Testimoniare il Vangelo attraverso la bellezza

L’incontro, ormai alcuni decenni fa, con alcuni cristiani coerenti ha rafforzato la mia fede, alimentando al tempo stesso la mia vena artistica in ambito sacro. Da allora ho realizzato più di 150 vetrate per diverse chiese in Italia e varie decine di migliaia di cartoline di auguri natalizi e pasquali. Generalmente utilizzo colori che hanno un certo significato simbolico. Ad esempio, il rosso richiama alla mente il sangue, la vita donata.

Per tutti questi lavori non ho mai preso un soldo. Che importa se d’estate al caldo torrido s’aggiunge quello dei forni da cui escono le lastre di vetro, o se a volte i coloranti mi causano una allergia alla pelle?

Ciò che veramente conta ai miei occhi è l’apprezzamento della gente per quello che faccio; questa possibilità di testimoniare il Vangelo attraverso la bellezza è ciò che mi rende felice, mi dà pienezza.

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.2, marzo-aprile 2019)




Ho deciso di dedicarmi a qualcosa che mi attraesse di più

Nostro figlio si era iscritto ad un corso di parapendio. Tanto per me che per mia moglie non era stato facile accettare questa sua scelta, a nostro avviso spericolata, anche se abbiamo sempre considerato i figli come un dono ricevuto, un bene da rispettare e non da manipolare.

Di solito, durante il tragitto per accompagnarlo al corso, m’informavo su come avviene questa preparazione al volo, sui rischi che si corrono. E proprio in un’occasione di queste, il ragazzo mi ha sorpreso con questa confidenza: «Sai, papà, questa passione in fondo me l’avete messa voi in cuore. Tu e la mamma, inculcandoci dei princìpi cristiani, avete insegnato a noi gli a vivere una vita non ripiegata su sé stessa, aperta agli altri e al nuovo.

Adesso devo farti una confessione: stavo cadendo in un giro di droga con un gruppo di ragazzi che ho conosciuto in discoteca. La tentazione era forte. E un giorno, proprio pensando a voi due, ho preso la decisione di dedicarmi a qualcosa che mi attirasse più della droga».

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.1, gennaio-febbraio 2019)




Nessuno si curava di lui…

Sono stato ricoverato in ospedale per sottopormi ad un intervento chirurgico. Nella mia camera è stato portato un giovane rumeno gravemente ferito per essere stato investito da un treno, mentre attraversava i binari a bordo di un motorino nei pressi di un passaggio a livello incustodito. Pur nella disgrazia poteva ritenersi fortunato in quanto il violento impatto col treno ha fatto sì che fosse scaraventato lontano dai binari e quindi non essere investito, però ha subito la frattura del bacino e di altre parti del corpo. La cosa che mi meravigliava molto era che non si lamentava per il dolore quanto piuttosto aveva il rammarico di non poter più continuare a lavorare. Era infatti entrato clandestinamente in Italia e raccoglieva pomodori per aiutare la famiglia rimasta in Romania.
Intanto la stampa locale lo aveva dato per morto ed egli era disperato perché non aveva nessuna possibilità di contattare e rassicurare i suoi familiari. Il giovane era arrivato sporco e privo d’indumenti e la cosa che più mi addolorava era che nessuno si curava di lui.
Sentivo che non potevo starmene indifferente e così ho sollecitato gli infermieri a fare qualcosa, chiamare un’assistente sociale, contattare la famiglia. Ma la risposta è stata: “È un clandestino, la sua situazione non è regolare, ecc. ecc.”. Allora ho chiesto a mia moglie di portare degli indumenti, del sapone, degli alimenti e intanto cercavo il modo di aiutare il ragazzo a contattare la famiglia. Stando in ospedale non è facile darsi da fare, però pregavo, con la fiducia che Dio non avrebbe abbandonato questo suo figlio bisognoso d’aiuto.
L’indomani sono arrivate alcune volontarie dell’A.V.O. che ci chiedevano se avevamo bisogno di qualcosa. Subito ho fatto presente la situazione di quel ragazzo che doveva essere assolutamente aiutato. Così mandano un volontario che scopro essere un mio collega di lavoro, un vigile urbano in pensione come me, il quale si è subito messo a disposizione e nel giro di poco tempo è riuscito a contattare la famiglia.
Il giovane ha potuto così avere un colloquio con la madre che ormai lo credeva morto. È stato per noi lì presenti un momento di forte commozione perché percepivamo tutto lo strazio e l’angoscia di entrambi.
Il giovane poi si è molto rasserenato e la cosa che a me è sembrata più bella è stato che attorno si è ridestata la solidarietà. Infatti, un signore ricoverato nella nostra stessa camera, molto scontroso e chiuso in se stesso, rendendosi conto durante la notte di un bisogno del giovane, completamente immobilizzato, si è alzato ed lo aiutato.
Anche il personale e i medici cominciavano ad avere un atteggiamento di maggiore disponibilità e io mi dicevo che davvero l’amore riscalda il cuore di chi lo riceve e di chi lo dà.

Antonio Vaira




L’esperienza di “Casa Ismaele” a Cosenza

Riceviamo e pubblichiamo l’esperienza di una comunità che ha aderito a un progetto di accoglienza. L’articolo è stato pubblicato sul periodico dell’Associazione Famiglie Nuove, Spazio Famiglia.

“Mi chiamo Lamine Badiane e ho da poco compiuto 18 anni.
Vengo dal Senegal,dove vivevo con la mia famiglia. Lì dopo la scuola, che ho frequentato per quattro anni, ho lavorato come elettrauto, finché ho deciso di partire. Prima di mettermi
in viaggio non potevo immaginare quanto questo sarebbe stato duro e faticoso. Ho attraversato quattro Paesi prima di arrivare in Italia. Tutto il viaggio è durato due anni. Dal Senegal ho attraversato la Mauritania, il Mali, l’Algeria, la Libia, dove sono rimasto per un mese in prigione. Sono riuscito a scappare grazie all’aiuto di una signora e ad arrivare sulla
spiaggia, dalla quale mi sarei imbarcato.

Il 30 Giugno 2017 sono partito a bordo di un’imbarcazione e sono arrivato in Italia, a Corigliano, il 3 Luglio». Quella di Lamine è una delle tante storie che accomunano i ragazzi ospitati nella Casa di Ismaele, una casa famiglia situata a Rogliano, in provincia di Cosenza, che accoglie minori stranieri non accompagnati, tra le fasce più vulnerabili di chi arriva in Italia con la speranza di un futuro migliore. La struttura, aperta dopo l’emergenza sbarchi sulle coste calabresi dello scorso Giugno e poi entrata nel circuito Sprar, ospita 12 ragazzi, adolescenti e neo maggiorenni. Nata dalla collaborazione tra la cooperativa sociale Fo.Co., AFNonlus, AMU Onlus e la cooperativa sociale Mi.Fa., Casa di Ismaele offre ai ragazzi un ambiente familiare e uno stile di vita adatto alla loro età. Oltre all’attività scolastica, gli ospiti della casa famiglia infatti frequentano dal mese di ottobre un corso di italiano, che li impegna tutti i giorni nonché attività sportive in base alle loro attitudini. Il pranzo e la cena sono momenti conviviali e vengono condivisi con gli educatori.

