Osare una nuova era. L’amore reciproco tra i popoli




Le potenzialità del dialogo

CONVEGNO INTERNAZIONALE
OnCity: reti di luci per abitare il pianeta
Laboratorio internazionale di cittadinanza per il bene comune

Atti del Convegno Internazionale Oncity-reti di luci per abitare il pianeta, che dal 1° al 3 Aprile 2016 ha riunito al Centro Congressi di Castel Gandolfo (Rm) 900 partecipanti provenienti da tutto il mondo: tre giorni di lavori, riflessione e confronto su alcuni grandi temi d’attualità legati alla vita nelle città.

Il convegno, organizzato dal Movimento Umanità Nuova, AMU e Movimento Giovani per un Mondo Unito, è un’iniziativa che si colloca nel quadro dello United World Project (UWP).

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Le potenzialità del dialogo nelle situazioni di conflitto: processi globali e personali

La relazione educativa come “luogo” di dialogo tra generazioni per affrontare, trasformare e superare il conflitto – Annelisa Vecchione, Formatrice, Potenza (Italia)

“Il rapporto educativo è puramente dialogico” (Martin Buber)

LA STORIA – L’idea: Sogno e Realtà –

La mia esperienza di educatore comincia nel 1999, con l’ideazione, insieme ad alcuni miei colleghi, di un laboratorio di narrazione per lo sviluppo di un progetto inserito nell’ambito della realizzazione di centri ludici per l’infanzia e l’adolescenza sul territorio della Basilicata (Italia).

I centri ludici furono realizzati nel 2001 ed io, insieme al mio gruppo di lavoro, cominciai a costruire un laboratorio della fiaba per i bambini del mio territorio. Laboratorio che è diventato poi, nel tempo, una metodologia educativa che definisco “Educazione Socio – Emotiva Integrata”, che ha preso forma in maniera più chiara nel 2005, quando abbiamo proposto questa esperienza ad un istituto comprensivo di un comune lucano (Viggiano), nel quale ho lavorato per sei anni come esperta nella conduzione di laboratori socio – emotivi in classe, durante le ore curriculari come supporto ai docenti, nella scuola dell’Infanzia e Primaria.

I laboratori di educazione socio emotiva integrata si costituiscono come piccole comunità educanti, alle quali partecipano i bambini, gli insegnanti, i genitori, che a turno, vengono ospitati in classe per condividere le attività di laboratorio, cercando di costruire relazioni in cui ci si impegna a generare un’accoglienza incondizionata, non giudicante dell’altro, nello sforzo costante di valorizzare il positivo di ciascuno, per realizzare una consapevole reciprocità.

Il processo di insegnamento/apprendimento nei laboratori socio emotivi integrati, è finalizzato all’acquisizione di comportamenti che tentano di genera il “Ben–stare” insieme. Gli strumenti utilizzati sono i contenuti disciplinari e l’educazione al riconoscimento e alla gestione delle emozioni primarie, attraverso la decodifica dei comportamenti, spesso conflittuali tra pari, ma anche tra genitori e insegnanti e tra questi e i bambini o i ragazzi. L’esperienza è stata poi replicata in diverse scuole della Basilicata, circa una decina, fino a trasformarsi nel 2014 in un Progetto di Comunità, finanziato dai fondi europei, per la valorizzazione del territorio e della memoria, realizzato nel comune di Sarconi, in provincia di Potenza in Basilicata.

IL METODO – Leggere e decodificare la realtà

COME costruire relazioni che si trasformano in “luogo di dialogo”, che possano consentire di affrontare la conflittualità, trasformandola in incontro?
Lavorando per diversi anni con i bambini ho imparato, ascoltando le loro narrazioni con attenzione, molte cose che mi hanno aiutata a mettere insieme lo studio, la conoscenza, con la realtà dei rapporti umani, la teoria con la pratica. Senza questo connubio, il processo educativo non può realizzarsi e i bambini con i loro bisogni, spesso inascoltati, mi hanno “suggerito” la necessità di coinvolgere, nonostante le difficoltà organizzative, burocratiche, gli adulti nelle attività laboratoriali.

Coloro che sono stati coinvolti nelle attività, non potevano essere destinatari di questo processo, ma partecipanti, costruttori del dialogo.
I laboratori sono strutturati in modo da dare valore alle persone, capovolgendo le logiche diffuse in una società competitiva, edonistica, consumistica. Lo spazio laboratoriale diventa luogo per acquisire e sviluppare competenze che si realizzano in un clima altruistico di collaborazione, che richiede il sacrificio del “mi piace”, oggi molto usato nelle chat, intervallandolo con altri atteggiamenti, come ad esempio: “provo ad ascoltarti”,“provo a mettermi in gioco”, “mi fido di te”, “ti chiedo aiuto”, “ti racconto una storia …”.

In classe si lavora quasi sempre in coppia, in gruppo, mettendo in comune lo spazio, gli strumenti, le conoscenze, la pazienza, il fastidio, a volta il disordine, l’inevitabile scontro, con lo scopo di mediare, di “ascoltare” il disagio provocato dalla frustrazione del limite che l’altro mi pone con la sua presenza. L’educatore educa attraverso la sua carne e il suo sangue, non solo attraverso le parole e le spiegazioni. Spesso, incorriamo nel verbalismo, rischio che tutti gli educatori, oggi corrono, focalizzando il proprio impegno educativo in una serie di spiegazioni teoriche; ma non posso educare all’altruismo e alla collaborazione, al rispetto e all’ascolto, se non predispongo i banchi in un certo modo, se non favorisco l’utilizzo comune degli strumenti e dei materiali, e così via.

