Non avevo calcolato . . . avevo solo amato!

“Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri” (Sal 25,4).

Nella vita bisogna continuamente fare delle scelte, a volte scelte esistenziali e decisive, a volte sono solo piccole scelte nella quotidianità.

Sono andata al solito supermercato, in vista di una cena con una trentina di giovani a casa nostra, e dato che sarei stata impegnata in un convegno di più giorni, ho pensato di fare una grossa spesa da lasciare a chi rimane a casa.

Mettendo le cose sul nastro alla cassa, vedo la signora dietro a me con pochi oggetti. È logico che la invito a passare avanti. Dopo di lei c’è una signora anziana con 10 pacchetti di fazzoletti in mano. Gli dico se vuole passare avanti anche lei. Mi dice che suo marito è andato a prendere una confezione d’acqua. Dico che non si preoccupi. Arrivato il marito, ho spostato le mie cose e aiutato a farli passare.

Finalmente tocca a me! Ma arriva un giovane che ha comprato una cassettiera, perciò in braccio ha un grande scatolone. È giovane, ma ho pensato che è amore anche per lui perché la scatola pesa. Quindi è passato anche lui.

Comincio a riempire le mie tante borse piene di ogni bendidio. Alla fine la ragazza della cassa tira fuori lo scontrino e dice, “Oggi lei non paga niente!”.  Ho pensato: siccome mi conoscono ormai, mi sta facendo una battuta. Ma lei mi chiede: “Come si chiama?” Rispondo: “Chiu”, passa nella mia mente: forse vogliono che mi iscrivo a loro club?

Invece sento l’altoparlante che annuncia, “Oggi la signora Chiu ha vinto la spesa gratis di 107 euro!” Non ci credevo, forse non ci credono neanche tutti clienti lì. Per la seconda volta “La signora Chiu ha vinto …”. Dentro il supermercato si è alzato un sussulto di gioia. “Complimenti Signora”, “che grande”, “auguri” … e tutti sorridono a me, sono dalla parte mia a condividere la mia fortuna. Poi qualcuno, “Allora lei ha fatto proprio bene a fare passare avanti gli altri …”. Veramente non avevo calcolato la probabilità della fortuna, avevo solo amato i prossimi che erano in fila dietro a me!

I complimenti mi hanno accompagnato fino al parcheggio mentre caricavo la macchina, gente sconosciuta che mi dice “ottima spesa”.

Ho ringraziato Gesù, luce della mia scelta. Sono sicura che ho scelto la via giusta, e che la via giusta è sempre quella dell’amore. E ascoltando la voce di Dio dentro, avremmo sempre una guida sicura e illuminante.

Chiu Yuen Ling, Stella




Ero orgoglioso e soddisfatto ogni volta che trovavo qualche errore . . .

Dopo qualche incertezza, mi sono deciso anch’io a vivere la Parola di vita. Ho avuto qualche sconfitta perché, al momento giusto, c’era sempre un pizzico di egoismo che prendeva il sopravvento, e anche un po’ di orgoglio.

Ho capito poi che, dopo aver superato queste difficoltà, assaporavo qualcosa di insolito. Mi è stato di grande aiuto il foglietto con la Parola di vita. È come una voce che mi dice: «Attento, ama!».

Lavoro in una ditta privata, e non mi mancano certo le occasioni per vivere la Parola di vita. Sono addetto alla fatturazione, ultimo stadio di una serie di controlli e di verifiche, che se non fatte, danno origine a errori e disguidi a non finire. Di conseguenza, a volte, devo fare qualche brutta figura, non sempre per colpa mia, con chi mi è immediatamente superiore.

Avevo imparato quindi a controllare bene le commesse prima della fatturazione, in modo che la fattura uscisse esatta in tutto. Ero orgoglioso e soddisfatto ogni volta che trovavo qualche errore e lo segnalavo al capufficio; ovviamente, in questo modo però danneggiavo i colleghi…

Ora ho cambiato atteggiamento. «Tutto quello che vorreste fosse fatto a voi…». Invece di rivolgermi al capufficio, ora le commesse sbagliate le porto a chi le aveva compilate, per le correzioni: questo ha suscitato una grande meraviglia nel responsabile dell’ufficio; perché non riceveva più commesse errate. Ora, però, nell’ufficio c’è tutto un altro clima.

B.S.




Mi chiamo Youssouf . . . lavoro in un’azienda agricola

Mi chiamo Youssouf, ho 18 anni e vengo dal Mali. Sono partito dalla mia terra circa tre anni fa, e dopo un percorso in mezzo al deserto e un periodo in Libia, assai pericoloso per la mia vita soprattutto per non cadere ostaggio di gruppi di delinquenti ed essere incarcerato per poi chiedere riscatto in denaro.

Durante la mia permanenza in Libia, di circa otto mesi, ho condiviso questa situazione precaria, con altre persone provenienti dall’Africa Sub Sahariana lavorando in maniera saltuaria per conto di gruppi di bande di delinquenti, per poi essere derubati di tutto il denaro guadagnato durante incursioni notturne. Scappare era impossibile e pericoloso per la propria incolumità oltre a quella dei propri famigliari a casa sottoposti ad eventuale ricatto.

Finalmente, dopo aver lavorato in simili situazioni, ho guadagnato il corrispettivo per pagare il passaggio per venire in Italia. Dopo un giorno e una notte di navigazione su un gommone, senza acqua da bere, siamo stati salvati dalla Marina Italiana in acque internazionali e portati a Pozzallo.

Da lì siamo stati portati a Modica dove ho imparato l’italiano, e dopo vari passaggi sono stato ospitato in una comunità a Chiaromonte Gulfi in provincia di Ragusa.

Mi è stata offerta la possibilità di venire a lavorare in provincia di Modena presso l’Azienda Agricola Punto Verde. Dopo non pochi dubbi e perplessità, ho accettato la proposta e così il due agosto 2017 sono arrivato, in pulman, a Modena  dove mi hanno accolto i titolari dell’azienda. I dubbi, le paure mi rimanevano in quanto non conoscevo le persone che mi accoglievano. Il giorno dopo mi recai assieme al titolare al Centro per l’impiego di Vignola per l’iscrizione a questo ufficio per poter lavorare in regola. Anche in quell’occasione all’atto di porre la firma per concludere l’iscrizione, ci ripensai non accettando la proposta di lavoro. Ero in completa confusione e non riuscivo a connettere, anche perché era la mia prima esperienza di lavoro.

Grazie alla pazienza delle persone che mi accompagnavano, dopo due ore accettai firmando.Ora mi trovo a lavorare in questa azienda, l’incontro con gli altri colleghi di lavoro mi ha molto aiutato, in particolare con un senegalese che mi ha fatto da padre dando consigli sul lavoro. Anche con altri lavoratori provenienti dal Marocco, Albania, Ghana, non ho trovato difficoltà, anzi accoglienza.

