Vivere la Parola: esperienze personali di alcuni sacerdoti

Parola di Vita (gennaio): «La giustizia e solo la giustizia seguirai» (Dt 16, 20).

La misericordia … la più grande giustizia!

Qualche tempo fa mi era capitato che un parrocchiano impegnato nella pastorale della comunità avesse fatto palesemente una cosa a mio avviso “ingiusta” nei miei confronti. Alcune persone mi avevano incoraggiato a reagire, ma io ho preferito lasciar perdere e riprendere la cosa più avanti quando, nella calma e nella lucidità, si poteva rivedere con più obiettività l’episodio. Arriva l’occasione propizia, una riunione in programma, ma sento che per fare una cosa veramente giusta devo lasciar perdere e perdonare. Il giorno della riunione questa persona insiste nelle sue ragioni ma io non reagisco in alcun modo. Ad incontro ultimato alcuni dei presenti, in privato, mi fanno notare che in questo modo, io, che avevo ragione, passavo ai suoi occhi addirittura dalla parte del torto e la cosa – a loro avviso – non era giusta. Mi chiedono perché non ho reagito a tanta aggressività. Rispondo che il rapporto personale, anche se costa, è più importante anche dell’avere ragione. Sarebbe stata una sconfitta per tutti, me per primo. Gesù ci ha insegnato che la via della misericordia e del perdono alla lunga vince sempre.                                S.M.

Un silenzio che parla …

Vi è un angolo della chiesa che ritengo privilegiato. In esso mi ritrovo perfettamente a mio agio, specialmente perché nel silenzio del raccoglimento, mi viene di pensarLo intensamente ed è lì che di norma mi balzano in animo le intuizioni più belle. Quindi mi si creano anche momenti “privilegiati”. Questo il pensiero che oggi mi tornava con insistenza: “Nella misura in cui tu sparisci, Lui c’è e opera. Tu non devi mai apparire, Lui solo deve apparire … Avverto che non è facile, ma che è importante. Anche questo è la strada giusta per vivere la nuova parola di vita.                                                            L.G.

Continuo a giocare …

Guardando da vicino al vivere  quotidiano trovo degno di nota il fatto che, in diverse circostanze, per quanto possibile, cerco sempre di favorire l’altro, di farlo contento. Tra l’altro noto che ne vale la pena perché questo stile di vita prima di tutto rende contento me stesso. Vedo che è certamente nella volontà di Dio: quindi più che “giusto”. Non nego che qualche volta mi balena in testa un pensiero che ritengo fuori posto, stonato. Per esempio: “Ma devo  farlo sempre io? Non è capace anche l’altro di fare questo o quest’altro?”. Però lo  scaccio subito, pensando: “Tu in questo momento non stai amando, entri in giudizio, quindi non vale niente quello che fai”. Ritengo che sia una ginnastica buona, salutare, anzi “giusta”.

Parola Vita (febbraio): «Cerca e persegui la pace» (Sal 34, 15).

Ponti di pace in parrocchia

Partecipo alla messa celebrata da don G. e seguo la sua omelia con gioia e, man mano che si sviluppa e applica acutamente e concretamente i vari aspetti del vangelo, parla della nostra situazione concreta della parrocchia. Alla fine del momento degli avvisi ringrazio il sacerdote delle sue parole. Mi è sembrato di vivere la comunione tra noi e per sottolineare la stima verso questo sacerdote che, per motivi pastorali, non incontra sempre il favore delle persone. Infatti, dopo la messa con mia felice sorpresa si ferma per dialogare sui punti controversi. Tutto procede bene e anche se si alzano i toni e si personalizzano degli attacchi a lui, egli risponde con motivazioni ragionevoli; dopo il momento difficile, quando tanti se ne vanno, continua con un piccolo gruppo con animi più distesi.        G.V.

Anche tra i sacerdoti è possibile

Qualche giorno fa son dovuto passare dal vescovado per consegnare al segretario le lettere che i cresimandi avevano preparato per il Vescovo. Appena salito le scale, il segretario mi raggiunge e mi invita a consegnarle direttamente al Vescovo, visto che era completamente libero. Appena entro nel suo studio, il vescovo mi accoglie con un saluto bellissimo: mi fa sedere e mi dice che è molto contento del percorso che stiamo facendo come preti della mia Unità Pastorale. Probabilmente qualche confratello aveva riferito. La cosa mi fa ovviamente piacere. Mi incoraggia ad andare avanti dicendo che questa è la via giusta sulla quale perseverare. Nel dialogo sento comunque una particolare grazia data dalla presenza di Dio. Uscendo dal suo studio, mi viene in mente la Parola di vita: “Cerca e persegui la pace”. Anche tra i sacerdoti questo è possibile.                                       S.M.

Parola di Vita (marzo): «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6, 36)

Post tenebras lucem …

Ieri mi è capitato di fare uno strafalcione che, senza grosse difficoltà, avrei potuto benissimo evitare. Sempre, in questi casi, ci rimango male, mi chiedo se c’è stato vero amore… . Però ho riflettuto chiedendomi perché mi faceva soffrire e che era questo che Lui voleva da me, anzi proprio questa difficoltà era Lui. Sono corso subito ai ripari e ho visto che tutto sommato questa cosa è in qualche modo riuscita meglio di quanto pensassi. La misericordia ha sempre la precedenza.                                                    L.G.

E misericordia sia …!

Qualche giorno fa, don J. ed io, siamo stati invitati da una parrocchia per le confessioni dei ragazzi delle medie. Metto a disposizione la mia vettura e gli chiedo di guidare. Ma per una svista ha lasciato le luci e la freccia inserite e l’indomani mattina l’auto non dava segni di vita. Avevo ricevuto una chiamata urgente su appuntamento fuori parrocchia e riesco ad andare con una macchina in prestito. Poi, pensavo di dire a don J. l’accaduto, ma subito mi è venuta in mente la parola di vita, e sapevo che lui ci sarebbe rimasto male. Anche qui, meglio usare la misericordia e tacere.                                                     L.G.

Parola di Vita (aprile): «Se dunque io, il Signore e il maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri» (Lc 6, 36)

Amare anche i nemici

Una signora per telefono mi chiede di cancellare dal registro di battesimo il nome di una madrina, perché non si comporta bene verso la figlioccia. Le rispondo che il legame spirituale c’è comunque e per farla contenta le dico che sul registro metterò il nome tra parentesi. Alla fine, mentre lei sta per congedarsi, mi viene una luce e subito le domando: “Ma lei ama, vuole il bene di questa madrina che lei aveva scelto? Essere cristiani, essere battezzati in Gesù significa anche amare anche i nostri nemici”. Le dico: “Intanto cominci a fare una preghiera per la madrina”. Acconsente e ci salutiamo.                    G.V.




Insieme per l’Europa: iniziative in Italia

Da Bruxelles, la capitale dell’Unione europea, a Praga, dalla Slovenia alla Svizzera, Francia, Germania all’Austria, Italia e tanti altri, migliaia di cittadini di più di 300 confessioni religiose hanno partecipato a convegni, seminari, momenti di preghiera, promossi da “Insieme per l’Europa” (IPE), un organismo internazionale formato da Comunità e Movimenti che agiscono insieme per scopi condivisi, portando ciascuno il contributo del proprio carisma.

Il cammino di sei settimane di preghiera, che dal 25 marzo ha portato tante comunità verso il 9 maggio, giorno dell’Europa, è stata un’occasione per approfondire i temi della fraternità e della convivenza di religioni e culture diverse.  

Alcuni appuntamenti importanti si sono tenuti a Roma, Palermo, Viterbo, Milano, Padova, Trento e Castel Gandolfo.

Puoi vedere quanto è stato vissuto in queste singole città italiane, accedendo al sito ufficiale di Insieme per l ‘Europa:

 

 

http://www.together4europe.org/europe-day-2019-palermo/

http://www.together4europe.org/europe-day-2019-trento/

http://www.together4europe.org/europe-day-2019-castel-gandolfo/

http://www.together4europe.org/europe-day-2019-padova/

http://www.together4europe.org/europe-day-2019-viterbo/

http://www.together4europe.org/europe-day-2019-milano/

http://www.together4europe.org/europe-day-2019-roma/




L’edicola della felicità

Dopo la morte di mia sorella ho rilevato l’edicola che gestiva. Non era il mio sogno fare l’edicolante, ma la vivo come un’occasione per amare chi viene ad acquistare da me: spesso, gente che ha bisogno di scambiare due parole, talora sui fatti stessi riportati sui giornali.

La mia edicola ora è diventata un luogo di condivisione e, direi, di umanità. Accanto ad essa ho creato anche un piccolo spazio con un tavolo e delle sedie. Con il bel tempo c’è chi si sofferma non solo a leggere ma a parlare. Qualcuno mi ha proposto di mettere, al posto di “Giornali”, la scritta: “Edicola della felicità”.

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.3, maggio-giugno 2019)




Enrico, i suoi amici e le casette di Campogiallo

Fonte: dal sito www.loppiano.it

In questi giorni, Enrico Borello, ex insegnante tecnico pratico di formazione professionale nel carcere di Fossano, in provincia di Cuneo, si trova nella cittadella di Loppiano, con un’originale  …

Lo trovate nella zona di Campogiallo, magro, capelli grigi, cortissimi, un po’ di barba, occhialetti sul naso e tuta blu da operaio, intento a lavorare intorno ad una delle casette, che è momentaneamente circondata da un’impalcatura. Enrico ha 62 anni, viene da Cuneo e, per 42 anni, ha fatto l’insegnante tecnico pratico di formazione professionale nel carcere di Fossano, nel settore dell’automazione industriale e di saldo-carpenteria. Ora è in pensione, ma continua a collaborare con il carcere, come volontario, proponendo progetti. Racconta: «Avevo 22 anni quando ho cominciato. Era il 1978. Stavo già lavorando da due anni nel campo dell’arredamento, quando ricevo la telefonata di un ex insegnante dell’istituto tecnico dove avevo studiato. Mi dice: ci sarebbe la possibilità di insegnare in carcere per un anno. A quei tempi, Chiara Lubich, a noi gen (ndr. i giovani del Movimento dei Focolari), aveva dato come slogan: “Morire per la propria gente”. Così, forte dell’unità degli amici con cui condividevo questo cammino, ho detto di sì. E ho cominciato quest’esperienza pazzesca».