Nei laboratori di educazione socio emotiva integrata rivolti agli adulti (realizzati nelle biblioteche comunali, nei centri per le famiglie, nelle scuole ecc), non si ascolta una lezione in modo distaccato, ma si sta in cerchio, si partecipa ai giochi di pedagogia creativa, si sente il fastidio o l’imbarazzo del decostruire per ricostruire, dando un senso condiviso alle parole “RELAZIONE”, “DIALOGO”, “CAMBIAMENTO”, “DARE VALORE”, “EDUCATIVO”.

LE ESPERIENZE – tendere verso la realizzazione di un FINE indefinitamente perfettibile, ma concretamente realizzabile –
“I luoghi dei legami e della memoria”) – 2014 –
Partecipanti:

  •   gruppo studio e ricerca (15 – 25 anni);
  •   4^ e 5^ primaria e 1^, 2^, e 3^ secondaria di primo grado;
  •   adulti, famiglie, anziani in pensione;
  •   Enti e associazioni del territorio (Comune, Parrocchia, Ass. culturali, turistiche e divolontariato).

Il progetto sviluppato a Sarconi, dall’associazione Ca.Tali.Te e dalla Pro Loco, relativo ai Luoghi della Memoria, è stato un viaggio emotivo – sensoriale nell’immaginario collettivo, di quanti, hanno voluto partecipare alle attività proposte.
L’iniziativa progettuale, ha dato vita ad una rete culturale che ha messo in relazione persone, enti, istituzioni e infrastrutture, favorendo una circolarità di iniziative che ha spinto la comunità a prendere coscienza del patrimonio esistente e a condividerlo come bene comune, vivendo l’appartenenza ad un territorio non come semplice fatto geografico, ma nel senso di avere intessuto con esso un “legame emotivo”, costruito attraverso le persone, il contatto di mani e di piedi che hanno toccato, camminato, accarezzato volti, strade, muri e pietre.

“Abitare il Sogno” (Potenza) – 2014/2016 – Partecipanti:

  •   i giovani allievi di diverse scuole secondarie di secondo grado (15 -18 anni) del capoluogo potentino impegnati in 7 laboratori creativi ( pittura, scrittura, graffiti, teatro, musica ecc.);
  •   di cui uno dedicato ai ragazzi del Carcere minorile di Potenza;
  •   un laboratorio dedicato agli adulti educatori (genitori, insegnanti, allenatori, catechistiecc.).Il Progetto, di cui è promotore il Rotary Club di Potenza in collaborazione con la Regione Basilicata, si è posto l’obiettivo di costruire con consapevolezza una comunità educante; una comunità di persone disponibili ad allearsi per formarsi e confrontarsi. La comunità educante è un modo di essere e di vivere, in cui non ci si limita ad affermare l’importanza della collaborazione e della condivisione in linea di principio, ma si tenta di creare occasioni di scambio e di comunicazione, spazi per il sostegno e la formazione dei diversi soggetti coinvolti, attraverso il quale generare il bene comune, un sistema che garantisce le condizioni per cui ciascuno può impegnarsi per realizzare i propri sogni, specialmente le giovani generazioni alle quali, spesso, il mondo adulto nega il futuro non svolgendo adeguatamente nel presente la propria funzione educativa.

Alcune affermazioni conclusive degli adulti che hanno partecipato al percorso, parole incarnate, frutto dei mesi trascorsi insieme:

  • “si insegna soltanto se si impara”;
  • “educare è amare: la parola che nasce dal cuore arriva al cuore”;
  • “Educare è cambiare se stessi”;
  • “Educare è comunicare il messaggio abbi fiducia in te”;
  • “ho acquisito una maggiore consapevolezza dell’atto educativo e ciò mi stainducendo ad una riflessione prima dell’azione che mi conferisce serenità e capacità di autocontrollo”;CONCLUSIONI COME INIZIOAffermava Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, a Washington, durante la Lectio Magistralis tenuta in occasione del conferimento della Laurea Honoris Causa in Pedagogia:
    “Ogni pedagogia autentica è portatrice di una tensione utopica, da intendersi come idea regolativa a costituire tra noi, quel paese che ancora non c’è, ma che dovrebbe esserci. L’educazione, in tale prospettiva è vista come mezzo per avvicinarsi al fine utopico[…]. L’utopia non è un sogno, né illusione, né una meta inavvicinabile, essa è tra noi[…]”.

    Allora potremmo dire che il fine utopico dell’educazione socio – emotiva è costruire una comunità educante, in cui è la memoria la mappa di una comunità, espressa attraverso il dialogo nei legami tra generazioni, per insegnare e imparare a progettare e realizzare, con impegno, il cammino per abitare il proprio sogno, educando al difficile, all’incarnazione della parola, con il contributo di tutti coloro che partecipano.

    Affermava Monsignor Romero in una sua riflessione, di cui vi lascio solo alcune righe stralciate:
    “[…]Non possiamo fare tutto, però dà un senso di liberazione l’iniziarlo. Ci dà la forza di fare qualcosa e di farla bene. Può rimanere incompleta, però è un inizio, il passo di un cammino […]”.

E’ il nostro inizio quotidiano che costruisce la via per raggiungere la meta prefissata, e il cammino è la parte reale e concreta del nostro fine utopico.

Annelisa Vecchione

Fonte: dal sito ufficiale del unitedworldproject




Città in dialogo

CONVEGNO INTERNAZIONALE
OnCity: reti di luci per abitare il pianeta
Laboratorio internazionale di cittadinanza per il bene comune

Atti del Convegno Internazionale Oncity-reti di luci per abitare il pianeta, che dal 1° al 3 Aprile 2016 ha riunito al Centro Congressi di Castel Gandolfo (Rm) 900 partecipanti provenienti da tutto il mondo: tre giorni di lavori, riflessione e confronto su alcuni grandi temi d’attualità legati alla vita nelle città.