In entrambi i pasti sono i ragazzi stessi a cucinare, assieme all’educatore di turno. Non mancano momenti di aggregazione, uscite, partecipazioni alle feste popolari, pizze, tombolate ed altro. Oltre agli operatori, ai mediatori linguistico-culturali, all’assistente sociale e alla psicologa, i ragazzi sono seguiti da una rete di famiglie locali, che si sono messe a disposizione per offrire loro momenti di svago e tempo libero. Alcune si sono riunite formando la cooperativa sociale Missione Famiglia (Mi.Fa.), impegnata nella diffusione di un’idea “sociale” di famiglia, che si metta al servizio delle periferie esistenziali.
«L’esperienza di Casa di Ismaele, parte da una comune attività sociale di volontariato, svolta da alcuni anni, in favore di minori con disagio, residenti in case famiglia, inclusi i minori stranieri non accompagnati», ‒ ci spiegano Gaetano e Giulia Gabriele, tra i fondatori di Mi.Fa. Per realizzare l’obiettivo di un’accoglienza che, riconoscendo la centralità della persona umana e della sua dignità, garantisca la reale applicazione dei diritti umani, nonché l’attivazione di percorsi finalizzati all’autonomia economica e sociale dei giovani, le famiglie di Mi.Fa. hanno da subito istaurato un rapporto di amicizia con i ragazzi della casa famiglia. «Fin da subito ‒ continua Gaetano ‒ grazie all’aiuto dei mediatori lingustico-culturali, siamo riusciti a creare una zona di prossimità, favorendo un clima di accoglienza e d’incontro, cercando di valorizzare e rispettare la diversità delle loro culture e, soprattutto, facendogli capire di non sentirsi estranei, ma considerandoli un dono alle nostre vite».
Le famiglie hanno un ruolo fondamentale in questo processo di integrazione.

Lo conferma anche Alfusainey Touray, mediatore linguisticoculturale della struttura.
«Fare in modo che un ragazzo straniero sia supportato da una famiglia locale, gli permetterà di praticare la lingua e gli darà un punto di riferimento. Nello stesso tempo, questa esperienza consentirà alla famiglia di superare gli stereotipi e i pregiudizi che accompagnano lo straniero». Così l’accoglienza assume la sua vera conformazione, diventa un’opportunità di conoscere, confrontarsi con il diverso, sperimentando forme di multiculturalità anche all’interno di piccoli centri abitati. Per fare in modo che tutti i ragazzi come Lamine, alla domanda “Cosa ti aspetti dal futuro?”, rispondano proprio come ha fatto lui: «Mi piace studiare e voglio continuare così per imparare la lingua e integrarmi. Voglio diventare un elettrauto nel futuro e voglio servire questo Paese, che mi ha dato l’opportunità di cominciare una nuova vita»”.

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Dio c’è in tutti!

In ospedale il mio compagno di stanza era un manovale e, nella conversazione, entrava in argomenti un po’ grossolani e poco convenienti, che in seguito ha cercato di evitare, pur non avendogli io detto niente. Mi sono chiesto: Dio ama più me o lui? No, Dio ama lui come me, Gesù ha dato la vita per me come per lui.

Ho cercato allora un rapporto che lui gradiva, su tutto ciò che non era contro Dio e ho scoperto in lui doni di Dio, di cui egli non si rendeva conto. Era molto più generoso di me, sia nei miei confronti che degli altri, cercando di far qualcosa per chi soffriva di più, dividendo tutto ciò che gli portavano di viveri, giornali, ecc.

Ho creduto che Dio c’è in tutti, anche se non si manifesta in forma religiosa, ma in maniera esistenziale. Il mio compagno non si preoccupava di cambiarmi sul piano delle idee o di convertirmi; lui mi voleva bene e me lo dimostrava dandomi tutto quello che aveva. Vedeva che facevo la Comunione tutte le mattine, eppure mi trattava come uno delle sue stesse idee, un amico.

Da “Il Vangelo del giorno” n.8 – Agosto 2018 p.150




Insegnami i tuoi sentieri

Mi accorgo che Dio mi chiede di perdere un po’ tutto: i miei sogni, desideri e progetti per fare miei i suoi sogni, i desideri ed i progetti. Saper perdere il mio desiderio di tornare a casa presto dall’ospedale quando mi chiedevano di restare ancora. Saper perdere tante iniziative pastorali che mi affascinavano per ridurmi a una vita chiusa e troppo tranquilla. Saper perdere, nei prossimi mesi, anche la parrocchia di Salò dove mi sono sentito a casa, e anche tanto amato dalla gente. Ma è bello scoprire che proprio questo perdere è un guadagnare una nuova visione della vita, nuovi doni di Dio, una vita vissuta nella Volontà di Dio con tanta gioia e libertà interiore. In questo contesto ho anche scoperto che la mia esistenza, a causa della mia malattia, è avviata verso l’eternità.
A Villa Gemma, parlando con una dottoressa che mi ha seguito, ho chiesto cosa mi devo attendere, e anche una possibile tempistica sulla fine della mia vita, e mi ha parlato di alcuni mesi, forse qualcosa di più, ma non certamente di un anno e mezzo o due. Proprio questo aprirmi alle vie di Dio mi ha dato una grande libertà e serenità, senza avvertire un minimo di paura o di tristezza. Anzi, nel cuore è nata una grande riconoscenza per la mia vita, per l’età a cui sono arrivato, per i doni immensi che hanno arricchito la mia esistenza. Come non ringraziare per il dono della fede in Dio amore, che da senso a tutto ciò che viviamo? Come non ringraziare per il dono della chiamata al sacerdozio, alle esperienze fatte nelle varie parrocchie, con le fatiche e ai fallimenti ma anche con tante gioie per essere stato un piccolo e povero strumento nelle mani di Dio? Come non ringraziare per il dono dell’Ideale di Chiara Lubich che ha illuminato di luce nuova la mia vita personale e il mio ministero, e soprattutto per l’esperienza del Focolare sacerdotale, che mia ha fatto sperimentare la bellezza e la concretezza della comunione,  di un rapporto profondo di unità tra noi. In questi ultimi anni, e soprattutto in questi ultimi mesi, ho avvertito tanto amore fraterno che spesso mi ha commosso! E tutto questo al di là delle mie povertà e debolezze umane! Anche questa realtà che mi attende mi apre ancora di più alle “vie di Dio e ai suoi sentieri” e alla gioia profonda del cuore.

Don Lionello Cadei (Coccaglio – BS – 1950/2019)




Il vero Papà

Nostra figlia era ricoverata in ospedale per delle analisi. Una mattina mi telefona allarmata: le avevano dato delle informazioni con poca delicatezza, ed ora voleva andarsene da quell’ambiente che le parlava di morte.

Sono corso da lei, l’ho ascoltata fino in fondo e ho cercato di rassicurarla, ricordandole che avevamo un Padre onnipotente che ci amava come nessun altro. La cosa più saggia da fare era abbandonarsi con fiducia nelle sue mani.

Poi siamo andati nella cappella dell’ospedale a pregare. In quella circostanza mi sono sentito nei confronti di una figlia quasi un padre “adottivo” che le parlava del suo vero Papà.

Fonte: Il Vangelo del giorno – n.1/2019, Città Nuova Editrice




Una scalata difficile

Eravamo in quattro amici, quella volta, appassionati di montagna. Durante la scalata uno di noi, scivolando, si è infortunato. Dopo aver cercato di medicarlo come potevamo, considerato che anche le riserve d’acqua si erano abbastanza ridotte, io e un altro abbiamo deciso di continuare, mentre gli altri due sono tornati indietro con il ferito.

Arrivati ad una certa altezza e accorgendomi che il mio compagno era in difficoltà, ho soppesato la mia borraccia. Conteneva poca acqua. Gliel’ho offerta. Sapevo che la vera cima da raggiungere è saper dare la vita per gli altri, come propone il Vangelo.