Dopo 42 anni è ancora forte il legame che lo lega a quel mondo: «Il carcere è un ambiente con un’umanità incredibile. Certo, le persone stanno soffrendo, però la vicinanza, la possibilità di condividere i momenti della loro vita, di parteciparne, è stato importante per loro e per me. Ho sempre cercato di mantenere, di fare da trait-d’union tra loro e la loro famiglia, ho fatto da mamma alle loro madri. Un’esperienza umana e spirituale importante. Per me, era quotidiano l’incontro con il volto di Gesù Abbandonato in queste persone, un volto anche gioioso. Tante volte, non sarei voluto uscire, sarei stato lì anche la sera, anche la notte».

Fuori dalla casetta, Enrico non lavora da solo, ma è affiancato da un gruppo di collaboratori dalle più varie provenienze: Gianni, italo brasiliano che è più anziano di lui di un solo giorno; poi Eddi, che ha 28 anni ed è albanese; Jean Michel, anche lui ventottenne, nato in Francia da genitori senegalesi; infine, Livio, il più anziano del gruppo e cuneese come Gianni. Chi sono e come sono arrivati a Loppiano? Ce lo racconta ancora Enrico: «Il nostro lavoro consiste nel levigare, riempire i buchi e poi, verniciare. L’idea è nata durante la partecipazione al progettoFormato Famiglia”. Con mia moglie ci siamo resi disponibili per accogliere e accompagnare le famiglie che vogliono provare questo percorso, così, siamo venuti qui durante la Settimana Santa. Con le famiglie, abbiamo abitato in alcune di queste casette e, se l’interno era semplice, ma confortevole, ho notato che l’esterno mancava di manutenzione. Così, ho pensato di coinvolgere i detenuti del carcere con cui sono ancora in contatto».

Così, accompagnato da Livio, anche lui volontario in carcere, lunedì 13 maggio hanno cominciato questa avventura. 

«Loro, i detenuti, non aspettano altro, perché i benefici e le misure alternative alla detenzione fanno parte del percorso carcerario, una volta scontata parte della pena. È anche un modo per saggiarne l’affidabilità».

Ci racconta che non si è messo a fare tanti discorsi, tentando di descrivere l’esperienza che si vive a Loppiano, la proposta è stata essenziale: vieni e vedi. E com’è andata?

«È tutto pazzesco per loro! Sono precipitati in questo luogo, dove tutti li salutano, i focolarini ci portano i dolci, siamo andati a messa, il Gen Rosso ci ha invitato alle prove del loro concerto. Poi, Chiara, del Centro Ave, nei prossimi giorni ci guiderà nella visita del Santuario. Ma per loro è semplicemente incredibile anche solo affacciarsi dal balcone della casetta e guardare fuori, le colline, i campi, la tranquillità, la pace. I più giovani non uscivano da 4 anni! E poi, qui, stiamo facendo una vita di famiglia. Pranziamo alla mensa ma la cena la prepariamo insieme, in casa…».

Esperienza replicabile? – gli chiediamo.

«Speriamo di sì, – risponde Enrico – anche perché con il tempo che abbiamo a disposizione, forse riusciremo a ristrutturarne solo due di casette. Abbiamo appena finito di preparare la prima casa».

Allora, lasciamoli lavorare, li abbiamo disturbati anche troppo. Non prima però di averli ringraziati per il grande dono che, con la loro presenza e il loro mestiere, stanno facendo alla cittadella tutta.

Dal sito www.loppiano.it




“Chiara e il suo Sposo”: la scelta di Chiara Lubich raccontata in un musical

L’ultimo lavoro del cantautore Daniele Ricci è composto da canzoni arrangiate insieme a Gregorio Puccio che raccontano l’esperienza spirituale di Chiara Lubich e il suo amore per il suo Sposo, Gesù Crocifisso e Abbandonato che ha conosciuto e vissuto nel suo abbandono il dolore umano in tutte le sue espressioni. Il musical è già stato presentato in occasione di alcuni appuntamenti promossi dalle comunità dei focolari in vista anche del centenario della nascita della fondatrice dei Focolari che si terrà nel 2020. Composto da dieci scene, il Cd è stato prodotto in collaborazione con il Centro Chiara Lubich. Lo si può richiedere al seguente indirizzo mail: cd.chiara@libero.it 

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Porti aperti alle navi che trasportano bombe?

COMUNICATO STAMPA
14 Maggio 2019

Porti aperti alle navi che trasportano bombe?

La nave saudita «Bahri Yanbu», carica di armi che rischiano di essere utilizzate anche nella guerra in Yemen, sta cercando di attraccare nei porti europei per caricare armamenti destinati alle forze armate della monarchia assoluta saudita. Dopo aver caricato munizioni di produzione belga ad Anversa, ha visitato o tentato di visitare porti nel Regno Unito, in Francia e Spagna, e dovrebbe attraccare nel porto italiano di Genova a partire dal 18 maggio prossimo. La nave partita dagli Stati Uniti, passata per il Canada prima di arrivare in Europa, ha come destinazione finale Gedda, Arabia Saudita, con arrivo previsto il 25 maggio. È perciò reale e preoccupante la possibilità che anche a Genova possano essere caricate armi e munizionamento militare; ricordiamo infatti che negli ultimi anni è stato accertato da numerosi osservatori indipendenti l’utilizzo contro la popolazione civile yemenita anche di bombe prodotte dalla RWM Italia (con sede a Ghedi, Brescia, e stabilimento a Domusnovas in Sardegna).

Esiste quindi il fondato pericolo che i porti italiani accolgano gli operatori marittimi che trasferiscono sistemi di armi e munizioni destinati a paesi in conflitto: armi che possono essere usate – com’è già accaduto – per commettere gravi violazioni dei diritti umani e che anche secondo i trattati internazionali firmati dal nostro Paese non dovrebbero essere consegnate.

Bombe che alimentano le guerre che a loro volta alimentano le migrazioni che, a parole, tutti vorrebbero prevenire aiutando le popolazioni “a casa loro”: una vera follia.

La vicenda del cargo saudita «Bahri Yanbu» rischia ora di diventare un caso internazionale, coinvolgendo anche le autorità italiane. La nave, partita all’inizio di aprile dal porto di Corpus Christi, USA, per poi arrivare a Sunny Point, il più grande terminal militare del mondo, il 4 maggio ha imbarcato ad Anversa – secondo alcune organizzazioni della società civile belga – 6 container di munizioni. L’8 maggio avrebbe dovuto entrare nel porto di Le Havre per caricare 8 cannoni semoventi Caesar da 155 mm prodotti da Nexter, ma ha dovuto rinunciarvi per la mobilitazione dei gruppi francesi di attivisti dei diritti umani, contrari alla vendita di armi che potrebbero essere impiegate nella guerra in Yemen. Si è quindi diretta verso il porto spagnolo di Santander, dove è giunta per uno scalo non previsto, presumibilmente per aggirare l’azione legale avviata dagli attivisti francesi. Anche qui si sta registrando la mobilitazione di varie associazioni della società civile – tra cui Amnesty International, Oxfam, Grenpeace, Fundipau – che si sono appellate alle autorità spagnole.

La «Bahri Yanbu» appartiene alla maggiore compagnia di shipping saudita, la Bahri, già nota come National Shipping Company of Saudi Arabia, società controllata dal governo saudita, e dal 2014 gestisce in monopolio la logistica militare di Riyadh. Anche la tipologia della nave, una delle 6 moderne con/ro multipurpose della flotta Bahri, ha una chiara vocazione militare, adatta al trasporto sia di carichi ro/ro e heavy-lift speciali (ovvero anche mezzi militari fuori norma), sia di container.

Le nostre associazioni hanno ripetutamente chiesto ai precedenti Governi e all’attuale Governo Conte di sospendere l’invio di sistemi militari all’Arabia Saudita ed in particolare le forniture di bombe aeree MK80 prodotte dalla RWM Italia che vengono sicuramente utilizzate dall’aeronautica saudita nei bombardamenti indiscriminati contro la popolazione civile in Yemen. Riteniamo che queste esportazioni siano in aperta violazione della legge 185/1990 e del Trattato internazionale sul commercio delle armi (ATT) ratificato dal nostro Paese. Il Trattato sul commercio delle armi (ATT) impone a tutti i paesi coinvolti nel trasferimento di attrezzature militari (cioè anche nel transito e nel trasbordo) verso Paesi coinvolti in conflitti armati di verificare (art. 6.3) se le armi trasferite possano essere impiegate per commettere crimini di guerra o violazioni dei diritti umani e di conseguenza di sospendere le forniture (art. 7).

