E’ un dono averti come capo!

Per me sono stati giorni molto intensi al lavoro perché si sono susseguite informazioni contrastanti sulla possibilità dello smart working in ufficio.

Oggi sono riuscito a farlo ottenere a tutti i colleghi creando un progetto in poco tempo che lo rendesse possibile. Per completare tutto in tempo ho finito senza pause alle 15 saltando il pranzo e sapendo che a me non potrà essere riconosciuto.

È stato bello ricevere dai colleghi i messaggi di gratitudine e sapere che, cito testualmente: “in questo marasma è un dono averti come capo”.

M.B. 




Ritiro 2020 per sacerdoti, diaconi e religiosi in Calabria

La seconda “edizione” del Ritiro per sacerdoti, diaconi e religiosi della Calabria si è svolta dal 2 al 4 marzo 2020.

Nell’anno dedicato a Gesù in mezzo ed al centenario di Chiara, abbiamo voluto dare questo titolo: “Camminare insieme verso la santità: una novità per la Chiesa”. Una novità senz’altro significativa che Chiara, venendo al mondo, ha portato col suo carisma.

Hanno partecipato a tutto il periodo del ritiro 15 tra sacerdoti, diaconi e religiosi. Motivi di salute e impegni pastorali hanno impedito la partecipazione di tanti altri, i quali hanno comunque assicurato la loro preghiera e la loro unità a distanza.

Altri 18 però si sono aggiunti per la seconda giornata, quando abbiamo avuto il dono della presenza di Michel Vandeleene e don Sergio Pellegrini. In un clima di profondo ascolto e unità, Michel ha trattato il tema della santità collettiva e lo ha fatto veramente con sapienza e “passione”, toccando il cuore e l’anima di tutti.

Subito dopo, don Sergio e Padre Marcio (della Fazenda da Esperança di Lamezia), attraverso le loro esperienze, hanno comunicato come il camminare insieme verso la santità si può concretizzare nella vita di un sacerdote diocesano e di un religioso: esperienze molto belle, che proprio ci volevano per passare dalla contemplazione all’incarnazione.

E’ seguito un momento di dialogo molto partecipato e profondo. I presenti venivano da 10 diocesi della Calabria. Il giorno prima (lunedì), la venuta dei ragazzi del Movimento dei Focolari e le loro esperienze, precedute da un approfondimento sul pensiero di Chiara riguardo alle nuove generazioni, avevano fatto capire meglio il valore dei “piccoli”: si toccava con mano che l’anima non è né grande né piccola…

Molto apprezzati anche i momenti artistici dei dopo cena, che abbiamo voluto inserire nel programma per sottolineare che Dio è anche Bellezza e può parlarci pure attraverso l’arte. I momenti di comunione d’anima sin dal primo giorno sono stati molto belli… ma l’ultima mattina la meditazione ha suscitato una comunione particolarmente profonda: veniva fuori non solo il desiderio di tutti di rimanere nella realtà dell’Unità, ma anche una consapevolezza nuova del “peso” del carisma di Chiara, che, se vissuto, ci inserisce nella vita trinitaria… insomma “una spiritualità chic”, come lei diceva nel video.

Sono ripartiti tutti felici e grati per questi momenti vissuti insieme e… con la preghiera di ripetere incontri come questo. Non c’è che da ringraziare Dio per quanto ha operato al di là di noi! 

 




Comprensione e fermezza

In questo periodo segnato dall’emergenza Coronavirus, facciamo circolare delle buone pratiche di fraternità che si vivono quotidianamente.

In Alto Adige la realtà del Coronavirus senz’altro fino domenica scorsa, 8 marzo, si è sottovalutato. Con il decreto del 8 marzo ci siamo risvegliati in modo brusco. Infatti anch’io dovevo vedere come fare. Era già in programma un funerale per lunedì al quale avrebbero voluto venire ca. 400-600 persone. Era una persona molto nota e una volta molto attiva in tante associazioni e i parenti sono in parte anche collaboratori stretti in parrocchia.

Abbiamo dovuto cambiare tutto. Era un grande dolore. Abbiamo fatto come previsto un semplice commiato in cimitero, però con tanta gente fuori il cimitero – con distanza l’uno dall’altro. È andato bene, ma avevo un grande “mal di pancia”.

Il giorno dopo – proprio per proteggere i miei collaboratori stretti dell’ufficio parrocchiale, visto che fanno parte della categoria di alto rischio – ho fatto chiudere l’ufficio parrocchiale per il contatto diretto. Siamo raggiungibile via telefono. Dall’altra parte sentivo per telefono alcune persone che non volevano mollare per forza di incontrarsi in chiesa a pregare insieme.

Anche lì serviva molta comprensione del loro stato d’animo, ma anche la fermezza nel spiegare bene il dovere da compiere bene la volontà di Dio in questo momento, aiutandoli che quest’anno siamo chiamati in un altro modo di vivere la quaresima: far digiuno non solo nel ricevere l’Eucaristia, ma anche di pregare insieme in chiesa; e scoprire invece l’alto valore di incontrare Gesù nella sua Parola, nel pregare in casa coi famigliari, nell’amare e incontrare Gesù nel prossimo in casa.

Don Andreas




Lavorando in un supermercato mi accorgo . . .

In questo periodo segnato dall’emergenza Coronavirus, facciamo circolare delle buone pratiche di fraternità che si vivono quotidianamente.

Stiamo vivendo una situazione quasi surreale. Non siamo abituati al silenzio, alla mancanza di traffico, ai negozi vuoti, non siamo abituati ma piano piano vedo che le persone stanno, per forza di cose, cambiando le loro abitudini.

Lavorando in un supermercato mi accorgo che non hanno più fretta come prima, salutano e ringraziano (cosa che molti prima non facevano), fanno ordinatamente la fila e quasi non sento più brontolare.

Mi trovo in questi giorni a dover tranquillizzare colleghi più giovani che sono spaventati da questo momento particolare, mi viene chiesto di portare fiducia e serenità in ogni momento, stando attento a non passare per incosciente. Devo riuscire a cogliere tutto il bello e il positivo che Dio mi mette a disposizione per poterlo trasmettere agli altri. Mi manca moltissimo la vita con gli altri così come la Santa messa, ma so che fra di noi circola ancora di più Gesù.

Fabrizio




Un giorno regalato

In questo periodo segnato dall’emergenza Coronavirus, facciamo circolare delle buone pratiche di fraternità che si vivono quotidianamente.

“Se Dio è Amore, la fiducia completa in Lui non ne è che la logica conseguenza. Possiamo avere allora quella confidenza che porta a parlare spesso con Lui, a esporgli le nostre cose, i nostri propositi, i nostri progetti”.