Dopo varie salite e ferrate, abbiamo raggiunto un piccolo ripiano dove c’era una lapide che ricordava un caduto in montagna. Ai piedi del piccolo monumento spiccava una borraccia piena d’acqua. Su un foglietto fermato da un sasso era scritto: «Per chi ha sete». Dopo esservi abbeverati entrambi, ci siamo scambiati uno sguardo d’intesa. La natura, la bellezza, la vita ci abbracciavano.

Fonte: Il Vangelo del giorno – n.1/2019, Città Nuova Editrice




Una giornata straordinaria

Ricordare Alberta Levi Temin attraverso il racconto della sua storia, parlare della Shoah con i ragazzi di una scuola media e lanciare la Regola d’oro per costruire da subito un mondo più in pace, più unito.

Il sole splendido ha fatto da cornice ad una giornata speciale ad Ischia – un’isola del golfo di Napoli (Italia) – dove il 23 gennaio scorso alcuni ragazzi della Scuola Media “Giovanni Scotti” hanno potuto conoscere la storia di Alberta Levi Temin, ammiratrice di Chiara Lubich e testimone diretta della tragedia dell’olocausto, attraverso la presentazione del libro “Finché avrò vita parlerò”(Ed. L’Isola dei Ragazzi).

Alla presenza di un gruppo di amici dei Focolari tra docenti, alunni e genitori, ma anche dell’autore del libro Pasquale Lubrano Lavadera e della prof.ssa Diana Pezza Borrelli (legata ad Alberta da un rapporto fraterno, alimentato anche nell’Associazione “Amicizia Ebraico-Cristiana” di Napoli), i ragazzi hanno ascoltato il racconto emozionante della sua storia.

“Alberta un giorno venne a parlare nella mia scuola, – dice Pasquale – lei, di religione ebraica, insieme alla sua carissima amica Diana, di fede cattolica. Era stata invitata a raccontare a tutti i ragazzi e a noi docenti l’orrore della Shoah, ma anche a testimoniare che il dialogo è possibile fra tutti gli uomini senza distinzione di razze, di fedi o di convinzioni. Mi colpì la sua frase: –La famiglia umana è una e siamo tutti fratelli.”

Movimento dei Focolari Una giornata straordinariaAlberta è morta nel 2016, ma durante la sua vita ha sempre avuto un unico pensiero che l’ha sorretta e le ha dato sempre gioia: è la Regola d’oro “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te, non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Si è sempre battuta per il dialogo nella società a tutti i livelli.

“Oggi più che mai capisco che bisogna avere un amore più grande – sosteneva Alberta – e, come dice Chiara Lubich, bisogna Amare la patria altrui come la propria. Dobbiamo avere amore per tutta l’umanità, solo in questo humus può nascere il dialogo”.

“Ogni scuola dovrebbe dedicare in ogni classe una o due ore a settimana per insegnare il bene relazionale, quel bene che può aiutare i ragazzi a stare tra loro con serenità e a studiare insieme in uno spirito di collaborazione e di ricerca comune. Puntare a fare dell’esperienza scolastica, che è la prima e fondamentale esperienza sociale dell’uomo, una vera esperienza di aiuto reciproco”. Di tutto questo Alberta era convinta.

Leggi l’articolo completo sul sito focolare.org

www.focolare.org/news/2019/01/27/una-giornata-straordinaria-2/




Vivere la Parola: piccole esperienze quotidiane (4a parte)

Pubblichiamo l’ultima parte di alcune esperienze pervenute sulla Parola di Vita:  “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”. 

  • Accogliere Sumon e la sua famiglia non è stato semplicemente voler bene ad una persona nel bisogno, ma essere famiglia per lui. Oggi, lui e la sua famiglia sono perfettamente integrati e continuano a sperimentare “la casa”, anche se sono lontani dalla propria terra d’origine.
  • Una signora anziana mi ha chiesto un passaggio perché doveva fare una ricarica al telefonino e un temporale stava per arrivare. Con amore l’ho accompagnata aspettando che aprisse il negozio, visto che ancora era presto. Soddisfatta della sua ricarica, l’ho riaccompagnata a casa dopo il temporale. Anche questo “bussare” a volte ti sorprende, sono piccoli gesti che però ti danno anche gioia!
  • Nell’amare non ho perso mai niente, solo il mio orgoglio, in cambio ho ricevuto pace e libertà. Frutto di tutto ciò è vivere la Parola di Dio.
  • Ieri è venuto a scuola un mio alunno per ringraziarmi e ringraziare tutti per i risultati ottenuti, per averlo sostenuto in un momento difficile che stava attraversando.  Soffriva di fortissimi mal di testa, asma respiratoria e, ogni tanto, crisi epilettiche. A volte si sentiva così debole che voleva farla finita. Io e il collega di italiano lo abbiamo incoraggiato ogni giorno. Avevo consigliato alla mamma fargli fare dei controlli presso altri ospedali e sentire altri pareri medici. Così dopo gli esami di stato, superati bene, sono andati in un ospedale di un’altra città dove è stato operato. Adesso sta bene, ha ripreso la sua vita e sta studiando ingegneria. Mi ha dato tanta gioia vederlo felice e sapere che le preghiere rivolte a Maria e a Dio hanno ottenuto la Grazia.
  • Al citofono bussa una signora. Intuisco che è testimone di Geova. Vinco l’iniziale ritrosia e voglia di liquidare la conversazione in due parole. Le apro e dialoghiamo un poco, le dico che sono cattolica, ma che la sostengo con la preghiera perché possiamo diffondere tra i fratelli il bene e i valori universali e condivisibili. Se ne va felice e io più di lei per aver fatto festa a Gesù che bussa.
  • Il vivere la Parola di Vita di questo mese è stato un grande allenamento nel cambiare continuamente i miei programmi per essere disponibile per la famiglia e per quanti mi chiedevano. Pensavo di ritardare nel fare le mie cose ma, alla fine, sono riuscito a fare tutto e anche di più.
  • A lavoro, durante una mattinata intensa di scadenze, ho cercato di stare attento alle esigenze dei “colleghi/fratelli” e li ho aiutati ad alleggerire il loro carico di lavoro, ascoltandoli e portando a compimento le loro richieste.
  • A scuola ho un alunno un po’ problematico. Che faccio? Come posso aiutarlo? Cerco di volergli bene e colmare con il mio amore le criticità. Dopo poco tempo la mamma mi ringrazia, stupita per la rapidità del cambiamento del figlio, avendo notato anche a casa i suoi progressi.
  • In questo mese ho svolto il tirocinio in ospedale e sentivo che dovevo prima di tutto dare amore, regalare un sorriso chiedendo ogni mattina agli ammalati se avevano bisogno di qualcosa. I pazienti non finivano di ringraziarmi dandomi tante benedizioni. Ero davvero contenta che con un po’ d’amore rendevo felici gli altri.
  • La Parola di Vita di Chiara Lubich mi aiuta a vivere la vita, molto cambiata dopo la dipartita del mio amato Luigi. Il passaparola quotidiano ravviva la mia fede e mi aiuta a sentirmi meno sola anche perché i figli sono lontani. Grazie.

(vedi 1a parte)

(vedi 2a parte)

(vedi 3a parte)




Vivere la Parola: piccole esperienze quotidiane (3a parte)

Continuiamo a pubblicare  alcune esperienze sulla Parola di Vita:  “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”. 