L’alloggio mi è stato preparato in maniera dignitosa dal titolare dell’azienda, trovandomi bene. Ho frequentato dopo un mese di lavoro, un corso obbligatorio sulla sicurezza sul lavoro e appreso la tecnica sulla raccolta della frutta, preparare il confezionamento e le spedizioni della frutta, oltre ad altri lavori di campagna.

L’azienda mi ha fornito una bicicletta con la quale mi sposto in paesi vicini, trovando amici provenienti da vari paesi dell’Africa, con i quali ho fatto amicizia.  Per la mia passione di giocare a calcio, grazie ad alcuni suggerimenti di un collega di lavoro, mi sono inserito in una locale squadra dove frequento regolarmente gli allenamenti.

L’accoglienza che ho ricevuto, mi ha facilitato l’integrazione con culture diverse dalla mia.  Luigi e sua moglie Anna Maria, grazie ai loro consigli e suggerimenti, mi sono sentito  trattato da figlio. Come per esempio lavare la mia biancheria, tenere pulito e ordinato l’ambiente dove vivo, essere aiutato a fare provvista di alimenti sentirmi richiamato per qualche mancanza e così via.

Ho avuto modo di incontrare e fare conoscenza con altre persone del posto, le quali si sono date da fare per portarmi indumenti e soprattutto amicizia.

Attualmente sto frequentando un corso di specializzazione sulla potatura di piante da frutto presso un Istituto tecnico agrario, lo trovo molto interessante perché sento che mi apre a nuove conoscenze. Al termine di questo corso conseguirò un diploma di specializzazione.

Ora sento il dovere di ringraziare coloro che mi hanno suggerito di venire presso questa azienda agroalimentare, dove come già detto, ho trovato accoglienza, amicizia e opportunità di specializzarmi in ambito agrario e non solo, quindi sono molto contento.

Youssouf

 

 




L’incontro con i Focolari che ha cambiato la mia vita

Una donna che ha precorso i tempi, apripista di iniziative di quartiere per la cittadinanza attiva. A Siamo Noi, Diana Pezza Borrelli racconta il suo legame con il movimento dei Focolari. Una storia d’amore e di impegno sociale, da sempre schierata con i ragazzi, in favore dell’unità tra le persone e per un generale cambiamento culturale.




L’arbusto

A causa di un arbusto dai bellissimi fiori che, secondo il mio parere, mio marito aveva trapiantato nel posto sbagliato, era venuta meno l’armonia tra noi.

Mentre cucinavo scontenta e con l’animo in subbuglio, ho provato a confidarmi con Dio. Pian piano in me è tornata la calma e ho cominciato a riflettere su come avevo potuto essere così attaccata alla mia idea.

È stato come se in me si accendesse una luce: ho pensato così di proporre a mio marito di piantare l’arbusto in un vaso, per poi trovargli un posto adatto. Gliene ho parlato durante la cena e gli è sembrata una buona idea.

Ci siamo scusati reciprocamente e siamo andati insieme a comprare un bel vaso. In seguito abbiamo anche trovato una sistemazione adatta davanti casa. Mentre guardavamo il nostro arbusto con grande gioia e una pace profonda nel cuore, ci siamo detti che esso doveva essere per noi un segno che ci ricordasse sempre ciò che conta nel nostro rapporto: amarci, essere pronti a perdere le proprie idee per far contento l’altro, affinché Dio possa risplendere in mezzo a noi.

Beatrice 

Da: “Il Vangelo del giorno” – N.4 Aprile 2018 p. 154 Città Nuova Editrice




Il “segreto” di un giornalista

Il mio segreto è che non vedo i fatti, ma le persone che vi sono coinvolte. Non le sfrutto, cerco di amarle come sono. Succede che mi dicono tante cose, anche più di quelle che io domando loro.

Anche persone note, della Chiesa, della politica, me le sono fatte amiche così. Questo non me l’ha mai suggerito il mestiere. Me l’ha suggerito l’amore. Per la gente, queste persone sono importanti per le cariche che ricoprono. Per me invece sono importanti perché persone, perché fratelli.

Qualcuno di loro mi ha raccontato le sue cose più intime, e io ho potuto dire ad alcuni di loro qualcosa che li aiutasse a riprendere fiducia. Il mio segreto è che mi sono fatto un chiostro dentro l’anima: ci vado ad abitare appena posso.

Al mattino, nella comunione, ci metto Gesù e a custodia ci metto Maria. Poi durante la giornata cerco di conversare con loro… Nel mio chiostro metto le mie preoccupazioni, le ansie di quelli che avvicino per la Chiesa, per l’umanità.

Spartaco – Italia

Da: “Il Vangelo del giorno” – N. 4 Aprile 2018 p. 86 Città Nuova Editrice




Ripartire da zero

Mio padre ci ha lasciati quando ero ancora piccolo. Mia madre è caduta in depressione e ha cominciato a bere. Sono stato educato dalla nonna materna. Quando mia madre è morta tragicamente, ero nell’adolescenza e più volte ho meditato come vendicarmi.

In seguito però ho conosciuto una ragazza che mi ha introdotto nella sua comunità parrocchiale. Pian piano ho scoperto Dio, la vita interiore, e ho ritrovato pace ed equilibrio. Quando ci siamo sposati, potevo dire che la mia famiglia era quella comunità.

Un giorno, al posto del lavoro, si è presentato un tale che s’è detto essere mio padre. Era desolato e temeva la mia reazione. Ma l’ho accolto con calore, gli ho parlato della bambina che era nata e l’ho invitato a casa. È venuto, assieme alla compagna, una settimana dopo.

Li abbiamo accolti con grande festa e affetto. Più che nonni, ci sembravano due nuovi figli adottivi. Da allora la nostra vita in famiglia è cambiata e anche la loro. Il passato è come se non esistesse. Esiste soltanto la volontà di ricominciare da zero.

P.P. 

Da: “Il Vangelo del giorno” – N. 4 Aprile 2018 p. 71 – Città Nuova Editrice




Parola incarnata

Quando fui nominato parroco, ero giovane e inesperto. Cominciai cercando di far diventare ogni mio contatto con le persone un’occasione per amare, per stabilire rapporti veri, vedendo Gesù in ognuno.

Questo modo di trattare i parrocchiani cominciò a destare l’interesse di alcuni collaboratori, i quali cominciarono anch’essi e seguire questo stile di vita basato sulla carità. E l’amore, unendoci come una famiglia, ha rigenerato pian piano la comunità cristiana.