“… di ventotto ce ne uno …” ma quest’anno sono ventinove per via dell’anno bisestile. Un giorno regalato, dunque. E in questi tempi, dove si sperimenta tutta la fragilità umana, la sua precarietà, forse ancor più ti rendi conto di come è fondamentale vivere bene il momento presente e usare bene il tempo che il buon Dio ci dona.

Che avrei fatto in questo giorno regalato visto anche il “fermo obbligato” a motivo del coronavirus che di fatto impedisce ogni attività? La risposta è stata immediata: importa solo amare, specie chi ha più bisogno. E così la mattina ho ben pensato di recuperare alcuni lavoretti che da mesi avevo promesso di fare a mamma e che non avevo più fatto e fargli così compagnia.

E nel pomeriggio sono andato a trovare D.(questo era ancora possibile alcuni giorni fa) da lui infatti ero stato altre volte, ma con altri, mai da solo. Così, sapendo che le visite erano limitate ad un solo famigliare al giorno per massimo un’ora (per via del coronavirus) e sapendo che lui famigliari stretti non ne ha, ho pensato di andare solo per amare.

E’ stato un incontro semplicissimo, ma molto profondo, dove ho respirato in D. una Sapienza che viene dall’alto e ho trovato un uomo profondamente riconciliato con sé stesso e con gli altri pronto a vivere bene nella volontà di Dio questa nuova tappa della sua vita.

Tornando a casa in macchina, recitando il Rosario (… il tempo non mi mancava!) ho ringraziato Dio per essere parte di questa famiglia e della gioia che mi da di poterla costruire per un piccolissimo pezzetto. Sulla via del ritorno, nel mio cuore, nel dialogo con Gesù, sentivo di poter dire poi tante cose al buon Dio in un clima di grande intimità e familiarità. Era frutto del forte Gesù in mezzo vissuto con D. Ancora una volta ho sperimentato che l’unione con il fratello ti porta all’unione con Dio.




Il Coronavirus è arrivato in Italia, in Lombardia . . . tra i miei parrocchiani!

In questo periodo segnato dall’emergenza Coronavirus, facciamo circolare delle buone pratiche di fraternità che si vivono quotidianamente.

Il Coronavirus è arrivato in Italia, in Lombardia, a Milano, a Gorgonzola . . . tra i miei parrocchiani!

In questo momento di incertezza (e di un po’ di indisposizione), sono nello stato d’animo di chi sa che potrebbe arrivare anche a sé. E ciò mi mette in quel “estote parati” (Siate pronti!) di cui parla il Vangelo. Da un lato confesso che un po’ ho paura. Non me ne vergogno. Dall’altro mi chiedo: e se fosse, cosa devi fare in questi che potrebbero essere gli ultimi momenti della tua vita? E mi rispondo: riempire d’amore ogni gesto ed ogni occasione. Fare tutto nell’amore, è così facendo sento screscere in me una grande pace e una rinnovata unione con Dio.

Ma cosa mi sta insegnando questo tempo , in queste quasi tre settimane ormai in cui abbiamo chiuso tutto? Prima di tutto un’occasione di conversione. Avevo preparato tutto bene: 91 adolescenti e giovani a Palermo, la Quaresima con tutte le sue attività, una più bella dell’altra; l’inizio del bicentenario della Chiesa con eventi, concerti, manifestazioni, celebrazioni… Ma forse correvo il rischio di uno sguardo sulla vita che vorrebbe avere tutto sotto controllo! Ma la realtà è più grande di noi e dobbiamo imparare a riscoprire, prima del nostro fare, dell’organizzare e del preparare, l’affidamento al vero Signore del mondo, creatore e Padre, nel gesto umile e intelligente della preghiera.

Questa situazione è occasione perché mi ricorda che sono un uomo, semplicemente e solamente. Come uomo, davanti ad alcune circostanze non posso fare molto. Ma – “fortunatamente” mi viene da dire – sono anche cristiano e proprio per questo posso dire, come il profeta Isaia: “Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza” (Is 30,15).

Mi ha insegnato che abbiamo bisogno di un luogo in cui essere Chiesa. Me lo ero dimenticato. Per questo Dio si è fatto carne in un luogo e in un tempo determinato. Abbiamo bisogno di fisicità, di incontro, di corpo, di luoghi che parlino.

Vivere la messa senza fedeli e sapere che i miei fedeli sono senza Messa mi mette molto a disagio. È un grande dolore, un volto di Gesù Abbandonato da abbracciare e scegliere come unico bene, fonte e culmine della mia vita di fede.

Mi fa guardare con gratitudine tutta la vita trascorsa, le persone amate . . . mi fa dire solo grazie, scusa, e mi lascia un gran bene nel cuore…. Mi fa capire che il Regno di Dio cresce come una pianta senza che l’agricoltore sappia come… per fortuna!

Don Paolo 

http://www.focolaritalia.it/2020/03/10/contagiamoci-con-le-buone-pratiche-di-fraternita/




Non ho scelto il sacerdozio, ho scelto Dio e questo mi basta!

In questo periodo segnato dall’emergenza Coronavirus, facciamo circolare delle buone pratiche di fraternità che si vivono quotidianamente.

La lettura della chiamata di Abramo (la prima della II domenica di Quaresima): “Vattene dalla tua terra . . . “, mi ha fatto ricordare un canto di tanto tempo fa e le tante esperienze personali vissute. Uno dei primi focolarini,  Giuseppe Zanghì da noi chiamato Peppuccio, nel cuore della trasformazione del seminario e dei nostri ideali giovanili ci aveva “spinti” con forza e convinzione (anche se con scarsi risultati!) a scegliere Dio solo e non il sacerdozio.

La prima volta che ci ho provato a farlo è stato il giorno dell’ordinazione quando ho avuto un pensiero fisso: “E se morissi prima che mi mettano le mani in testa?”. Meglio fare la Volontà di Dio ora … per tutto il giorno. Un secondo momento forte: dopo nove mesi dall’ordinazione mi chiama il vescovo e con ansia aspetto finalmente la destinazione, ma con sorpresa mi sento dire che per me non c’è accoglienza da parte di nessun parroco.

Entro in una cappella, ci rimango un’ora e quando esco torno nella mia stanza e scrivo: “Anche se in tutta la mia vita non dovessi mai più celebrare messa, esercitare nulla nel ministero, battesimi, matrimoni, predicazione … non mi importa nulla. Io non ho scelto il sacerdozio, ho scelto Dio e questo mi basta: Cristo niente e nessuno me lo potrà togliere”. Ancora oggi, davanti ad ogni taglio delusione o chiusura, posso dire con coscienza, che per grazia di Dio non ho più perso quella serenità, quella gioia e quella decisione.

Vivo questi momenti di sospensione legati alle varie circostanze del Coronavirus, consapevole della serietà e gravità della situazione, ma senza paura, cosciente di essere nelle Sue mani. Capisco che posso rischiare di sembrare insensibile e freddo, ma non posso rinnegare il dono di Dio.