  • C’era stata un’incomprensione con mia figlia e in un primo momento pensavo di chiarire. Però mi sono ricordata che in quel dolore c’era Gesù che bussava: gli ho detto di “Sì” e mi sono rimessa nell’Amore. Tutto si è risolto.
  • Dopo alcuni anni incontro una collega dell’università durante le prove di un concorso, a Milano. Non avevamo grandi rapporti, era solo una conoscente con un carattere un po’ particolare, molto ansiosa. In quel momento di pressione e stress, per me sarebbe stato più facile passare oltre e far finta di niente. Lei non mi aveva neanche vista! Decido di tornare indietro e salutarla. Da quel momento non me la sono tolta più d’addosso, mi cercava in continuazione per chiedere informazioni, farmi domande… . Ma mi sono ricordata che era un prossimo da amare. Ho cercato solo di volerle bene, in lei c’era Gesù che aveva bisogno delle mie attenzioni. Dopo qualche mese mi dice che era davvero contenta di avermi incontrata perché grazie al mio aiuto aveva potuto affrontare quel concorso così importante per lei. Mi racconta che un anno prima aveva scoperto di avere un tumore che sembrava aver superato, ma prima del concorso aveva scoperto una recidiva e avrebbe dovuto affrontare un altro intervento più invasivo e la chemioterapia. Ho ringraziato Dio per quel momento in cui son tornata indietro a salutarla. Io non potevo saperlo! Da quel momento abbiamo cercato di affrontare insieme tutto questo cercando di starle il più vicino possibile.
  • Sperimento che ogni volta che decido di aprire la porta a Gesù che bussa: il problema accolto come Sua volontà diventa Provvidenza.
  • Rientrati dalle ferie estive, in azienda avevamo dei progetti da concludere con dei potenziali clienti di cui uno era certo, perché avevamo già avuto contatti frequenti, scambio di email, documenti ecc. Un giorno questo cliente chiama e dice che aveva optato per un’altra soluzione. Per noi è stato un colpo inaspettato. Proprio in quei giorni è venuto a trovarci un amico, che come noi condivide la spiritualità dell’unità, e ci ha raccontato come è stato in grado di superare una forte difficoltà accettando e amando con tutto se stesso quel dolore.  La stessa cosa valeva per me: in quel momento dovevo amare quel dolore, Gesù abbandonato e crocifisso, cioè l’aver perduto un cliente. Ma è arrivata la riposta: a distanza di una settimana, tre persone, alle quali avevamo proposto i nostri progetti, hanno accettato la proposta e sono diventati nostri clienti.

  • Ogni Parola ci invita ad essere “sacramento della presenza” se facciamo le cose con amore e per amore. Abito con la mamma di 98 anni e non potendo facilmente uscire accolgo volentieri tante persone, amici che ci vengono a trovare. Da un po’ di tempo la casa mi sembra “piccola chiesa” per gli argomenti che si trattano, per i problemi delicati che le persone mi confidano. Nell’ascolto paziente soffro e gioisco con ognuno. Tanti rapporti nuovi si costruiscono e altri si rafforzano. Per non parlare della Provvidenza! Il tempo dedicato ai fratelli, con semplicità e nella normalità, ci unisce sempre di più e porta avanti il Regno di Dio.
  • Da tempo mi ripromettevo di andare a trovare un signore che da mesi non usciva di casa per problemi di salute e di depressione.  Un improvviso cambio dei programmi del mio lavoro mi permette finalmente di andare a trovarlo. Siamo stati due ore insieme, semplicemente a giocare a carte, cosa che non facevo da tanti anni ma capivo che era cosa gradita a lui. È stato felice e spero al più presto di ritornare.
  • Recentemente ho dovuto accogliere un dolore grande: temevo di avere un cancro e mi sono affidata con tanta fede a Dio. In questa situazione che temevo brutta non mi sono sentita mai sola, ho sentito l’amore e la benevolenza di persone dalle quali non ti aspetti questa attenzione, persone alle quali ogni giorno mando il passaparola, un pensiero che ogni giorno si diffonde e che viviamo in tutto il mondo. E’ importante condividere con tanti i dolori, le fatiche come le gioie. Tutto diventa più leggero.

  • Riconoscere Qualcuno che “bussa alla tua porta non è sempre facile”. A volte sono presa da me stessa, dalle mie preoccupazioni, dai miei affanni e non riconosco che è Lui che viene a trovarti, che chiede aiuto. Mio padre, che è ammalato, aveva bisogno di me e attraverso la sua malattia ho capito che quel grido d’aiuto era Gesù che continuava a bussare per svegliarmi dal mio torpore.
  • Ero alla fermata dell’autobus per andare dal dentista, un po’ stanca perché mi ero alzata più presto del solito. Ho visto che c’era anche una conoscente, non vedente, che andava al lavoro. Non mi andava di intrattenermi con lei però ho sentito che qualcuno dentro mi spingeva ad andare oltre questa stanchezza. Sono andata a salutarla e dopo ho provato tanta gioia.
  • Le telefonate di mia sorella si dilungano abbastanza e in genere mi chiama per comunicarmi problemi o situazioni dolorose. L’altra sera quando ho visto la sua chiamata mi sembrava fosse un momento inopportuno per risponderle ma era un’occasione per vivere la Parola, era “quell’aprire la porta”. Ho accolto i suoi timori, le sue preoccupazioni e nel volerle bene, vedendo in lei anche la sofferenza di Gesù Abbandonato, ho trovato la luce per dire quelle parole giuste che le hanno ridato fiducia e speranza. E’ sempre un’esperienza poter amare.
  • In questi giorni delle persone mi chiedono attenzione, ascolto anche quando ho altro da fare. È bello ricordarsi che è Gesù che bussa alla mia porta e ascolto, anche con attenzione e col cuore. Dopo questo passo avverto sempre serenità oltre che gratitudine da parte loro.

(vedi 1a parte)

(vedi 2a parte)




Il Servo di Dio Pietrino Di Natale

Apertura ufficiale del processo di Beatificazione.

Il 10 Dicembre, con una solenne concelebrazione in Cattedrale, è stato dato il via al processo di Beatificazione con l’insediamento del Tribunale Ecclesiastico.

In una cattedrale gremita, ha avuto inizio con una solenne Celebrazione Eucaristica presieduta da S.E. Mons. Lorenzo Leuzzi, lunedi 10 dicembre 2018 alle ore 18.30 la fase diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio Pietrino Di Natale.

Pietrino avrebbe compiuto 52 anni, e proprio nel giorno del suo compleanno la Chiesa di Teramo-Atri ha vissuto un momento di gioia e di gratitudine al Signore per un dono davvero grande. Mons. Leuzzi, nella sua bellissima omelia, ha parlato di un evento straordinario e inaspettato, una sorpresa. Pietrino dal Paradiso, guarda ai nostri giovani e indica loro una strada, un percorso, per essere felici con lo sguardo rivolto al Signore.

Pietrino è un profeta per gli adolescenti dei nostri tempi. Con la sapienza del cuore e la semplicità di una fede certa e forte ha vissuto i momenti difficili con speranza e fiducia nel Signore. Diceva sempre alla sua mamma Adelina, nei momenti bui: “Mamma, non ti preoccupare, il Signore ci aiuta, vedrai”.

Pietrino nel cuore di molti è sempre stato un esempio e un punto di riferimento, ora con l’apertura ufficiale del processo diocesano, la Chiesa che è in Teramo-Atri verificherà le sue virtù eroiche e la fama di segni. Durante la celebrazione eucaristica c’è stata l’accettazione del supplice libello (domanda di apertura del processo redatta dal postulatore Padre Carlo Calloni al Vescovo Mons. Lorenzo Leuzzi e la lettura del Decreto di accettazione dello stesso e del nulla osta ricevuto dalla Santa Sede). Si è poi insediato ufficialmente, con solenne giuramento, il Tribunale Ecclesiastico che nel prossimi mesi ascolterà i testimoni de visu, cioè quanti hanno conosciuto Pietrino in vita: familiari, amici, compagni di scuola, parenti, vicini di casa.