Cosa abbiamo fatto per ottenere questo? Ci siamo resi conto che, se è fondamentale la qualità del rapporto, che deve fondarsi sul Vangelo, sulla fede che in ogni uomo Cristo è presente, è altrettanto importante che questo rapporto abbia un ritorno non solo di parole, ma soprattutto di esperienze vissute.

Così si riceveva la Parola di vita e ci impegnavamo a far tornare nella comunità quella stessa Parola, ma incarnata da ciascuno di noi nella vita quotidiana. Conservo ancora centinaia di foglietti che riportano questi momenti di Vangelo vissuto.

Cosimino – Italia

Da: “Il Vangelo del giorno” – N.4 Aprile 2018 p.25 – Città Nuova Editrice




Il “signor nessuno”

Quale direttore generale di una Usl, ero stato sospettato di avere dato (o aver avuto intenzione di dare) tangenti a fronte di un importante incarico di consulenza a livello europeo.

In assenza di chiarimenti dalla Procura della Repubblica, sono stato costretto ad abbandonare ogni attività lavorativa di carattere pubblico e privato e in un baleno sono diventato il “signor nessuno”, isolato e solo.

Non c’era nessuna sentenza di colpevolezza, eppure tutto attorno a me si muoveva come se fossi un reo. Sono entrato in un tipo di esistenza allucinante, con grave pregiudizio per la salute. Ho sentito la morte dentro di me, l’ho anche fortemente desiderata. Dio stesso sembrava scomparso. Unico sostegno la vicinanza di una persona cara: «Gesù abbandonato ti ha voluto un po’ simile a sé.

La prova passerà, ma resterà nella tua anima la ricchezza del tuo amore a lui». Ed è stato proprio così. Dopo otto anni di deserto e di angoscia ho visto riconosciuta la mia innocenza. Quei momenti d’inferno si sono rivelati la più fantastica e ricca esperienza della mia vita.

M.B. – Italia

Da “Il Vangelo del giorno” – N. 3 Marzo 2018 p.105 Città Nuova Editrice




Essere in mezzo ad una faccenda complicata

“A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita” (Ap 21,6)

Febbraio 2018

Senza volerlo, mi sono trovata di dover mediare tra due parti in una questione delicata nel rapporto con un’istituzione, per trovare una soluzione in modo corretto e armonioso.

Mi pesava un po’ di essere in mezzo ad una faccenda complicata. Ma leggendo la Parola di Vita, ho capito che dovevo vivere nella ricerca sincera di Dio e della sua Parola affinché lui possa manifestare i suoi progetti. Ho pensato che devo mettere da parte l’egoismo e gli interessi personali, e farlo solo per amare.

Chiedo un appuntamento informale con il funzionario. Lui è un diplomatico, ma per il rapporto di amicizia fra di noi, ci siamo detti di essere sinceri e aperti nel dialogo prima di tutto, per trovare le possibilità e le fattibili soluzioni, senza fermarci di fronte alle inevitabili difficoltà.

È stato un dialogo profondo di vedute e conoscenza reciproca. Tutti due eravamo liberi e felici di poter essere portatori di luce l’uno per l’altro, ed insieme per gli altri.  Passo dopo passo siamo arrivati alle proposte concrete e realizzabili che sono state accettate da tutte le parti.

Ho sperimentato la verità della Parola di Vita: quell’acqua così viva e preziosa zampilla nel nostro cuore ogniqualvolta l’apriamo all’amore verso tutti.

Stella




Dio è più potente di internet!

“Potente è la tua mano, Signore” (Es 15,6).

Gennaio 2018

Quando pensiamo alla potenza l’associamo alla forza del potere, ma ho sperimentato anche il potente amore di Dio nelle piccole cose.

In gennaio volevo chiamare una coppia cinese che circa 18 anni fa avevo aiutato quando la ragazza è stata investita da un’auto a Roma. Negli anni successivi sono stata loro vicino e li ho accompagnati per la pratica di risarcimento. Con ciò hanno potuto iniziare una attività di imprenditoria a Prato. Siamo rimasti in contatto in tutti questi anni. Volevo sapere se stavano bene, o se lei era dovuta ritornare in Cina.

Purtroppo cambiando cellulare, ho perso alcuni numeri, fra cui il loro. Allora ho pensato di andare su internet. Cerco “ingrosso abbigliamento Prato”, trovo che ci sono circa 500 negozi e non mi ricordo il nome di loro stabilimento. Per giorni ho cercato in tutti modi ma invano.

Siccome la Parola di Vita di gennaio ci sollecita di stringere o recuperare rapporti di stima e amicizia, un giorno ho chiesto a Dio di darmi una mano per trovarli. Poi per l’ennesima volta sono andata alla ricerca. A certo punto su Google map appare una rotatoria che mi sembra di riconoscere quando mi avevano portato in macchina in giro all’area industriale a Prato. Da lì ripercorro le varie strade fino a quando ho visto la foto del negozio.

Cerco il numero fisso ma nessuno risponde. Ingrandisco il numero del negozio accanto. Provo a chiamare senza tanta speranza. I cinesi qui sono prudenti nel dare informazioni, e se fossero stati in concorrenza non avrebbero dato indicazioni a un possibile cliente! Comunque chiamo. Spiego l’esigenza e infatti trovo una certa perplessità da chi mi risponde. Cerco di fare capire che mi serve un aiuto, e ad un certo punto mi chiede: “Ma lei è cinese di Hong Kong?” Sorpresa chiedo come mai mi conosce. Risponde, “Mi ricordo che lei è già venuta una volta da loro. Ci hanno detto poi che lei è una persona molto cara a loro, che gli aveva “salvato la vita” quando erano disperati in grossa difficoltà.”

Quindi mi dice che questo momento sono in Cina, ma ritorneranno fra 20 giorni, e gli avrebbero riferito tutto. E poi mi ha dato anche il loro numeri di cellulare cinese e italiano.  Ho inviato un SMS e mi hanno risposto subito. Al ritorno mi hanno contattato. Stanno bene di salute, anche gli affari vanno avanti. Siamo in famiglia e mi aspettano sempre a Prato.

Un atto d’amore di tanti anni fa rimane sempre nel cuore delle persone, e sono convinta che Dio è potente nell’intervenire nella nostra storia per aiutarci.  Lui sarà anche più potente di internet, che è e che potrebbe essere uno strumento utile se usato per il bene.

Stella




Chi è stata e chi è Maria per me?

Una volta vedevo Maria come una figura secondaria, offuscata dallo splendore del Figlio: quando Lo pregavo gli parlavo confidenzialmente ma temevo che sua madre potesse esserne gelosa.

Poi, nel procedere della vita, abbagliata dal mondo, mi allontanai da Lui.