Don Dante 

http://www.focolaritalia.it/2020/03/10/contagiamoci-con-le-buone-pratiche-di-fraternita/




Saper ascoltare

Di professione medico, mi sono circondato di ragazzi ai quali desideravo comunicare il “segreto” della mia felicità: Dio. Una sera sul tardi, però, mentre sono di turno in ospedale, ho un momento di crisi profonda, tanto da mettere in discussione tutto quanto finora ha dato senso alla mia vita.

D’un tratto un infermiere bussa alla mia stanza: un giovane desidera parlare con me. È uno dei ragazzi che seguo. Appena entrato, lui vuota il sacco: annaspa nel buio assoluto, si sente inutile e non capisce il perché dell’esistenza.

Mi domando fra me cosa potrei dirgli proprio io che mi trovo a mia volta a vivere un momento analogo… Ad ogni modo, cercando di mettere da parte i miei problemi, lo ascolto per oltre un’ora parlarmi dei suoi, che sono davvero tanti.

Quando finisce, vedendolo più sereno, scelgo di non dirgli nulla. Mi ringrazia felice e nel salutarmi aggiunge che, dopo essersi aperto con me, si sente rinfrancato… Ma anch’io, dopo averlo soltanto ascoltato come ero capace, mi accorgo che la “crisi” che mi attanagliava l’anima è improvvisamente scomparsa.

(Tratto da Il Vangelo del giorno, Città Nuova, anno VI, n.2, marzo-aprile 2020)




Lo fai per te o per gli altri?

Mi trovavo in una strana situazione: pregavo ogni giorno, frequentavo regolarmente la messa, ero impegnato in opere di carità… eppure non avevo una fede viva. Era come se un velo mi impedisse di vedere chiaramente.

Un giorno, accompagnando mia nonna dal medico, ci siamo addentrati in discorsi profondi; conoscendo quanto fosse credente, le ho raccontato il mio stato d’animo. E lei, fissandomi negli occhi: «Figlio mio, tutto quello che fai, lo fai per te o per gli altri?». Quella semplice domanda mi ha sconvolto.

C’era da cambiare completamente rotta! Ho cominciato a riflettere, costatando che anche gli atti di carità erano riempitivi di un sistema di doveri. Periodicamente visitavo un anziano. Andando da lui, dopo quella volta, più che parlare di pratiche da sbrigare o di medicine, gli ho chiesto cosa avesse in cuore. Mi ha parlato della guerra, dei commilitoni morti, della malattia della moglie… Alla fine mi ha ringraziato per il grande dono che diceva di aver ricevuto quel giorno.

(Tratto da Il Vangelo del giorno, Città Nuova, anno VI, n.2, marzo-aprile 2020)




Dall’interno della frattura, esperienze di vita e proposte

Pare impossibile che da esperienze di dolore possa nascere qualcosa di bello per sé stessi e per gli altri, eppure lo abbiamo visto e sperimentato nei tre giorni passati insieme a Castel Gandolfo (RM) dal 14 al 16 febbraio 2020. Siamo ormai al terzo appuntamento nazionale e dopo due edizioni ad Assisi, quest’anno abbiamo voluto anche noi “incontrare” Chiara Lubich, a casa sua, nel territorio che ospita il centro pulsante del Movimento dei Focolari, proprio in occasione del centesimo anniversario della sua nascita.

Il primo giorno, al nostro arrivo, un attento osservatore avrebbe scorto 130 storie distinte di separazione, vissute spesso all’ombra del dolore e di tanti “perché” senza risposta. Ma il terzo giorno, nel momento della condivisione finale, ciascuno ha potuto riscontrare una nuova forza, una luce che ha sconfitto o almeno attenuato il proprio buio interiore e abbiamo ben presente i volti di tanti che si impegnavano, una volta fatto ritorno a casa, ad essere sostegno e motivo di speranza per chi intorno a noi vive di sofferenza. E gli sguardi e i sorrisi fissati nella foto finale di gruppo testimoniano che non si trattava solo di un sentimento passeggero…

Il programma è stato intenso e ricco di spunti di riflessione, e i relatori che si sono succeduti sul palco hanno toccato molti “punti caldi” senza timori, accolti da un ascolto della sala attento e critico.

Erano presenti anche un buon numero di coppie che “camminano insieme” ai separati con  iniziative comuni e momenti di incontro nella varie Regioni, per testimoniare che anche le esperienze di separazione fanno parte della vita di famiglia e che portandole avanti insieme possono essere meno buie.

A questo proposito, le testimonianze, intercalate agli interventi, sono state come sempre dei punti luminosi e un dono per tutti, pur rappresentando storie e situazioni dure, di sospensione, ma vissute nella riscoperta del rapporto con Dio e del sostegno dei fratelli.

Abbiamo parlato di matrimonio, paradossalmente proprio con i separati… Monsignor Bonetti ci ha ricordato con forza il significato del sacramento che certo non scompare con la separazione dal coniuge e per chi sceglie di rimanere fedele testimonia una continuità di risposta alla vocazione originaria col donare e diffondere un amore unitivo, frutto di una ferita, a essere ovunque “colla” in tutte le situazioni di conflitto. Il separato – dice ancora Bonetti, è una persona che viene lanciata verso le nozze definitive con Dio, mentre ha ancora un corpo da gestire sulla terra. In forza dello Spirito Santo ricevuto nel matrimonio vive una vita che lo porta a testimoniare un amore, crocifisso, oltre ogni limite. Infine un appello: i separati possono, anzi, “devono” condividere la loro esperienza, essere un annuncio e una testimonianza per i fidanzati, le giovani coppie, gli sposi di ogni età, per le persone consacrate per preannunciare la Vita Eterna,  la vita accanto al Padre, la realtà della famiglia dei Figli di Dio.

Ci hanno poi molto colpito le immagini e le suggestioni collegate a due episodi del Vangelo proposte da padre Marco Vianelli: la guarigione della suocera di Pietro e l’incontro di Gesù con Zaccheo. Il primo brano aiuta a riflettere su come la guarigione non è un cammino individuale, esige  una lotta con il nostro uomo vecchio ed ha sia una dimensione privata, sia una dimensione pubblica. La suocera di Pietro,  una volta guarita,  si mette a cucinare; questo ci insegna che Gesù viene per rigenerarci, liberarci e rimetterci a disposizione del mondo per servire.

La seconda immagine è quella di Zaccheo che pur di vedere Gesù,  sale su un sicomoro,  dai rami fragili.  Si rende così vulnerabile,  ma è proprio la vulnerabilità che rende efficace l’incontro: la rigenerazione è lasciarsi raggiungere dallo sguardo di Gesù così come siamo e il fine della rigenerazione è l’Amore. Quindi tutti i fallimenti sono per riabilitarci ad amare

Entrando nel tema della fedeltà, padre Marco ha evidenziato come questo è un punto di arrivo e per poterci mettere in cammino abbiamo bisogno di Cristo, dei suoi occhi.  Se non riusciamo,  non siamo sbagliati,  il cuore va educato e occorre un cammino, possibilmente insieme ad altri.

