momento. Subito ci è venuto in mente, e ancor più in cuore, una nota meditazione scritta da Chiara Lubich il 20 settembre 1949.

Versione 2La fondatrice dei Focolari, così si esprimeva in alcuni passaggi di questo canto d’amore a Gesù abbandonato (Gesù, cioè nel momento in cui grida in croce “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”): «Ciò che mi fa male è mio. Mio è il dolore che mi sfiora nel presente. Mio il dolore delle anime accanto. Mio tutto ciò che non è pace, gaudio, bello, amabile, sereno… Così per gli anni che mi rimangono: assetata di dolori, di angosce, di disperazioni, di distacchi, di esilio, di abbandoni, di strazi, di… tutto ciò che è Lui. (…) Così prosciugherò l’acqua della tribolazione in molti cuori vicini e, per la comunione con lo Sposo mio onnipotente, lontani».

Un testo, quello appena citato, i cui toni possono apparire quasi poetici, ma che in questi decenni ha  ispirato innumerevoli risposte d’amore ai dolori dell’umanità, nelle piccole e grandi tragedie, nei piccoli e grandi dolori di ogni giorno. Così anche questa volta.

Se dunque nell’immediato siamo corsi insieme ad altri a dare da bere, da mangiare, a portare coperte e beni di prima necessità, a recare conforto ai sopravvissuti nelle tendopoli come ai parenti delle vittime negli obitori, adesso stiamo cercando di capire quali sono le necessità a cui dare risposta. In una telefonata collettiva webex fra un gruppo di persone del Movimento di varie regioni d’Italia – non solo quelle coinvolte dal sisma – abbiamo scambiato le informazioni di cui siamo a conoscenza, condiviso le diverse iniziative che abbiamo messo in atto.

Un aspetto sembra evidente: al momento si sta facendo fronte all’emergenza in maniera eccellente, come riconoscono anche i media internazionali. Qualcuno nella telefonata raccontava: «Siamo stati spettatori di una generosità quasi esagerata. Ci hanno detto di interrompere la raccolta di qualsiasi cosa. Uno spettacolo meraviglioso. Anche la grande richiesta di sangue è stata soddisfatta, tanti medici si sono messi a disposizione e gli ospedali si sono rivelati all’altezza della situazione».

E da un altro posto: «Qui le associazioni si sono attivate immediatamente e anche noi del Movimento dei Focolari siamo pienamente inseriti; abbiamo creato fra tutti un gruppo whatsapp che alimenta la gara di solidarietà.  Lavoriamo nell’accoglienza, nel trasporto, nella preparazione di 1500 panini giornalieri per i volontari. Facciamo tutto quello che serve di volta in volta». 

I giovani del Movimento, come già in altre occasioni, sono pronti a partire per i luoghi dove c’è necessità e si stanno prendendo i necessari contatti con la Protezione civile.

Un altro punto è chiaro: non abbassare l’attenzione nei prossimi giorni e, soprattutto, nei prossimi mesi, quando si corre il rischio che, passata l’onda emotiva, i riflettori si spengono. Rispetto ad altri terremoti avvenuti in Italia c’è una differenza: le case devastate sono in buona parte case di vacanza e quindi c’è un minore impatto sulle necessità abitative in senso stretto cui far fronte. Ma, fermo restando che il problema della ricostruzione è comunque vivissimo, è ancora più impellente il fattore umano. Stiamo vedendo squadre di psicologi a fianco di chi ha perso un caro come di chi è stato estratto dalle macerie ma anche di chi, “semplicemente”, è riuscito a mettersi in salvo.

Elaborare il lutto o il trauma non sarà cosa da poco. E se occorrono senz’altro le dovute competenze, anche persone “specializzate” nelle relazioni umane possono fare la differenza. «Un punto delicato – raccontano da Ascoli – è stato l’obitorio, dove abbiamo fatto accoglienza e distribuito pasti. Chi è andato riferisce di un immenso dolore perché sono state distrutte comunità intere e tanti sono gli ascolani colpiti dal lutto. Su tutto però prevale un forte senso di partecipazione e una grande generosità. Certo, vivere queste esperienze fa un grosso effetto, bisogna essere come la carta assorbente che assume su di sé il dolore dell’altro e lo allevia».

«Quando la degenza in ospedale si allunga, quando c’è bisogno del sostegno, possiamo essere presenti e anche dopo, quando le persone tornano a casa con il loro fardello di dolore, andarle a trovare, non interrompere i rapporti», suggerisce qualcuno nel corso della telefonata. E altri ricordano in particolar modo i bambini: «Per loro bisogna davvero pensare qualcosa di significativo», senza dimenticare gli anziani. «Chissà, forse potrà nascere un progetto di animazione artistica – auspica un pianista – e sarebbe bello che anche per il dopo terremoto si potesse lavorare insieme ad altri, come sta avvenendo in questi giorni».

Lavori in corso, dunque, perché lo sforzo principale è quello di stare in ascolto dei bisogni reali e offrire risposte concrete, quelle che servono e non altre. Anche su questo sito può avvenire uno scambio di idee e possono nascere proposte.

Intanto il coordinamento per le emergenze umanitarie del Movimento dei Focolari a livello internazionale, come abbiamo scritto in un nostro articolo che terremo aggiornato con gli ulteriori sviluppi, sta accogliendo la generosità di quanti vogliono contribuire economicamente. Mentre il nostro quotidiano on line, Città Nuova, racconta i tanti volti di questa tragedia continuandola a seguire quotidianamente.

a cura di Aurora Nicosia e Antonio Olivero




Pace, papà!

Come vivere concretamente la misericordia? Ho pensato a mio padre: da anni ci aveva abbandonati per farsi una nuova famiglia. Per rintracciarlo mi sono recata nella chiesa che lui frequentava la domenica. C’era!

Mi sono seduta qualche banco dietro e allo scambio del segno di pace ho avuto la forza di avvicinarmi a lui e alla sua seconda moglie. «Pace, papà». Mi ha stretta forte a sé con gli occhi lucidi.

Era come fossi tornata bambina, quando mi affidavo a lui senza riserve. Una pace mai sperimentata prima m’aveva invasa.

Com’è vero che non può esistere pace senza il perdono!

N. N. – Italia




Storie dai luoghi del sisma. Scrivici la tua

Riportiamo alcune frasi di una lettera che le persone della comunità di Medolla (MO), colpite dal terremoto nel maggio del 2012, hanno scritto alle comunità del Centro Italia dopo il recente sisma:

“Carissimi/e tutti/e delle comunità colpite dal terremoto,

siamo Fiorella e Mario della comunità di Medolla e dintorni (Emilia Romagna provincia di Modena) che nel 2012 e’ stata colpita dal sisma del 20 e 29 maggio.

Noi che ancora abbiamo negli occhi e nel cuore l’incredulità, l’impotenza e la paura di quell’ evento per il quale stiamo ancora lavorando alla ricostruzione….NOI VOGLIAMO CHE SAPPIATE CHE VI SIAMO VICINI innanzitutto con la preghiera e con quell’ offrire tutto per le vostre comunità per “essere famiglia” come Chiara Lubich ci ha insegnato.

Mentre stiamo pensando a come aiutarvi concretamente, vi chiediamo di mettere in comune fraternamente le necessità che potete avere al momento: se c’è qualcuno dei nostri che ha bisogno di essere ospitato o se possiamo essere utili in qualche maniera.

 … noi abbiamo ricevuto tanto da tutti nel 2012…vorremmo poter restituire almeno un po’ di quell’amore che ci ha fatto stare saldi come famiglie e comunità nella volontà di Dio.

Vi mandiamo il nostro abbraccio: a tutti e a ciascuno e aspettiamo vostre notizie!

Fiorella Mario e tutta la comunità”.

Perché?

Il racconto di una giovane dei Focolari a tu per tu coi feriti del terremoto accolti nell’ospedale di Pescara

Il giorno seguente il mio rientro al lavoro dalle ferie prende una piega che mai mi sarei aspettata. È la mattina del terremoto in centro Italia e già dalle prime ore del pomeriggio, l’ospedale civile di Pescara si rende disponibile per accogliere i feriti. Arrivata in ufficio (sto svolgendo l’anno di Servizio Civile presso la Caritas di Pescara-Penne) il mio direttore mi chiede di andare in ospedale per capire come è la situazione e per raccogliere eventuali richieste di necessità da parte dei feriti e dei loro parenti.

Arrivata sul luogo insieme a due colleghi, veniamo accolti dal cappellano e da alcuni medici dell’ospedale che ci propongono di andare direttamente nei reparti dove i feriti sono ricoverati. Davanti a ciascuno di loro mi avvicino in punta di piedi e con un filo di voce chiedo se hanno bisogno di qualcosa. Mi impressiona la dignità di queste persone, la loro compostezza: quasi mi verrebbe voglia di mettermi in ginocchio come davanti al tabernacolo. Davanti ai miei occhi c’erano figli che avevano perso i genitori, mariti senza più le loro mogli…persone vive per miracolo, rimaste per ore sotto le macerie aggrappate solo alla speranza. Nel mio cuore, un grazie a Dio perché queste persone che stavo incontrando erano ancora vive ma, allo stesso tempo, un grido di perché. Perché avevano perso tutto e tutti, perché? Quale sarebbe stata la loro ragione di vita ora?