Il convegno, organizzato dal Movimento Umanità Nuova, AMU e Movimento Giovani per un Mondo Unito, è un’iniziativa che si colloca nel quadro dello United World Project (UWP).

 

Potenzialità del dialogo nelle situazioni di conflitto: processi globali e personali

Buone prassi Città in dialogo

Intervento di Milvia Monachesi, Sindaco di Castel Gandolfo, Presidente dell’associazione “Città per la fraternità”

Fonte: dal sito ufficiale del unitedworldproject

Sito Associazione città per la fraternità




I popoli nella famiglia umana

Seminario di Primiero 27-28 agosto 2016

LO SPIRITO DI PRIMIERO E LA PACE TRA I POPOLI

L’attualità di un patto siglato nel 1959 nella località del Trentino. Lo sguardo planetario delle prime comunità del Movimento dei Focolari dalla guerra fredda agli scenari del nuovo millennio.

Vedi articolo su città nuova online

 




Relazione e relazionalità

«In principio è la relazione», scriveva nella prima metà del secolo scorso il grande Martin Buber, esponente del pensiero ebraico. Da allora, e grazie agli sviluppi compiuti dalla scuola dialogica, questa categoria è entrata con autorevolezza nella scena filosofica contemporanea, con conseguenze per la vita sociale e l’orizzonte di senso dell’esistenza.

Le scienze umane, in particolare, ne hanno fatto un uso proficuo e fecondo. Sempre più tendiamo a pensare che la relazione sia quella dimensione della persona che in qualche modo la definisce. La capacità di relazione è perciò diventata importante in tutti gli ambiti dell’agire umano. Il fallimento di tante nobili imprese, per esempio, può essere fatto risalire a problemi di relazione. Avere una buona relazione risulta, per lo più, un positivo punto di partenza e una garanzia di continuità. La relazione è davvero essenziale.

Eppure, dal mio punto di vista, mi permetterei di modificare la frase del grande filosofo austriaco-israeliano con quest’altra: «In principio è la relazionalità». Con questo intendo dire che la relazione è sempre seconda, perché c’è qualcosa di più radicale: la relazionalità. È la struttura relazionale della persona che permette di entrare in relazione, ma non esige necessariamente un rapporto con l’altro per esserci. La relazionalità implica l’essere, la relazione, il fare. Relazionalità e relazione non si oppongono, ma vanno distinte perché toccano due dimensioni diverse della persona.

La conclusione sembra paradossale: ci sono persone povere di relazioni ma ricche di relazionalità, e viceversa. Avere tanti rapporti, infatti, non è necessariamente indice di relazionalità. Pongo un caso estremo: una suora di clausura può essere più ricca di relazionalità di una star cinematografica, anche se infinitamente più povera di relazioni. Si può essere aperti all’infinito senza valicare il perimetro della propria stanza, così come chiusi in sé stessi mentre si gira il mondo. È una questione di quantità e qualità, allora? Sì e no.

Decisiva – come criterio di qualità delle relazioni – è la misura con cui esse partono o meno dalla struttura relazionale della persona. Non è, quindi, questione di quantità o qualità, ma di profondità e reciprocità. La relazionalità proviene dal fondo dell’essere umano ed è sempre aperta. Aperta alla reciprocità, mentre non sempre le relazioni schivano la tentazione individuo-centrica. Partire dalla struttura relazionale della persona vuol dire allora essere coscienti che nelle nostre relazioni c’è sempre qualcosa che le precede e qualcosa che le eccede. Significa rinunciare a dominare le relazioni, addirittura a costruirle come se dipendessero da noi.

Le relazioni non si costruiscono, si cercano. Questo vuol dire che nei nostri rapporti dobbiamo essere attenti soprattutto a ciò che ci sorprende, all’imprevisto. La “volontà di potenza” che caratterizza spesso l’uomo moderno tende non di rado a imporre le relazioni, anche per buoni fini. Può succedere, per esempio, nel rapporto padre-figli o nei rapporti di coppia. Se vogliamo rapporti carichi di relazionalità dobbiamo invece curare l’atteggiamento di attesa, di ascolto, di pazienza, anche di assenza. La relazionalità richiede amore insieme a una sorta di passività che, ben vissuta, è l’unica veramente aperta al nuovo.

Le conseguenze etiche di questa distinzione, che può apparire solo accademica, sono in certi casi decisive. Un esempio: se la persona fosse primariamente relazione, intendendo con questo la capacità di costruire rapporti, l’aborto sarebbe legittimo perché l’embrione non è in grado di costruirli. Anche la persona in coma non avrebbe diritto di vivere, perché incapace di avere rapporti con gli altri. Se invece ciò che definisce alla radice la persona è la relazionalità, che per esserci non ha bisogno di rapporti perché viene prima di essi, allora le cose cambiano sostanzialmente.

Jesús Morán

Copresidente del Movimento dei Focolari. Laureato in Filosofia,
è specializzato in antropologia teologica e teologia morale.

Fonte: Città Nuova (gennaio 2016, pag. 67)




Summer School Comunione e Diritto

Vedi articolo su come è andato l’evento

Summer School Comunione e Diritto 2016 a Chiaramonte Gulfi

RagusaNews: leggi l’articolo




Loppianolab 2016

POWERTA’
La povertà delle ricchezze e la ricchezza delle povertà

30 settembre – 2 ottobre 2016 (Loppiano – FI)

Loppianolab 2016 programma generale

Sito Loppianolab

Pagina Facebook

Twitter @LoppianoLab

Le prenotazioni a Loppianolab sono chiuse, è comunque ancora possibile partecipare: in che modo?