Il Tribunale è così composto: Delegato Episcopale Mons, Antonio Bartolacci, Promotore di giustizia Mons. Aldino Tomassetti, Notaio don Stefano Galeazzi, Notaio aggiunto don Pietro Lalloni. La Postulazione invece si compone del Postulatore il Reverendo Padre Carlo Calloni e del Vice postulatore il dott. Giustino Perilli.

Una cattedrale gremita, si diceva sopra, una partecipazione così numerosa e sentita che ha commosso un po’ tutti. In prima fila c’era mamma Adelina, con zia Derna, i parenti, i compagni del calcio, di scuola, i vicini di casa. Numerosi i sacerdoti concelebranti, tra cui Mons. Gianfranco De Luca, Vescovo di Termoli Latino e Parroco di Pietrino a Tossicia negli anni ’70 e il Reverendo Padre Ubaldo Terrinoni Censore teologo della Congregazione delle Cause dei Santi oltre a numerosi sacerdoti diocesani.

Tra le autorità civili, il Sindaco di Teramo Gianguido D’Alberto, Il Sindaco di Castelli Seca Rinaldo, il Sindaco di Tossicia Franco Tarquini, il Sindaco di Colledara Manuele Tiberi, il Sindaco di Castel Castagna Rosanna De Antoniis, il Presidente della Provincia e Sindaco di Notaresco Diego dl Bonaventura e il Commissario della Comunità Montana zona “O”di Tossicia Nando Timoteo.

Mons. Leuzzi, durante l’omelia facendo riferimento al brano del Vangelo letto del paralitico guarito (LC 5, 17-26) ha ricordato ad ognuno di noi l’importante dell’alzati e cammina. Un po’ come il motto di Pietrino (“sono scattato ad amare”): solamente una vita vissuta nella normalità alla presenza di Dio è una vita che può costruire e laboriosamente lasciare un segno, una traccia, essere un esempio per tanti. La vita di Pietrino è stata cosi: un esempio, che di anno in anno, dopo la sua prematura e tragica morte di 34 anni fa (20 agosto 1984), si è andato sempre più diffondendo tra i giovani, di generazione in generazione.

Mons. De Luca, nel suo saluto finale, visibilmente commosso, ha espresso sentimenti di grande gratitudine per la Chiesa di Teramo-Atri e in particolare per Mons. Lorenzo Leuzzi che sin dai primi giorni del suo insediamento ha espresso parere favorevole all’apertura del processo. Un pensiero di affetto anche per don Giovanni D’Annunzio, altro parroco storico di Pietrino, che non ha potuto essere presente per via di un periodo di convalescenza dopo un intervento chirurgico.

Il tribunale riunirà nei prossimi mesi nel giorno di sabato, ascolterà i testimoni, raccoglierà informazioni e farà le sue indagini per comprendere l’esistenza delle virtù eroiche nella vita di Pietrino Di Natale, poi sarà la Santa Sede ad esprimere la sua valutazione e infine si chiederà al Signore di confermare gli onori degli altari per Pietrino attraverso un miracolo di guarigione inspiegabile.

Oggi Pietrino è Servo di Dio, possiamo chiedere la sua intercessione con la bellissima preghiera approvata dal Vescovo Mons. Leuzzi e letta al termine della celebrazione tra la commozione generale. Pietrino ci guarda dal cielo, Indica ad ognuno di noi la strada per la santità felice, della porta accanto, come indicato dal Santo Padre Francesco. Nella bella biografia edita sul Servo di Dio e disponibile presso la nostra Libreria Cattolica così è scritto: “Spesso, proprio una vita semplice, custodita nella freschezza della natura, poco conforme ai rumori che attirano l’attenzione, quasi verrebbe da dire una vita anonima, trova la sua dignità in Cielo e si irradia sulla Terra. Proprio come tutte le cose di Dio”.

Interceda per noi il Servo di Dio Pietrino Di Natale, per i nostri giovani – di generazione in generazione – sempre alla ricerca dello spirito autentico della vita. Quella felicità che San Giovanni Paolo Il proclamava a chiare lettere a Tor Vergata: “Quando sognate la Felicità, in realtà è Gesù che cercate, è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate, è Lui la bellezza che tanto vi attrae, è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso”.

Il Servo di Dio Pietrino Di Natale lo aveva ben capito e lo ha testimoniato con le sue azioni. Oggi noi accogliamo la sua testimonianza come un dono e un esempio mentre chiediamo alla Chiesa e a Dio di verificare la sua santità.

Angelo Dl Battista

Fonte: Araldo Abruzzese




Focolarini in Albania: da 25 anni una via nuova

Ci sembra incredibile che sia passato un quarto di secolo dall’apertura del focolare in Albania. “Ricordo come fosse ieri l’incontro con il primo focolarino e successivamente la gioia per l’apertura del focolare maschile a Tirana. Anni dopo si apre quello femminile e da allora una schiera di persone si susseguono, cercando di diffondere l’ideale dell’unità in una terra che ha sofferto tanto per le discordie sociali, ideologiche e soprattutto, durante il regime totalitario, la devastante cosiddetta lotta di classe. 

Noi che abbiamo seguito gli sviluppi del Movimento dei Focolari nel mondo e in Albania, abbiamo notato la risposta concreta al profondo bisogno dell’unità di noi albanesi. Essendo un paese con quattro religioni: cattolica, cristiana ortodossa, musulmana e bektashi, il messaggio di unità di Chiara Lubich, che supera le divisioni di qualsiasi tipo, è stato salutare. Si sono avvicinati ai due focolari, non solo cattolici ma anche musulmani e non credenti. Anche se timidi all’inizio, gli albanesi hanno però potuto vincere tale timidezza e pregiudizi; col tempo si e creato un ambiente famigliare che ha reso possibile intraprendere tante attività”- dice Donika Omari, giornalista e traduttrice albanese, di convinzioni non religiose, in occasione del venticinquesimo anniversario dell’arrivo della spiritualità dell’unità nel ‘Paese delle aquile’. 

Incontri, Mariapoli, visite nei diversi luoghi di culto, spettacoli con la partecipazione di rappresentanti delle diverse religioni…e poi l’aiuto dato alle famiglie albanesi in difficolta economiche e non solo. In un momento tragico per gli albanesi, la guerra di Kosova nel 1999, si è sentito molto vicino l’affetto e l’impegno concreto di Chiara Lubich. Tanti aiuti finanziari sono arrivati dall’Italia e da tutto il mondo, in tanti si sono mobilitati per accogliere e sistemare i profughi di Kosova in Albania, erano più di 500.000. 

“La fratellanza tra le persone senza distinzione di categoria sociale, razza, nazionalità, ideologia, paese ecc . . .  è questo il messaggio meraviglioso che ci ha toccato e attirato fin dall’inizio! Di tutto ciò si sente un profondo bisogno per il nostro paese, dove vecchi e nuovi sconvolgimenti hanno ostacolato la normalizzazione delle relazioni umane”.”- aggiunge Donika.