Un pensiero mi è rimbombato, come un tuono, nell’anima. Un pensiero che non mi ha più abbandonato: «Tutto crolla, Dio resta. Tutto passa, Dio resta». Ho ripensato a Chiara Lubich ed alla sua esperienza sotto le bombe. Tutto è vanità delle vanità. L’uomo, per sua natura, è portato a farsi mille programmi, ad accumulare ricchezze oggi per goderle domani. Tutto passa. Ecco che ogni cosa diventa relativa e le sovrastrutture che ci creiamo facendoci mille problemi, ogni attaccamento, anche il più santo e giusto, può crollare da un momento all’altro.

Dio è l’unico ideale che nessuna bomba o terremoto può far crollare. E Dio è amore. L’amore che si rispecchia attraverso la competenza e l’umanità dei medici dell’ospedale di Pescara che mi ha felicemente sorpresa, l’amore gratuito di tantissime persone che si sono rese disponibili per offrire alloggio, vestiti, cibo e ascolto. L’amore che resterà impresso negli occhi di questi fratelli e sorelle che hanno perso tutto, tranne il cuore con il quale hanno risposto all’amore, ripetendo la parola “grazie” centinaia di volte. Quegli occhi che non dimenticherò mai.

Benedetta F.

Altri Articoli con storie e testimonianze:

I nonni del terremoto

Elisa e Gabriele

Ulteriori articoli su città nuova online

Elisa Articolo su incorrieredella città

Il sorriso di Elisa e i suoi coetanei

Gabriele Articolo su ilcorrieredellacittà

Testimonianza di Lorenzo di Ascoli che si è salvato dalle macerie:

Scrivevamo il 25 agosto:

Terremoto: vivere un’esperienza di famiglia

 




Caro Papa Francesco

 

GMG-Cracovia-2016

Un gruppo di ragazzi e giovani del Movimento dei Focolari, del Lazio e della Toscana, hanno vissuto la GMC insieme a tanti altri giovani di tutto il mondo a Cracovia.

Durante il viaggio di ritorno hanno raccolto le loro impressioni e scritto un diario di bordo, molto vissuto, che poi hanno fatto arrivare a Papa Francesco.

          Caro Santo Padre,

          a scriverLe siamo alcuni ragazzi del movimento dei Focolari del Lazio e della Toscana che qualche settimana fa abbiamo preso parte all’attesissima Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia.

                  Durante il nostro viaggio in autobus per arrivare in Polonia abbiamo deciso di scrivere un diario di bordo. Un quaderno dove “gettare giù” i nostri pensieri e le nostre riflessioni riguardo a questa magnifica e faticosa esperienza. Si, faticosa perchè molto spesso ci siamo ritrovati a dover affrontare grandi sfide contro noi stessi. La nostra forza di volontà è stata messa duramente alla prova. Non siamo stati molto fortunati, e abbiamo dovuto rinunciare a molte cose. Abbiamo mangiato poco e dormito quasi per niente (questo anche per colpa nostra). Inoltre le attese sono state lunghe (dalle 3 alle 9 Ore) e tanto altro lunghi sono stati i kilometri che abbiamo percorso a piedi.

                  Tuttavia tutte queste difficoltà che ci hanno messo alla prova ci hanno fatto comprendere cose che sul “divano” non si potevano capire.

                  Abbiamo capito la situazione degli immigrati, abbiamo capito la forza del unità e dell’ aiutarsi reciprocamente, condividendo il poco cibo e aiutando l’altro anche quando a mala pena si riusciva a sostenere noi stessi. Inoltre dopo tutti gli sforzi siamo stati capaci di apprezzare ancora di più l’arrivo alla veglia il sabato sera.

                  Abbiamo considerato la nostra una vittoria. Ci siamo detti: “Ce l’abbiamo fatta, siamo qui, insieme a altri 2 milioni di ragazzi che come noi hanno degli ideali in comune, hanno la voglia di cambiare il mondo. Non siamo soli”. E lì, fra tutta quella gente, abbiamo sentito fortissima la presenza di Gesù. L’abbiamo visto nei nostri sforzi, nell’altro, nella musica, nel cielo.

                   Caro Papa Francesco, il nostro non sarà un diario stupendo, scritto benissimo e profondissimo, ma nonostante questo glielo vogliamo inviare, perchè ci rappresenta e così rappresenta tutti i nostri sforzi, rappresenta la voglia di andare sempre avanti e la voglia di testimoniare ciò che abbiamo vissuto a più gente possibile.

                                              Santo Padre Le auguriamo buona lettura.

                               I “GEN” del movimento dei Focolari del Lazio e della Toscana.

Nota: Le impressioni dei ragazzi qui riportate, sono state scritte in pullman come “diario di bordo” per condividere tra loro impressioni ed esperienze vissute nel viaggio per la  GMG.

Rileggendole, i ragazzi hanno sentito il desiderio di condividerle con Lei, Santo Padre, sperando di darLe una gioia. La trascrizione è fedele al testo originale con la freschezza e la spontaneità del loro linguaggio.

Cracovia GMG

 Autobus Cracovia-Roma 1/2 Agosto 2016

DIARIO DI BORDO DELLA GMG

29/7/16 –Per scrivere un bell’ inizio, certe volte bisogna partire da un bel finale. E il finale che mi viene in mente è quello di uno dei miei film preferiti, “INTO THE WILD” in cui il protagonista dopo aver scelto di vivere in solitudine, capisce che sta per morire e allora scrive sul suo diario. “la felicità è vera solo quando è condivisa”. E se penso a queste lunghe giornate vissute in questo pullman, se penso a quanto stiamo condividendo in questi giorni; se penso ai sorrisi e alle risate che riusciamo a fare anche quando siamo stanchi, se penso alla disponibilità di ognuno di andare incontro all’altro; se penso che in questi due giorni siamo diventati tutti tifosi dell’Empoli, se penso che riusciamo a distaccarci sempre di più dai cellulari e che questo stesso pullman è diventato un gruppo whatsapp vivente…se penso a tutto questo e respiro la gioia di questo pullman, allora possiamo dire che la nostra felicità è proprio vera. Stay merciful. Stay polish. Stay GMG.

29 luglio—Day no. 2 Wadowice

Il secondo giorno è stato il giorno di GPII. Dopo pranzo, abbiamo vissuto il primo momento difficile, divisi fra le proposte di restare o andare subito a Cracovia. Menomale che siamo restati! Perché quando siamo entrati nel Museo della sua casa natale, ho avuto la netta sensazione che lui, GPII, volesse darci il benvenuto alla GMG! Dopo la visita al museo, ho avuto la sensazione che fossimo ancora più felici e ancora più gruppo! E quando, la sera, ci siamo ritrovati in quella lunga attesa fuori la tendopoli, ho visto che nessuno si è scoraggiato. Sempre pronti a condividere quei pochi brandelli di cibo per sostituire una cena che non è mai arrivata. Cioccolato al latte e salatini sbriciolati…cena collettiva!

30 luglio—Day no. 3

Nei giorni precedenti alla partenza, ho letto un Tweet di Papa Francesco che diceva: Offrite pellegrinaggi e preghiere per la GMG. E ho sentito che il lungo cammino fatto da Cracovia a Campus Misericordiae è stato il momento più bello. Quattro ore di passi, cammini, risate, lacrime, disperazione, sconforto, entusiasmo, amicizia. Se dovessi raccontare tutti gli atti d’amore fatti e ricevuti, non basterebbe un quaderno come questo.

31 luglio—Day no. 4

La gioia per essere finalmente in anticipo rispetto al programma ufficiale della GMG non ha prezzo. La messa con Papa Francesco è stato il premio delle tante disavventure subite. Con quella gioia nel cuore possiamo affrontare tutto, anche la pioggia. Stay merciful. Stay GMG.

Pensieri…

E’ la mia prima GMG. Sono partita da casa con la mente piena di pensieri… Sono partita senza conoscere nessuno, con l’ansia e l’angoscia di rimanere sola. Invece qui, io ho trovato 50 amici, uno più speciale dell’altro.  Sono fermamente convinta di essere stata chiamata dal Signore a vivere questo cammino. Lo prendo come un dono da custodire come lezione di vita, la GMG non è solo un cammino ma amore, fratellanza, altruismo, gioia, sacrifici, e tanto altro… Ho imparato moltissime cose da applicare nella mia quotidianità. Nonostante i ritardi e le sventure, tutti quanti siamo rimasti uniti come una famiglia, pronti a sorreggere l’altro nel momento del bisogno, pronti a sorridere nonostante la stanchezza fisica e psicologica. Non ho mai visto tanta forza e volontà d’animo tutta insieme. La GMG è la cura più efficace che esista capace di stravolgerti la vita e farti cambiare idea sulle cose. Dio è sempre stato con noi in questa avventura, non ci ha mai lasciati: Ho potuto trovare Dio in ognuno di noi e ciò mi da una gioia infinita. C’è una clausola però: la GMG prima o poi finisce e tutto torna come prima. Tu però sei diverso, sei cambiato, sei pieno di speranza e positività. Ripercorrerei altre mille volte tutte quelle strade pur di rivivere questa esperienza che mi ha aiutata a crescere.