Prenotazioni Pass Ingresso: scrivere direttamente all’accettazione loppianolab.accoglienza@loppiano.it specificando il punto di ricezione a cui si preferisce rivolgersi per il ritiro dei pass:

  • Polo Lionello Bonfanti dal 30/09/16
  • Auditorium di Loppiano dal 28/09/16

Nota: La Performance  “Gen Verde + Giovani… In Action!” richiede specifica prenotazione via mail sempre all’indirizzo loppianolab.accoglienza@loppiano.it. o prenotazione telefonica 055-9051102.   I pass  prenotati verranno rilasciati  fino ad esaurimento posti.

Prenotazioni per vitto e alloggio: rivolgersi direttamente a

Alberghi e strutture recettive:

  • Hotel Michelangelo – www.hotelmichelangelovaldarno.com/

Indirizzo: Via Poggilupi, 580A, 52020 Terranuova Bracciolini AR

Telefono: 055 973 8557

  • Hotel Masaccio –  hotelmasaccio.com/

Indirizzo: Lungarno Don Minzoni, 38, 52027 San Giovanni Valdarno AR

Telefono: 055 912 3402

Pasti:

  • Polo Lionello Bonfanti

– Presso “Terre di Loppiano” pasti caldi a prenotazione  o snack a buffet a tutte le ore.  Per prenotazione o informazioni tel. 055-8330888 email: info@terrediloppiano.com

  • Auditorium di Loppiano

– Punti Ristoro e Snack veloci da consumare a buffet sono sempre disponibili, con pagamento sul posto.

Vi segnaliamo che è stato pubblicato su www.loppianolab.it una clip del Gen Verde che come sapete animerà cinque workshop e una performance tutti dedicati ai giovani.

Questo il link: http://www.loppianolab.it/#loppianolab-giovani

Quest’anno LoppianoLab pone un’attenzione particolare alla partecipazione delle famiglie. Vi ricordiamo qui il programma per le nuove generazioni:

LOPPIANOLAB GIOVANI & GEN VERDE

Laboratori artistici per ragazzi e giovani dai 14 ai 25 anni:

I laboratori costituiscono un percorso artistico. È vivamente consigliata la partecipazione a tutto il programma. È necessario prenotarsi indicando il workshop prescelto: adriana.martins@genverde.it

LOPPIANOLAB KIDS Per bambini e ragazzi da 4 a 13 anni:

E’ TEMPO DI DARE. La felicità non dipende da quello che hai. Laboratori sui temi:

– Povertà (la felicità non dipende da quello che hai)

– Cultura del dare (C’è più gioia nel dare)

– Ecologia (curiamo la nostra terra)

Per i più piccoli: servizio di baby sitter a pagamento

Venerdì:14:00-18:00; sabato: 9:00-13:00 /15:00-18:00; domenica: 9:00-11:30.

la scheda di prenotazione è on line http://www.schedaprenotazione.it/ll.asp

Per informazioni relative agli alloggi potete rivolgervi all’ufficio accoglienza di Loppiano: mail: loppianolab.accoglienza@loppiano.it – tel. 055.9051102.

Loppianolab GenVerde2016




Passeggiata della pace

Trieste, 8 giugno 2016

Cappellino colorato, zainetto e maglietta della scuola; gli aprifila di ciascuna classe muniti anche di vivaci cartelloni raffiguranti le diverse facce del “dado della pace”. Erano davvero tanti, più di cinquecento, i bambini e i ragazzini provenienti dagli I.C. Valmaura e Roiano-Gretta che, accompagnati dai rispettivi insegnanti, si sono presentati sul colle di san Giusto, cuore storico e religioso di Trieste, per vivere insieme, con compostezza ma anche con tanta allegria la “passeggiata della pace” a conclusione di un anno scolastico in cui è stato messo a tema, nella varie classi, il valore della pace.

Dopo aver attraversato il commovente “Parco della Rimembranza” dove su ogni pietra è inciso il nome di un caduto in guerra, e aver reso omaggio all’imponente “Monumento ai Caduti” di Attilio Selva che domina la città, tutti sono entrati passando per la Porta Santa in Cattedrale dove, a contrappunto del tema della guerra, è stata celebrata la pace.

Cinquecentoventi bambini sono tanti, eppure…incredibile il silenzio e l’attenzione con cui hanno tutti partecipato e ascoltato le testimonianze e i canti preparati dai compagni: e sono stati il gospel “Wade in the water” che invita a non temere le acque, sono mosse da Dio, e a non arrendersi mai se si mira ad un ideale alto; la presentazione del dado della pace, scritto e letto a più voci da una classe di I media; le tenere esperienze raccontate da Alice e Matteo che trovano nei suggerimenti del dado la forza per “prestare le cose agli altri” e “dare importanza più alle persone che alle cose” e addirittura, come ha confessato tra le lacrime Manola, per ” stare accanto alla mamma e aiutarla a sopportare assieme il dolore della perdita del fratellino”. E ancora le note e la parole di “Semina la pace” che è “un dono, un sogno che si avvererà, un mondo nuovo”. Ma…cos’è la “pace” per un bambino? … Qualcuno ha detto di associarla all’allegria, per un altro è “un modo per stare bene assieme” o “un sogno”, “o ancora “un modo per risolvere i bisticci in famiglia per non andare a dormire arrabbiato con la mamma ma sereno e contento” …” Per finire con il messaggio di “Goccia dopo goccia” che, intonato dal coro, poi tutti hanno cantato assieme perché ” se una voce sola si sente poco, insieme a tante altre diventa un coro…e….un passo dopo l’altro si va lontano.. per aiutare chi non ce la fa”.