Ezio Aceti è stato “incontenibile” nel trasmetterci la sua passione per l’educazione dei bambini e dei  ragazzi e di quanto possiamo fare noi adulti. Ha fatto molti esempi calandosi nei panni e in molte situazioni vissute dai separati, ma quanto ci ha trasmesso ha un valore universale per tutte le famiglie.

Ci ha spiegato come deve essere l’ascolto verso i nostri ragazzi e come il prendersi cura dei figli voglia dire aiutarli a dare significato alla sofferenza della separazione e a sostenerli nel percorso educativo. Ha sottolineato che nella vita non c’è niente da buttare, ma tutto è da prendere in mano e trasformare e le cicatrici sono il segno che tu ce l’hai fatta; i figli hanno bisogno di noi, così come siamo… Educhiamo di più con le nostre fragilità che non con le grandi idee e se anche ci rendessimo conto di aver sbagliato con i nostri figli,  ma troviamo la forza di ricominciare, quest’amore rimane perché un singolo atto d’amore può recuperare un mare di sbagli. Infine, da non dimenticare: riuscire a trasmettere ai figli la bellezza di avere un rapporto personale con Gesù è il regalo più bello che possiamo fare loro.

Aceti si è soffermato poi sull’importanza della “parola” che, se corretta, può fare miracoli. Occorre però imparare ad usare un linguaggio “trinitario”, dicendo tutto nella verità, ma ricordando tre concetti fondamentali: entrare in empatiacon chi parliamo (l’empatia rappresenta il Padre), rappresentare la realtà – dicendo le cose come stanno nella verità (la realtà rappresenta il Figlio), fornire sempre un sostegno e una prospettiva di fiducia (il sostegno è lo Spirito Santo).

I coniugi Scotto ci hanno dato una carica di concretezza per uscire dal buio e fornito qualche elemento per saper gestire la solitudine, ricordandosi il valore dell’auto stima e il potenziale immenso della nostra sessualità – anche negli aspetti più intimi delle pulsioni sessuali – che può diventare un motore di slancio e di fiducia verso noi stessi e verso gli altri. Infatti, si può sconfiggere il buio con gesti di tenerezza, riconciliandosi con se stessi e da qui arrivare a conciliarsi con gli altri, attraverso la cura di sé, del proprio aspetto, cogliendo le possibilità che ci

offre la vita. Possiamo sperimentare che il dolore può essere uno spazio creativo, che ci può aiutare a comprendere meglio gli altri e a guardare in alto per coltivare un rapporto personale con Dio.

Oltre ai momenti di incontro abbiamo vissuto anche un pomeriggio “speciale” in visita al Centro del Movimento a Rocca di Papa. Siamo stati accolti da alcuni focolarini e focolarine che attraverso la loro presenza, alcune immagini e una visita guidata ci hanno fatto conoscere meglio la figura di Chiara Lubich in una prospettiva nuova, diversa, più intima e famigliare. La visita alla sua casa è stata un’occasione per incontrare Chiara attraverso la sua vita quotidiana: nella cappella abbiamo potuto soffermarci su quel crocefisso che è memoria della sua consacrazione a Dio… Forse proprio per quel simbolo ci siamo sentiti sulla sua stessa lunghezza d’onda e guardati in modo speciale da lei dal Cielo.

Nei saluti finali, oltre ad una bellissima condivisione, ci siamo presi un impegno attraverso un segnalibro che è stato consegnato a tutti con una striscia di Gibi e DoppiaW: vogliamo ricordarci sempre che siamo un dono gli uni per gli altri e che negli incontri che facciamo con ciascuno possiamo sempre sottolineare il positivo. Nel prossimo incontro ci racconteremo come è andata…

Rosalba e Andrea Ponta

con tutta l’equipe preparatoria dell’incontro

Gli esperti che sono intervenuti:

  • Don Renzo Bonetti: “Il sacramento del matrimonio è dono anche nel vivere la separazione”
  • padre Marco Vianelli: “ri-costruiti dall’Amore “
  • Ezio Aceti: “Genitori sempre”
  • Maria e Raimondo Scotto: “Il buio sconfitto”



L’azzardo non è un gioco

Giovedì 27 febbraio ad Ispica si è tenuta una conferenza-dibattito dal titolo “L’azzardo non è un gioco”, organizzata dall’associazione Libera di don Ciotti assieme a Zymè fermenti culturali, Gruppo Archè, A cielo aperto, Circolo Legambiente Sikelion, Caritas di Modica e Movimento dei Focolari.

È stato per le persone presenti un momento importante di sensibilizzazione e conoscenza delle gravi problematiche legate al gioco d’azzardo e delle possibilità di intervento per contribuire ad arginarne la pericolosa diffusione: per tutti, un momento di condivisione dei bisogni e dei problemi  della società. Il tema, tanto vasto quanto delicato, è stato affrontato con estrema serietà e competenza, e le diverse prospettive offerte dai relatori hanno permesso di delineare gli aspetti fondamentali, a livello individuale e sociale, del fenomeno in tutta la sua complessità.

Dopo il saluto di Vittorio Avveduto (referente di Libera) e di Daniela Giunta (presidente di Archè), il dottor Riccardo Chiavetta (psichiatra dirigente del SERT di Modica) ha illustrato il tema dal punto di vista della dipendenza patologica, ed ha evidenziato i punti salienti del processo per cui il giocatore diventa schiavo del fenomeno delle distorsioni del pensiero, cadendo così nella spirale dell’azzardo: in tal modo crea gravi sofferenze a se stesso e alla sua famiglia, nonché alla comunità di cui fa parte.

Successivamente Andrea Turco (giornalista di Meridionews) in video ha tracciato le linee principali del quadro del fenomeno in Sicilia, evidenziando, in particolare, lo stretto legame tra azzardo e mafia, e dimostrando, dati alla mano, quanto la malavita guadagni dal proliferare di slot machines e centri scommesse.

Un altro punto di forza di questo incontro è stato sicuramente il taglio propositivo, espresso attraverso l’intervento di Angela Maria Manenti, che, attraverso le parole dei docenti universitari Leonardo Becchetti e Luigino Bruni, ha presentato il progetto SlotMob, mediante il quale il Movimento dei Focolari dà un fattivo contributo per sanare questa piaga, con ottimi riscontri registrati sul territorio nazionale.

Il pubblico presente era formato da persone di varie fasce d’età – numerosi i giovani – ed ha seguito con profonda attenzione le relazioni. Dopo le relazioni, è seguita una parte interattiva, con interventi e domande che hanno mostrato il particolare interesse che il fenomeno suscita: dal dibattito finale con il pubblico in sala è emersa la chiara intenzione “di dare continuità e concretezza a quanto affrontato durante la conferenza”. Una signora ha ringraziato per “una luce nel buio generale”; un’altra persona ha sottolineato “la necessità di ridare a uomini e donne la dignità che il gioco d’azzardo annulla in loro”.