Un giorno, alla vigilia di un rischioso intervento chirurgico che dovevo necessariamente subire, nel timore di non sopravvivere ad esso, decisi di confessarmi. Andai nella cappella che era all’ultimo piano dell’enorme edificio in cui ero ricoverata (mi sembrava un luogo più vicino al cielo che alla terra) e chiesi al cappellano di confessarmi.

La prima domanda che mi fece fu: “Da quanto tempo non ti confessi?” Questa domanda mi spiazzò e risposi, facendomi un conto e uno sconto, che erano passati quattro anni dall’ultima confessione.

La reazione del sacerdote mi sconcertò perché fu un diluvio di rimproveri e tra l’altro mi disse che non si poteva cercare il perdono di Dio solo perché spinti dalla paura della morte.

Ebbi la sensazione che Gesù, e non a torto, mi sbattesse la porta in faccia. Gesù si rifiutava di accogliermi perché ero stata troppo a lungo lontana da Lui?

Senza parole mi sedetti su una panca e rimasi in silenzio.

Ad un tratto mi accorsi che su una pedana, a fianco dell’altare, c’era una statua della Madonna, a dimensione umana. Era seduta e teneva sulle ginocchia il Bambino Gesù.

Mi guardai intorno. In cappella non c’era nessuno in quel momento, allora decisi di rivolgermi a lei, da donna a donna.

Anch’io avevo un figlio piccolo, come il suo, a casa. Un figlio desideratissimo, atteso, cercato nelle migliori cliniche d’Europa e che poi era arrivato inaspettatamente dopo 10 anni di matrimonio.

Mi avvicinai, salii sulla pedana, e la toccai. Le parlai con molta confidenza come fosse un’amica, una sorella, ma soprattutto una Mamma e le dissi forse un po’ rozzamente, ma con tutta me stessa: “Tu … stai stringendo tuo figlio tra le braccia, dai anche a me la possibilità di riabbracciare il mio!”

L’intervento dell’indomani non andò benissimo ma ebbi salva la vita.

Nel frattempo, tante persone del Movimento dei Focolari della mia città (sollecitate dalla mia famiglia che faceva parte di esso), pregavano per me. In quella circostanza, Chiara Lubich  mi scrisse un pensiero di incoraggiamento, di speranza e chiuse il suo scritto augurandomi di rialzarmi e di ricominciare. Ancora oggi conservo quella lettera!

Qualche tempo dopo, con la mia adesione al Carisma dell’Unità di Chiara Lubich, maturò in me il desiderio di intraprendere un cammino spirituale. Oggi, Maria occupa un posto centrale nella mia vita e spesso sperimento la sua tenerezza di Madre.

Negli anni, riflettendo su questa mia esperienza, sono giunta a capire che è stata Maria a ricondurmi a suo Figlio (evidentemente non era stata gelosa!) e che Gesù, quel giorno, non mi ha chiuso la porta in faccia, ma voleva che io tornassi da Lui con sua Madre. Mi stava indicando la via luminosa dell’amore di Maria per poter rinascere dentro di me!

Franca




Il caffè dell’amore

Ieri, martedì 10 gennaio, abbiamo festeggiato in parrocchia, l’anniversario di sacerdozio del nostro parroco con dolci e bevande. Io ho portato un thermos di caffè caldo caldo che, però, è rimasto quasi intero.

Con un po’ di delusione nel cuore, l’ho riposto nel trasportino e sono andata al mercatino settimanale. Ho acquistato un paio di scarpe e ho notato che il proprietario della bancarella si fregava le mani per il freddo. Subito ho pensato al mio caffè e l’ho proposto a questo “fratello” che l’ha accettato con gioia, assieme ad altri due amici. Li ho lasciati contenti.

Più in là un signore più infreddolito ancora, vendeva pesce. Ne ho acquistato un po’ e poi ho proposto il mio caffè che ha accettato ringraziandomi di cuore. Tornavo verso casa e, nell’ultima bancarella, ho notato una signora che vendeva maglioni. Io non ne avevo bisogno ma mi sono avvicinata e ho proposto un bicchierino del mio caffè. Felice ha accettato, raccontando che il marito era andato al bar a prenderlo lasciandola sola.

Poi, mi ha invogliata a comprare un maglione che vendeva a 5 euro. Per farle un atto d’amore, ne ho scelto uno e, quando ho aperto il portamonete, la signora mi disse che proprio quello le era caduto a terra e si era un po’ sporcato. Quindi me lo regalava. Avevo ricevuto il centuplo.

A pranzo desideravo io un po’ di caffè ma non avevo voglia di prepararmelo. Ho guardato nel thermos: ne era rimasto un goccio ancora caldo e dal sapore più buono del mondo.

Lina




Attivissima prontezza ai bisogni di una sconosciuta

Sono felice di condividere questa esperienza che ho vissuto nella luce della Parola di vita di dicembre 2017 e del commento che ne ha fatto Chiara Lubich. In particolare mi sono state di luce queste sue parole:

“Accogli dunque in te la sua Parola. E con attivissima prontezza mettila in pratica, momento per il momento. Se così farai, il mondo rivedrà Cristo passare per le vie delle nostre moderne città, Cristo in te, vestito come tutti, che lavora negli uffici, nelle scuole nei più vari ambienti, in mezzo a tutti”. (C.Lubich, Non perdere l’occasione, Città Nuova, 25 1981)

Sabato 16 dicembre parto da casa con una lunga lista di cose da fare. Manca una settimana a Natale e ho la casa da sistemare, il bucato da stirare, la spesa da fare, non mancano gli acquisti di qualche pensiero/regalo per amici e poi la benzina: “oggi assolutamente devo fare il pieno” Mi reco quindi al distributore del paese.

Alla cassa mi fermo con i gestori per scambiare “due battute” e gli auguri di Natale. Erano già le undici passate. “Quanto è tardi – penso – devo ancora comprare la carne per il ragù”. Avevo infatti promesso una teglia di lasagne per il giorno dopo alle ragazze Gen3 del Movimento dei Focolar.

Uscendo dal distributore noto, accostato sul marciapiede, un camion. L’autista, una donna, disperatamente cerca di farsi capire. Doveva esser successo qualcosa di grave! Alcune parti del carico che trasportava si erano inclinate, il portone posteriore si era aperto e tutto il rimorchio pendeva verso la corsia. La signora era pallida, tremava. Guardo la targa: Repubblica Ceca. Provo a parlarle in inglese, ma lei non lo capisce. Niente anche in altre lingue. Parlava soltanto il ceco … Mi viene alla mente la Parola “Eccomi, sono la serva del Signore”.

“Metti un triangolo di segnalazione” le dico, facendo un disegno con le mani in aria per farmi intendere. Quel camion in mezzo alla corsia era un grave pericolo! Ma la signora è troppo agitata e da sola non riesce a far nulla. Il carico consiste in macchinari usati, tra i 400 e i 1500 kg. Non è possibile raddrizzarli a mano.