E poi, a suscitare la curiosità e l’ammirazione dei passanti e turisti venuti a visitare la città nella bella giornata estiva, un lunghissimo e colorato serpentone di bambini, insegnati e ragazzini ha attraversato tutta la città vecchia passendo per i vicoli della Trieste medioevale e i resti romani riportati alla luce dai recenti scavi per scendere in piazza Unità, altro punto nevralgico della città dove, davanti al Municipio, con lo sfondo del golfo, hanno dato vita ad un inconsueto flash-mob: dapprima disposti in file hanno poi formato dei grandi cerchi da cui sono partite migliaia e migliaia di bolle di sapone che hanno inondato la piazza, simbolo della levità del bene e della bellezza della pace.

Infine: al suono di tamburelli e trombette il lancio di un grande dado della pace che ha assegnato ai veri cerchi i rispettivi “compiti per le vacanze “: amare per primo, accogliere tutti, perdonare l’altro, aiutarsi a vicenda…

Marina Del Fabbro




Chiara Lubich: dialogare, come?

Rieti, 4 giugno 1996
L’esperienza del Movimento dei Focolari nel campo del dialogo interreligioso. Tratto dall’intervento di Chiara Lubich in occasione della consegna del premio “Civiltà dell’Amore”.

Dialogare, come?

dal sito del Centro Chiara Lubich




Sincronie

Il seminario civile si terrà a Montecatini- Monsummano dal 6 al 9 sett. 2016. Sono invitati ragazzi dai 17 ai 30 anni interessati alle tematiche trattate, ad un dialogo partecipativo, sia con le relazioni mattutine, sia attraverso il “fare ” pomeridiano, sia negli spazi e momenti comuni con i “ballerini” della scuola Dancelab, che in parallelo svolgerà il suo campus di danza.

Sul depliant ci sono le istruzioni per iscriversi: i posti sono limitati e saranno accettati i primi iscritti. Sarebbe auspicabile la partecipazione a tutto il seminario e non solo a giornate singole.

vedi depliant Sincronie

vedi anche: Seminario Danza 2016




Seminario Parlamentare: guerre, scelte di pace e riconversione industriale

 

Rivedi il Seminario Parlamentare:  http://www.flars.net/livemppu

Martedì 5 luglio 2016

In collaborazione con Centro Nazionale per il Volontariato, Centro internazionale Giorgio La Pira di Firenze, Comunità di S. Egidio, Tavola della Pace, Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo, Rete Pace, Sbilanciamoci, Giovani per un Mondo Unito, Umanità Nuova, Scuole di partecipazione Mppu, Città Nuova, Legambiente, Avvenire

SEMINARIO PARLAMENTARE

 GUERRE, SCELTE DI PACE E RICONVERSIONE INDUSTRIALE

 Martedì 5 luglio 2016    Ore 14,30

Sala della Regina  Montecitorio

Saluti introduttivi

On. E. Patriarca, S. Fassina, A. Palmieri, M. Santerini

Relazioni

Prof.  Maurizio Simoncelli, Istituto di ricerche Archivio Disarmo

Prof. Jean-Pierre Darnis, Istituto Affari Internazionali

Dialogo con i partecipanti

 On. Francesco Saverio Garofani, Presidente Commissione Difesa

On. Giulio Marcon, Commissione Bilancio

Sen. Roberto Cotti Commissione Difesa

On. Giorgio Zanin, Commissione Difesa

Leopoldo Nascia, Sbilanciamoci

Massimo Toschi, Consigliere per la pace, Presidenza Regione Toscana

Rosalba Poli e Andrea Goller, Movimento dei Focolari Italia

Mauro Garofalo, Comunità di S. Egidio

Giovani per un Mondo Unito

Dialogo

Parlamentari Commissioni Industria, Difesa, Esteri e associazioni

 Modera Carlo Cefaloni, Città Nuova

 




Centro Mediterraneo Giorgio La Pira

Broschure: Centro Mediterraneo G. La Pira

Presentazione del Centro Mediterraneo di Studi e Formazione Giorgio La Pira

inaugurato sabato 25 giugno a Pozzallo (RG)

http://www.centromediterraneolapira.org/it

http://www.coopfoco.org/chi-siamo/chiaramonte-gulfi/

 




Consigliera regionale per passione

La più giovane consigliera nella storia della regione Veneto. Con un impegno preciso: fare della politica la casa della fraternità.

Cristina Guarda, 25 anni, lavoratrice dipendente dall’età di 20 anni, imprenditrice agricola, interessata al mondo della piccola impresa, attenta al progetto dell’Economia di Comunione. Com’è nata la tua passione politica?

«L’anno scorso a un workshop sull’etica nell’impresa organizzato a Palermo dai giovani dell’Economia di Comunione, una citazione del prof. Becchetti: “Politica non è occupare uno spazio di potere, ma creare progetti nel tempo” mi ha aperto un nuovo orizzonte.

Qualche giorno dopo, tornando dal lavoro, ho ricevuto la chiamata di un parlamentare veneto: mi proponeva di candidarmi in una lista civica al Consiglio regionale.

I miei amici mi hanno sempre definita un’ottimista sognatrice, determinata, capace di disquisire anche per ore sulle realtà sociali e politiche, ma mai mi ero occupata della sua parte pratica. Della politica vera, non quella della dialettica e della retorica di buon senso, ma quella pragmatica fatta di leggi, programmi e concretezze, non sapevo proprio nulla.