Il bilancio finale, dunque, è più che positivo, specchio di una preziosa collaborazione tra varie realtà associative presenti nel territorio, che hanno mostrato la volontà di uscire insieme, per essere una presenza ed un servizio concreto nella propria città. L’augurio è che questa collaborazione possa avere presto un seguito, promuovendo il coinvolgimento e la partecipazione attiva della cittadinanza, nonché progetti concreti che si muovano a favore della salute dell’intero corpo sociale.




“Sulla via di Damasco” – RAI DUE: 100 anni con Chiara Lubich

RIVEDI IL PROGRAMMA

ROMA – Cento anni fa nasceva Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolari e profeta dell’unità dei popoli. Sulla Via di Damasco, domenica 8 Marzo, ore 8.45, Rai Due, dedica uno speciale alla vita e all’insegnamento di una donna di speranza e di carità, figura emblematica del XX sec.. Nello studio di Eva Crosetta, la presidente dei Focolari, Maria Voce, prima focolarina a succedere alla fondatrice. Durante la puntata, un repertorio di immagini e filmati in cui Chiara Lubich racconta la sua avventura umana e di fede, ma anche le testimonianze di chi è stato conquistato dal “sogno” di Chiara. A cominciare da Alfonso Di Nicola, focolarino, impegnato a ridare dignità a carcerati emarginati; poi, quelle di Klemens e Michele, imprenditori che hanno fatto la scelta dell’economia di comunione. Lo spirito che anima il loro operato è quello tipico del focolare: “essere famiglia” nel mondo. Un programma di Vito Sidoti, con la regia di Marina Gambini.

 

(C.S. SULLA VIA DI DAMASCO/RAI DUE)

 




È tempo di una nuova responsabilità di impresa

Da quasi due settimane il nostro Paese è investito da un’emergenza che da sanitaria è diventata sociale, economica e soprattutto psicologica. All’incertezza derivante dall’impatto del virus sulle nostre vite private e pubbliche si sovrappone una preoccupazione di carattere collettivo e di sistema, che si autoalimenta a prescindere dai dati oggettivi e dalle indicazioni di medici e scienziati. Una preoccupazione reale che merita la massima attenzione nel rispetto delle indicazioni del personale medico e delle Autorità politiche e istituzionali.

Fin dai primi giorni è stato chiaro che la vera crisi non è solo il Coronavirus ma soprattutto i suoi effetti indiretti sulla tenuta del Paese: 

  • sul sistema sanitario che rivela le sue debolezze, dopo anni di privatizzazione e indebolimento delle strutture, e che oggi viene sottoposto ad uno stress-test immane;
  • sulla scuola, spesso già affaticata nella sua organizzazione didattica ordinaria;
  • su economie interconnesse e fragili, che dipendono in modo strutturale dalle relazioni internazionali, e il turismo su tutte.

Molte imprese, le associazioni sindacali, professionali e imprenditoriali hanno provato a conteggiare i possibili danni di questa nuova crisi, facendo proiezioni preoccupanti su tutti i comparti produttivi e di servizio. Pur comprendendo le preoccupazioni che oggi angosciano tanti attori economici riteniamo che il ruolo delle “imprese civili” non possa esaurirsi solo nella contabilità dei danni e nel contribuire alla diffusione degli allarmi.

È questo il momento di dimostrare che lo Stato siamo noi. 
E che la responsabilità sociale di impresa non è solo uno strumento di marketing ma è una pratica reale che si attiva soprattutto nel momento della crisi: dimostrando attenzione ai beni comuni (la salute, il lavoro), praticando una comunicazione corretta, formulando proposte concrete e sostenibili con una visione d’insieme, attivando azioni concrete rivolte alle persone più fragili, valorizzando un sistema fatto da imprese, famiglie, scuole, università, organizzazioni ed enti che diventino protagonisti di una nuova e indispensabile solidarietà proattiva.

Tra le tante storie di responsabilità sociale di questi giorni, una ci è sembrata emblematica, quella di Mahmoud Ghuniem Loutfi, rider torinese che per riconoscenza verso la città che lo ha accolto ha comprato, in proprio, mascherine per la Croce Rossa locale. Non ha pensato al proprio danno, ma si è chiesto che cosa poter fare per la sua comunità, e quindi anche per se stesso.

Per le persone e le imprese sane è il momento di tirar fuori generosità e creatività, di praticare buon senso e ragionevolezza.

Nessuno si salva da solo, nessuna impresa si salva da sola. Servono nuove reti, relazioni di reciprocità, percorsi di mutuo sostegno, tra imprese del Nord e del Sud, nei territori e nelle città. È una grande occasione per ricostruire un’operosa fiducia collettiva e per diventare più adulti, meno emotivi e scomposti di come ci vorrebbero certi media. E forse, davvero civili.

info@scuoladieconomiacivile.it

Tratto da www.scuoladieconomiacivile.it/appello-allitalia-civile




Cittadini attivi per una riqualificazione del quartiere

Affacciarsi dal balcone della propria abitazione per prendere consapevolezza della realtà del proprio quartiere e agire per seminare bellezza: è cosi che nasce l’impegno di Lia e Angelo per la riqualificazione di alcuni spazi di Villaseta, frazione del comune di Agrigento.
In un pomeriggio d’estate decidono così di rendersi protagonisti di un possibile cambiamento del loro paese.
Da molto tempo si aspettava che il Comune prendesse l’iniziativa in quanto si era impegnato a ripulire la piazza del quartiere, ormai ingombrata da troppe erbacce e che costituivano un pericolo per l’incolumità dei passanti.
Così, all’imbrunire, Lia e Angelo, forniti di semplici attrezzi, iniziano a pulire e diserbare, sotto lo sguardo curioso dei vicini di casa e di alcuni ragazzi. Qualcuno offre la propria disponibilità a collaborare e così tutti insieme riescono a ripulire la piazza.
Qualche giorno dopo, insieme ai ragazzi e alle associazioni desiderose di collaborare, decidono di riqualificare anche uno spazio attiguo trascurato da anni. In seguito all’autorizzazione del sindaco e al sopralluogo del vicesindaco e di due assessori, iniziano a lavorare e questo spazio diventa così un luogo di aggregazione per giovani e famiglie. Tante persone collaborano mettendo a disposizione alcune pedane di legno per la creazione di panchine, uno scivolo per bambini, anche pneumatici da dipingere per creare delle fioriere. “Se ognuno fa qualcosa si può fare molto”, sembra proprio il concretizzarsi delle parole dette dal Beato Padre Pino Puglisi.