Secondo i rapporti dell’UE sulle esportazioni di armi, gli Stati membri dell’UE hanno emesso almeno 607 licenze per oltre 15,8 miliardi di euro in Arabia Saudita nel 2016. I principali esportatori europei di armi convenzionali verso l’Arabia Saudita includono Regno Unito, Francia, Spagna, Italia e Bulgaria. Tra il 2013 e il 2018, l’Arabia Saudita rappresentava circa la metà delle esportazioni militari del Regno Unito e un terzo di quelle del Belgio. Altri paesi – tra cui Svezia, Germania, Paesi Bassi e Norvegia – hanno sospeso o iniziato a limitare le vendite di armi alla coalizione guidata dall’Arabia Saudita e dagli EAU. In Italia, nonostante il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lo scorso 28 dicembre abbia affermato che «il governo italiano è contrario alla vendita di armi all’Arabia Saudita per il ruolo che sta svolgendo nella guerra in Yemen. Adesso si tratta solamente di formalizzare questa posizione e di trarne delle conseguenze», nessuna sospensione è stata ancora definita e le forniture di bombe e sistemi militari sono continuate anche in questi mesi ammontando ad un controvalore di 108 milioni di euro nel solo 2018 (come risultante dai dati ufficiali governativi elaborati dall’Osservatorio Opal di Brescia).
Le associazioni pertanto invitano le autorità competenti a non mettere a disposizione della nave Bahri Yanbu lo scalo di Genova.

Amnesty International Italia – Comitato per la riconversione RWM e il lavoro sostenibile – Fondazione Finanza Etica – Movimento dei Focolari Italia – Oxfam Italia – Rete della Pace – Rete Italiana per il Disarmo – Save the Children Italia




Benevento, Progetto “Per un pezzo di pane”

Il progetto “per un pezzo di pace” si inserisce nella cornice di attività pensate dal coordinamento istituito per riconsegnare al Centro “La Pace” il suo obiettivo primordiale: essere un laboratorio permanente di unità, una esperienza di pace attraverso la cultura e l’accoglienza, un motore continuo che muove idee e proposte.

Il progetto è indirizzato a tutti i giovani della provincia di Benevento di età compresa fra i 15 e i 30 anni, si rivolgerà pertanto a scuole, università, associazioni, parrocchie, realtà locali (proloco, forum giovani). Il progetto è articolato in cinque fasi spalmate su un arco temporale di circa 4 mesi.

Scarica gli allegati con la descrizione del progetto e le schede di iscrizione:

benevento descrizione progetto (1)

benevento ( allegato1) REGOLAMENTO

benevento (allegato 2) SCHEDA D’ISCRIZIONE

benevento (allegato 3) SCHEDA DI ADESIONE

 




Momento INeDItO, Momento in Dio

“Noi arriviamo all’unione con Dio amando il fratello. […] Spieghiamo ciò con l’esempio di una pianticella nella quale più s’interrano le radichette, più si alza il fusticino; e più cresce il fusticino, magari a causa dell’ossigeno dell’aria, più s’approfondiscono le radichette. L’amore di Dio è raffigurato nelle radichette, quello del prossimo nel fusticino.” (Chiara Lubich, Unione con Dio e con i fratelli nella spiritualità dell’unità, Castel Gandolfo, 15 giugno, 2002).

Sono state queste le parole d’apertura, le linee guida del fine settimana di formazione che si è tenuto a Schilpario (Bg) dal 26 al 28 aprile e che ha coinvolto alcuni giovani del Movimento dei Focolari che lavorano o studiano nelle varie provincie della Lombardia, per approfondire alcuni dei temi fondanti e impellenti della vita.

L’appuntamento, dal titolo “Momento INeDItO”, si è dedicato infatti al rapporto con Dio e al rapporto con gli Altri, intesi nella loro accezione più ampia.

“Il rapporto con Dio è una cosa che mi ha sempre messa in crisi, perché così come i rapporti con le persone in carne ed ossa sono altalenanti, allo stesso modo (se non il doppio) è il rapporto con Dio, che non posso fronteggiare fisicamente. Interrogarmi su questo è stato un buon punto di partenza, perché è anche attraverso questo tipo di spunti che posso lavorare su me stessa e con gli altri”. Così dice Giulia (22 anni), mentre Luca (28 anni) è rimasto particolarmente colpito dalle esperienze condivise: “Porto a casa le storie di gente che ha saputo mettere in gioco pezzi importanti della propria esistenza scommettendo sulla relazione con l’altro, diverso da sé, e uscendo dal piccolo e sicuro recinto in cui è cresciuto”.

Andrea invece (22 anni) è stato affascinato dall’esperienza di Abdul, di religione musulmana, che all’età di sei anni è arrivato in Italia dove la sua famiglia lo ha portato in oratorio senza problemi, affinché fosse pienamente integrato con i bambini del suo quartiere pur essendo di una religione diversa. “Nel racconto di Abdul ho colto le sue origini salde, ma anche una forte curiosità per tutto ciò che è diverso da lui”.

Anche l’incontro con Anne Zell, pastora della Chiesa Valdese a Brescia, si è rivelato un momento prezioso di confronto ecumenico: “Nelle nostre chiese, sopra l’altare, noi non abbiamo un Crocifisso, ma una croce nuda, spoglia. Questo ci ricorda che Cristo è sceso dalla croce, che è risorto e che la morte è stata vinta”.

Per Lucia (24 anni), invece, la testimonianza più forte è stata quella raccontata da Yalu Zhang, una ragazza cinese proveniente da una famiglia atea e che si è convertita al cattolicesimo durante l’adolescenza: “Non sono stata io a scegliere”, ci confida, “ è stato Dio che mi ha chiamata”.

Chiedersi come sia il mio rapporto con Dio, se sia un legame granitico e che do per scontato oppure se sia qualcosa che si evolve; chiedersi come nutro la mia fede; in quale modo gestisco la relazione con i fratelli e se vivo nella convinzione che l’altro sia per me davvero un “dono”: questi sono stati i punti di partenza per meglio conoscerci, per interagire e creare coesione, scoprendo quanto i fili del tessuto “Io-il fratello-Dio” siano strettamente annodati e inscindibili.

Non solo infatti la relazione con Dio necessita di un allenamento costante, ma è anche una conquista che si rinnova quotidianamente tramite l’Amore al prossimo.

Luca (20 anni) racconta: “Mi è capitato di pensare che il rapporto con Dio potesse crescere soltanto con la preghiera, invece ho capito che è soprattutto attraverso l’amore al fratello che questo si arricchisce. Solo vedendo Dio nel prossimo e amandolo come lui mi ha amato, sarò in grado di arricchire la mia fede ed esserne testimone”.

Lo scopo dei tre giorni trascorsi a Schilpario non è stato quello di fornire risposte univoche e definitive ai dubbi, agli interrogativi che di volta in volta ci affollavano (e ci affollano) la mente e il cuore, bensì l’occasione di fornire spazi di ascolto profondo e generativo che può essere più appassionante se vissuto insieme.

Come racconta Stefano (20 anni): “Torno a casa con una nuova consapevolezza: in fondo siamo tutti in cammino, il che vuol dire percorrere un sentiero dove le domande non trovano risposte concordi e immediate, ma consentono di sperimentare la concretezza della Fede”. Anche Emanuele (28 anni) e Serena (29 anni) confidano di “aver cercato a lungo di capire dove fosse l’interruttore della luce …dopo dieci minuti a brancolare nel buio, siamo riusciti raccoglierci un pochino  con Gesù in cappellina”.

Letizia (20 anni) racconta: “l’esperienza di Schilpario mi ha permesso di aprirmi di più e di sfatare dei pregiudizi che mi sono accorta di avere nei confronti di chi è diverso da me”.

“Ho vissuto un’esperienza profonda!”, dice Luca (23 anni), “al di là degli argomenti affrontati, mi porto a casa le storie che ho incontrato, i legami che ho stretto e la consapevolezza che arrivare al fratello vuol dire arrivare a Dio”.

In una location suggestiva e fresca, incorniciata dalle montagne innevate e da un soffuso silenzio, si è creata l’occasione ideale per fare vuoto dentro di noi, per tendere il cuore verso quel seme di Comunione fraterna che solo in Dio trova compimento, e verso quell’Amore reciproco che possiamo donare a piene mani per le vie del mondo.

Benedetta Appiani




Loppiano, in “Formato Famiglia”

Dal 18 al 25 aprile, ha preso il via a Loppiano la prima esperienza del progetto “Formato Famiglia”, il nuovo progetto di accoglienza per periodi brevi nella cittadella internazionale di Loppiano, promosso dal movimento Famiglie Nuove.

Arrivano da Torino, Cuneo, Cortona, Genova, anche dall’Argentina. Sono le nove famiglie – in tutto una cinquantina di persone, tra adulti e bambini – che, dal 18 al 25 aprile, sperimenteranno  per prime “Formato Famiglia”, il nuovo progetto di accoglienza per periodi brevi nella cittadella internazionale di Loppiano, e rivolto proprio al mondo della famiglia. Il progetto, promosso dal movimento Famiglie Nuove, affiancherà la scuola Loreto “annuale” che, naturalmente, continuerà nella sua importante missione di formazione.

Il programma dell’esperienza sarà, di volta in volta, cucito sulle esigenze delle famiglie coinvolte (per esempio: conoscere Loppiano e la scuola Loreto, il Movimento Famiglie Nuove o dei Focolari, il confronto con le coppie del team, l’approfondimento di tematiche relazionali o di fede, attività distensive o turismo, ecc.). Per questo primo esperimento, saranno ospitate negli alloggi della scuola Loreto e di Loppiano, parteciperanno al programma della Settimana Santa nella cittadella e saranno accolte ed accompagnate da un team di famiglie che, temporaneamente, è in prevalenza italiano.

Per il 2019, anno sperimentale di “Formato Famiglia”, sono previsti anche questi altri periodi in cui è possibile ripetere l’esperienza:

  • dal 1° luglio al 25 agosto 2019 (possibilmente 1 settimana o multipli);
  • dal 28 dicembre 2019 al 6 gennaio 2020 (giorni a scelta).