Il mio curriculum stracolmo poteva giustificare una candidatura, ma con quali prospettive di vittoria per un ruolo cui approdano solitamente ultra 40enni con una ventennale esperienza di partito?».

Cosa ha determinato la tua decisione? Chi ti ha dato la spinta definitiva?

«Ti confesso che il mio sì è stato convinto ed entusiasta (maturato assieme alle persone a me vicine), anche se consapevole di quanto fosse complessa la situazione che avrei dovuto affrontare. Ci credevo e ci credo. Come avrei potuto tenere per me, chiuse in un cassetto, le esperienze di vita, le convinzioni maturate nell’ambito della mia comunità? Sapevo di non essere sola. Quanto avevo imparato e vissuto nell’ambito del Movimento dei Focolari andava messo alla prova dei fatti, al servizio dei tanti bisogni che attraversano la mia Regione.

Il mio obiettivo non era certo vincere: sapevo che sarebbe stato improbabile entrare in Consiglio, ma comprendevo altrettanto chiaramente che era un’occasione per testimoniare che il fine ultimo della politica è la fraternità, è il “servizio umile al prossimo”.

La campagna elettorale è stata un percorso fatto di scelte importanti come non investire denaro nell’autopromozione su radio e giornali, non assumere uno stile aggressivo che discredita l’avversario. Sono scelte che determinano un apparente isolamento, ma ben presto suscitano solidarietà e condivisione.

Ho trovato sostegno in Valter, anche lui candidato alle elezioni regionali, in Francesco, impegnato in un volantinaggio che non ha conosciuto soste, e persino in Marco di Torino e Noemi di Enna che da 300 e 1300 chilometri di distanza mi hanno supportata nella progettazione della faticosa campagna elettorale.

Non si è trattato di un sostegno determinato dall’appartenenza allo stesso partito, quanto della convergenza su un punto fondamentale per tutti noi: fare della politica la casa della fraternità».

Poi l’inaspettata elezione. Cosa ha significato per te e a cosa ti stai dedicando oggi?

«Entrando in Palazzo Ferro Fini a Venezia dopo l’elezione ho avvertito di poter continuare ad aver fiducia in chi mi aveva portato fino a lì. Per la più giovane consigliera nella storia del Veneto acquisire autorevolezza di fronte ai colleghi non è semplice, ma sono accompagnata da ottimi compagni di viaggio, fuori e dentro al Palazzo.

La mia famiglia, il mio fidanzato, gli amici con cui condivido gli ideali alti e concreti del Vangelo vissuto, esponenti delle comunità cristiane e islamiche, associazioni operanti nel territorio, tanti cittadini attivi.

Il rischio di cadere nel vortice della ricerca di consenso, di dare priorità alle apparizioni sui giornali è sempre molto alto, ogni giorno. E ogni giorno si ripresenta l’opportunità di scegliere come intervenire sui banchi del Consiglio, dando e cercando rispetto.

Attualmente partecipo a 3 commissioni su 5, ognuna molto articolata e impegnativa.

Gli ambiti che voglio approfondire sono quelli legati alla mia formazione: agricoltura e ambiente, piccole e medie imprese, attenzione alle fasce più a rischio di emarginazione: disoccupati, bambini, malati.

Cerco di dedicare tempo alle visite nel territorio: aziende, scuole, ospedali, centri turistici. Incontro persone che amano l’innovazione e chiedono a gran voce un cambio di rotta anche nella vita politica, apprezzano la trasparenza e la sincerità. Praticamente sto scoprendo le potenzialità della mia gente e della società in cui vivo. Ciò che noto con sorpresa è che la gente apprezza la distanza dai soliti metodi di fare politica, questo mi incoraggia e nello stesso tempo mi impegna. Mi ritrovo spesso ad ammettere la mia ignoranza e a chiedere aiuto».

Sappiamo del tuo impegno per importanti progetti di legge in una Regione che presenta grandi potenzialità e altrettante sfide. Cosa ritieni essenziale affrontare e risolvere?

«Sto studiando con precisione opportunità sulla partecipazione attiva della cittadinanza, sulle politiche giovanili e per la famiglia, sulla ricerca agricola e sul microcredito. La realizzazione di questi i progetti, i più ambiziosi, è lenta poiché desidero sia partecipata sempre da altri consiglieri, tecnici, studiosi, professori, amministratori, giovani e associazioni del territorio.

Ho condiviso con altri consiglieri, di minoranza o maggioranza, una serie di interrogazioni e mozioni, e costretto ad affrontare alcuni gravi problemi relativi al territorio. Questo mi aiuta a non alimentare polemiche, a denunciare le ingiustizie senza cadere nella strumentalizzazione politica».

Tutto ciò è stato possibile anche per la cosiddetta “legge anti-moschee” che ha tanto fatto parlare i giornali nei mesi scorsi.

«Era un progetto di legge proposto da alcuni consiglieri di maggioranza e minoranza nell’ottobre del 2015 e discusso subito dopo i drammatici fatti di Parigi. In Consiglio e sui giornali veniva denominata tristemente “legge anti-moschee”, io preferisco chiamarla “legge sui luoghi di culto”. L’obiettivo era delegare ai Comuni l’opportunità di autorizzare a livello edilizio e urbanistico l’apertura di luoghi di culto, di formazione o di sostegno sociale legato al culto. A mio avviso era una legge rischiosa perché poteva bloccare non solo la vitalità della comunità islamica veneta, ma anche quella di ogni chiesa, cattolica, ortodossa o evangelica, di ogni comunità, movimento o associazionismo legato al culto.