Penso che sarebbe meglio se si muovesse verso il parcheggio, lì vicino a circa 100 metri, e attendere i soccorsi senza pericolo. Ma Lei non può saperlo, se è la prima volta che attraversa il nostro paesino.

Le dico: “Signora, venga con me, le faccio vedere un parking”. Fortunatamente capisce e la accompagno con la mia macchina, standole dietro con le mie 4 frecce lampeggianti. Poi lei mi dice “Děkuji vám moc, tebe ar jeden Pozlacený žena” (Grazie mille, sei una donna d’oro).

La lascio nel parcheggio e corro alla spesa. Sono stanca. Sempre di corsa, sempre di corsa. Quando mi riposerò? Al supermercato però il mio pensiero torna sull’accaduto. Cosa può fare un camionista in queste situazioni, in un piccolo paese, con il freddo a -8°C? Mi viene in mente una ditta di commercio/smaltimento rifiuti nel paese proprio sopra al mio. Hanno dei camion con le gru … forse potrebbero aiutarla. Vado in sede, da loro, ma è sabato e trovo chiuso.

Chiamo un amico, anche lui camionista. “Ciao Zibi, come va?”
Lui mi racconta: “Sto tornando da un viaggio in Germania. Non mi hanno voluto “scaricare” venerdì. Ho lasciato il camion lì, ci dovrò tornare lunedì! Sono stanco morto, non vedo l’ora di tonare a casa, ci vorranno ancora 2/3 ore, brr … troverò la mia casa gelida, ho lasciato il riscaldamento spento. Tra un po’ è Natale e ho ancora tanti preparativi da concludere …”.

Non lo lascio finire: “Sai Zibi, volevo chiederti un consiglio. Chi si può chiamare qui nella zona per aiutare un camionista a raddrizzare un carico pesante, che si è inclinato sul rimorchio? Ti è mai capitato di affrontare la situazione del genere? Cosa si può fare?”

E lui deciso: “No, Lei non può proseguire il viaggio, si ribalterà sui prossimi tornanti!”.
La Parola di vita continua a venirmi in mente. E anche lui sembra partecipare al mio amore per quella signora: “Arrivo sul posto tra un’ora. Dille di attendere nella parcheggio. Sto arrivando!”

Fatta la spesa, torno a casa e preparo il pranzo per la mia famiglia. Il mio pensiero correva alla signora al freddo nella piazzola … Chissà da quante ore o giorni è in viaggio? Un piatto di pasta e una insalata la tirerà su con il morale! “Ragazzi vado dalla signora a portarle un pasto caldo!” E loro: “Mamma, possiamo venire con te?” Tutti lasciano il cibo sul tavolo per seguirmi nel parcheggio.

La signora ci accoglie in lacrime. Intanto che lei si gusta un semplice piatto di pasta i miei ragazzi curiosano attorno al rimorchio. Chiacchierando in tutte le lingue conosciute finalmente la tensione cala. E arriva pure Zibi! Che si fa? Spostare il camion? Agganciare il carico agli alberi e con i crick a mano cercare di far leva? Idee, idee … un vero brain storming! Con le forze umane non si poteva far nulla, ci voleva un muletto elevatore!

Al mio amico viene un’idea: “Anni fa lavoravo nella zona per una ditta di trasporti. Forse loro potrebbero conoscere chi chiamare. Se no, ora che organizzano il soccorso dalla Repubblica Ceca, verrà Capodanno! Provo a chiamarli! … Ciao Tino, sono Zibi, ti ricordi di me? … Sono qui nel parcheggio di fronte alle Terme. A una camionista ceca si è inclinato il carico pesante sul rimorchio. Da soli non riusciamo a far niente …”

Dall’altra parte rispondono: “Devo andare a Riva, manca poco a Natale, mi sta aspettando gente … porto materiale urgente per la baita che mi stanno rifacendo …”
Mi risuona in cuore la Parola di vita e all’improvviso la situazione cambia: la moglie di Tino dice “Dacci un’ora, devo riorganizzare il pomeriggio. Aspettami. Sono lì tra un po’! Dov’è parcheggiato il camion?”.

Il signor Tino, arriva in meno di mezz’ora. Insieme si decide di portare il camion in sede.
La signora viene a casa mia e si rilassa completamente con una doccia calda. Non solo. Mi aiuta a fare il ragù e le lasagne per le gen3. Passiamo una gradevole serata chiacchierando con l’ausilio delle nuove tecnologie.

La mattina seguente, dopo la colazione condivisa, Silvana si offre – un altro “Eccomi…” – ad accompagnare i miei figli a Messa a Santa Croce. Proprio quella domenica c’era la “Messa dei ragazzi” e non potevano mancare i miei. Io accompagno Pavla a Campo dove il titolare della ditta di trasporti stava già finendo di riposizionare tutta la merce sul rimorchio, lavorandoci da più di due ore senza chiedere un centesimo!

Ancora un lieto pranzo di lasagne, un dessert, due risate … Zibi si offre di far vedere a Pavla i mercatini di Natale. La mattina seguente, Pavla riparte con il suo camion per completare il viaggio e in tempo arrivare a casa sua e festeggiare il Natale con i suoi cari.

Tutti insieme abbiamo vissuto una attivissima prontezza ai bisogni di una sconosciuta.
Mettendo da parte i nostri “io”, i nostri programmi, le nostre corse quotidiane … abbiamo vissuto la solidarietà con il prossimo mettendo in pratica, momento per momento la Parola di Dio.

Grazie a Zibi, a Tino e alla sua famiglia. Monica

Il 20 dicembre Pavla ha scritto: “Finalmente sono arrivata a casa, grazie a Voi posso anche io festeggiare il Natale con i miei cari, grazie di cuore…!”




La sfida e la carta vincente

Esperienza controcorrente di un agente di commercio che usa come tattica di vendita l’attenzione e l’amore al fratello.

Sono un agente di commercio, un giorno mi trovo a pranzo in una trattoria con un collega. Questo, con un senso di sufficienza, mi mostra che nel portafogli ha ben sette tessere di partiti diversi, dicendomi: “Se non fai il furbo… non riesci a vendere!”.

Subito gli manifesto che provo disappunto sul suo comportamento, perché lo trovo un modo moralmente molto scorretto. Egli mi ribatte: “Prova tu con le tue fantasie spirituali, se riesci ad entrare in quella ditta (e mi fa il nome) senza far vedere che anche tu hai quelle tendenze politiche”.

Questa provocazione la prendo come sfida con Dio.

Io tessere non ne ho; mi rivolgo ai clienti innanzitutto con l’intento di voler loro bene, cercando di risolvere i loro problemi onestamente senza scendere a compromessi. E’ così che mi preparo a visitare anche la ditta citata; non nascondo, con un po’ di timore.