Pensieri…

Oggi è “finita” la nostra GMG, e scrivo tra virgolette finita perché come ha detto il papa nella messa finale “la GMG comincia oggi”…ed io ci credo! Ci credo perché nel momento che stiamo vivendo tra terrore, paura e ansia solo noi giovani possiamo far “calmare le acque” con le parole sia nostre, sia di Dio.
Nella messa finale ho vissuto molto probabilmente uno dei momenti più belli della mia vita, con l’omelia del papa. Mi sono sentito l’onore e il dovere di dire a tutti la mia esperienza e far capire anche alle generazioni del futuro che la paura non prenderà mai posto nel nostro cuore.

Esperienza…

1/09/16

L’esperienza ti fa crescere, ed è questo quello che mi è successo in questa GMG16 Cracovia. Le aspettative c’erano, nonostante si cerchi in ogni modo di evitare, per non essere delusi per l’amarezza. Il viaggio per noi è stato un’avventura piena di ostacoli, che insieme tra risate, desiderio di morire, ravanelli, e cibo, Polonia e Manzo mi ha fatto conoscere i miei limiti e la gioia di stare insieme, di vivere l’attimo presente. Ringrazio Dio per questo, non rimpiango nulla. Fiera della mia decisione, della mia scelta. Il dono più bello è stato la compagnia e spero che ognuno possa davvero aver imparato qualcosa.

#Stiamocercandodicapire! Come anche la vita, il viaggio è stato pieno di ostacoli, ma è questo che rende entrambi unici, indimenticabili e speciali.

1/08/16

Questa è stata la mia prima GMG e, sebbene mi fosse stato detto di non farmi troppe aspettative qualcosa in fondo mi aspettavo. Oggi posso invece dire con certezza che qualsiasi cosa io mi sia immaginata prima di partire è molto lontano da ciò che è successo! Anche se è stato un viaggio intenso, inaspettato e turbolento, l’ho vissuto con gioia. Non lo scorderò mai e sono contenta di poter tornare a casa con qualcosa da raccontare. Mi rimarrà sicuramente in cuore l’unità che si è creata che ci ha spinti ad andare avanti nonostante la fatica e il poncio fradicio.

Vorrei ringraziare ognuno di voi perché è stato bello condividere con voi questa estenuante, un po’ sfigata, ma bellissima esperienza!

Laura

Questa GMG è stata un’esperienza veramente molto bella. Sono stata benissimo con ognuno di noi. All’inizio non ero molto fiduciosa perché comunque conoscevo pochissime persone però nel giro di poche ore conoscevo già la metà di loro. Grazie per aver reso questa GMG una delle esperienze più importanti della mia vita.

1/8/2016

Per essere la mia prima GMG è stata molto bella, perché anche se all’inizio le cose non erano andate molto bene, sono riuscita a capire ciò che veramente significa vivere ed è lo stare insieme, scambiarsi sorrisi, conoscere altre persone e soprattutto imparare ad amare.

Ringrazio ognuno di voi per l’esperienza che siete riusciti a rendere bellissima nonostante le difficoltà avute. Chiara

1/8/2016

Se devo essere sincera, per questa GMG avevo chiesto di vivere un po’ di avventura e, beh, non posso certo dire di essere stata delusa. Non vorrei averla tirata… Però, se devo dire, a ripensarci ora mi è piaciuto ogni momento, tutto è servito a fare unità ed è stata questa la cosa più bella, la vera GMG.
Le difficoltà sono state tante, però nel cuore mi porto dei gesti bellissimi: il tipo che ci ha dato i ravanelli, quelli dell’acqua, i bambini con l’anguria, il parroco che ci ha accolti, la signora con il tè caldo. Ci vorrebbero tante altre parole per descrivere quello che abbiamo vissuto, però, sentendo tutto quello che ora stiamo ascoltando al microfono mi sto commovendo, e sento che è lo stesso per tutti. Volevo solo dirvi che come ha già detto qualcuno, questi giorni abbiamo dato la vita gli uni per gli altri e questo è il bellissimo risultato; sono pronta a farlo ancora. Il viaggio inizia ora. Alessandra

#WJD2016 #Cracow #ilpullmanunafamiglia

Se ci auguravamo di vivere una esperienza indimenticabile, non possiamo dire di essere stati delusi…
E se guardo ai ricordi impressi nei miei occhi e nel mio cuore, vedo Matteo e Giulia che alle 6 di mattina vengono con noi a prendere la colazione per tutti; vedo Riccardo e Adriano che portano l’acqua; vedo ancora Riccardo che distribuisce ogni briciola di quell’unica fetta di Sacher. Vedo Elisa, che oltre ogni limite fisico, raccoglie gli zaini di tutti, prende le bottiglie d’acqua, cerca i dispersi; vedo Paolo che gioca ogni singola carta e cerca gli assi nella manica; e Lela che non si lascia mai abbattere. Vedo un puzzle meraviglioso che si è composto sotto i miei occhi e provo un’infinita gratitudine per essere già quella FRATERNITA’ in atto che Francesco si è augurato come unico antidoto al male.
E allora #buonviaggiodellavita, ripartendo da qui, immensamente più ricchi di prima, pronti ad affrontare tutti gli ostacoli per continuare ed incontrare Gesù ogni giorno nella nostra vita, e a non SCAMBIARE LA FELICITA’ CON UN DIVANO. J MC

1.8.2016
Per me è la 1° GMG. Dopo che il papa nel 2013 ha dichiarato che la GMG del 2016 sarebbe stata in Polonia, più precisamente a Cracovia, il cuore mi si è riempito di gioia e ho detto “io ci devo andare”. E infatti eccomi qui, con altre persone, a vivere un’esperienza indimenticabile; e come scordarsi le colazioni, pranzi, e cene saltate, l’emozioni vissute durante l’omelia del papa durante la messa finale, la delusione e sofferenza nell’aspettare l’autobus o una semplice tenda per dormire. Ecco questa è la nostra GMG i ricordi, saranno Andrea che ha portato lo zaino per la via della veglia a tutti, Marco che ha animato l’autobus nel momento di maggior noia, Gioele che ci riusciva a far ridere anche sotto il diluvio, Silvia che mi ha prestato il poncio durante il diluvio, Elisa con la sua parlantina ci teneva compagnia, Max che con la sua risata coinvolgente ci ascoltava anche solo per un segno di conforto o anche una battuta per il “suo” amato Napoli. Paolo che non ha mai perso la speranza e tanti altri compagni che non si possono scordare.
#inthecuore#StayGMG
Matteo

Pensieri  1/8/2016

Eh già, questa GMG è già finita. E’ stata un’esperienza che custodirò gelosamente nel mio cuore. In fondo si sa, per ogni cosa la prima volta è sempre la migliore. Voglio ringraziare dalla prima all’ultima persona che è salita su questo pullman in particolare Francesca, le Toscane, Adriano, e i miei tre cari compagni che se stanno leggendo sanno di esserlo. Un grazie speciale anche a Max: anche se ci siamo conosciuti solo per questi giorni credo che Max sia l’educatore che ognuno desideri, e l’ho capito soprattutto quando la sera della veglia ha avuto la forza di accompagnarmi fino al C12 in cerco del mio zaino… Fortuna che c’era: al contrario di ciò che pensano molti di noi, per me la giornata migliore è stata quella di ieri. In questa situazione “critica” si sono visti il vero spirito di gruppo e il cuore che le persone ancora hanno… D’altronde è questo che Dio vuole da noi, amare il prossimo come sé stesso. Beh che altro dire, sono fierissimo di avere aiutato chiunque ne avesse bisogno ed essere stato sempre ricambiato. Il nostro è un gruppo forte, solido, unico. Probabilmente la maggior parte di voi non la rivedrò ma vi porterò sempre con me. Vi voglio un bene infinito a tutti, buon rientro e auguri per tutto!