Pur sapendo che la legge sarebbe passata così com’era, non accettavo che venisse approvata senza l’utilizzo del prezioso strumento delle “audizioni”, unico metodo di partecipazione e consultazione della cittadinanza di cui disponiamo in Consiglio regionale. Mi sono letteralmente impuntata affinché venissero chiamate tutte le espressioni religiose rappresentate in Veneto, cogliendo l’occasione per un confronto mai visto prima d’ora in Regione.
Ho iniziato una lunga e faticosa opera di confronto con la mia diocesi e i vescovi, gli imam conosciuti grazie al Movimento dei Focolari, la diocesi ortodossa, la Caritas e altre associazioni che potevano essere messe in difficoltà nel seguire la propria vocazione di assistenza.
Il giorno dell’audizione in Regione, segnalata con poco preavviso, ero stremata dal rincorrere i responsabili delle molte chiese e un po’ preoccupata perché cosciente che forse gli unici a presentarsi sarebbero stati i rappresentanti del mondo islamico del Veneto. Arrivata in commissione, non credevo ai miei occhi: non solo vi erano 6 amici della comunità islamica, ma anche i Sikh, la Chiesa luterana, ortodossa, riformata, protestante, i Testimoni di Geova. Nonostante ciò, la legge è stata approvata, molti consiglieri sono rimasti sordi. Ma la buona notizia è che il governo l’ha impugnata proprio perché la si considera non rispettosa dei principi di libertà di culto. È stato un grande successo per me attivare un confronto tra Regione e cittadini che ora potrebbe diventare permanente con l’istituzione di un tavolo interreligioso.

Le dinamiche in cui lavoro restano dure, a volte chiuse alle sfide dell’inarrestabile connotazione multietnica del nostro Paese. Con la difficoltà aumenta in me la passione con obiettivi chiari e condivisi: non aver paura delle conflittualità, continuare a far emergere i bisogni e le domande dei cittadini, catalizzare il positivo, le tante soluzioni concrete già attivate nel territorio, come antidoto alla disgregazione sociale».

a cura di Maria Rita Topini

Blog di Cristina Guarda http://www.cristinaguarda.it/blog




Il diritto in Europa – Summer School

 

Comunione e diritto

24 luglio 2016 – 29 luglio 2016

“Il diritto in Europa tra accoglienza e rifiuto: immigrazione sicurezza ambiente”. A Chiaromonte Gulfi (Ragusa).
Organizza: Comunione e Diritto

Partecipanti: 25/30 giovani

(Con possibilità di borsa di studio per giovani studenti)

La Summer School dedicata principalmente a studenti di materie giuridiche e giovani professionisti (età prevista: 20-35 anni) permetterà, accanto a sessioni di studio e di dialogo, di prendere direttamente contatto con la realtà dell’ambiente siciliano e delle migrazioni.

È un percorso che si sta costruendo con un gruppo di giovani e vuole essere un seguito del Congresso svoltosi a Castel Gandolfo nel novembre 2015: Ambiente e “diritti”: tra responsabilità e partecipazione.

Info: info@comunionediritto.org

www.comunionediritto.org




I principi del dialogo

Articolo apparso sulla rivista Città Nuova n. 4/aprile 2016

JesusMoran-a

I princìpi del dialogo

Jesús Morán è copresidente del Movimento dei Focolari. Laureato in Filosofia,
è specializzato in antropologia teologica e teologia morale.

Se vogliamo che il dialogo non resti una tragica ingenuità, sogno e traguardo irraggiungibile, ci vuole – vedi il mio articolo di marzo – un’adeguata antropologia e un’efficace pedagogia che lo sostenga. Proporrò quindi alcuni princìpi basilari.

Primo. Il dialogo è sempre incontro personale. Non si tratta di parole o pensieri, ma di donare il nostro essere. Non è semplice conversazione ma qualcosa
che tocca gli interlocutori nel profondo. Diceva Rosenzweig: «Nell’autentico dialogo qualcosa accade sul serio». In altre parole: non si esce indenni da un vero dialogo, qualcosa cambia in noi.

Secondo. Il dialogo richiede silenzio e ascolto. Il silenzio è fondamentale per
un retto pensare e parlare. Un silenzio profondo, coltivato con pazienza in solitudine e messo in pratica di fronte all’altro, al suo pensare, al suo parlare. Ecco un bel proverbio indù: «Quando parli fa in modo che le tue parole siano migliori del tuo silenzio». Oggi è più che mai necessario – affermava Benedetto XVI – «un ecosistema che sappia equilibrare silenzio, parola, immagini e suoni». Nell’esercizio del dialogo abbiamo bisogno del silenzio per non logorare le parole stesse.

Terzo. Nel dialogo rischiamo noi stessi, la nostra visione delle cose, la nostra identità, anche culturale. Dobbiamo conquistare una «identità aperta», matura, e allo stesso tempo allenata su un assioma antropologico fondamentale: «Quando ci capiamo con qualcuno, so meglio anche chi sono io». Parafrasando una idea di K. Hemmerle: se mi insegni il tuo pensare, io potrò imparare di nuovo il mio annunciare.

Quarto. Il dialogo autentico ha a che fare con la verità. Ma attenzione: la verità è una realtà relazionale (non relativa, che è diverso). Significa che la verità è la stessa per tutti, ma ognuno mette in comune con gli altri la sua personale partecipazione e comprensione della verità. Quindi la differenza è un dono, non un pericolo. «Il dono della differenza» è un altro pilastro della cultura del dialogo.