Diffondiamo a tutti l’antivirus della fraternità

In questo periodo segnato dall’emergenza Coronavirus, facciamo circolare delle buone pratiche di fraternità che si vivono quotidianamente.

26 febbraio 2020

Oggi alle ore 13, su iniziativa del sindaco di Gorgonzola, io parroco insieme al sindaco e alla presidente della Proloco, accompagnati dal capo dei vigili urbani di Gorgonzola, siamo andati ad incontrare i sindaci di Codogno e di Casalpusterlengo, al limite della zona rossa.

Siamo andati per consegnare loro quattro forme di gorgonzola come segno: segno della vicinanza della nostra gente alla popolazione della zona rossa. Segno per me di voler donare un antivirus, l’antivirus della fraternità, perché con il corona virus rischia di diffondersi oggi fra le persone un virus più pericoloso, ed è il virus dell’indifferenza, del sospetto e dell’individualismo.

Per questo ci sembrava importante dire che siamo vicini alle popolazioni colpite; siamo vicini con un segno di solidarietà, di vicinanza, di attenzione, di fraternità. Abbiamo invitato i due sindaci a venire a Gorgonzola per la sagra del gorgonzola. Loro sono stati molto, molto contenti.

Hanno detto che è stata la prima delegazione ufficiale di un comune di un parroco ad andare da loro per manifestargli un segno di vicinanza. Erano quasi commossi tanto erano contenti e non finivano mai di ringraziarci; di ringraziarci non tanto per quattro forme di gorgonzola, ma ringraziarci per questa vicinanza, per questa attenzione alla loro situazione.

Chiaramente abbiamo parlato a due metri di distanza con tutte le mascherine, con tutte le precauzioni che la legge impone anche se loro non sono infetti e non hanno alcun problema. E’ stato credo davvero un momento molto bello, direi proprio un segno grande, un segno di fraternità, un segno d’amore. 

L’attenzione che dobbiamo avere per non contagiare va vissuta non nella forma del sospetto, ma nella forma di un atto d’amore reciproco che ci doniamo vicendevolmente. E allora anche le privazioni che ci sono richieste, credo sia importante viverle proprio come atto d’amore nei confronti dei fratelli. Diffondiamo a tutti l’antivirus della fraternità.

don Paolo Zago – parroco di Gorgonzola (MI)

http://www.focolaritalia.it/2020/03/10/contagiamoci-con-le-buone-pratiche-di-fraternita/




La cresima

La mia fidanzata, Giorgia, vuole sposarsi in chiesa. È necessario il certificato della cresima che non ho e ci vuole una preparazione. All’inizio sembra tutto semplice, ma quando mi trovo con ragazzi molto più giovani di me ad ascoltare le lezioni di catechismo, mi sembra troppo. Vorrei mandare tutto in aria.

Giorgia non cambia idea, lei è convinta del sacramento del matrimonio. Il nostro rap- porto entra in un tunnel. Praticamente rimandiamo la data del matrimonio. Sono mesi di travaglio e di domande. Sono formato a vedere la Chiesa come istituzione retrograda e ora eccomi qui a elemosinare un certificato.

Quello che mi fa rabbia è che per Giorgia non si tratta di una formalità, ma di un modo di impostare la famiglia. Il nostro rapporto va in fumo. In quei giorni, in un incidente, mia madre rimane paralizzata. Giorgia viene a trovarla tutti i giorni e mia madre trova in lei non solo amicizia, ma un tipo di presenza che l’aiuta ad accogliere il suo stato con serenità. Capisco che Giorgia ha motivi profondi per agire così. Sparisce in me ogni dubbio: costi quel che costi, è lei la donna della mia vita.

(Tratto da Il Vangelo del giorno, Città Nuova, anno V, n.6, novembre-dicembre 2019)




Come i bambini

Faccio il fotografo di professione e quando qualcuno mi chiede se mi sento realizzato in questo lavoro, rivedo tanti momenti, tanti “quadri” di gente che cerca di essere fotografata dal lato più fotogenico, di dirigenti che al momento dello scatto frenano il respiro e ritirano la pancia.

È come sottoporsi a una specie di esame in cui si punta ad essere o apparire migliori, diversi da quello che si è. Soltanto nei bambini non trovo queste reazioni. Un giorno in chiesa si leggeva un discorso di Gesù sulla necessità di diventare come i bambini: l’ho capito con la mia esperienza di fotografo. Gesù chiede di essere quelli che siamo, come i bambini.

(Tratto da Il Vangelo del giorno, Città Nuova, anno VI, n.1, gennaio-febbraio 2020)




Città Nuova e il patto educativo: rivedi la diretta streaming

il link sul canale cittanuovatv per rivedere il focus tematico che si è svolto durante l’incontro annuale del Gruppo editoriale.

Per riflettere sulla proposta del papa, cercando di individuare piste di dialogo, di crescita e di confronto, sabato 22 febbraio a Castel Gandolfo si è svolto un focus sul patto educativo, nell’ambito dell’incontro annuale del Gruppo editoriale Città Nuova.

Un appuntamento al quale hanno partecipato il regista Fernando Muraca (autore di Liberamente Veronica), la pedagogista Carina Rossa (membro del Comitato per il Patto educativo e coautrice di Custodire l’infanzia), il docente universitario Ugo Morelli (psicologo, autore di Eppur si crea e coautore di Dialogo dunque sono), la studentessa Cristina De Carolis, l’insegnante ed educatrice Patrizia Bertoncello (autrice di Bambini nei guai e redattrice del giornalino per bambini Big). (Fonte: Città Nuova)




Per un Patto educativo globale: diretta streaming da Castel Gandolfo

Sabato 22 febbraio dalle 15 alle 16,30 da Castel Gandolfo sarà trasmesso in diretta streaming un incontro con giovani, esperti e addetti ai lavori per approfondire il tema del patto educativo in attesa dell’evento del 14 maggio in Vaticano promosso dal papa. Un appuntamento organizzato nell’ambito dell’incontro annuale del Gruppo editoriale Città Nuova.

Il focus consentirà di approfondire l’importanza dell’educazione reciproca e del dialogo tra generazioni, al fine di «promuovere insieme e attivare, attraverso un comune patto educativo, quelle dinamiche che danno un senso alla storia e la trasformano in modo positivo», come indicato dal papa. Per diventare, ciascuno, protagonista consapevole di questa alleanza, «facendosi carico di un impegno personale e comunitario, e coltivare insieme il sogno di un umanesimo solidale».

L’articolo proviene da Città Nuova




Oltre al credere anche il sentire

Riceviamo da Giovanni, che ha lasciato questo messaggio nello spazio del nostro sito riservato alle esperienze sulla Parola di Vita,e volentieri condividiamo con tutti.