Dopo aver presentato i miei prodotti e relativi prezzi al responsabile degli acquisti, poiché aveva dimostrato poco interesse, mi accingo, salutandolo, ad uscire dall’ufficio un po’ disarmato e, in un certo senso, perdente. Ma in quel breve incontro, mi ero accorto di avere a che fare con una persona molto sofferente. Sono già alla porta, quando avverto nell’anima che quella sofferenza era diventata la mia; torno sui miei passi e chiedo semplicemente: “Ma lei è sicuro di stare bene?”. Questi, quasi con gli occhi sbarrati mi chiede: “Come mai questa domanda?”. Rispondo: “Non so, forse è solo un’impressione… ma mi pare che lei non stia molto bene”. Rinnovo i saluti ed esco definitivamente.

Il giorno dopo in ufficio, con mio stupore, ricevo la telefonata proprio di quel cliente che mi dice: “Senta, la volevo ringraziare per quello che mi ha detto ieri”. Io subito ribadisco: “Almeno, non mi prenda in giro!”. Lui replica: “Da quando è andato via lei, continuava a risuonarmi dentro quella frase, così la sera sono andato dal mio medico, che mi ha confermato che potevo avere un collasso da un momento all’altro e che bisognava intervenire subito con un’energica cura!”.

Lo stesso giorno ricevo una richiesta d’offerta dalla segretaria di quella ditta, che subito si tramuta in un ordine consistente; così, non solo ho trovato un grosso cliente senza prendere la tessera del partito, ma ho aiutato una persona a stare meglio. Ma la cosa che più mi ha commosso, è stata lo scoprire che mettere l’amore al primo posto nelle nostre relazioni è sempre la carta vincente.

Fonte: dal sito Focolari Lombardia Est




La pace per me è essere ancora qui …. ho imparato a vivere il qui e adesso

“Ama il prossimo tuo come te stesso” (Lev. 19,18). Questa frase presuppone che per ognuno di noi non ci sia persona al mondo che si possa amare più di se stesso.

E l’ amore è una cosa diversa dal narcisismo, non è dimostrare di essere i migliori ma è sapersi accettare, rispettare, perseguire il bene ed evitare il male….. e ciò implica prima di tutto riconoscere l’ amore di Dio per noi, occorre darsi il tempo per conoscere cos’è l’amore e come si ama, e quindi occorre fare spazio ai momenti di preghiera, di “contemplazione”, di dialogo con Lui.

Di conseguenza per amare il prossimo come se stessi occorre conoscerlo come si conosce se stessi. Dovremmo giungere ad amare come l’altro vuole essere amato e non come a noi piacerebbe: a noi piacerebbe trovare qualcuno pronto a dedicare il suo tempo ad ascoltarci, a trovare un posto di lavoro, a riordinare la casa?

Forse anche l’altro ha esigenze simili. Dobbiamo saperle intuire, facendoci attenti a lui, ponendoci in ascolto sincero, mettendoci nei suoi stessi panni.

Se tutti fossimo davvero consapevoli di dover amare il prossimo come noi stessi, cesserebbero le guerre, la corruzione sparirebbe, la pace e la fraternità universale non sarebbero più un’utopia.

Lavoravo tanto, avevo una moglie e due figli; avevo una grande casa, tante stanze, un grande tavolo, finestre ovunque e tende che svolazzavano.

Cos’è la pace? Probabilmente se fossi ancora quell’uomo vi avrei risposto in modo diverso: pensavo di averla conquistata. Poi ho visto cattiverie che non sono più riuscito a dimenticare, ho visto mia moglie scappare, ho visto il tavolo grande bruciare e le tende cadere, ho visto i miei figli piangere, ho visto la mia casa distrutta. La pace, dunque? La mia pace?

Adesso mi è chiaro, adesso lo so: non erano le tende, il tavolo, le stanze ma eravamo noi.

La pace per me è essere ancora qui, vedere ancora il sole sorgere e tramontare, quando qualcuno mi aiuta, quando io stesso aiuto qualcuno.

Ho imparato a vivere il qui e adesso.

Mi chiamo Abel-Alee, vengo dal Pakistan, ho 67 anni e ho trovato la pace.

I. e G.

Fonte: dal sito www.focolariveneto.it




La “moltiplicazione dei pesci”

Come ogni settimana ci incontriamo in un gruppetto per andare in profondità nella vita della Parola e condividere i frutti e le fatiche del cercare di attuarla.
Al momento di tornare a casa, Rosetta, che ci ospitava, sapendo che in casa siamo tre fratelli, mi offre tre trote, fresche fresche, pescate al mattino dal figlio.
Uscendo con il dono (apprezzatissimo) tra le mani, subito un pensiero: “Sicuramente Teresina ne ha bisogno”. Le chiedo se le gradiva e lei: “Per me sarebbero proprio una provvidenza”, così gliele ho date.
Il giorno dopo suonano alla porta di casa mia: è un vicino che mi porta…. ben sei trote!

Annarosa

dal sito Focolari Lombardia Est




Prima la lite e poi l’impegno di ritrovarci!

Stamattina intorno alle 9.00 esco a passeggio con il cane e, come in tante altre circostanze, nel tentativo di imboccare una strada trovo lo scivolo per disabili occupato da un fuoristrada.

So che in un altro lato c’è un’altro scivolo e così vado da quella parte, ma anche qui c’è una macchina che ne impedisce il passaggio.

Non mi rimane che tornare indietro al punto di partenza, ma penso anche che sia giusto rappresentare il disagio che questi signori hanno creato e cosi mi decido a lasciare sul parabrezza di queste vetture un piccolo bigliettino che ho predisposto già da tempo e che mi porto dietro, dove invito appunto a non occupare gli scivoli per disabili.

Verso le 17.00 esco per un’altra passeggiatina quando mi si accosta un fuoristrada al cui interno, un giovanotto di circa una trentina d’anni, mi chiede se ero stato io a lasciare il bigliettino e ad avergli imbrattato la macchina tempo addietro.

Io gli rispondo che il bigliettino era certamente il mio, dell’imbrattamento alla macchina non ne avevo idea e che comunque lui avrebbe fatto semplicemente il suo dovere se non avesse più occupato gli scivoli.

La sua reazione è stata semplicemente minacciosa dicendo che non ci sono abbastanza parcheggi per le macchione che se scopriva che ad imbrattargli la macchina ero stato io mi avrebbe fatto non si sa bene che cosa.

A questo punto anche a me il sangue ha cominciato a scorrere velocemente alla testa: ma come non solo questo mi ha creato un disagio ma pensa pure di avere ragione?