Prospettive future

Il progetto prevede, negli anni successivi:

  • di aumentare i periodi di apertura dell’accoglienza;
  • di attivare anche brevi corsi/seminari su temi inerenti la famiglia, aperti a tutti, con il possibile supporto da parte dell’Istituto Universitario Sophia;
  • Di allargare il team delle famiglie che accolgono a livello internazionale.

Speriamo che, così, la Scuola Loreto e Loppiano, diventino sempre più un punto di attrazione e formazione per tante famiglie.

Per prenotazioni e informazioni, scrivere a: formatofamiglia@loppiano.it 

Fonte: www.loppiano.it




«Chiara Lubich-Rimini: un dono, una sfida»

La risposta della Città di Rimini all’evento del 10 marzo 2019 presso il Teatro degli Atti è stata particolarmente generosa: il teatro, che nella platea ha la capienza di 200 posti, risultava quasi pieno. Gli organizzatori e molti loro amici manifestavano la propria meraviglia: “mettere insieme, una domenica pomeriggio così bella, tanta gente e Rimini sa di prodigioso!” Ma ciò che maggiormente ha qualificato la presenza di tante persone è stato il profondo silenzio e la generale accoglienza dei contenuti e dei momenti artistici: si son viste in diversi momenti persone piangere di commozione.

Il teatro, discreto nelle sue linee architettoniche, si presenta però alquanto spartano al momento della consegna. Le commissioni artistiche della Parrocchia di S. Agata di Santarcangelo, de La Ginestra e della Comunità locale di Rimini, l’hanno reso non solo bello e accogliente ma addirittura stimolante per lo sviluppo del pensiero. Un rappresentante delle istituzioni nel suo intervento ha appoggiato le carte sul tavolo e ha improvvisato il discorso lasciandosi ispirare dall’arredo stesso: la figura di Chiara Lubich che sembrava una fonte luminosa e la città di Rimini contemplata con occhi artistici «erano più eloquenti che non le nostre statistiche». 

Chiara Lubich-Rimini: un dono, una sfida

L’evento si è sviluppato in tre momenti:

  • Canto e musica eseguiti dagli Swingeneris, un gruppo locale, e da Padre Elijah accompagnato dal sax di Anacleto Gambarara e dall’arpa ed il canto di Annalisa Cancellieri. I due gruppi hanno scandito i tempi dell’evento, conferendo un senso appropriato ad ogni particolare. 
  • Esperienze in atto di fraternità presenti nella nostra Città. Rimini è definita «capitale europea del volontariato» per l’alto numero di associazioni e gruppi (laici e di ispirazione religiosa) che operano nel Territorio.
  • Una tavola rotonda, guidata da Giorgia Salvatori e Luca Casadei (una presentata dal Movimento dei Focolari e l’altro dall’Associazione La Ginestra, entrambi impegnati nel mondo dell’economia e delle istituzioni): suo obiettivo scoprire l’incidenza della fraternità, esaminata non come valore in sé, ma quale paradigma globale di sviluppo politico, relativamente al mondo del turismo, dell’habitat, dell’economia e della qualità della vita sociale.

Il saluto della Vice Sindaco Gloria Lisi ha dato l’intonazione a questo pomeriggio di fraternità. La presentazione della figura di Chiara Lubich, tramite un video, ha avuto un impatto spirituale, emotivo e culturale rilevante. Voluto dagli organizzatori è risultato inatteso per la ricchezza e profondità dei contenuti: è venuto fuori un profilo di Chiara universale. Libero da ogni forma di appartenenza religiosa, politica e scevra da ogni forma di ideologia, ha potuto evidenziare il volto di Chiara in relazione al cammino dell’umanità verso il suo dover essere. 

Si sono quindi passati in rassegna alcuni soggetti portatori di fraternità del e nel Territorio, come ad esempio il Movimento di Comunione e Liberazione: ne ha illustrato, anche con esperienze, alcuni profili Cristian Lami, responsabile di CL a Rimini.

Il «già» della fraternità nel Territorio

Si è passati ad evidenziare gli aspetti più vivi della Cittadinanza Riminese tramite esperienze di persone che in diversi modi vivono l’augurio di Chiara alla «sua Città»: “Che Rimini e i suoi cittadini conoscano la gioia di una fraternità perfetta che irradi luce e amore tutt’intorno”.

I messaggi inviati per l’occasione sono stai quello di Emmaus Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari, che è stato molto applaudito soprattutto perché ha messo a fuoco il significato dell’iniziativa in rapporto alla vita sociale di Rimini e del suo Territorio, e quello di Salvatore Martinez, che ha ricordato l’intensa stima e collaborazione sua e del Rinnovamento Nello Spirito con Chiara, particolarmente a Rimini: è apparsa la stretta unità fra i due Movimenti, alimentata dalla stessa fede, dall’adesione ai medesimi valori e reciprocante sostenuti nel perseguimento degli stessi obiettivi.

Testimonianze

Hanno poi singolarmente manifestato il loro contributo alla fraternità i sindaci Giuseppe Chicchi e Alberto Ravaioli.

Giuseppe Chicchi concesse la Cittadinanza Onoraria e nel suo intervento ne ha spiegato le motivazioni: “Rimini sempre aperta per la via del mare con l’altra costa dell’Adriatico si sentiva in dovere di dare una risposta alla guerra appena iniziata nell’ex Yugoslavia; Chiara con la sua presenza ha dato vigore e universalità a questa volontà di pace della Municipalità”.

Alberto Ravaioli è il sindaco che per dare continuità all’azione di pace e sviluppo umano alla città iniziata dal suo predecessore ha accolto Chiara nel 2002.

In quella data Chiara ha espresso in maniera molto forte l’esigenza di fraternità fra i popoli per una nuova convivenza di pace. L’ex sindaco ha voluto mettere in luce quanto sia benefico per una città che i suoi amministratori abbiano rispetto uno dell’altro accogliendo in successione e portando a compimento i progetti e le iniziative prese dall’antecessore. Ha voluto inoltre evidenziare come questa presenza di Chiara a Rimini unitamente a quelle precedenti sia stata ancora una risposta al male che ha sparso tanto sangue innocente: possiamo intravedere in queste parole il riferimento che fece Chiara nel 2002 alla tragedia delle Torri Gemelle.

Gli organizzatori hanno inserito una delle tante esperienze di fraternità in atto che fioriscono come per incanto nel tessuto economico del Territorio. Fabrizio Moretti e Vincenzo Colonna, due imprenditori, dirigenti di aziende che producono gli stessi articoli e perciò sono concorrenti fra di loro hanno raccontato come si articola il loro rapporto di fraternità: nel rifornirsi di materie prime quando per qualche motivo vengono a mancare a uno dei due, nell’aiuto nella ricerca del Know How, nello scambiarsi informazioni utili nella cura dei clienti, nel sostegno anche umano, nelle non piccole difficoltà che non possono non mancare a chi è posto in ruoli di responsabilità sociale. Hanno voluto mettere in evidenza quanto questo aiuto reciproco sia favorevole al funzionamento delle rispettive imprese e quanto il loro rapporto acquisti in umanità per il beneficio degli imprenditori stessi e di tutto il personale.

La testimonianza proveniente dalla Comunità Papa Giovanni XXIII attraverso Valerio Giorgis, responsabile della Comunità Riminese, ha evidenziato come la risonanza che ogni cittadino dà all’operato di don Oreste Benzi non sia motivata da cosa ha fatto, ma dall’aver valorizzato la solidarietà come necessaria espressione di vita umana e sociale. 

Tavola rotonda

Il vescovo di Rimini, Monsignor Francesco Lambiasi, ha messo in evidenza un rapporto collaborativo fra la Chiesa e la Società Civile. Ha parlato di un «noi» non statico, ma in cammino: una realtà che può essere espressa con una parola di recente coniata «sinodalità». La Chiesa vive nella carità che la anima e perciò diviene fermento anche per la socialità. Tale identità della Chiesa viene espressa da Chiara attraverso la fraternità. Il «noi» ha radici in Cielo, trova il suo modello nella Trinità Celeste e informa di nuovi contenuti la nostra convivenza.  

La Professoressa Gabriella Baldarelli, docente di Economia civile all’università di Bologna sede di Rimini, con esempi molto semplici ha messo in luce come da Chiara è scaturita l’Economia di Comunione, una espressione dell’economia civile. Ha chiarito in tal modo il perno attorno a cui ruota una economia a misura d’uomo. 

Sara Donati, Presidente del Consiglio Comunale di Rimini, abbandonando le carte precedentemente preparate, si è lasciata ispirare dall’arredo del teatro e dal clima che si respirava nella sala per legare in un’unica visione il grande impegno profuso dalla Municipalità Riminese nella ricostruzione prima (Rimini dalla guerra venne distrutta per il 92% – come anche Chiara notò nel suo discorso del 23 Settembre 1997) e nell’adattamento alla vita e alle sue esigenze nel presente. La necessità di curare l’habitat secondo criteri più umani, custodire come un dono l’acqua, il patrimonio artistico, l’accoglienza dell’ospite, ci offrono stimoli e la fraternità, come anelito profondo dell’uomo, sviluppa pensieri e suscita energie per formulare e portare avanti i progetti.

Il dottor Sergio Brasini Presidente del Campus universitario di Rimini, l’istituzione che permette l’esistenza che accompagna lo sviluppo dell’università a Rimini ha evidenziato come viene coniugata la fraternità nell’impianto educativo della università Riminese.