Il vostro Baggy

01/08/2016
All’inizio del viaggio è stato detto: la cosa migliore è non avere aspettative, e per fortuna che è stato detto, perché se no adesso sarei qui a lamentarmi di non aver potuto vivere al massimo questa esperienza e di averla, in qualche modo, “sprecata.” Invece non sono qui per questo. Il motivo per cui sto scrivendo queste righe è per ringraziare Gesù per questo “dono” che mi ha dato. L’esperienza vissuta mi ha fatto provare un grande senso di unità. Ha messo alla prova le mie forze, spingendomi a non mollare per nessun motivo, anche quando non ce la facevo più. Il dormire per terra, i pranzi e la cena saltati, i bisognini nei bagni chimici, i chilometri percorsi, le ore di attesa mi hanno fatto apprezzare ancora di più l’arrivo, il raggiungere dell’obiettivo: ripenso al sabato. Era stata una giornata stancante e quando alle sette di sera ero ancora molto lontano dal Campus Misericordiae, il mio punto di arrivo, e ripenso a come ero distrutto e amareggiato, quasi rimasto senza speranze; nonostante ciò, io e i miei compagni non ci siamo arresi, siamo andati avanti superando la disperazione. Proprio questa disperazione però ci ha permesso di apprezzare ancora di più il momento in cui mi sono sdraiato per terra sul materassino alla veglia. Mi sono buttato sull’erba e mi sono detto “Ce l’ho fatta. Ho raggiunto il mio obiettivo.” La sensazione è stata come quella di una vittoria, una grande vittoria. “E’ finita, Marco, sei arrivato.” Così sono rimasto a contemplare la musica intorno a me, a riflettere sulla bellezza di vedere i milioni di giovani riuniti lì per qualcosa in comune e sotto il cielo di stelle ho sentito Dio proprio accanto a me, a tutti. Devo dirlo, non è stata la GMG che mi aspettavo, anzi alla GMG vera e propria non abbiamo quasi partecipato causa i molti disguidi. Tuttavia l’esperienza della giornata mondiale della gioventù sento di averla vissuta al massimo. Ho apprezzato il poco che avevamo, ho spinto la mia forza di volontà al massimo, ho sopportato pesi su di me fisici e interiori. Ho capito meglio la situazione dei immigranti, ho imparato ancora di più a immedesimarmi nell’altro, aiutarlo anche quando io stesso avevo bisogno di essere aiutato, ho condiviso il poco cibo che avrei tenuto per me. Ho conosciuto ancora di più Gesù. Per questi motivi sono felice dell’esperienza fatta e ora non mi resta che metterla in pratica anche nel post GMG.

Marco

Aggiornamento Diario di Bordo: L’orologio del pullman segna l’1:44 e stiamo di ritorno a casa ed è il momento di tirare le conclusioni di questo viaggio.

Non racconterò delle nostre disavventure sia perché se n’è già scritto tanto, sia perché non ne le ricordo più… E’ come se le memorie dei disastri affrontati siano svanite per fare spazio alle gioie che mi sono rimaste di questa esperienza. Quando tornerò a casa mi porterò nel cuore i gesti di fraternità e cristianità, le parole di speranza del papa e la consapevolezza che sono più fortunato di tante persone che vivono perennemente nelle condizioni disagiati che ho vissuto in questi giorni. Finisco con il ringraziare i miei compagni di viaggio, in particolare Adriano che è stata la persona con cui ho condiviso più cose in quest’avventura, Matteo e Davide che sono state la spinta che mi hanno fatto scendere dal mio divano-felicità e mi hanno permesso di venire, Marta che è stata la prima persona che nei momenti di solitudine è venuta a darmi compagnia, i focolarini che sono stati l’esempio da seguire con la loro pazienza e la loro gioia e Don Marco che con le sue parole ci ha dato la forza per andare avanti. Vi ringrazio a tutti e vi auguro che questa esperienza vi abbia fatto fare quel salto di qualità della fede che serve ad ognuno di noi, e grazie a questa GMG è successo anche a me.

Riccardo

Aggiornamento Diario di Bordo: Questi giorni sono stati molto intensi, sia del punto di vista fisico che emotivo. In effetti mi aspettavo un’esperienza faticosa, anche se non fino a questo punto, ma nonostante le fatiche e lo stress non ho mai sentito l’assenza dell’unità tra noi.

Tutti i miei “compagni di viaggio” sono stati fino all’ultimo giorno gentile con me, nonostante li conoscessi da poco e nonostante io sia stata in molti momenti LA DEPRESSIONE. E’ stato questo a darmi le forze di continuare il cammino “cercando di capire” come resistere. Ho stretto un bellissimo rapporto con quasi tutti e sono sicura che l’unità creatasi in questi giorni non farà altro che aumentare.
Caterina

1-8-16 GMG Cracovia

Non sapevo cosa aspettarmi… Questa GMG è stata un’avventura continua. In diversi momenti ho sentito  forte lo sconforto, ogni volta però, sono (siamo!) riuscite a superarle e a vedere oltre…
Ricordo benissimo quando al ritorno dal Campus, bagnati e stanchi, siamo stati invitati da quel sacerdote a riposare e a mangiare qualcosa nella sua parrocchia. E’ stata per me l’immagine della Provvidenza come se il Signore dicesse “ecco, sono con voi, non vi ho abbandonato.” Voglio ringraziare tutti i miei compagni di viaggio e me stessa (per essermi date questa possibilità!) Ciao a tutti! Grazie Francesca

Ore 23:20 01.08.2016

Prima di partire mio padre mi ha detto “Sono stato anche io alla GMG da giovane e mi ricordo ancora tutto, è stata una delle esperienze più belle della mia vita” Io non ci credevo perché, okay può essere bella, ma non conoscevo quasi nessuno, ed essendo la più piccola credevo che sarebbe stato carino ma niente di più. Bene, dopo le prime giornate volevo gridare perché in così poco tempo la sfiga ci aveva tormentato. Ero scoraggiata e triste perché non ci potevo credere a tutta quella “jella” che più passava il tempo e più ci perseguitava. Però poi durante la messa con il papa ad un certo punto mi sono guardata intorno e ho sentito una gioia immensa, perché ripensando ai giorni passati mi rendevo conto che non ero stata sola e allora ho capito cos’era veramente la GMG: amare incondizionatamente. Io ci ho provato, forse non ci sono riuscita ma tutti i miei nuovi amici sì, perché l’ho sentito, ho sentito il loro amore. Ora quando torno a casa so quale sarà la prima cosa che dirò: “E’ stata l’esperienza più bella della mia vita.” Vi voglio bene.  Francesca

Dopo un’esperienza simile le parole sono solo superflue: mille avventure, fortunate e non hanno contribuito a formare una famiglia bellissima, a cui devo tutto. Esperienze di questo tipo sono rare nella vita e sono fiero di aver avuto la possibilità di vivere una così fantastica con persone emozionanti e meravigliose! Francesco è riuscito a comunicare l’ideale con parole uniche ed irrepetibili, che rimarranno nel mio, nei nostri cuori per sempre. Ringrazio Dio per avermi concesso questa fortuna e per avermi regalato una famiglia in più, con la quale rimarrò legato per sempre. Semplicemente grazie. Filippo

Al contrario di Filippo le mie parole pronunciate a poche ore dalla partenza non si sono dimostrate per nulla profetiche, colpa sicuramente della magnifica esperienza argentina* che speravo si ripetesse. Ogni volta che accadeva un imprevisto pensavo a quanto fossero lontane le due esperienze e mi sembrava non potesse andare peggio, come se si fosse toccato il fondo. Immediatamente dopo, però, riflettevo su come tutti noi in gruppo affrontavamo le avversità mastodontiche una dopo l’altra, spinti da una forza d’animo stra abbondante e coinvolgente con l’amore incondizionato che fungeva da carburante. Capivo solo allora quanto unico è stato questo viaggio e quanto le mie parole alla partenza fossero sbagliate e la gioia provata a capire ciò è stato un insegnamento indimenticabile. Grazie Gabriele

*Si riferisce al Cantiere Hombre Mundo vissuto a O’Higgins (Mariapolis Lia) nel 2014

Ricordo che all’inizio ero un po’ deluso perché mi sembrava che si girasse semplicemente la Polonia in bus con un male al sedere mai sentito prima. Poi pero quando abbiamo iniziato a conoscerci tutti meglio e a rafforzare il gruppo allora anche camminare fino ad avere le gambe rotte non risultavo più tanto male. Questa esperienza è stata sicuramente bellissima e molto utile e farò tesoro di tutto ciò che mi è capitato. Penso che un legame così forte come quello che si è creato in questi giorni sia molto raro da trovare e sono contento di aver conosciuta tutta sta’ banda di Romani. Grazie a tutti per l’esperienza. Pietro.

Ore 2:27 02.08.2016

Tutto ha inizio con un autobus. E’ stata un’esperienza bellissima piena di avventure anche se in alcuni momenti ho quasi perso la speranza grazie ai vostri sorrisi, al vostro aiuto, al vostro incoraggiamento sono riuscita ad andare avanti. Vorrei ringraziare Francesca e Chiara per avermi ascoltato nei miei momenti di difficoltà, poi Davide per essermi stato vicino e anche Max perché è stato la mia salvezza nei momenti che avevo perso la speranza lui c’era. Concludo ringraziando tutti voi di cuore per la bellissima esperienza. Maria

…Pensieri…

Sto scrivendo e intorno a me ci sono amici che cantano, suonano, giocano! Siamo tutti molto stanchi si, ma non ci pensiamo perché l’unica cosa che pervade la nostra anima adesso è la gioia. E proprio mentre guardo gli occhi stanchi e felici dei miei compagni di viaggio ho come un’illuminazione: tutte le disavventure, i mille ostacoli, la pioggia, il fango, i kilometri infiniti, le ore insonne…be insomma tutto ciò che ho accolto come una “maledizione” è stata in realtà una “benedizione”. Già, perché intanto ho potuto provare per un breve lasso di tempo quello che persone più sfortunate di me vivono quotidianamente, donne e bambini che tutti giorni stanno affrontando una sfida enormemente maggiore di quella affrontata da me: sopravvivere. Quindi in fondo perché lamentarsi:) Ma sicuramente, la benedizione migliore che questa GMG potesse donarmi è stato comprendere il valore della misericordia, al di là della parola. Ci siamo aiutati, siamo rimasti sempre uniti anche nei momenti più bui, non mollando mai un centimetro, abbiamo avuto una battuta pronta e una parola di conforto per il compagno in difficoltà, sempre. Una forza potente e inesauribile ci guidava e univa verso la stessa meta! E sarà proprio questo il più bel ricordo che porterò per sempre nel cuore: siamo stati FRATELLI, offrendo “preghiere e pellegrinaggio” al prossimo. Ringrazio di cuore tutti per questa fantastica esperienza!