Allora gli risposto con tono altrettanto che forse chi gli ha imbrattato la macchina era semplicemente esacerbato dal fatto di dover subire continuamente disagi e che se avessi trovato un’altra volta la sua macchina davanti ad uno scivolo, probabilmente non mi sarei limitato a mettere un bigliettino.

Comunque, il clacson del le macchine che nel frattempo si erano accodate ha interrotto la conversazione e così ciascuno se ne è andato per la sua strada.

In me è rimasta una sensazione di rabbia e di sconcerto anche per il fatto di non aver saputo tenere a freno la mia rabbia e cosi, strada facendo mi sono messo a dire il rosario chiedendo a Maria di darmi la grazia di saper essere più mite visto che di situazioni del genere me ne potranno succedere ancora tante in futuro.

Quando sto iniziando l’ultimo mistero glorioso mi trovo a all’ingresso al parco e un ragazzo mi si fa incontro farfugliando qualcosa che non riesco a capire subito.

Mi fermo e il ragazzo mi dice: “Ciao, mi chiamo Filippo e vorrei parlare un attimo con te con calma”.

Io rispondo: “Volentieri, ma di che cosa?”

E lui: “Ma non mi riconosci? Sono quello del fuoristrada di prima e volevo chiederti scusa per come ti ho aggredito, ero già fuori di me per aver litigato con la ragazza, e me la sono presa con te”.

Beh! Siamo stati 10 minuti a parlare, ci siamo lasciati con l’impegno di ritrovarci ed approfondire la nostra conoscenza.




Oltre all’accoglienza è necessaria l’integrazione

L’esperienza che sto vivendo assieme a mia moglie, nell’avere accolto nella nostra famiglia e azienda agricola un ragazzo immigrato dal Mali, è abbastanza singolare, almeno per noi.

Il suo nome è Youssouf, con una storia alle spalle di sofferenze, giorni di cammino nel deserto con poca acqua, prigionia in Libia, giorni e notte imbarcato su un gommone in mezzo al mare, per approdare in Sicilia dopo due anni dalla partenza dalla sua terra, con un futuro di incognite ma pieno di speranza, almeno perché salvo.

E’ arrivato da noi tramite l’AMU proveniente dal CAR di Chiaromonte in Sicilia. Dopo una notte di viaggio, al mattino l’abbiamo accolto come si accoglie un ospite atteso. Era chiaro il suo disorientamento tanto da chiedermi subito i punti cardinali e in particolare il sud. Per lui avevamo ricavato un alloggio dignitoso con il necessario per la sua privacy. Tuttavia affinché si ambientasse il meglio possibile, per un po’ di tempo è stato ospite a pranzo e cena in famiglia.

All’inizio qualche difficoltà è emersa forse per dubbi e paure, diffidenza, specialmente per l’iscrizione al centro per l’impiego, dove grazie alla paziente e cortese disponibilità della direttrice per spiegare l’importanza di ottenere l’iscrizione al centro dell’impiego e poter lavorare nella legalità. Dopo circa due ore di silenzio e timori, grazie all’intervento telefonico del mediatore culturale dalla Sicilia, si decise a firmare con grande sollievo per tutti.

Hai appena compiuto 18 anni e davanti a te, diceva la direttrice, c’è tutta una vita lavorativa da vivere nella legalità e senza paura. Alla fine l’ho visto contento e sollevato, soprattutto quando lo presentai agli altri lavoratori, in particolare a Niang originario del Senegal con il quale è nato un rapporto fraterno e di reciproca fiducia, quasi da padre e figlio.

In quel periodo eravamo impegnati alla raccolta della frutta che in base alla pezzatura, veniva selezionata. Un lavoro dove bisogna prestare molta attenzione che Youssouf imparò subito senza problemi. Nel frattempo frequentò un corso obbligatorio sulla sicurezza nel lavoro superandolo molto bene. Alla mia domanda come andava, rispondeva che era facile. Oltre alla raccolta della frutta si adoperò in altri lavori, come la preparazione delle spedizioni, l’imballaggio, la raccolta del pomodoro e così via.

L’aspetto della cura personale e dell’ambiente dove vive, aveva bisogno di richiami per tenere in ordine la casa, l’abbigliamento. Mi fu di grande aiuto mia moglie nello spiegare che gli indumenti è necessario lavarli periodicamente, indicando una lavanderia industriale, come pure a fare la spesa degli alimenti andando in un supermercato adatto alle sue esigenze.

Oggi Youssouf penso si sia integrato abbastanza bene, almeno a giudicare dalla sua serenità. Difatti ha fatto amicizia con altri immigrati residenti nei paesi vicini, relazionandosi molto bene. Si è pure inserito in una squadra di calcio locale partecipando a partite e allenamenti. Nei nostri confronti, a detta sua, ci considera come genitori portandoci un grande rispetto.

Durante le giornate invernali, segue la potatura con gli altri potatori in campagna ed è molto contento. A giorni inizierà un corso teorico-pratica sulla potatura dei fruttiferi, presso l’istituto agrario assieme a uno dei nostri potatori che lo accompagnerà. Penso sia molto utile soprattutto in prospettiva di questa professione sempre più carente di manodopera specializzata.

Dopo alcuni mesi dall’assunzione, si è pensato assieme all’AMU, di presentare l’esperienza di Youssouf nella nostra azienda, mettendo in rilievo che oltre all’accoglienza è necessario fare sistema, cioè inserendo queste persone immigrate per motivi sia umanitari che sfollati causa guerre, nel tessuto sociale e lavorativo del territorio, informando gli imprenditori della necessità di occupare queste persone in maniera diffusa dove l’integrazione può dare i suoi frutti.

Così il primo dicembre presso l’Oversiss, una Onlus il cui significato invita a guardare oltre, si è tenuto un incontro sul tema immigrazione. La partecipazione è stata numerosa con dibattito, scambio di opinioni e pareri, in una parola una Comunità che si prende a cuore un fenomeno di non facile soluzione ma che si mette in gioco per portare il proprio contributo.

Luigi – Modena




Dare qualcosa di più . . .

Un nostro amico è venuto da lontano a portare un’autovettura da donare ad una famiglia terremotata che ne ha bisogno. Fin qui “nulla di speciale”.

La prima cosa che si notava in lui era una grande gioia e naturalezza nel dare poi anche una “perfezione” nel dare. P. aveva pensato a tutto: un set di gomme da neve supplementari, pala, torcia, carta carburante per un anno, assicurazione e bollo pagati . . . ma non solo anche un gruppo elettrogeno con una latta di 20 litri di benzina per alimentarlo.

Mentre ci faceva vedere queste cose ci siamo quasi commossi per la sua generosità, ma fin qui ancora “nulla di speciale”. Più tardi abbiamo ancor più compreso l’essenza del suo voler bene, abbiamo fatto pranzo insieme a casa ed è venuto anche il sacerdote direttore della Caritas a cui la macchina è stata consegnata.