Alessandro Giovanardi, scrittore, docente d’iconografia e iconologia, storico e critico d’arte, ci ha condotto in un clima alto di contemplazione della verità. Egli ha evidenziato il percorso di riappropriazione della grande ricchezza artistica della nostra Città e delle antiche radici, ancora vive di tale ricchezza. Questo lavoro viene portato avanti dalla Chiesa Riminese in collaborazione con la Municipalità ed altre istituzioni: concorso che rende vivace e fecondo il recupero artistico e la riscoperta del suo valore come stimolo di crescita per la cittadinanza e dono per l’ospite che vive un momento significativo della sua esistenza, nella nostra città. Si è soffermato particolarmente sulle peculiarità artistiche del Tempio Malatestiano così come emergono nei recenti studi che hanno rivalutato la figura di Sigismondo Malatesta e l’équipe artistica che ha collaborato nella costruzione.

Patrizio Bianchi, assessore regionale alla scuola e alla formazione, ha fatto un intervento molto apprezzato iniziando con queste parole: «Mi sono domandato: cosa mi ha detto Chiara oggi; ho imparato che bisogna essere profeti nel proprio tempo […] Essere profeti vuol dire avere il coraggio di alzare la voce altissima, per seguire una visione del mondo in un tempo il nostro nel quale le risposte che vengono date non sono risposte ispirate all’amore». Ha proseguito per tutto l’incontro declinando la profezia di Chiara e l’accoglienza, la formazione in rapporto all’istruzione con chiarezza ed entusiasmo.

Liliana Cosi, étoile, ha saputo raccogliere le tonalità degli interventi di tutti i relatori armonizzandole al significato dell’arte che è profezia e augurio per la città di Rimini. Molto interessante è il rilievo che ha dato al coraggio e al desiderio di fraternità per la città, un desiderio orientato al futuro che non nega le difficoltà e la fatica del lavoro di ogni giorno ma che anzi sa orientarsi alla bellezza per la città, nella normale ordinarietà che ciascuno di noi è.

Nel susseguirsi sul palco di persone di associazioni diverse, di relatori che hanno coniugato il messaggio di Chiara, nel rispettivo ambito, è emerso un filo d’oro che ha legato i vari momenti e i vari contenuti, mettendo in risalto a più riprese proprio il carisma di Chiara: “l’Unità”, che è il vivere sociale mettendo alla base la fraternità, tanto nella politica quanto nell’economia, nell’arte quanto nel turismo, nella cultura.

Nella gioia generale per quel filo d’oro che parte dal Cielo e collega tutti gli attori di questo evento gli organizzatori hanno tentato una considerazione finale. Cos’è tutto questo di fronte al dilagare di corruzione sociale e indifferenza etica che si coglie un po’ ovunque quasi fosse un costume? Eppure tra i presenti vibrava un gran senso di ripresa e voglia di ridire un sì ad ogni possibilità di intervento ci possa capitare.

Don Giancarlo Moretti – Associazione culturale La Ginestra
Paolo Maroncelli – Comunità del Movimento dei Focolari di Rimini




Percorso ecclesiale in Sicilia: “La cultura del noi. La sfida dell’oggi nella Chiesa”

Enna: 31 marzo. Nella grande sala dell’Hotel “Federico II” si ritrovano in tanti. Sono venuti dalle nove province siciliane i membri del Movimento dei Focolari nell’isola. Qui l’Opera di Maria (questo è il nome con cui è riconosciuto il Movimento dei Focolari) ha radici antiche: erano gli anni 50 quando Graziella De Luca, una delle prime compagne di Chiara, arrivò nell’’isola, facendo tappa a Siracusa. Da qui l’Opera di Maria vuole ripartire in un percorso di consapevolezza e di impegno.

Il convegno ha un titolo. Emblematico. «La cultura del noi. La sfida dell’oggi nella Chiesa». Poche parole ed un programma ricco di contenuti. Soprattutto di vita.

Si parte da lontano. Dal Convegno della Chiesa italiana a Firenze nel 2015 e dal percorso avviato per indicare i nuovi obiettivi della Chiesa in una società che cambia: obiettivi che intersecano la pastorale, la liturgia, l’impegno dei laici nella società, la vita stessa della Chiesa in un rapporto con città che mutano costantemente i loro volti e con bisogni sempre diversi, specie da parte delle giovani generazioni.

È un nuovo percorso avviato in Italia dal Movimento dei Focolari e che coinvolge, contemporaneamente, varie realtà locali dell’Opera di Maria e non solo. Un percorso che vede delle tappe fondamentali, ad esempio il convegno ecclesiale l’1 e 2 giugno 2018 ed il corso per operatori pastorali dell’Italia che si è svolta a Loppiano nel luglio del 2018.

La Sicilia muove i primi passi. Con una consapevolezza forte: quella di essere un unico territorio che fa capo alla Conferenza Episcopale Siciliana, un unico popolo che, pur nelle diversità delle diverse province e territori, vuole donarsi alla Chiesa.

Ci si ritrova attorno ad un tavolo: focolarini, sacerdoti, laici impegnati nella pastorale delle parrocchie e delle diciotto Diocesi siciliane.

Lo sguardo ed il cuore si volge spesso al passato, quasi a riannodare i fili della memoria con quel memorabile gennaio 1998, quando Chiara Lubich venne per la prima ed unica volta in Sicilia. Fu a Palermo, incontrò tutta la comunità dell’isola, visitò luoghi storici encomiabili, come la Cattedrale di Monreale o la Cappella Palatina. Tesori d’arte e di storia che, da soli, testimoniano la vivacità culturale di un popolo che è stato, nel Medioevo e non solo, culla della civiltà europea.

Erano gli anni bui e difficili della lotta contro la mafia e la criminalità organizzata: i delitti, le stragi (Capaci e via D’Amelio, ma non solo) avevano insanguinato l’isola e, in alcuni momenti, sembravano aver spento la speranza dei siciliani onesti. Chi aveva incontrato l’ideale dell’Unità, spesso si era trovato affranto, a condividere i dolori dell’isola, quasi sentendosi impotente dinanzi a tanto male.

Si chiese a Chiara quale strada lei potesse indicare per amare di più e meglio la propria terra. A sorpresa, Chiara rispose che «qui, dove prevalgono disvalori», si sarebbe dovuta trovare una strada «per costruire una cultura nuova» che ha radici nel cristianesimo. Per questo, invitava a rafforzare il rapportocon altri movimenti, altre associazioni, gruppi ed il servizio alla Chiesa locale: era quella che lei stessa definì – e che poi venne indicata – come «la stradetta».

Ma di quella «passione per la Chiesa» Chiara aveva parlato fin dal 1966. E sono quelle parole, pronunciate più di 50 anni fa, ad animare il percorso che ha portato all’appuntamento del 31 marzo.

È il primo convegno con questa tipologia in Italia. Altri ne seguiranno nelle varie regioni. Si lavora a stretto contatto con il Centro del Movimento dei Focolari in Italia, con l’Istituto Universitario Sophia ed il Centro Evangelici Gaudium nella cittadella di Loppiano.

Il 31 marzo, la grande sala del “Federico II” si riempie oltre le aspettative. Sono più di 400 a vivere questo momento ed a condividere un percorso. Tanti, in questi anni, hanno speso le loro energie, il loro impegno nella chiesa locale, hanno dato con generosità il loro tempo nelle diverse realtà ecclesiali: nelle parrocchie, nella catechesi, nella carità, nella formazione degli adulti e delle giovani coppie, nell’accompagnamento di tante situazioni di difficoltà. È una rete diffusa a macchia d’olio che ora, a partire da Enna, prova a riannodare i suoi fili. Va avanti con la consapevolezza di un corpo, quello dell’Opera di Maria in Sicilia, che vuole dare il suo contributo. Di idee, di impegno, soprattutto di comunione ecclesiale. Dal palco Maria Curatolo e Salvo Casabianca accolgono tutti.

«C’è un clima di festa e un’attesa gioiosa nel ritrovarsi dai vari punti della Sicilia – spiega Maria Curatolo, a nome degli organizzatori – Si comincia con una sventagliata di esperienze, sprazzi di vita vissuta, che donano uno scampolo dell’impegno che già c’è sul piano ecclesiale in Sicilia. Poi ci immergiamo nella meditazione di Chiara: “La Passione per la Chiesa”, del 1966. È risuonata come una bomba; alcuni la conoscevano, ma tutti siamo stati stravolti nella consapevolezza di una chiamata nuova a vivere per la Chiesa».

Gera e Salvatore Falzone, di San Cataldo, raccontano l’impegno nella diocesi di Caltanissetta come “tutor” nel percorso di formazione e preparazione al matrimonio. Le difficoltà non mancano, per le differenti visioni, ma prevale il desiderio di un percorso comune, nasce la “comunione”.  Enrica Bonanomi, del focolare di Trecastagni nella parrocchia: animazione dei ragazzi post-cresima attraverso i giochi utilizzati dai ragazzi e bambini (gen 3 e gen 4). La lettura della Parola di Dio nelle messe, il coro, il consiglio pastorale parrocchiale e vicariale, la partecipazione ad un corso di approfondimento della Parola di Dio e alle funzioni religiose.

 

 

Salvatore Poidomani ed Enza Maria Pitti raccontano il loro impegno, insieme agli altri dell’Opera, all’interno della Pastorale giovanile dell’arcidiocesi di Palermo, nel rispondere alla chiamata del vescovo a tutta la Consulta, a spendersi senza misura per i giovani, lavorando in comunione insieme agli altri movimenti e ordini religiosi.