Vi Voglio Bene Ragazzi! Adriano

#stay#gmg

2 agosto 2016

Quest’esperienza si potrebbe descrivere in due modi: che ci sono state tante avventure, oppure che niente è andato come previsto! Io scelgo il primo: visto però con una lente positiva, infatti tutti gli imprevisti sono state avventure edificanti e sorprendenti.

Sorprendenti perché, nonostante il mio voler essere aperta e non avere aspettative, proprio non mi aspettavo che l’esperienza della GMG sarebbe stata così difficile! Nelle difficoltà: stanchezza, rimpianto di aver perso alcuni momenti con il Papa, delusione per la disorganizzazione (anche nostra), ho visto la mano di Dio che mi ha fatto fare un’esperienza importante. Infatti, quel clima di amore reciproco e unità fra noi che abbiamo sperimentato non ci sarebbe stato se tutto fosse stato più facile. Per esempio, quando ho aiutato qualcuno a rialzarsi, sorridendo nonostante la stanchezza, o quando qualcuno mi ha offerto una merenda o un sorso d’acqua, o quando ho visto qualcuno offrirsi per portare lo zaino dell’altro, questi sono stati i momenti preziosi che ci hanno legato come famiglia. Poi, non ci sarebbe stata quella gioia pazza nel vedere il pullman arrivare se non avessimo preso un po’ di pioggia o se fosse andato tutto liscio.

Forse più che vedere ed ascoltare il Papa insieme agli altri giovani, Dio mi ha voluto donare un piccolissimo assaggio della sofferenza che sperimentano i profughi: le lunghe camminate con tutto quello che hanno sulle spalle, le poche ore di sonno in tenda o all’aperto, le lunghe attese senza sapere quando o perché o cosa succederà. Mi sono sentita più vicina ai rifugiati ed ho sentito il desiderio di offrire questa sofferenza per loro. Ho sentito che Dio mi aveva donato questa esperienza e dovevo prenderla dalle sue mani per viverla fino in fondo. Rialzarmi, quindi, rimettere lo zaino sulle spalle e camminare ancora, cosa che non avrei potuto fare se non per amore di chi mi era accanto.

Mi ha colpito anche la storia di Santa Jadwiga, regina della Polonia negli anni 1300, le cui spoglie si trovano nella cattedrale Wawel di Cracovia. Lei mi ha conquistato con questi numeri: è diventata regina all’età di 10 anni, si è sposata a 12, ed è diventata santa a 26 quando è morta. Amava ed aiutava i poveri, lavorava per la pace in tutto il suo regno e aveva un rapporto così stretto con Gesù che la tradizione dice che una volta il Crocifisso le ha parlato. Questa santa mi ha dato la spinta di vivere bene l’unica vita che ho e la GMG fino in fondo: scarpe bagnate e tutto quanto!  (Claire)

2-08-2016 cosa dire …

Mi ricordo quando prima di partire ci siamo trovate con le ragazze del gruppo di Roma per metterci nella disposizione giusta per vivere quello che sarebbe stata la GMG. Ho detto che sentivo che l’Eterno Padre mi avrebbe fatto in questi giorni un bel regalo ed infatti è stato proprio cosi.

A cominciare per esempio già dal giorno del ritorno a Roma,  il 2 agosto di mattina,quando  arrivando a casa, anche se ero molto stanca, ho pensato che sarei stata pronta a ripartire di nuovo.

Per me la giornata mondiale della Gioventù è stata una lezione di vita. È la prima volta che ho partecipato a questo importante evento. Abbiamo vissuto delle vere avventure, ne cito solo alcune: da un momento all’altro sembrava che restassimo senza i pass per entrare nell’aria riservata, per mangiare, per dormire. Inoltre ore di cammino sotto il sole, la pioggia abbondante, ore di attesa aspettando l’autobus … e tante altre cose.

Mentre camminavo mi sono venute in mente tutti i rifugiati, tutte quelle persone che per la guerra escono dal loro paese senza sapere dove andranno, magari in mezzo alla pioggia,al caldo, senza mangiare, i soldati che camminano ore e ore con l’equipaggiamento militare. A volte ci fa bene sperimentare questo tipo di cose per mettersi nei panni di chi soffre.

Eravamo un gruppo di 49 ragazzi, però io ne conoscevo solo alcuni, questa non è stata una difficoltà perchè da subito siamo entrati in rapporto come se  ci conoscessimo da tanto.

Più le ore passavano, più cresceva questo rapporto tra tutti, questa è stata una delle chiavi per aiutarci nei momenti più difficili, abbiamo come superato delle curve, a volte si scendeva per lo scoraggiamento, la delusione, l’incertezza, però si risaliva subito con la forza dell’Amore, cercando di non mollare e di andare comunque avanti. Camminando c’era chi si prendeva lo zaino pesante dell’altro o chi incoraggiava gli altri a non mollare.

In questa scuola di vita ho sentito l’Amore di Dio per noi perché, anche se in tanti momenti siamo rimasti senza i pasti, comunque non è mancato mai il cibo. Una volta mi sono avvicinata a salutare un gruppo di Colombiani che giusto avevano delle mele in più che volevano regalare, non so, il cibo spuntava da qualunque parte perché se condivideva il poco che si aveva.

Finita la messa con il Papa ci siamo incamminati lungo la strada, ad un certo punto, penso dopo 4 km, ci siamo fermati, mi ha colpito moltissimo vedere tanti ragazzi  lungo la strada, c’era chi cantava, chi giocava, chi gridava viva Papa Francesco, c’erano anche delle persone sulle sedie a rotelle. Era commovente! Ho pensato la Chiesa è vivissima.

L’amore ha fatto sì che la GMG fosse solo vita!

8-08-2016. È stata un’avventura incredibile, fatta di mille sfide e imprevisti, e mi sono chiesta più volte: ma chi me lo ha fatto fare, ho pure sborsato 500€

E poi le parole dell’omelia della domenica mi hanno ribaltato la situazione illuminando tutto…mi hanno fatto capire il vero senso della gmg: incontrare Gesù

E con certezza posso affermare che alla fine lo abbiamo incontrato (anche se all’inizio poteva non sembrare così, visto le ore interminabili ad aspettare che ci assegnassero un posto a dormire, oppure i ticket per mangiare) …in ciascun compagno di viaggio quando stanchi ed affamati ci offriva un sorriso, una battuta per spezzare la tensione,  un incoraggiamento, un sorso d’acqua oppure allo stremo delle forze ci alleggeriva del peso del bagaglio per caricarlo insieme al proprio.

Tutto questo mi ha aiutato a ricordare che l’importante non è tanto il programma e le catechesi, che si hanno il loro valore, ma più di ogni cosa conta la costruzione dei rapporti amandosi vicendevolmente, e mettendo in pratica le parole di Gesù siamo stati protagonisti della gmg, vivendola fino in fondo, e non semplice spettatori di qualcosa fatto da altri.




Suicidio mancato

Dopo una forte crisi avevo trovato la forza di tornare al mio lavoro di medico. Il primario conosceva il mio caso e mi seguiva con partecipazione, a dandomi gradualmente le responsabilità del reparto. Un pomeriggio arrivò al pronto soccorso un uomo sulla quarantina privo di sensi. Avvelenamento da barbiturici.

Quando si riprese e vide i nostri volti chini su di lui, supplicò: «Lasciatemi morire, non voglio più vivere!». Il primario me lo a dò perché era sicuro che io lo avrei capito. Per lunghi giorni quel paziente mi osservò senza parlare.

Dopo qualche giorno mi chiese perché non lo lasciavo mai solo. Ed io: «È perché conosco la tua disperazione e so che si può guarire e tornare a vivere. Anch’io ho tentato di uccidermi e mi sono allontanato da chi poteva aiutarmi, convinto che nessuno potesse capirmi. Ora sono grato a chi mi ha salvato: per questo vorrei ricambiare il dono, ridonando la vita ad altri». Dopo quel colloquio fu più facile ricostruire in lui la speranza.

D. L. – Italia

Fonte: Il Vangelo del giorno, Città Nuova, Agosto 2016, p.92




L’amica della moglie

Nello stesso palazzo dove abito vive anche la famiglia di un’amica di mia moglie. Avevo notato che tutte le volte che mia moglie usciva, questa signora, con una scusa qualsiasi, veniva nel mio studio.