Ora nel 2018, esattamente il 1° dicembre, si è voluto festeggiare i primi 25 anni di questa presenza dei focolarini in Albania con un evento pubblico realizzato nell’Aula Magna dell’università cattolica “Nostra Signora del Buon Consiglio” di Tirana. In modo sintetico e altrettanto ricco di esperienze si è ripercorso un po’ di storia. Si voluto anche presentare il libro di Chiara Lubich: “Una via nuova”, tradotto in lingua Albanese. Le parole di quanti sono intervenuti esprimevano la profonda e consapevole gratitudine verso Dio, Chiara, e verso i focolarini e focolarine passati in questa terra.

Anche l’attuale presidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce Emmaus si è fatta presente con un suo caloroso messaggio:“… mi unisco alla gioia di tutti voi che, insieme a molti amici e autorità civili e religiose, celebrate il 25º anniversario dell’arrivo del focolare in Albania. E’ un momento di grande festa e di commozione; un’occasione speciale per ringraziare Dio di questa importante tappa raggiunta!”.

Erano circa 200 le persone presenti, tra cui una rappresentanza dal Kosovo e una coppia di musulmani della Macedonia che hanno testimoniato la loro esperienza di Dio nello spirito dell’unità dei focolari. Presente il Nunzio Apostolico Mons. Charles John Brown, il vescovo Asti Bakallbashidella della Cattedrale ortodossa in Tirana, l’arcivescovo della Chiesa cattolica Mons. Frendo, che ha curato la prefazione in albanese del libro, ed il Prof. Shehu, professore di Pedagogia all’Università di Skopje.

Un messaggio importante di Chiara, particolarmente attuale per noi, è “mettere in pratica la parola e non solo ascoltare”. Questo riporta alla mente il motto della nostra Santa Madre Teresa: “L’amore in azione”. Lo diceva anche Papa Giovanni Paolo II: “Dove c’è cuore ci sono delle braccia”.

Abbiamo chiesto a Livio, in focolare a Tirana dal 1993 al 2005, invitato alla festa del 25°, come ha vissuto questa tappa del cammino dei focolari in Albania: “Mi pare che il significato di questo 25° della presenza del Movimento in Albania sia da trovare nel segno della continuità e dello sviluppo. Sono stato molto contento di rivedere dopo 14 anni tante delle persone che avevo conosciuto. Allora erano studenti, ora sono belle coppie con i loro figli, allora erano religiosi o sacerdoti ora sono i vescovi della Chiesa Albanese. Nonostante che non siano diminuite le difficoltà, ho sentito una grande vitalità, uno sguardo sempre dinamicamente rivolto verso una speranza, un futuro migliore, sostenuto dall’Ideale dell’Unità che rimane per loro il riferimento per la vita personale e sociale.  Vedo uno sviluppo non solo numerico, ma anche nella sempre più attiva e profonda presa di coscienza e responsabilità dei suoi membri nel portare il messaggio di unità nelle diverse componenti socio-religiose dell’Albania”.

E Madi Roço, anche lei della prima ora. E’ sposata e mamma d un ragazzo di 14 anni. Laureata in giurisprudenza. Esperta legale nelle legislazioni ambientali.

“… un quarto di un secolo… io allora quindicenne con tantissimi sogni. La mia Albania si era appena aperta. Io sognavo di vivere quel profumo meraviglioso che la libertà può dare…… ma Dio aveva un bel progetto in serbo per me. Quando Dio si manifestò a me con la “parola di vita”  allora ho capito che non c’era libertà più grande e più gioia nel mettere Dio al primo posto ogni giorno. Il nostro 25° mi ha rinfrancato il cuore”.

Maria Voce Emmaus continua nel suo messaggio ricco di conferme, incoraggiamenti e prospettive per il nostro paese: “Ripercorrete un pezzo di storia, che nel tempo si è andata componendo con il contributo – a volte – eroico di tanti. Una “storia sacra” intessuta di gioie e dolori, di fatiche e speranza e soprattutto di fedeltà alla luce dell’Ideale dell’unità che un giorno vi ha raggiunto. Molte le sfide affrontate in questi anni: povertà, crisi di valori, mancanza di lavoro, che hanno spinto tanti a migrare in cerca di un futuro migliore. Ma anche generosità – come nella triste circostanza della guerra del Kosovo – quando avete aperto cuori braccia per accogliere chi era nel bisogno, per lenire ferite, offrendo sollievo e pace spirituale. Come parte del popolo nato dalla vita del carisma di Chiara Lubich e ormai sparsi in tutto il mondo è bello che questa vostra “famiglia” di giovani e adulti arricchita dalle molteplici esperienze vissute fin qui, riprenda ora con nuovo slancio il cammino per intensificare ovunque nel Paese brani di fraternità, prediligendo come unica via quella del vero dialogo che ha radici nell’arte di amare. La meta l’ut omnes. Ecco il mio augurio: che alimentati e fortificati dal continuo amore reciproco, contribuiate con accresciuto impegno a fare “risplendere d’oro” le vostre città per la presenza sempre più intensa tra voi dell’Amore degli amori. ”

Cristina Tomelleri




Vivere la Parola: piccole esperienze quotidiane (2a parte)

Continuiamo a pubblicare  alcune esperienze sulla Parola di Vita di Novembre 2018: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”. 

  • Un’amica mi chiede per motivi di salute, di sostituirla per aiutare un gruppo parrocchiale per il canto. Era un’ora impossibile per me, ma sentendo che era Gesù che bussava e ho detto di sì… con tanta gioia sua e anche mia!
  • Il telefono di casa ha cominciato a squillare. Ero tentata di non rispondere ma… “Ecco sto alla porta e busso”, la Parola di vita del mese. Decido di rispondere. Era la moglie di una persona che di tanto in tanto abbiamo aiutato con mio marito e sempre seguito. Chiedeva un aiuto economico perché non erano riusciti questo mese ad arrivare a tutto il necessario…. Proprio al mattino avevo gioito di poter rimettere un paio di scarpe invernali che dopo l’incidente non avevo più potuto indossare. Ho subito pensato che quello era il mio “accogliere”. Le ho detto che ne avrei parlato con Giuseppe e che ci saremmo risentite. Ha richiamato, è venuto il marito e abbiamo così potuto dare un piccolo aiuto, quello che mi sarebbe servito per comprare un paio di scarpe che non dovevo più acquistare. 
  • Entro in una nuova classe frequentata da un alunno definito dai colleghi “difficile e molto indisciplinato”. Il primo giorno di lezione ho pensato di mettere da parte la lezione e dedicare, invece, l’ora per conoscerlo e e aprire un dialogo con lui. Finora non ho avuto problemi, segue le lezioni ed è un ottimo allievo.
  • Finalmente una domenica libera da impegni, tutta per noi! Ma si fa avanti un pensiero: sappiamo di una famiglia in difficoltà che oggi sarà sola. Cosa mangeranno? Coinvolgo mio marito, faccio la spesa, li invito e così vengono a pranzo. I bambini sono felici.! Abbiamo tutti tanta gioia e tanta pace. La sera non sentiamo nessuna fatica: è il riposo che dà la Sua presenza nell’avere amato.
  • Una mia amica che abita lontano mi ha chiesto un giorno di parlare con un suo familiare del mio paese per cercare di mediare per alcune forti incomprensioni che c’erano in famiglia. Io sono andato da lui, pur non conoscendolo bene, e l’ho ascoltato profondamente. Sentivo che la situazione si stava appianando. L’avventura non si è conclusa ma intanto è un primo passo, tanto che l’amica mi ha ringraziato dicendo: “Solo tu ci sai parlare!”.