Quinto. Il dialogo richiede volontà. L’amore alla verità mi porta a cercarla, a volerla, e per questo mi metto in dialogo. Spesso si pensa che dialogare sia cosa da deboli.
In realtà è il contrario: solo chi ha una grande forza di volontà rischia se stesso nel dialogo. Ogni atteggiamento dogmatico o fondamentalista nasconde paura e fragilità. Bisogna diffidare di chi normalmente ricorre alle grida, usa parole altisonanti o frasi squalificanti per imporre le sue convinzioni. La forza bruta, anche dialettica, potrà vincere ma mai convincere.

Sesto. Il dialogo è possibile solo tra persone vere. L’amore, l’altruismo e la solidarietà preparano le persone al dialogo facendole vere. Gandhi e Tagore avevano un’idea molto diversa del sistema educativo da impiantare nell’India indipendente, ma questo non ha ostacolato la loro amicizia. Papa Wojtyla e il presidente Pertini ebbero, durante un lungo periodo, un’intesa profonda sul destino dell’umanità, eppure viaggiavano su categorie quasi opposte.

Settimo. La cultura del dialogo conosce solo una legge, quella della reciprocità. Solo in essa il dialogo trova senso e legittimità.
Se le nazioni ricorressero al dialogo prima che al tacere omicida della vendetta o della ricchezza o dell’affermazione personale, nuoteremmo nella felicità di cui oggi ci priviamo. Se le religioni dialogassero per onorare Dio; se le nazioni si rispettassero e capissero che la propria ricchezza è fare ricca l’altra; se ognuno percorresse un “piccolo sentiero personale” di novità, ci potremmo lasciare alle spalle la notte di terrore nella quale annaspiamo. Quali gli ostacoli sul piccolo sentiero? Il giudizio, la condanna, la superbia intellettuale.

Il lavoro da fare è artigianale per l’impegno che richiede, senza distrazioni o compromessi, ma è pregno di cultura, più di una professione. È un’attività faticosa e impietosa. Ma ci salva la Misericordia.




Scuola di partecipazione a Rovigo

Inaugurazione scuola di partecipazione alla cittadinanza attiva a rovigo

Articolo pubblicato sul sito del Movimento Politico per l’unità – Italia

Il 14 maggio a Rovigo, con la Lectio Magistralis “Politica, Potere. Il perché di un impegno politico” della sociologa Ilaria Pedrini, è stata aperta la scuola Mppu di partecipazione e formazione alla cittadinanza attiva. “La scuola per coltivare la passione della politica”: significativo il titolo del quotidiano locale che annunciava l’inaugurazione della scuola di partecipazione e formazione alla cittadinanza attiva. La Lectio Magistralis si è tenuta all’Accademia dei Concordi nel centro storico della cittadina veneta.

Qualche minuto dopo le 16 la sala era già piena: più di cento persone, con una trentina di giovani e una numerosa presenza di giovani musulmani. Sorprendono le realtà che hanno voluto questa scuola: 5 amministrazioni comunali, insieme a 7 associazioni e movimenti del territorio, segno che l’anima del Mppu sta emergendo, mettendo insieme o meglio unendo sempre più la società civile con le amministrazioni del territorio. I commenti dei due conduttori del convegno:
“Provengo da esperienze formative simili – spiega Federico Amal, vicesindaco di Lendinara, da sempre attivo anche nel volontariato – sono percorsi che educano ad un confronto, superando muri e barriere che vengono erette anche nelle piccole comunità, si impara ad essere concreti e ci si allontana dalla disaffezione per la politica”; anche Mirella Zambello, oggi attiva nell’associazione Nihal, con un passato da sindaco di Villadose, collega l’impegno civico alla preparazione: “La mia passione per la politica è nata anche frequentando esperienze analoghe da giovane. Ho capito, però, che per fare politica occorre formazione”.
“Non siamo un movimento legato ad un partito, ma vogliamo promuovere una buona politica indipendentemente dal partito di appartenenza. Partecipano amministratori di diverse provenienze perché crediamo nella ricchezza della diversità” spiega Mario Chieregato, uno dei promotori della scuola.
Importante e significativo è stato il saluto dell’assessore Dott. Gianni Saccardin, intervenuto a nome dell’Amministrazione Comunale di Rovigo. Molto apprezzati gli interventi dei rappresentanti di tutte le associazioni partecipanti: Consultorio Familiare Diocesano, Centro servizi del volontariato, Giovani Musulmani d’Italia, Forum Giovani di Rovigo, ARCI e Libera.
Ecco le impressioni di alcuni partecipanti:
Emanuela: “… mi ha fatto tanto piacere vedere il gruppo dei giovani, in particolare i numerosi musulmani. E’ veramente l’inizio di una nuova avventura nella realtà del nostro territorio e delle nostre comunità”.
Luca: “… la scuola di partecipazione alla cittadinanza non poteva partire meglio di così. Tutti gli interventi sono stati profondi e interessanti. Il video molto avvincente. Poi Ilaria Pedrini è stata fantastica”.
Proprio la sera precedente alcuni giovani musulmani erano stati ad un convegno nel cui dibattito finale si era creato un clima di tensione e odio verso l’Islam. Arrivati alla scuola del Mppu hanno sentito parlare di politica e di amore: non avevano mai sentito una cosa del genere.
Adesso nasce una speranza dove il dialogo delle diversità è una realtà: a noi la responsabilità di non tradire questa speranza.
Prossimo appuntamento sabato 4 giugno alle ore 16.00 presso la Biblioteca Comunale di Lendinara, con la seconda lezione, anche questa aperta alla cittadinanza, in cui interverrà la ex-parlamentare Lucia Fronza Crepaz, che parlerà della Fraternità come categoria politica da riscoprire.