Queste strane visite sono per me diventate pesanti anche perché era sempre più palese il suo interesse verso di me. Nel più grande imbarazzo, ho chiesto a Dio lumi per risolvere il problema. Da una parte, infatti, non volevo offendere la persona, dall’altra non avevo minimamente l’intenzione di parlarne a mia moglie.

Un amico, cui ho confidato la situazione, si è offerto di incontrare questa signora. L’incontro è avvenuto ed evidentemente c’è stato un ripensamento da parte di lei. Una sera che eravamo a cena insieme le due famiglie, in un momento in cui ci siamo ritrovati da soli io e lei, mi ha ringraziato: «Hai agito nel modo più delicato possibile e hai salvato la nostra amicizia».

B. S. – Italia

Fonte: Il Vangelo del giorno, Città Nuova, Maggio 2016, p.117




In clinica

Da qualche giorno mi trovo ad assistere la mamma ricoverata. Tra i malati terminali di tutte le età, ascolto la storia di Marianna: ha 40 anni e un figlio diventato cieco per un problema di malasanità; il suo è un tumore devastante e recidivo.

Le passo le cose di cui ha bisogno, l’aiuto a vestirsi, rispondo al cellulare per lei. A mia volta le racconto di come cerco di vivere il Vangelo. Con lei nasce una sintonia profonda. Una delle infermiere dice: «In questa stanza sembra non esista la malattia, siete sane dentro, c’è una luce nei vostri occhi… Come mai?».

Anche a lei diciamo il nostro impegno a vivere da cristiane. Un giorno arriva Filomena: avvelenata dall’odio, urla, dice parolacce, tratta male tutte. Con mamma ci accordiamo per volerle bene, le cediamo il posto più comodo, io l’aiuto a disfare le valige e l’ascolto per ore. A poco a poco Filomena si apre, si rasserena. Poi è lei ad aiutarmi ad accudire la mamma e insieme andiamo da chi è più solo.

Emi – Italia

Fonte: Il Vangelo del giorno, Città Nuova, Maggio 2016, p.74




Senza freni inibitori

Studio in una scuola industriale. Un mio compagno è affetto dalla sindrome di Asperger, che fra l’altro annulla i freni inibitori: in pratica dice ciò che pensa senza prima porsi la domanda se ciò che dice potrebbe ferire qualcuno.

Per questa caratteristica qualcuno ha iniziato a schernirlo anche in modi abbastanza pesanti: al che lui ha reagito in maniera anche violenta. A questo punto ho capito che non potevo fare nta di niente. Ricordandomi che anche in lui dovevo vedere Gesù da amare, piano piano me lo son fatto amico e abbiamo imparato a capirci solo con gli sguardi!

Infatti ogni volta che, senza pensarci, combina qualche cavolata, basta scambiarci un’occhiata e lui chiede subito scusa. Molte volte mi sono ritrovato a doverlo bloccare mentre cercava di picchiare qualche compagno, a costo di essere rimproverato dai professori che avevano frainteso il mio intervento nei suoi confronti… Una cosa è certa: anche da uno come lui sto imparando tantissime cose!

Riccardo – Italia

Fonte: Il Vangelo del giorno, Città Nuova, Maggio 2016, p.51




L’insegnante di religione

Quando annunciò in classe gli argomenti da trattare durante l’anno ci ribellammo, abituati com’eravamo all’ora di religione come a un’ora di riposo. Con pazienza cercò di farci capire che, se la sua presenza fosse servita soltanto a metterci in testa che Dio ci ama, avrebbe raggiunto il suo scopo.

Sono passati alcuni decenni. Mio glio va nella stessa scuola dove ero stato io, e un suo compagno è figlio di uno che frequentava la mia classe. Seduti vicini all’ora di religione (che ora non è più d’obbligo, come ai miei tempi), il compagno diceva a mio figlio: «L’in- segnante di religione di mio padre gli ha inculcato soltanto una cosa: Dio ci ama». Grande la sua sorpresa quando mio figlio gli ha riferito che io gli avevo confidato la stessa cosa!

S.R. – Italia

Fonte: Il Vangelo del giorno, Città Nuova, Aprile 2016, p.143




Dormivo in compagnia dei topi

M’interessavano solo il denaro, i vestiti firmati, le donne e il divertimento. Dopo aver sperimentato il carcere per possesso e spaccio di eroina, ho ricominciato la stessa vita di prima, tra violenza, stupefacenti e alcol.

Circa tre anni fa, droga e soldi mi sono stati rubati da chi consideravo amico. Arrabbiato con me stesso, con Dio e con il mondo intero, mi sono lasciato andare. Dormivo in una casa abbandonata, nell’immondizia e in compagnia dei topi. Un giorno, senza chiedersi chi fossi, uno sconosciuto mi ha invitato a mangiare a casa sua e ha avuto per me attenzioni da fratello.

Mi sono sentito spinto a seguirlo nella chiesa che frequentava e lì, per la prima volta dopo tanto tempo, ho provato una sensazione di pace. In seguito ci sono andato anche da solo: in silenzio per ore, imparavo a pregare. Ho provato a cambiar vita: anche se ho avuto delle ricadute, Gesù mi ha dato la forza di riprendermi ogni volta. Oggi, ospite di una comunità di recupero, cerco di ricambiare l’aiuto ricevuto essendo al servizio di chi ha bisogno.

Samuele – Italia

Fonte: Il Vangelo del giorno, Città Nuova, Aprile 2016, p.131




In palestra

Ero in palestra, ambiente eterogeneo in cui i rapporti sono spesso formali e frettolosi. Mentre mi cambiavo, ho notato Anna asciugarsi le lacrime. La conosco da poco, ma siccome per me “l’altro” è Gesù, le sono andata incontro, le ho offerto i fazzoletti e da lì è nato un colloquio.

Era preoccupata per sua figlia che dopo un incidente col motorino doveva sottoporsi a un ulteriore intervento al ginocchio con poche speranze di un recupero completo. L’ho incoraggiata a confidare in Dio Amore e le ho offerto il foglietto col commento alla Parola di Vita del mese.

Un’altra volta, sempre in palestra, accanto a me si stavano cambiando due ragazze rom. Istintivamente ho guardato i miei effetti personali nello scomparto accanto a loro. Poi però ho capito che dovevo azzerare ogni pregiudizio e guardarle in modo diverso. Una di loro aveva una scarpa slacciata: l’ho avvertita. Un piccolo gesto, ricambiato da un sorriso. Andando a fare lezione, avevo il cuore leggero.

Emilia – Italia

Fonte: Il Vangelo del giorno, Città Nuova, Aprile 2016, p.103




Silenzio attivo

Mia figlia Paola ha gli alti e bassi tipici dell’adolescenza: un giorno parla come un fiume in piena, un altro fa lunghi silenzi oppure dà risposte secche.

All’inizio, quando la accompagnavo in auto a scuola, mi veniva da chiederle o da dirle tante cose, poi ho capito che occorreva un “silenzio attivo”, in cui lei avvertisse la mia piena disponibilità.

Non sempre è facile, perché mi sento a disagio talvolta nelle pause di silenzio lungo il tragitto, ma altre volte vengo abbondantemente ripagato dagli improvvisi racconti delle sue esperienze positive a scuola con amici e professori.

M.S. – Italia

Fonte: Il Vangelo del giorno, Città Nuova, Aprile 2016, p.64




Oltre il dovere

Non sempre è facile riconoscere Gesù nel prossimo. Talvolta un medico è portato a vedere nel malato soprattutto un caso clinico o un problema (se non l’hai curato bene, c’è la denuncia…). Quanto al mio lavoro in ospedale, sono aiutato a svolgerlo secondo un certo stile dal legame spirituale che ho con altri amici. Un giorno vengo chiamato in pronto soccorso per un’urgenza: un paziente è in arresto cardiaco. Per rianimarlo mi adopero oltre i 35 minuti, chiedendomi se faccio bene a insistere: infatti, secondo i protocolli, dopo 20-25 avrei dovuto lasciar perdere. La persona si riprende, ma rimane in coma; data la gravità, la ricovero in rianimazione. Giorni dopo mi cercano i suoi parenti. Uno di loro – peraltro un mio collega, che non conoscevo – mi abbraccia piangendo e mi ringrazia. «Ho fatto solo il mio dovere», rispondo. «No, hai fatto di più». E mi lascia assicurando che pregherà per me.

Franco – Italia

Fonte: Il Vangelo del giorno, Città Nuova, Aprile 2016, p.26




Immigrati: da problema a risorsa

La montagna è capace di accogliere più delle aree urbane, creando progetti dal basso tra i Comuni, con le associazioni locali, la rete del volontariato, la Caritas, le parrocchie. Alcuni dei tanti esempi virtuosi

Sorgente Città Nuova online: Immigrati: da problema a risorsa




Ho visto la morte sul treno . . .