(vedi 1a parte)

(vedi 3a parte)




Accoglienza: una famiglia per Aeneid

Bianca e Luciano Battaini ci raccontano l’ospitalità che hanno offerto a un giovane seminarista nigeriano, Aeneid, che si prepara al sacerdozio. Un’esperienza che rivela un profondo amore per la Chiesa e per le persone che necessitano aiuto.

“All’inizio di agosto fummo convocati dal nostro parroco che aveva una proposta da farci. Il Vescovo aveva intessuto delle collaborazioni con alcune diocesi africane e un frutto di questi gemellaggi era la possibilità di far arrivare in Italia degli studenti seminaristi per intraprendere il loro percorso di studi teologici, essere ordinati sacerdoti e fermarsi a prestare un servizio in Italia per alcuni anni. Erano in arrivo due studenti dalla Nigeria ed il Vescovo stava cercando altrettante famiglie pronte ad ospitarli, a far loro da casa, in quanto erano sradicati dalla loro cultura e dal loro ambiente. Non era proprio quanto ci aspettavamo, non immaginavamo di certo iniziare una nuova avventura e poi avevamo appena trovato nuovi equilibri di una vita a due dopo l’uscita di casa dei nostri tre figli. Eppure ci è parso da subito che fosse Gesù a chiedercelo, era un modo di aprire il nostro cuore a un bene più grande nei confronti della Chiesa, alla quale potevamo prestare un servizio concreto. Sappiamo tutti come la Chiesa soffra per la carenza di vocazioni al sacerdozio e abbiamo sentito che questo poteva essere il nostro piccolo contributo per affrontare questa difficoltà, attualizzando l’amore che Chiara Lubich ci ha sempre indicato per la Chiesa. Abbiamo condiviso subito questa proposta con i nostri figli, che si sono trovati d’accordo ad accogliere un quarto fratello. Dubbi e perplessità non sono mancati, ma il chiederci quale fosse l’atteggiamento che Dio domandasse a noi non ci ha fatto esitare nella decisione. Siamo stati colpiti dal fatto che uno dei figli fuori casa per lavoro, ma che rientra ogni tre, quattro settimane, ha desiderato cedere la sua camera e pian piano, nei weekend in cui è stato presente, ha rimosso tutti i suoi effetti personali per lasciare il posto a Aeneid. E così, verso la fine di settembre Aeneid è arrivato, inserendosi con naturalezza nella nostra famiglia, anche grazie al suo carattere solare e gioioso. Ha subito legato con i suoi fratelli italiani, come egli chiama i nostri figli. Cerchiamo di essere attenti alle sue necessità, perché lui non chiederebbe mai nulla. Piccole attenzioni quotidiane che per lui hanno un grande valore. Per esempio ci siamo accorti che la notte dormiva con una felpa che uno dei nostri ragazzi gli aveva donato: ‘Perché, che cos’è un pigiama?’. Nel suo paese, a causa del clima caldo, non ne fanno mai uso. Così gliene abbiamo regalato uno. Una domenica sera, di ritorno da una giornata impegnativa, non vedevo l’ora di mettermi a letto a leggere finalmente il mio libro. Durante la cena Aeneid però mi chiese se dopo potevo aiutarlo a fare i compiti. Pensavo di aver concluso l’epoca in cui si affiancano i figli per i compiti! Ma non ci pensai due volte e mi resi disponibile. La settimana dopo, con orgoglio, ci ha detto di avere fatto una bella figura, esprimendosi con il miglior italiano di sempre. Ma la frase che una volta ci ha detto rispecchiava quell’atteggiamento che cercavamo ogni giorno di avere nei suoi confronti, ci ha colpito: ‘Mi sento amato da Dio attraverso di voi!’.

Aeneid ci racconta della sua nuova vita in famiglia!

“Vengo da una città nello stato di Imo, nella parte orientale della Nigeria. Sono l’ultimo figlio di cinque figli. Naturalmente, ho un profondo affetto per i miei genitori ma, allo stesso tempo, ho scelto di servire Dio e il popolo nel sacerdozio cattolico. Da quando ho fatto quella scelta, mi sono preparato a seguire Dio dovunque la Sua Volontà mi portasse. Così mi sono trovato pronto quando il mio vescovo mi scelse per continuare la mia formazione al sacerdozio in Italia. Arrivato, sono stato accolto da un sacerdote, anch’egli della mia diocesi nigeriana, e sono rimasto con lui per circa due settimane. 

Il vescovo della diocesi di Udine mi ha accolto con gioia. È stato in questo giorno che mi ha detto che avrei avuto una famiglia in Italia e che avrei potuto considerarla come la mia. Che gioia è stata per me: Dio mi donava altri genitori, Luciano e Bianca! L’accoglienza, l’amore e la cura che mi hanno mostrato, e continuano ad avere, mi fanno sentire il figlio più amato del mondo. Apprezzo molto il loro amore per me e sono davvero felice di vivere con loro. Ad esempio la festa a sorpresa che hanno organizzato per il giorno del mio compleanno, un giorno indimenticabile nella mia vita. Esso cadeva in un giorno feriale e quindi ero in Seminario con altri seminaristi e formatori. Trascorsi la giornata come ogni altro giorno tranne che dedicare un tempo speciale alle preghiere di ringraziamento a Dio per la mia vita e per tutti coloro che hanno contribuito a realizzare la mia vocazione. Sono entrato nel refettorio per cena e chi ho visto? Luciano e Bianca che mi hanno portato dei regali! Sto ancora imparando la lingua italiana; c’è ancora qualche difficoltà nella comunicazione tra di noi, ma la loro pazienza con me dimostra che l’amore conquista davvero tutte le cose. Non vedo l’ora di andare a casa ogni sabato per trascorrere del tempo con loro. Di recente, hanno organizzato la possibilità per me di frequentare lezioni extra d’italiano. Non trovo parole adeguate per esprimere il mio apprezzamento per il loro sostegno. Tutto ciò che faccio ora è pregare per loro. Possa Dio continuare a benedirci tutti”.




Vivere la Parola: piccole esperienze quotidiane (1a parte)

Riportiamo in questa prima parte alcune esperienze sulla Parola di Vita di Novembre 2018: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”

Vivere la Parola ha i suoi effetti su di noi: ci cambia la mentalità, ci rende liberi perché si ama Cristo in tutti e non ci si aspetta nulla da nessuno, dà gioia, dà felicità, dà pace, dà pienezza, dona luce – come scrive Chiara Lubich in  Vivere. La Parola che rinnova. I moderni mezzi di comunicazione consentono di poterci scambiare in maniera più frequente le notizie, le situazioni che ciascuno vive, consentendoci di fare l’esperienza di appartenere a una famiglia, a una comunità che vive esperienze difficili o gioiose. Sentirsi in cammino insieme a tante persone che condividono l’ideale del mondo unito ci rende più forti, fiduciosi e sicuri: le piccole esperienze che riportiamo sono un dono, anche se piccolo, dello sforzo quotidiano di essere testimoni del Vangelo, esperienze scritte in maniera breve e immediata, comunicate e condivise semplicemente anche attraverso i social media.

  • Assistere mia suocera in ospedale, fare su e giù per circa 20 Km per aiutarla, farle compagnia, capire fino in fondo le sue necessità non è facile. La Parola di Vita però mi ricorda ogni giorno che è Gesù che bussa al mio cuore e chiede di entrare. Allora ritrovo quella gioia di spalancargli il cuore ed amare nell’attimo presente.
  • Ha bussato alla mia porta una ragazza molto timida e malata di epilessia che aveva il desiderio di frequentare l’università. Ho deciso di prenderla in casa mia, cambiando così le mie abitudini oltre che a dover provvedere per il cibo anche per lei. Questa soluzione doveva essere per i primi mesi… ma ora, lei mi ha detto che si trova bene con me e, così, non cercherà un’altra casa.