In tanti momenti della giornata mi chiedo che ci sto a fare, perchè esisto, chi me lo fa fare a a vivere o perchè essere positivo… La risposta mi viene da quella voce che mi penetra, avverto, sento e mi muove dentro. Mi dice che se esisto c’è un perché e devo esserne certo. Fatto sta che ogni giorno ho davanti un immenso territorio da scoprire e che tutto può dipendere da me, che quindi sono unico, l’unico che può intercettare questa realtà misteriosa finché non ci metto su mani. Sarò allora prezioso e indispensabile, mi domando.

Rassicurato della mia grandezza, come di quella di ognuno, avverto la forza per agire e reagire e che mi fa prendere possesso delle mie energie per intervenire su quanto mi si offre, su quanto la vita mi offre, a cominciare da quello che mia moglie si attende, il mio ingegno, il mio lavoro, il mio impegno, tutto ciò a cui sono chiamato e che si para innanzi…

A volte però sono io ad andarmi a cercare o a inventare il da farsi, quello che poi mi travolge con le sue urgenze e i nuovi progetti. Non sono allora un nulla, un niente, come qualcuno vuole farmi credere, ma sono un grumo di volontà e di risorse da sprigionare nel mondo dell’esistere. Poi però riscontro il limite che esiste nel mio operato… e viene da scoraggiarmi. Nel frattempo sento quella voce che mi rassicura e mi accompagna per farmi scoprire chi io sia, mentre mi dà la forza di mettermi ancora e di nuovo alla prova nella realtà, nella mia vita.

Allora contemplo, sento la mano, scorgo un volto di Qualcuno che mi fa grande e a cui familiarmente potrei dare un nome. Voce che continua a chiedermi cosa e chi me lo faccia fare. Insomma, perché? E l’unica risposta che sento è quella di ‘Amore’, che mi attraversa e che mi fa trattare le cose con amore. Amore di chi? Penso che se mi ama, vuol dire che mi sta pure aspettando. E il successivo dubbio viene superato da quella voce che mi si rivolge ancora per dirmi che sono importante e che tutto può dipendere dalla mia iniziativa.

Giovanni




Time to Dare: solidarietà e tecnologia

Incastonato nei due eventi del Centenario di Chiara Lubich e dell’Economy of Francesco – di cui ha voluto essere una tappa di sensibilizzazione di preparazione – ha preso vita un evento nuovo ed originale: TIME TO DARE, un titolo, uno slogan. Sia che lo si legga interamente in inglese oppure mezzo in italiano va bene lo stesso perché osare e dare sono le due parole chiave di questo progetto.
Suo obiettivo primario era realizzare una piattaforma web che, basandosi sul principio della
gratuità, permetta a chi desidera donare quanto per se è superfluo o scarto, di farlo digitalmente a beneficio di chi ne ha necessità.

Time to Dare è stato un evento che ha avuto luogo a Caserta il 21 e 22 gennaio 2020.

guarda il video di “A Sua immagine”

time to dare – scarica l’articolo

La parola a Mattia Picariello (gen di Napoli) – studente di Ingegneria informatica -che ha collaborato al Progetto:
“Per me Time to Dare non è stato solo un evento, bensì l’occasione per poter collaborare con tanti giovani di realtà sociali diverse. Con questo doppio evento abbiamo voluto sognare una società diversa, ed abbiamo lanciato una sfida alla società stessa. Lavorando da anni come sviluppatore di app, vedere così tanti giovani partecipare al nostro hackaton con l’obiettivo di ideare e sviluppare una piattaforma che attualizzi i principi dell’economia di comunione nel mondo digitale è stata una grande gioia. E’ cresciuta in me la consapevolezza che non siamo soli, e che la tecnologia, se usata per i grandi ideali, può essere senza dubbio un mezzo per la realizzazione del mondo unito.
Con il forum infine abbiamo avuto l’opportunità di dialogare con tanti, sia riguardo la
piattaforma stessa, e sia riguardo le tematiche che ci hanno spinto a volerla realizzare.
Time to Dare però non si è concluso con questi due eventi, perché, come ci dice il papa, ora è tempo di osare!”




Giovani del Movimento dei Focolari nelle Marche ed in Abruzzo

Il 2020 si è aperto con un ritiro di due giorni con tutte le realtà giovanili del Movimento dei Focolari nelle Marche. Giovani e adulti si sono incontrati nella casa di Maria a Loreto per l’inizio di un nuovo percorso insieme con tante altre tappe. Dopo la prima edizione del 2019 con i soli giovani dei Movimenti Diocesani delle Marche e Abruzzo, la seconda edizione ha coinvolto circa 50 altri giovani. Gianluca Falconi ci ha aiutati a raccontare l’Amore a partire dalle nostre esperienze personali, alla ricerca della nostra felicità. Abbiamo concluso il 3 gennaio con un momento di famiglia in Santa Casa per rivederci presto.




Religiosi e consacrati in dialogo nel centenario di Chiara Lubich

“Carismi in comunione. La profezia di Chiara Lubich” questo il titolo del convegno internazionale per religiosi, consacrati e laici che si svolge dall’8 al 9 febbraio al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo (Italia) in occasione del centenario dalla nascita di Chiara Lubich fondatrice del Movimento dei Focolari.

Oltre 400 partecipanti – cattolici e quattro ortodossi – a rappresentare più di cento famiglie carismatiche, provenienti da 27 Paesi.

Lo scopo del convegno è quello di promuovere l’unità fra i carismi favorendo la comunione tra le istituzioni religiose; approfondire l’apporto profetico che scaturisce dal carisma dell’unità di Chiara Lubich; valorizzare l’apporto dei laici inseriti nelle “famiglie carismatiche”; sostenere il cammino ecumenico tra consacrati di varie Chiese; guardare alle sfide attuali con un’ottica carismatica più ampia per meglio servire una Chiesa sinodale ed una umanità solidale.

“Che questi giorni siano un laboratorio di speranza – ha affermato la Presidente dei Focolari, Maria Voce -. Il titolo del Convegno, “carismi in comunione” stimola a vivere nell’ascolto e nel dono reciproco, perché offrendo la ricchezza degli specifici carismi si realizzi un’autentica esperienza di condivisione. (…) Vivere l’unità tra i carismi è una grande responsabilità, per dare alla Chiesa un volto credibile di fronte al mondo che ci circonda, per procedere sulla via dell’ecumenismo, per superare i conflitti e coinvolgere alla pace. Forse mai come in questo tempo la dimensione carismatica nel suo insieme viene interpellata e riconosciuta come co-essenziale per il futuro della Chiesa”.

Fra i partecipanti il Card. João Braz De Aviz, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica:“le persone consacrate, venendo a contatto con il Movimento dei Focolari, si sono sentite attratte dalla luce di questo carisma e dalla freschezza evangelica della spiritualità che ne è nata. Hanno trovato in essa una spinta e un aiuto a valorizzare la bellezza e l’originalità dei propri specifici carismi, a rinnovare i rapporti di fraternità nei loro Istituti, ad apprezzare ed amare gli altri carismi come il proprio, a crescere nella comunione affettiva ed effettiva con i pastori e con le altre componenti del popolo di Dio, ad allargare lo sguardo e il cuore ai fratelli e sorelle delle altre Chiese cristiane e agli appartenenti ad altre religioni. 