Abbiamo capito mano a mano che stavamo insieme che quella autovettura era molto di più di un’auto aziendale, era una “sua creatura” preziosa e non un qualcosa in più,  un mezzo familiare, un autoveicolo mantenuto fino a quel momento per custodire una passione, di quelle cose che fanno parte di te, della tua storia e che al solo pensiero del distacco ….ci si preoccupa anche della pioggia che può prendere, quindi non un oggetto indifferente.

La misura “sovramisura” di questo amore per un fratello, peraltro non conosciuto, ci ha convertito. Le ore passate insieme sono volate perchè passate in donazione reciproca.

Questa esperienza ci ha insegnato tante cose: non si possono solo fare progetti e programmare attività (bene, tutto questo va fatto ma non solo), non si tratta solo di dare quello che si ha in più (bene ma questo lo fanno in tanti), si tratta di dare anche del nostro, di uscire dalle piccole comodità personali e familiari, dai piccoli attaccamenti, per andare incontro ai bisogni di tutti, soprattutto di quelli che hanno più bisogno, aprire la porta della nostra famiglia per essere sempre di più quell’unica famiglia che dovremmo essere.

Prossimità quindi e poi anche reciprocità.

P. L.




Ho scelto la persona più sola

In un recente viaggio, con tante persone che avevo invitato, mi sentivo impacciato nei rapporti: tirato a destra ed a sinistra non sapevo come fare per non scontentare nessuno…

Mi sono sentito spinto a scegliere particolarmente la persona più sola ascoltandola a lungo, abbiamo riso insieme. Poi mi è arrivato questo messaggio: “… grazie di cuore per tutta la gioia che mi dai!” Mi ha sorpreso e ho ringraziato Gesù!


Poi è arrivato un altro messaggio, ma di rimprovero questa volta…E ho ringraziato Gesù anche di questo perché mi spinge a ripartire “forte” delle mie fragilità.

Alessandro




Mi sentivo costretta

In questi ultimi tempi mi sono ritrovata “a fare le cose” non tanto spinta dall’amore, ma “dal dovere”, dalla “rassegnazione”, mi sono sentita come “costretta” ad adeguarmi ad alcune situazione o fatti…e questo mi faceva sentire in ribellione.

Ieri è stata una giornata particolarmente significativa per questo… Alla sera, prima di addormentarmi, mi sono riletta la nuova Parola di Vita per trovare un po’ di pace: così è stato.

Stamattina mi sono svegliata col pensiero che anche Gesù abbandonato si è sentito “costretto”, “costretto” dai chiodi che hanno messo gli altri nei suoi piedi ed nelle sue mani, e lo hanno appeso lì…Il pensiero di Lui “costretto” mi ha ridato la spinta dell’amore: nella “Suo essere costretto” posso ritrovare la spinta dell’Amore….

A.L.




Dio mi ha “salvato” da me stesso per essere nell’amore

Stamattina, ancora sotto le coperte, ho riletto la Parola di Vita. Rimango sempre impressionato dall’inizio: “. . . il Verbo è al presente: Egli viene”!

Nella meditazione è venuto, nell’accorgermi di una cosa fuori posto da riordinare è venuto, nel rispondere alle telefonate è venuto, nello studiare è venuto, nel tornare indietro per salutare Gesù in Chiesa e affidargli le “ultime”…è venuto, nel seguire piccole ispirazioni e scrivere dei messaggi è venuto!

E’ stata una mattinata del tutto ordinaria ma ricca! nella quale Dio mi ha “salvato” da me stesso per essere nell’amore. E alla fine sembra di essere con Gesù sempre, la vita “ordinaria” diventa preghiera.

Alessandro




Una vigilia di Natale insolita e assurda

E’ la Vigilia di Natale. Tutto è pronto per accogliere figli e nipoti. Un bel presepio, diverso dal solito, un bell’albero con le lucette accese, i doni, una bella tavola festosa preparata con cura e un menu semplice ma secondo i loro gusti. 

Arrivano, è festa, baci e abbracci e poi, in un lampo…è bufera!!! La presenza del cane!!! C’è chi ha una gran paura, la proprietaria del cane, serenamente sceglie di mangiare in cucina col cane ed il problema sembra risolto.

Ci sediamo a tavola ma c’è disagio. Comincio a servire, il clima è freddo!! Poi un altro colpo di scena, la nipote che ha paura del cane si alza da tavola e non torna più anche se il papà va a chiamarla più volte.

Il gelo cala sulla tavolata, chi cerca di minimizzare, chi è serio e chi arrabbiato. Io chiedo scusa e più volte dico quanto mi dispiace, ma nessuno replica. Imbarazzo, pena, tutto si è frantumato in un attimo . . . mi sembra un’esagerazione!

 “Gesù Bambino – penso- stanotte nasci già abbandonato!”

Guardo le tre fiammelle di quelle tre candele rosse che illuminano la tavola e vorrei che illuminassero i nostri cuori. Non posso proferire parola ma posso amare in silenzio servendo la cena fino in fondo prendendo su di me, come una spugna, tutto il dolore di quella situazione assurda.

Qualcosa piano piano si scioglie, come le tre candele rosse…poi c’è lo scambio dei doni. Quando vanno via baci e abbracci, ma mia nipote va via senza salutare nessuno.

Mentre mi trovo sola a riordinare la cucina cerco anche di riordinare le mie idee. Mi chiedo se ho sognato o se ho vissuto veramente questa sera di Natale così insolita e assurda.

Sento nel cuore una grande pace, non ce l’ho con nessuno, non sento delusione né fallimento: forse l’amore ha purificato in me tutti questi sentimenti e, senza forse, “Gesù è venuto a salvarmi”.

Non può mancare la 2° puntata…

Dopo l’esperienza della sera di Natale, ho invitato a pranzo le due nipoti: una ha risposto subito con un si gioioso, l’altra, che a Natale aveva creato tutto quello scompiglio, non ha risposto ai miei sms e non è venuta a pranzo.

E’ venuta la più piccola, è stato un momento bello, le ho fatto anche dono di vari oggetti di quando ero più o meno un’adolescente come lei: ha molto apprezzato per il semplice valore affettivo.

Nel pomeriggio, assolutamente inaspettata, la telefonata della sorella maggiore che si scusava per non essere venuta a pranzo. Le ho fatto una gran festa e l’ho sentita molto contenta e forse sorpresa… Domani quando andrò a salutare tutta la famiglia, prima della partenza, porterò anche a lei una graziosa scatola di legno con dentro della semplice bigiotteria che so piacerle molto… Gesù viene e porta la reciprocità!

C.- Italia