 

Poi l’intervento di Vincenzo Di Pilato, membro del CEG: «L’irruzione del Carisma – spiega – ha dato a Chiara una comprensione della Chiesa, assolutamente nuova nel tempo preconciliare. Si è trattato di una illuminazione straordinaria dello Spirito Santo in lei: un “carisma”, appunto. La radice di questa visione è una Luce che si rende visibile a chi ha “uno sguardo contemplativo” – come scrive papa Francesco in “Evangelii gaudium”, 71 – uno sguardo di fede capace di scoprire l’«oro», ovvero il divino, nelle città, nella chiesa stessa, nelle case, nelle strade, nelle piazze. Per Papa Francesco il sacramento della presenza di Cristo è nel “popolo”. Chiara, fin dai primi tempi, ci ha indicato il “Dove due o più …”». E conclude: «La cultura del noi è fatta da persone che 1. hanno occhi semplici, 2. scoprono Dio come unico Padre, 3. si riconoscono fratelli e sorelle, 4 vedono tutti i prossimi candidati all’unità, 5. unità già realizzata dal Padre in Gesù Abbandonato e sacramentalmente accolta nell’Eucaristia».

Poi, a conclusione della mattinata, la Santa Messa. Anche la liturgia, animata dal coro della comunità di Enna, è stata un continuare in questa ricomprensione della Chiesa alla luce del Carisma dell’Unità.

Nel pomeriggio, un video sintesi sul Sinodo dei giovani, un’esperienza della comunità di Niscemi, in cui le protagoniste sono in particolare delle giovani del movimento parrocchiale, che si impegnano nell’iniziativa di una mensa per i più poveri, insieme alla chiesa cristiana avventista del settimo giorno, che ha collaborato fino al giugno 2017. Giada, Giorgia, Ilenia, Alessia, Dalila, Gloria, Ludovica raccontano la loro esperienza, la nascita del progetto, la scelta di spendere il loro tempo libero al servizio degli ultimi. Ludovica racconta del rapporto con una giovane donna straniera, quando il marito viene arrestato e lei non ha i soldi per pagare l’affitto. Ludovica, pur giovanissima, riesce a starle accanto, a portarle il cibo della mensa, a festeggiare con lei il compleanno della figlia, a darle sostegno. «Tu sei un angelo, meriti tanto» le dice un giorno la donna abbracciandola (vedi in allegato l’esperienza).

«Tutto questo – continua Maria Curatolo – sottolinea il nostro essere Chiesa giovane con i giovani. Il loro donarsi nella mensa per i poveri mostra una maturazione umana a tutto campo che questo “darsi” ha operato in loro e attorno a loro”. È seguito un aggiornamento a cura di Antonio Olivero, del centro nazionale del Movimento dei Focolari, su ciò che è avvenuto dopo il Convegno della Chiesa italiana a Firenze nel 2015: quanto abbiamo vissuto negli ultimi anni ci sembra sia stato una risposta al discorso del Papa a quel Convegno.

Poi un dialogo franco e vero, con domande e risposte. «Il dialogo – aggiunge Salvo Casabianca – è il fondamento del nostro essere amore che costruisce la famiglia nella Chiesa e la apre all’uscire in sinodalità. Nell’umanità che ci circonda c’è fame di amore che faccia famiglia, una famiglia in cui possiamo sentirci accolti e riconosciuti per il valore che ciascuno ha in Dio. Per tutti noi, questa giornata ha rappresentato un momento importante, ci ha permesso di riscoprirci tutti, giovani e adulti, nelle varie vocazioni, un’unica famiglia nella Chiesa e per la Chiesa».

Francesca Cabibbo

esperienza mensa niscemi




“Solo cose belle”: un film emozionante ispirato alla vita delle Case Famiglia

La Comunità Papa Giovanni XXIII è nata da un gruppo di persone, guidate da don Oreste Benzi, che ha scelto di vivere la propria vita al fianco dei più poveri, degli “ultimi”, per dare loro una famiglia. È difficile spiegare attraverso le parole l’importanza della diversità, la bellezza della condivisione, il cambio di vita che si cela dietro la scelta di accogliere e fare volontariato. Ma oggi c’è un film che ci aiuta, si intitola “Solo cose belle” ed è una commedia emozionante ispirata alla vita delle Case Famiglia. Racconta dell’attenzione nei confronti del prossimo, del rispetto e dell’integrazione di chi viene considerato “sbagliato”. È un film pensato per i giovani, ma che fa riflettere anche gli adulti.

Oltre ad attori professionisti, recitano nel film anche Ciccio e Marco, due ragazzi disabili che vivono in una Casa della Comunità.

Si prevede l’uscita, in molte sale cinematografiche italiane, a partire dal 9 maggio 2019.

Si possono trovare tutte le informazioni sul film e sulla produzione sul sito: www.solocosebelleilfilm.it

Per la distribuzione contattare produzione@coffeetimefilm.it o il 3482488128, per accordi in merito alla promozione.




A Enna, Management Technologies: il lavoro è dono per la società

“Giovani consulenti aziendali, analisti e programmatori, legati da un rapporto di amicizia, che hanno messo insieme la passione per il proprio lavoro, le proprie competenze e le esperienze multi-disciplinari per dar vita ad un’impresa dove è la persona al centro e non il capitale tanto da dedicare parte degli utili d’azienda ai bisogni del territorio. E’ un modello di business contemporaneo, la cosiddetta Economia di Comunione, vissuto ad Enna dalla Management Technologies srl…”(William Savoca)

Comincia così l’articolo pubblicato sul quotidiano “La Sicilia” all’indomani della visita del vescovo Rosario Gisana alla sede della Management Technologies srl. Management Technologies è un’azienda nata di recente a Enna. Essa produce software personalizzati per agevolare la gestione e la conduzione delle imprese. Il vescovo ha voluto visitare questa azienda perché Management Technologies è una delle aziende che hanno aderito al progetto dell’Economia di Comunione in Italia.

Dall’anno della sua nascita, il 2010, ha accantonato un terzo degli utili nel fondo statutario per destinarlo a progetti sociali. Nel 2018 ha deliberato di destinare parte del fondo accantonato, al progetto dell’Associazione Vita 21, neoassociata all’AIPEC (http://www.seguonews.it/vita-21-enna-spegne-la-sua-quinta-candelina-la-sindrome-di-down-accende-la-speranza-per-una-societa-diversa) che, in collaborazione con Unitalsi sezione di Enna ed altre realtà del territorio, sta costituendo una Cooperativa sociale di tipo B per l’inserimento lavorativo di giovani disabili.

Vita21 è formata da un gruppo di genitori e figli con sindrome di down. L’obiettivo è accompagnare i ragazzi in un percorso di inclusione sociale e lavorativo dei giovani con sindrome di down e di dare un sostegno ed un supporto alle famiglie. Per questo, sta nascendo, nella zona compresa tra le diocesi di Caltanissetta e Piazza Armerina e la provincia di Enna, una “Fondazione di Comunità”, con una cooperativa sociale di tipo B, che dia opportunità occupazionale ai giovani. Management Technologies ha voluto sostenere questo progetto, destinando una parte degli utili. Un’iniziativa antesignana, destinata a creare un “solco di positivo”, un segno di speranza in un territorio povero e depresso. Un’azienda che produce profitti che si traducono in benessere non solo per chi ci lavora, ma anche per la propria terra e per le sue istanze migliori.

Monsignor Gisana aveva appreso di questa iniziativa e ha voluto visitare la sede ennese dell’azienda. L’incontro è stato molto bello, un tempo prezioso di incontro e di profonda comunione. Erano presenti i soci della Management Technologies (otto in tutto, alcuni lavoratori, altri di capitale, alcuni dei quali aderenti al Movimento dei Focolari). Nella grande sala d’ingresso c’erano anche diversi rappresentanti della comunità dei Focolari di Enna, il presidente di Vita 21, Marco Milazzo, tre giovani disabili, il parroco della parrocchia Maria Mater Ecclesiae, don Angelo Lo Presti, nel cui territorio ha sede la MT. Era presente anche il giornalista autore dell’articolo William Savoca.

I soci di Management Tecnologies  hanno mostrato al vescovo il calco in gesso del simbolo del Polo Lionello Bonfanti, ricevuto in dono dall’azienda in occasione della presentazione della loro esperienza alla manifestazione LoppianoLab, la moltiplicazione dei pani e dei pesci. «Un simbolo che si collega alla mission del nostro lavoro – spiega Fabio Bruno, amministratore unico di Management Tecnologies – il nostro lavoro è, per noi, offrire, perché vengano moltiplicati, “i nostri pani e i nostri pesci”.

Con un gesto estemporaneo ed unanime i soci della Management Technologies hanno voluto donare a loro volta lo stesso calco della moltiplicazione dei pani e dei pesci al Vescovo come segno di condivisione con il territorio e la propria gente. Il vescovo ha ascoltato ed ha accolto con gioia quanto è stato detto.  Ha parlato, con profonda stima, di Chiara Lubich e della profezia che questa donna ha saputo incarnare, non solo nell’ambito economico ma anche nel dialogo con gli altri cristiani, con le altre religioni, ha detto di voler incentrare sull’importanza del Dono la catechesi che avrebbe pubblicato per il Natale. Il dono del calco come pegno/impegno a continuare insieme per far conoscere e moltiplicare questo “lavoro nuovo” che si fà e si sente prossimo della propria comunità condividendone in com-unione i bisogni, le povertà ma di più le speranze e l’operosità.

Irene Giordano




Europa, è tempo di dialogo

Su Facebook è partito un dibattito pubblico in vista delle prossime elezioni europee:

www.facebook.com/Europetimetodialogue/

Leggi l’intervista ad Alberto Lo Presti, tra i promotori della campagna “Europe: time to dialogue” e direttore della rivista Nuova Umanità  apparsa su Città Nuova online:

www.cittanuova.it/europa-tempo-dialogo/

 




Chiamati ad un Amore più grande

Ce l’abbiamo fatta! Proprio un anno fa, qui ad Assisi, al termine del primo incontro organizzato da Famiglie Nuove per persone che vivono la separazione, ci eravamo promessi di ritrovarci, almeno una volta all’anno, per continuare e rinsaldare l’esperienza di famiglia che avevamo vissuto insieme.