Ecco come Chiara Lubich racconta questa “sintonia” e amicizia spirituale fra l’Opera da lei nata e i consacrati: «La spiritualità dell’unità aiuta a sviluppare le potenzialità già insite nella propria vocazione e la arricchisce, nello stesso tempo, di nuovi valori». Da parte loro, «tutti i membri del Movimento – afferma Chiara – si sono sempre abbeverati e si abbeverano alla sapienza dei santi ed in specie dei santi fondatori. […] Vi è quindi una reciprocità di doni fra il Movimento dei Focolari ed il mondo dei religiosi, come è richiesto dall’essere tutti membra l’uno dell’altro nel Corpo mistico di Cristo»”.

Lorenzo Russo

Vedi anche Articolo Agensir




Centenario Chiara Lubich: Messaggio di Papa Francesco ai vescovi riuniti a Trento

VESCOVI “ALLA SCUOLA DELLO SPIRITO SANTO”

Un messaggio di Papa Francesco, seguito da un saluto della Presidente dei Focolari Maria Voce, hanno aperto a Trento il convegno “Un Carisma a servizio della Chiesa e dell’umanità” al quale partecipano 7 Cardinali e 137 Vescovi, amici dei Focolari, di 50 Paesi.

“È bene, anche per i Vescovi, mettersi sempre di nuovo alla scuola dello Spirito Santo”. Con questa sollecitazione di Papa Francesco si è aperto questa mattina a Trento il convegno internazionale “Un Carisma a servizio della Chiesa e dell’umanità” al quale partecipano 7 Cardinali e 137 Vescovi, amici del Movimento dei Focolari, in rappresentanza di 50 Paesi. In occasione del centenario della nascita di Chiara Lubich, il convegno vuole approfondire il significato e il contributo del carisma dell’unità dei Focolari a servizio della Chiesa e dell’umanità. Una delegazione dei partecipanti lo scorso 6 febbraio è stata ricevuta in udienza dal Santo Padre, che ha affermato “Mi avete portato la gioia, andate avanti!”.

Nel suo messaggio, letto questa mattina dall’arcivescovo di Bangkok, card. Francis X. Kriengsak Kovithavanij, Papa Francesco ha affermato che i doni carismatici come quello della spiritualità dei Focolari sono “co-essenziali, insieme ai doni gerarchici, nella missione della Chiesa”. “Il carisma dell’unità – continua il sommo pontefice – è una di queste grazie per il nostro tempo, che sperimenta un cambiamento di portata epocale e invoca una riforma spirituale e pastorale semplice e radicale, che riporti la Chiesa alla sorgente sempre nuova e attuale del Vangelo di Gesù”.

Il Papa incoraggia i Vescovi presenti a vivere anche loro i punti cardini della spiritualità di Chiara Lubich: l’impegno per l’unità; la predilezione di Gesù crocifisso come bussola esistenziale; il farsi uno “a partire dagli ultimi, dagli esclusi, dagli scartati, per portare loro la luce, la gioia, la pace”; l’apertura “al dialogo della carità e della verità con ogni uomo e ogni donna, di tutte le culture, le tradizioni religiose, le convinzioni ideali, per edificare nell’incontro la civiltà nuova dell’amore”; l’ascolto di Maria, dalla quale “si impara che ciò che vale e resta è l’amore” e che insegna come portare anche oggi al mondo il Cristo “che vive risorto in mezzo a quanti sono uno nel suo nome”.

Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari, in un videomessaggio ha sottolineato il fatto che questa spiritualità vuole essere – come lo dice il titolo del convegno – “al servizio della Chiesa e dell’umanità”. In un’epoca nella quale “ci sono sfide per la Chiesa in tutte le parti del mondo” – ha affermato la Presidente dei Focolari – “siamo chiamati a una nuova inculturazione del Vangelo di Gesù, che faccia tesoro dell’esperienza del passato ma lo sappia riesprimere, con profezia, in questo nostro tempo. Per questo occorre anche aprirci e scoprire la forza rinnovatrice insita in tanti dei nuovi carismi presenti nella Chiesa di oggi”.  
“La realtà dei Vescovi amici del Movimento dei Focolari” – ha affermato la Presidente – vuole proprio promuovere “uno stile di vita di comunione tra Vescovi cattolici di tutto il mondo, ma anche tra Vescovi di varie Chiese” e contribuire così “a rendere sempre più effettiva e più affettiva la collegialità”.
 
Il programma continuerà nel pomeriggio con la visita dei partecipanti alla mostra “Chiara Lubich, città mondo” alla Galleria Bianca a Piedicastello. Alle ore 17,15 nella chiesa di Santa Maria Maggiore prenderanno parte all’evento artistico “Dal Concilio tridentino a Chiara tridentina”. Alle 19,15 al Centro Mariapoli di Cadine, ci sarà la Santa Messa presieduta da Monsignor Lauro Tisi, Arcivescovo di Trento.
 
Domani, domenica 9 febbraio, alle ore 10,00 nel Duomo di Trento, si terrà la concelebrazione della Santa Messa. Presieduta dal cardinale Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij e aperta dal saluto dell’Arcivescovo di Trento, sarà trasmessa in diretta da TV2000 e in streaming sul sito www.centenariolubichtrento.it .

A seguire saranno accolti presso la Sala Depero del palazzo della Provincia dai Presidenti del Consiglio Provinciale, Walter Kaswalder, e della Giunta Provinciale, Maurizio Fugatti, e dal Sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, per un indirizzo di saluto alle autorità locali.
 
Il convegno proseguirà poi, dal 10 al 12 febbraio, a Loppiano (Firenze), nella cittadella internazionale del Movimento dei Focolari. In collaborazione con il “Centro Evangelii Gaudium”, dell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano si affronteranno alcune tematiche di attualità per la Chiesa e la società di oggi attraverso relazioni, tavole rotonde e momenti di dialogo. Tra gli argomenti in programma: “La Chiesa e le sfide attuali” con la partecipazione di Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio; “La Chiesa si fa dialogo” con l’approfondimento di quattro dimensioni della vita della Chiesa: quella kerigmatica, comunionale, dialogica e profetica. Ogni giornata sarà arricchita da testimonianze di Cardinali e Vescovi di varie parti del mondo. 

Info e contatti: 
Ufficio comunicazione Focolari: ufficio.comunicazione@focolare.org
Anna Lisa Innocenti – +39 338 3944209 

Comunicato Stampa PDF – 

Messaggio del Papa 

Messaggio Maria Voce