“Ho visto la morte sul treno del disastro in Puglia, ma quell’incidente mi ha insegnato cos’è la vita”

Un mese fa, la mattina del 12 luglio, 23 persone hanno perso la vita nello scontro fra treni sul binario unico della Ferrotramviaria tra Andria e Corato. Valentina Dell’Olio, 23 anni, di Triggiano, era a bordo di una di quelle vetture. Viaggiava verso Barletta, dove frequenta un corso da costumista. Ora è a Imola, dove è ricoverata per un percorso di riabilitazione e ha raccolto il nostro invito a raccontarci questi giorni.

di VALENTINA DELL’OLIO

Dell’incidente ricordo tutto, non ho mai smesso di essere lucida. Ricordo un fortissimo schianto in seguito al quale mi sono ritrovata catapultata e poi incastrata chissà dove, forse sulla carrozza del treno o addirittura sui binari, non avevo la visuale per potermene rendere completamente conto. lizzato cosa era successo e, nonostante ciò, paradossalmente ho mantenuto una totale calma e autocontrollo: non si poteva cambiare nulla, sapevo che l’unica cosa che dovevo fare era aspettare pazientemente i soccorsi che certamente, sapevo, sarebbero arrivati.

Ho subito fatto un’analisi della situazione guardandomi intorno. Vedevo macerie ovunque, pezzi di vetro e chissà che altro. Ricordo di aver riconosciuto una mia gamba dalla scarpa al piede. Era completamente girata. In quel momento ho preso seriamente in considerazione l’ipotesi che potessi aver perso un arto. Però ancora sentivo questa forza e questo grande autocontrollo e la prima cosa che ho pensato è stata: “Ok, un pensiero alla volta. Nella peggiore delle ipotesi potrei mettermi in contatto con Giusy Versace e lei forse saprà come aiutarmi. Intanto sono viva: è un dato di fatto”

Intorno a me sentivo urla di disperazione, in particolare di un bambino che era incastrato alla mia sinistra: Samuele. Era molto spaventato e per quanto possibile ho cercato di calmarlo, ripetendo tante e tante volte che doveva stare tranquillo perché i soccorsi stavano arrivando. Ma era inutile perché era in evidente stato di shock. Fortunatamente siamo stati fra i primi a essere liberati. Sono arrivata all’ospedale di Barletta. E prima di farmi la tac ho chiesto ai medici: “Ho tutti gli arti?”. Loro mi hanno risposto di sì e io ho tirato un sospiro di sollievo. Poi ho chiesto: “Vi prego, non amputatemi niente!”. E i medici, sorridendo, mi hanno detto: “No, no, stai tranquilla”.

In quel momento ero più serena. L’incidente mi ha resa molto più forte. E mi ha fatto scoprire un infinito affetto da parte di tantissime persone, da ogni parte del mondo. Dal risveglio mi sono sentita costantemente e fortemente avvolta da questa grande e inspiegabile carica energetica. Mi sento davvero connessa a tutti ed è una scoperta mistica, inspiegabile. Indubbiamente l’incidente non è stata una bella cosa, ma sto riuscendo a cogliere tutto il bello che mi sta portando (ed è davvero tanto). Nonostante tutto mi ritengo fortunata per tanti piccoli grandi eventi: per esempio aver incontrato lungo il mio percorso medici eccezionali, infermieri affettuosissimi e simpaticissimi (e colgo l’occasione per smentire ciò che si dice sulla malasanità in Italia).

Al momento il mio unico obiettivo è recuperare le mie funzioni al 100 per cento. Sono focalizzata davvero intensamente in questo e ci credo molto e voglio farcela per me stessa, ma soprattutto per tutti coloro che credono in me. Sono concentrata soprattutto sul presente, ma il mio futuro lo immagino roseo e spero tanto di poter diventare un esempio, una speranza vivente per tutte le persone che si trovano ad affrontare situazioni simili. Sicuramente l’incidente mi ha dato una forte spinta a vivere la vita pienamente, a fare tutte quelle cose che, per paura o per timidezza, spesso si rinuncia a fare. Assecondare di più il proprio istinto e i propri sogni, senza alcuna sorta di timore. Lanciarsi nella vita.

Non vedo l’ora di riprendere il mio percorso di studio, tutte le mie attività artistiche, sperimentarne di nuove e rendermi utile agli altri. Affronto tutto con fiducia, ottimismo e col sorriso. Sento dentro di me che ce la devo fare anche per tutti quelli che, purtroppo, non ce l’hanno fatta. Mi immagino, quando tutto sarà finito, di organizzare una megafesta alla quale vorrò invitare tutti coloro che, in tanti modi, stanno vivendo con me questa esperienza.

Fonte: http://bari.repubblica.it/cronaca/2016

 




Mentre aspettavo il primo treno

Tradito dalle persone che amavo, avevo lasciato la mia famiglia andando a stare da solo. In forte depressione, ho provato varie volte a togliermi la vita. L’ultima, in una piccola stazione. Mentre aspettavo il primo treno per buttarmi sotto, una suora mi ha raggiunto sui binari e mi ha convinto a desistere.

Poi si è presa cura di me facendomi conoscere una comunità di recupero che mi ha accolto a braccia aperte; i primi tempi però ri utavo l’a- more che mi davano a causa dell’odio che portavo dentro di me. Anche se non volevo più saperne di Dio, uno di loro mi ha convinto a leggere la Bibbia.

Man mano la durezza del mio cuore si è sciolta e ho cominciato a credere. Sono passati alcuni anni e ho imparato a perdonare, ad amare il prossimo, a essere paziente… Ora ho riallacciato i rapporti anche con i miei familiari, ho un lavoro, una casa, mi sento sereno.

Nulla succede a caso… Grazie a Dio che mi ha fatto conoscere il suo immenso amore!

Carmelo – Italia

Fonte: Il Vangelo del giorno, Città Nuova, Febbraio 2016, p.152




Figlia adottiva

Essere stata adottata mi ha creato per anni un complesso di inferiorità e una certa ribellione. Quando i miei genitori adottivi sono morti a distanza di poco tempo, mi sono resa conto di quanto poco li avessi amati, non per l’eredità che mi avevano lasciato, ma perché ho capito con quanta delicatezza e tenerezza mi fossero stati vicini sempre.

Da quel momento la mia vita è cambiata: ho deciso di essere io madre di chi è so erente, di chi non ha casa… Quando qualcuno mi ringrazia io so di essere sempre in debito verso gli altri. Soltanto così posso rendere ai genitori quello che non sono riuscita a dare loro.

I. S. – Italia

Fonte: Il Vangelo del giorno, Città Nuova, Febbraio 2016, p.139




Il segno del cielo

In visita dal medico, per caso ho sentito una signora, incinta del quarto figlio, dire alla segretaria che non poteva tenerlo, date le sue condizioni economiche. «Dio vorrà tenerne conto», concludeva.

Non potendo rimanere indifferente a questa notizia, subito l’ho comunicata ai più intimi e insieme abbiamo deciso di fare una colletta fra noi. Poi sono andata dalla segretaria del medico per chiederle di consegnare quel denaro alla signora, senza dire chi l’aveva portata. Intanto affidavamo tutto a Dio.

Il tempo passava senza sapere l’esito; qualcuno però aveva notato (viviamo in un piccolo centro dove tutti si conoscono) che il pancione della signora cresceva. Finalmente è nato un bel bambino. A distanza di un anno ho ricevuto i ringraziamenti di quella signora, che ave- va capito l’origine del denaro ricevuto: «Il giorno prima di andare ad abortire avevo chiesto a Dio di farmi capire se stessi facendo la cosa giusta. A tarda sera, è venuta a trovarmi la segretaria del medico con la vostra busta. Per me è stato un segno del cielo».

R. – Calabria

Fonte: Il Vangelo del Giorno, Città Nuova editrice, Febbraio 2016, p. 45




Benvenuto al binario 2

 

ALLA STAZIONE DI SANTA MARIA NOVELLA DI FIRENZE UN HELP CENTER IN RISPOSTA ALLA MARGINALITÀ SOCIALE. QUANDO L’INTEGRAZIONE FRA PUBBLICO E PRIVATO FUNZIONA

«Il signor T. è un uomo italiano di 66 anni, con 20 anni di vita per strada, dimorante abituale della stazione di Santa Maria Novella a Firenze. Dopo la perdita prima della madre e poi della casa e del lavoro, trova la strada dell’alcool e del vagabondaggio. Segnato nel fisico e nella psiche, ha vari incidenti e pestaggi, rischiando la morte 3 volte in un anno. Lo abbiamo trovato a un certo punto, dopo averlo cercato, in un ospedale, nel reparto di rianimazione. Abbiamo preso contatto con i servizi sociali e dopo la degenza verrà inserito in una Rsa».

«La signora P., arrivata in Italia da sola, clandestina e senza un lavoro, viene accolta provvisoriamente presso una signora. Si presenta all’Help center per fare il corso di italiano e qui, sentendosi accolta e sicura di essere aiutata, ci confida di essere stata violentata da un gruppo di uomini. L’abbiamo accompagnata ai Servizi sanitari e messa in contatto con il Centro antiviolenza Artemisia che le ha dato un sostegno psicologico. Illusa poi da un uomo violento e tossicodipendente che l’ha sposata, consentendole così di ottenere il permesso di soggiorno, è tornata da noi e abbiamo continuato ad aiutarla». «La signora S., senza fissa dimora (comunitaria Ue) e conosciuta da molti anni dal nostro Help center, è stata spesso accompagnata verso i servizi sanitari volontari del territorio. Essendo ammalata e non potendo accedere ai servizi sanitari perché senza una residenza, le è stata concessa presso la nostra Casa di accoglienza Casa Serena. Tramite il progetto “Oltre la strada”, poi, abbiamo avuto un contributo per farle l’assicurazione sanitaria. La signora oggi è inserita in una struttura di accoglienza e gode di una vita più serena».