E così, dal 15 al 17 febbraio si è realizzato il desiderio di tanti con un secondo incontro, dal titolo impegnativo: Oltre la separazione chiamati ad un Amore + grande: “dare la vita per i propri amici”! (Gv. 15,13). La frase sintetizza bene l’esperienza che ci siamo riproposti di fare anzitutto tra noi, per poi portarla ciascuno nel proprio ambiente.

Erano presenti anche un buon numero di coppie che “camminano insieme” a queste persone ferite per testimoniare che anche le esperienze di separazione fanno parte della vita di famiglia e che portandole avanti insieme possono essere meno buie.

Questo convegno rappresenta una piccola, ma concreta risposta all’invito di Chiara Lubich che, con sguardo profetico, già negli anni ’60 sollecitava in particolare le famiglie a prendersi cura delle situazioni di difficoltà delle coppie, dei figli, degli abbandonati, vivendole “dal di dentro”, amando senza misura sull’esempio di Gesù nel suo abbandono in croce.

Il convegno di Assisi ha visto alternarsi momenti di riflessione proposti da alcuni relatori esperti di dinamiche psicologiche, spirituali e sociali legate alla separazione, momenti di scambio di esperienze e di condivisione del proprio vissuto, momenti di relax e di preghiera. Ogni pezzetto del programma sembrava però comporre un mosaico che a poco a poco si è svelato ha coinvolto e assorbito pienamente ciascun partecipante.

Così la gita a San Damiano ed alla Porziuncola o la veglia di preghiera, la serata danzante o le condivisioni nei gruppi sono stati pezzi di un unico disegno, rami di uno stesso albero che abbiamo saputo adornare con la nostra partecipazione attiva.

Ogni aspetto ha quindi contribuito a rendere viva e la speranza e la fiducia contenute nell’Amoris Laetitia di papa Francesco ed a farci sentire più vicina la presenza della Chiesa e dei suoi ministri, ma soprattutto la tenerezza di Dio.

Non è stato facile per nessuno provare a mettere da parte il proprio vissuto di dolore e fatica per fa spazio alle proposte e sollecitazioni dei relatori oppure per ascoltare la storia del vicino di sedia, ma ci abbiamo provato…e alla fine, salutandoci, ci sembrava di aver vissuto davvero una realtà di famiglia autentica che ci resterà nel cuore e da cui attingeremo per andare avanti, nel “dare la vita per i propri amici” partendo da chi ci vive accanto.

Rosalba e Andrea Ponta

Riquadro 1 – Gli esperti che sono intervenuti:

  • padre Marco Vianelli: “Dalla solitudine al dono di sé”
  • don Carlo Rocchetta: “La tenerezza di Dio balsamo di guarigione per i separati”
  • Rino e Rita Ventriglia: “Dalla ferita al perdono”
  • Padre Amedeo Ferrari: “Dall’amore ferito all’amore più grande”.

Riquadro 2 – I prossimi appuntamenti:

  • Trento – sui passi di Chiara – dal 17 al 19 maggio 2019 (per info: famiglienuoveitalia@gmail.com)
  • Benevento – settembre 2019 (in via di definizione)
  • Italia – febbraio 2020 (in via di definizione)



Aiuti per alcune comunità dei Focolari colpite dall’alluvione in Africa sudorientale

Nei giorni scorsi una violenta alluvione ha colpito l’Africa sudorientale, in particolare la parte centrale del Mozambico. Siamo in contatto con membri del Movimento dei Focolari nelle zone di Beira e di Chimoio. Alcuni di loro gestiscono una missione di circa 500 persone che ospita un centro di recupero (Fazenda da Esperança), una scuola, due college ed un ospedale. In questo momento tutta la missione è sommersa dall’acqua ed isolata, senza acqua potabile, luce e cibo. Fortunatamente non ci sono stati morti, ma nei dintorni ci sono state parecchie vittime. La Caritas e le autorità stanno lavorando per raggiungere le zone isolate per portare cibo e generi di prima necessità.

Ma la sfida più grande arriverà quando l’acqua sarà scesa e quando – come afferma Mons. Dalla Zuanna, vescovo di Beira, “si dovrà iniziare la ricostruzione e le luci dell’emergenza si saranno spente.”

Per questo il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari si è attivato per raccogliere contributi ed impiegarli per assistere la popolazione sul posto.

Chi volesse può contribuire con le seguenti modalità:

Azione per un Mondo Unito ONLUS (AMU)

IBAN: IT58 S050 1803 2000 0001 1204 344

Banca Popolare Etica

BIC: CCRTIT2T

Emergenza Mozambico

Oppure:

Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN)

IBAN: IT55 K033 5901 6001 0000 0001 060

presso Banca Prossima

Codice SWIFT/BIC: BCITITMX

Emergenza Mozambico

 



Il Conflitto yemenita discusso in Parlamento: si fermino le bombe e si inizi percorso di Pace

Si discutono oggi in Commissione Esteri della Camera dei Deputati due mozioni sul conflitto in Yemen. Le richieste della società civile: fermate le bombe e si dia inizio a ruolo pro-attivo da parte dell’Italia.

Nel pomeriggio di oggi, 26 marzo, la Commissione Esteri della Camera andrà finalmente a discutere due mozioni, presentate già alcuni mesi fa, riguardanti la situazione del conflitto in Yemen. Un dibattito che avviene appena un giorno dopo il quarto anniversario dell’escalation che ha dato inizio alle ostilità nel Paese arabo; scontri che in questi ultimi anni hanno comportato impatti devastanti sulla popolazione civile yemenita: decine di migliaia di vittime (tra cui tantissimi bambini), continue violazioni di diritti umani, crimini di guerra accertati da esperti internazionali, bombardamenti di ospedali e strutture sanitarie al collasso, difficoltà di accesso ad acqua potabile e rischio carestia per la maggior parte della popolazione, senza contare le epidemie che di quando in quando si manifestano.

Sin dall’inizio del conflitto una serie di Organizzazioni della società civile italiana ha sottolineato la propria preoccupazione non solo per l’evoluzione dello stesso e le drammatiche conseguenze sulla popolazione civile, ma anche sulla fornitura di armi di produzione italiana ad alcune delle parti coinvolte nei combattimenti. Anche oggi, in vista del dibattito alla Camera dei Deputati, le nostro Organizzazioni intendono rilanciare le richieste che da tempo sono state poste all’attenzione di Parlamento e Governo affinché il nostro Paese assuma un ruolo attivo di facilitazione della fine delle ostilità e non contribuisca invece alla continuazione dello stesso con forniture militari. Mentre molti altri Paesi hanno deciso di quantomeno sospendere l’invio di armamenti (Germania, Paesi Bassi, Belgio, Norvegia, Finlandia tra tutti) l’Italia non può continuare solo ad osservare dall’esterno e passivamente l’impatto del conflitto sui civili yemeniti, ma dovrebbe al contrario avere il coraggio di scelte forti e concrete.

Le nostre Organizzazioni fanno dunque appello alle convinzioni profonde di ciascun eletto ed eletta in Parlamento affinché prenda rapidamente una posizione netta ed esplicita per sollecitare il Governo italiano, in linea con le Risoluzioni del Parlamento Europeo, a:
  • Attivare e promuovere iniziative concrete per la risoluzione diplomatica e multilaterale del conflitto in corso in Yemen. Occorre dunque che la comunità internazionale si impegni quanto prima, per un nuovo ciclo di negoziati di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite. Auspichiamo azioni di rilievo e di vero protagonismo da parte del nostro Paese. 
  • Aumentare il budget destinato a questa crisi rispetto agli anni scorsi e finanziare adeguatamente il Fondo di intervento per gli aiuti umanitari, in soccorso alla popolazione civile yemenita martoriata da una catastrofe umanitaria di vaste proporzioni;
  • imporre (in linea con le risoluzioni del Parlamento europeo del 4 ottobre e 25 ottobre 2018 e nel rispetto della normativa nazionale (legge 185/90), del Trattato internazionale sul commercio di armamenti e della Posizione Comune dell’Unione europea sull’export di armamenti) un embargo immediato sulle armi e la sospensione delle attuali licenze di esportazione di armi a tutte le parti nel conflitto dello Yemen, in quanto è presente un chiaro rischio di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario (come testimoniano numerosi episodi di questi ultimi mesi). L’embargo dovrebbe riguardare anche tutti i tipi di armamento presenti nell’elenco comune delle attrezzature militari e delle tecnologie di uso duale dell’Unione europea al fine di garantire che nessun arma, munizione, equipaggiamento militare o tecnologia, o supporto logistico e finanziario per tali trasferimenti sia oggetto di forniture dirette o indirette alle parti in conflitto nello Yemen né possa essere di sostegno alle loro operazioni militari nello Yemen;
  • attivare e finanziare il fondo per la riconversione dell’industria militare previsto nella stessa legge 185/90 anche sulla base di una discussione pubblica sull’impatto del complesso militare-industriale italiano sulla instabilità geopolitica (in particolare in Medio Oriente) e nella definizione della politica estera e di sicurezza dell’Italia;
  • intraprendere iniziative verso le parti in conflitto (in particolare chi utilizza maggiormente lo strumento dei bombardamenti aerei cioè la Coalizione guidata dall’Arabia Saudita e di cui fanno parte anche altri Paesi destinatari dei sistemi d’arma italiani, come gli Emirati Arabi Uniti) affinché siano rigorosamente rispettati i divieti di bombardamento di ospedali, scuole, strutture di cura ricordando che gli ospedali e il personale medico sono esplicitamente tutelati da trattati e convenzioni dal diritto umanitario internazionale, che un attacco deliberato contro i civili e le infrastrutture civili costituisce un crimine di guerra e che gli attacchi alle scuole sono condannati dalla Safe Schools Declaration, di cui l’Italia è tra i primi firmatari. Tutte le parti in conflitto dovrebbero inoltre evitare l’utilizzo di ordigni esplosivi in aree popolate al fine di proteggere i civili nella massima misura possibile.
  • condannare l’uso di munizioni a grappolo nel conflitto in Yemen e fare pressioni affinché anche l’Arabia Saudita ratifichi il Trattato internazionale sulle munizioni a grappolo e distrugga quelle che ancora possiede;
  • sollecitare l’istituzione di una indagine internazionale indipendente per esaminare le possibili violazioni del diritto umanitario internazionale da parte di tutte le parti in conflitto, al fine di assicurare la giustizia, le responsabilità e il risarcimento per le vittime. Negli oltre tre anni di conflitto armato numerose sono state le segnalazioni riguardanti violazioni di diritti umani e crimini di guerra, come confermato anche nel rapporto recentemente pubblicato dal Panel of Eminent Expert delle Nazioni Unite.

Amnesty International Italia – Fondazione Finanza Etica  – Movimento dei Focolari Italia – Oxfam Italia – Rete della Pace – Rete Italiana per il Disarmo – Save the Children Italia




Per rivedere “Good Vibes”, il Primo Maggio di Loppiano 2019

Primo Maggio di Loppiano, puoi rivedere il programma in streaming, cliccando QUI. La diretta del mattino ed il concerto del Gen Rosso, il “LIFE” tour 2019, che si è svolto nel pomeriggio alla presenza di 1.200 giovani.

Comunicato Stampa_PrimoMaggioLoppiano 2019_GoodVibes

Cultura del dare e fraternità al Primo Maggio di Loppiano, per andare oltre l’individualismo. 

Sito dell’evento: www.primomaggioloppiano.it

 

I cambiamenti sociali degli ultimi anni pongono l’Italia di fronte a sfide importanti. La precarietà economica, il diffuso vuoto esistenziale e l’instabilità che ne consegue rischiano di portarci alla deriva, di chiuderci in un individualismo dove, ogni istante, sembra di essere costretti a scegliere continuamente fra l’”io” e il “tu”, fra il “noi” e il “voi”.
Con “Good Vibes” letteralmente “buone vibrazioni”, i giovani del Primo Maggio di Loppiano vogliono raccogliere la sfida, contrapponendo all’individualismo, una cultura del “noi”, basata sulla fiducia e costruita in primo luogo, partendo dall’attenzione all’altro, ai suoi bisogni e ai suoi desideri.  Da questa sfida nasce la metafora della “vibrazione”, il leitmotiv dell’edizione 2019 del Primo Maggio Loppiano.

Come ogni vibrazione si propaga partendo da un punto centrale, per poi diffondersi nello spazio attorno, così ogni azione o esperienza nata da un piccolo gesto d’amore, non può lasciare alcuno indifferente, e si diffonde trasformando e riumanizzando i tanti contesti che ci circondano, contrapponendo ad una cultura dell’”avere” quella del “dare”; alla divisione, la cultura della fraternità.
Good Vibes”, il Primo Maggio di Loppiano 2019, vuole portare i partecipanti alla scoperta/riscoperta dell’appartenenza ad unica famiglia, quella umana, dove la diversità non è ostacolo ma ricchezza.
“Good Vibes” diventa così una grande esperienza multi linguaggio che, attraverso storie, performance e musica, racconta l’Italia e il mondo da questo punto di vista, in una cornice speciale, come quello di Loppiano, cittadella internazionale del Movimento dei Focolari, che è testimonianza viva e quotidiana di una convivenza multiculturale fondata sulla vita evangelica.




«Io faccio come la maestra!»

Il lavoro alla scuola d’infanzia è diventato particolarmente impegnativo per le forti differenze di provenienza dei bambini. Come fare per raggiungere una certa armonia? Un giorno, andando a trovare uno di loro in ospedale, ho conosciuto anche i suoi genitori.

È stata questa occasione a farmi capire che alla mia competenza di educatrice dovevo aggiungere una conoscenza reale della famiglia di provenienza. Ho fatto questo anche con le famiglie degli altri e nel giro di pochi mesi ho visto i frutti.

Un giorno mi ha sorpreso la risposta di un bambino a un altro che gli chiedeva perché gli avesse dato la sua merenda: «Io faccio come la maestra!».

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.2, marzo-aprile 2019)




E’ il momento di amare concretamente il mio collega

Lavoro in un’azienda che produce computer. Per la definizione di un progetto stavo cercando uno specifico componente elettronico che avrebbe ridotto di molto i costi del prodotto, ma avendo tutti i fornitori interpellati dato risposte negative, avevo deciso di progettarlo io e di chiedere alla successiva riunione settimanale di posticipare la fine del progetto di una settimana, dato il maggior lavoro necessario.

Durante la riunione, però, vengo a sapere da un mio collega, in un difficile momento familiare, che non è riuscito a terminare un lavoro a lui a dato. Mentre il direttore generale fa la voce grossa, capisco che è il momento di amare concretamente questo collega, per cui gli propongo di terminare io il suo lavoro.

Subito dopo, però, penso che oltre a non avere avuto la settimana in più che mi occorre, dovrò dedicare tanti giorni a questa nuova attività; penso a mia moglie che mi vedrà solo dopo le 10 di sera…

Arrivato nel mio ufficio, trovo ad aspettarmi un fornitore che, senza appuntamento, è venuto a portarmi il componente cercato per mesi.

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.2, marzo-aprile 2019)




Nel cortile del condominio

Nel cortile del condominio vari ragazzi del quartiere vengono a giocare con i nostri due figli. Tra loro Robert, molto più grande e aggressivo. Per causa sua, rifiutato dai coetanei e in cura da uno psichiatra, ogni pomeriggio si ripetono grida e alterchi.

I genitori gestiscono un negozio e non hanno tempo per dedicarsi a lui, che passa il tempo a girovagare per le strade.

Un giorno, al ripetersi dei litigi, per voler bene a questo ragazzo, uno dei “piccoli” di cui parla Gesù, mia moglie ed io siamo scesi nel cortile e abbiamo invitato Robert a casa, dove è rimasto fino a sera con grande gioia dei nostri bambini.

Nei giorni seguenti, ogni volta che nel cortile la situazione si faceva difficile, loro lo accompagnavano da noi. Dai suoi genitori abbiamo saputo che Robert aveva raccontato allo psichiatra come passava i pomeriggi. A parere del medico questo era il motivo del miglio- ramento notato in lui, al punto da fargli sospendere gli psicofarmaci.

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.2, marzo-aprile 2019)




Attenzione all’altro

Sono responsabile di un settore di un’azienda e, dovendo redigere a fine anno le note di qualifica dei miei dipendenti, mi sono reso conto che un dipendente non aveva offerto molte possibilità di essere valutato in modo esaustivo ed esatto.

L’attenzione all’altro, che ha radice nei miei princìpi cristiani, mi ha spinto a chiedergli un colloquio ed entrando nella sua vita ho scoperto un’altra persona da quella che credevo di conoscere.

Questo incontro mi ha aiutato a cambiare tutte le altre note. Mi si è aperto come un altro angolo di visuale. Il cambiamento avvenuto in me credo che abbia influito nel mio comportamento.

Ciò si è manifestato in varie iniziative (festeggiare i compleanni dei miei dipendenti, organizzare feste con le loro famiglie…) col risultato che nel reparto, nonostante la serietà richiesta dal lavoro, è migliorata l’atmosfera. E non solo: anche il rendimento è notevolmente migliorato.

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.2, marzo-aprile 2019)




Testimoniare il Vangelo attraverso la bellezza

L’incontro, ormai alcuni decenni fa, con alcuni cristiani coerenti ha rafforzato la mia fede, alimentando al tempo stesso la mia vena artistica in ambito sacro. Da allora ho realizzato più di 150 vetrate per diverse chiese in Italia e varie decine di migliaia di cartoline di auguri natalizi e pasquali. Generalmente utilizzo colori che hanno un certo significato simbolico. Ad esempio, il rosso richiama alla mente il sangue, la vita donata.

Per tutti questi lavori non ho mai preso un soldo. Che importa se d’estate al caldo torrido s’aggiunge quello dei forni da cui escono le lastre di vetro, o se a volte i coloranti mi causano una allergia alla pelle?

Ciò che veramente conta ai miei occhi è l’apprezzamento della gente per quello che faccio; questa possibilità di testimoniare il Vangelo attraverso la bellezza è ciò che mi rende felice, mi dà pienezza.

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.2, marzo-aprile 2019)




Ho deciso di dedicarmi a qualcosa che mi attraesse di più

Nostro figlio si era iscritto ad un corso di parapendio. Tanto per me che per mia moglie non era stato facile accettare questa sua scelta, a nostro avviso spericolata, anche se abbiamo sempre considerato i figli come un dono ricevuto, un bene da rispettare e non da manipolare.

Di solito, durante il tragitto per accompagnarlo al corso, m’informavo su come avviene questa preparazione al volo, sui rischi che si corrono. E proprio in un’occasione di queste, il ragazzo mi ha sorpreso con questa confidenza: «Sai, papà, questa passione in fondo me l’avete messa voi in cuore. Tu e la mamma, inculcandoci dei princìpi cristiani, avete insegnato a noi gli a vivere una vita non ripiegata su sé stessa, aperta agli altri e al nuovo.

Adesso devo farti una confessione: stavo cadendo in un giro di droga con un gruppo di ragazzi che ho conosciuto in discoteca. La tentazione era forte. E un giorno, proprio pensando a voi due, ho preso la decisione di dedicarmi a qualcosa che mi attirasse più della droga».

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.1, gennaio-febbraio 2019)