Una storia tira l’altra e ognuna dice da sé quello che succede al binario 2 della stazione Santa Maria Novella di Firenze, come mi raccontano alcuni operatori. Basta stare qualche ora nella sede dell’Help center e si entra in contatto con… tutti i colori dell’umanità. Quando arrivo, ci sono due sedicenni albanesi giunti da poco in Italia, poi si susseguono una signora rumena da 25 anni nel nostro Paese, una giovane congolese, un italiano separato e senza più contatti con la famiglia di origine. Situazioni le più varie, denominatore comune la persona, da accogliere, ascoltare, aiutare.

Romano Tiraboschi, direttore del Centro dallo scorso settembre, conosce tutti quelli che passano, a volte anche solo per un saluto e per sentirsi incoraggiati a non mollare.

«Non è che riusciamo a soddisfare tutti i bisogni concreti – mi dice –, non di rado molto più grandi di noi, ma almeno diamo alle persone fiducia e speranza, le aiutiamo a risollevarsi e ci ringraziano anche solo per essere state ascoltate». Lui lavora qui grazie a un progetto di inclusione sociale avviato col Comune e finanziato dalla Regione che ha rafforzato la collaborazione, che c’è sempre stata, col territorio, la città, i servizi sociali. Qui la sinergia con le altre associazioni, laiche e religiose, è di casa. «Ogni giorno ci sono riunioni per affrontare le situazioni da vari punti di vista», aggiunge Tiraboschi.

Il Centro, tenuto dall’Acisjf (la prima associazione internazionale con uno statuto all’avanguardia per l’aiuto alle donne di ogni razza, religione, ceto sociale), esiste dal 1902, prima nella stazione vecchia di Firenze, poi, dal 1936 in questa, in un locale molto piccolo e successivamente, in accordo con Ferrovie dello Stato, in concessione gratuita nei locali attuali. Le aree di intervento vanno dall’ascolto e orientamento al territorio alla ricerca di lavoro con la stesura dei curriculum, all’erogazione di beni (pacchi alimentari,
indumenti, titoli di viaggio).

E ancora l’accompagnamento sanitario, il sostegno per l’aspetto burocratico, l’assistenza nei progetti di rimpatrio, uno sportello legale, la mediazione familiare. Qui si svolgono corsi di italiano, di inglese (ad esempio per le persone che lavorano negli alberghi), si tengono convegni per la prevenzione del rischio sociale rivolti alle scuole e ai giovani. E non di rado sono le stesse persone approdate all’Help center in stato di necessità a “insegnare” con la loro testimonianza. Come Pompeo, un passato da tossicodipendente e alcolista, una persona dalla ricca umanità, di cui racconteremo la storia in seguito.

L’Help center è strettamente collegato con Casa Serena e Camere Fuligno, spazi dati in gestione da Asp Montedomini, poco distanti dalla stazione, che accolgono mamme con minori, donne sole in cerca di occupazione o con alle spalle problemi di dipendenza superati, famiglie provenienti da sfratto esecutivo. Nel 2015 il monte ore del volontariato attorno all’Help center è stato di 10.511 ore. Fra lavoratori e volontari attivi sono coinvolte 57 persone. Tutta gente motivata, come Giannetta, non più giovane, in prima fila da anni. O come Eugenia, prossima alla laurea in Economia dello sviluppo, che mi confida: «Quello che ho imparato qui in due anni e mezzo dalle persone è molto più di quello che ho studiato. È il motivo che mi fa rimanere. Sono persone speciali, ti ringraziano per la cosa più semplice, diventi un punto di riferimento, ti raccontano le cose più profonde. E rimani ore in più di quanto previsto a parlare».

L’anima di tutto, comunque, è Adriana Grassi, presidente dell’Acisjf Firenze. Una “giovanissima” 80enne, con una lunga esperienza alle spalle, alla scuola di don Milani e don Ciotti. «La stazione è veramente impegnativa – mi racconta –, perché è il primo punto dove le persone arrivano. Se dai le risposte adeguate, indirizzi le giovani donne sulla buona strada, non tanto in un giro assistenzialistico, ma avviandole al lavoro, all’autonomia, all’integrazione, dove noi siamo fratelli e sorelle che le accompagnano. Puntiamo molto anche sul lavoro di rete fra pubblico e privato. Se le persone trovano una risposta immediata, è un costo minore anche per la società».

Le chiedo il segreto di una continuità che dura negli anni, in termini di persone e di risorse economiche. «Quando sono stata eletta – mi risponde –, l’assistente presente in stazione allora, mons. Renzo Forconi, un uomo di grande valore, mi ha detto: “Adriana, cerca di lavorare bene, il resto viene da solo”. Abbiamo puntato alla serietà dell’impegno, come ci richiede l’essere cristiani, perché pensiamo che il bene comune non sia solo un impegno dei politici. Ho la mia età, conosco il dolore e ne capisco il valore, ma non conosco né la noia né la fatica perché viene supportata dalla passione per quello che fai, dalla gioia di lavorare con gli altri. I fondi sono stati trovati sempre probabilmente per il riconoscimento al nostro lavoro per cui si riesce a fare progetti, a non camminare da soli. Tanti lavorano bene, forse la capacità di lavorare insieme premia».

di Aurora Nicosia

Fonte: Rivista Città Nuova n.7 | Luglio 2016 pp.44-46




Il mare è la mia vita

CESENATICO (FC)

Il mare non è solo lavoro, è la mia vita

MAURIZIO CIALOTTI: A BORDO DELLA SUA BARCA IL PESCE
È L’ESCA PRELIBATA PER PROGETTI DI SOLIDARIETÀ E INNOVAZIONE

di Rachele Marini

«Il mare mi ha salvato la vita. Avevo perso il padre e mi aggiravano sulla banchina di Cesenatico in un tempo in cui si nuotava nella droga e molti dei miei amici vi erano annegati. Io invece ero affascinato da quei vecchi che sapevano lavorare con i giovani, dai coltelli con il manico di legno con cui legavano le reti, dagli scherzi che si raccontavano. Mi sono imbarcato con loro. Avevo 15 anni».

La voce di Maurizio Cialotti ha la potenza delle onde che si infrangono sugli scogli mentre racconta della sua passione e descrive “Sirio” e “Madonna delle grazie”, le sue due barche che conduce con altri 4 pescatori: la sua azienda. Sale di tono come la marea quando offre voce ai travagli che hanno rischiato di travolgerlo.

«Nel 1997 per un investimento eccessivo ho rischiato di perdere tutto: casa, barca e affetti, perché quando sei in mare e parti la domenica per tornare il martedì e riparti ancora, non hai più vita sociale. Ero vicino all’isola di Sant’Andrea, quando è arrivata la telefonata di due amici del Focolare a ricordarmi che mi avrebbero sostenuto in qualunque direzione fossi andato. Per la gioia penso di aver camminato sulle acque. Anzi no, sui tonni che ricoprivano ovunque la barca. Non ero solo».

Maurizio con altri marinai ha dato poi vita a un’associazione e a iniziative di solidarietà a sostegno di colleghi in precarie situazioni economiche. Uno degli aspetti più critici della sua attività è la commercializzazione del pescato, talvolta in mano a cooperative che gestiscono in maniera monopolistica e poco trasparente il mercato. «A fine giornata ci siamo visti pagare solo 50 cassette di pesce quando ne avevamo in stiva ben 500. E il pesce non venduto si butta».

Poi è arrivata la proposta di aderire all’Aipec, l’associazione degli imprenditori per l’Economia di Comunione, e questo ha dato a Maurizio lo slancio per ripartire
con una nuova attività. «Con un mio amico commerciante, proprietario di un laboratorio di trasformazione del pesce, abbiamo deciso di aprire una pescheria che mette a tavola le famiglie con 5 euro per offrire un prodotto fresco utilizzando le rimanenze di giornata. Esserci incontrati sui valori dell’Economia civile ci ha dato lo slancio di mettere assieme le nostre competenze e di reinventarci per restare lavoratori liberi».

Fonte: Rivista Città Nuova n.8/ Agosto 2016

 




Puntualità

Purtroppo è prassi, nel mio ufficio, arrivare con mezz’ora di ritardo e uscire mezz’ora prima, cosicché le ore di lavoro da 6 diventano. Mi sento a volte ridicola e a volte pignola, a volte vengo presa in giro dalle colleghe perché cerco sempre di essere puntuale.

Un giorno una domanda aperta: «Ma tu, perché ti ostini a lavorare fino all’ultimo minuto?». Risposta altrettanto chiara: «Sono cristiana, per me sarebbe rubare». Il comportamento delle altre è rimasto lo stesso, ma io non mi sento più ridicola né pignola: adesso loro mi rispettano per la mia coerenza.

F. F. – Italia