  • Ho telefonato per avere notizie di una nostra amica, Tina, che frequenta gli incontri del Movimento dei Focolari: ammalata, oncologica terminale, preferiva non ricevere visite ma la sorella mi ha riferito che era contenta di vedermi. Sono stata da lei e, dopo averla ascoltata, aveva piacere di leggere insieme la Parola di Vita. Il giorno dopo un’amica mi ha telefonato per fissare la data del prossimo incontro perché Tina voleva comunicarci la sua esperienza. Aveva anche espresso il desiderio di incontrarci insieme ad un gruppo del “Rinnovamento nello Spirito Santo”. Abbiamo organizzato così insieme dei canti, letto la Parola di Vita e Tina ha raccontato la sua esperienza. Si sentiva una forte unità e alla fine ci siamo scambiati i numeri di cellulare con la promessa d’incontrarci ancora per lavorare insieme tra vari movimenti ecclesiali per tutta la nostra città.
  • A scuola ho una collega che porta un fardello di dolori molto pesante e non sempre gli altri riescono ad accogliere i suoi sfoghi. Spesso sono io che vado da lei per amarla come Dio la amerebbe.

  • Dopo la morte di mio papà, la badante che lo accudiva è entrata in contrasto con mia mamma che temeva di essere derubata. Un giorno, sospettata di un furto, se ne va in malo modo. Tempo dopo, denuncia mia mamma di non averle pagato tutto, cosa non vera, ma non provabile. Insomma dobbiamo sborsare circa 15.000 €. A me sembra di subire un furto, ma l’avvocato ci consiglia di pagare. Dentro me, una grande rabbia… ma: “Amate i vostri nemici, pregate per loro…”. Da allora, ogni giorno, ho pregato per lei, meglio che potevo. Tempo dopo la incontro nella sala di attesa del medico, è piuttosto malconcia e zoppicante. Che fare? Amare! Con il miglior sorriso l’ho salutata e chiesto cosa avesse… Abbiamo parlato serenamente. Frutto: una grandissima gioia interiore, quella di aver potuto vivere la Parola.

(cont. 2a parte)




Era scappata

Sono avvocato, amministratrice di sostegno di una donna di 35 anni che ha perso i genitori e come il fratello non percepisce alcuna pensione. Il giudice aveva pensato a me perché altri miei colleghi avevano rifiutato il caso, non essendoci neanche rimborso spese.

Giorni fa la responsabile della struttura che ospita questa donna mi telefona dicendo che è scappata e lei non sa come regolarsi. Mentre mi precipito da lei per decidere il da fare, penso al peggio: infatti la nostra amica ha difficoltà di deambulazione e un ritardo cognitivo.

Dopo aver chiesto a Dio di farmela trovare, eccola lungo una strada: cammina con la sua valigia, senza una meta.

F. S. – Italia




Il “nodo”

Incontrando un giorno una mia cara amica, mi accorsi, al solo guardarla in viso, che aveva un dolore. Glielo leggevo negli occhi, come un senso di solitudine. Avrei voluto alleviarglielo, ma la circostanza di altre persone presenti non si prestava a uno scambio di confidenze.

Così, una volta a casa, ho pregato Maria che sciogliesse lei quel “nodo” e a mia volta mi sono ripromessa di avere io, ancor più, un cuore di madre nell’affrontare le difficoltà in famiglia e le esigenze dei miei. Qualche mattina dopo ho telefonato a quell’amica e l’ho ascoltata a lungo: alla fine il “nodo” si era sciolto da solo e nella sua anima era ritornata la pace.

Lia – Italia

Da: Il Vangelo del giorno – Città Nuova Editrice




Non bevo più

Abbandonata dal marito e dai figli, in preda ad un’angoscia senza fondo, avevo cercato una compensazione nell’alcol. Per un anno, grazie all’aiuto degli Alcolisti Anonimi, ero riuscita a mantenermi sobria; ma poi ero ripiombata nella vita di prima. Mi facevo pena, volevo smettere… ma non vedevo come avrei potuto farcela.

Una sera, già ubriaca, ho ceduto alle insistenze di un’amica che voleva accompagnarmi alla riunione del gruppo. Ragionavo a malapena. Le ho detto di aspettarmi in auto; il tempo di scolarmi il resto della bottiglia e, barcollando, sono uscita.

In un barlume di coscienza, mentre salivo in auto, ho posato lo sguardo su un’immagine scrostata della Madonna dipinta sul muro del mio cortile e mi è nata una preghiera: «Aiutami tu, ti prego».

È da quella sera che non bevo più. Ho ritrovato la mia famiglia, con mio marito è rinato un rapporto che sembrava irrimediabilmente compromesso; e sono rinata io, grazie all’amore di cui sono stata oggetto nei mesi successivi a quell’episodio.

S.F. – Italia

Da: Il Vangelo del giorno – Dicembre 2018 – Città Nuova Editrice




Le “sorprese” di Dio

Era la vigilia di Natale di molti anni fa. Giuseppina ed io eravamo sposati da un anno, e non avevamo ancora completato gli studi all’università. Avevamo pagato entrambi le tasse scolastiche entro la data stabilita, pagato anche l’affitto di casa… e alla ne eravamo rimasti senza soldi!

Ci chiedevamo come sarebbero stati la vigilia e il giorno di Natale senza poter festeggiare. Poi uno sguardo d’intesa e, raccolti in preghiera, chiedemmo in nome di Gesù con totale fiducia nel Padre, certi che non saremmo stati abbandonati.

Non tardò molto che bussò alla porta un’amica di mia moglie. Veniva a informarci: «Hanno chiuso un negozio di scarpe e le danno per niente; se volete, potete andare a prenderle e venderle al mercato dell’usato». Era la risposta della Provvidenza!

Raccolte diverse paia di scarpe in due borsoni, andammo subito dove ci aveva indirizzati l’amica. Il ricavato delle vendita risultò quanto occorreva per festeggiare serenamente il Natale con tanta gratitudine verso le “sorprese” di Dio.

Waris – Italia

Da: Il Vangelo del giorno – Dicembre 2018 – Città Nuova Editrice




Il viaggio della vita

La casa in cui abito affaccia proprio sui binari della ferrovia. A chi mi chiede se il frequente passaggio dei treni mi disturba, rispondo di no, che ormai ci sono abituato. In realtà – ma questo non lo dico – ne ricavo utili stimoli: ogni treno che passa è per me un richiamo al fatto che siamo tutti in viaggio, consapevoli o no, verso l’unica meta del paradiso.

Per questo, ogni volta che mi capita di vedere o sentir passare un treno, mi viene spontaneo pregare perché tutti quei viaggiatori giungano sì felicemente alla meta prefissa, ma più ancora a quella eterna. Ed io stesso mi chiedo: faccio davvero tutta la mia parte perché ciò sia vero anche per me?

Bruno – Italia

Da: Il Vangelo del giorno – Dicembre 2018 – Città Nuova Editrice




Il rifiuto

Ogni mattina, sul treno per andare al lavoro, unica donna tra otto colleghi maschi che non parlavano se non di avventure sentimentali, pur dicendosi “felicemente sposati”, invano cercavo di manifestare il mio fastidio e di sviare il discorso: sembravano fare apposta a rincarare la dose, sapendo le mie convinzioni cristiane, quando non si divertivano a sciorinarmi davanti qualche rivista pornografica.

Un pomeriggio, poco prima dell’uscita dal lavoro, uno di loro, sposato e padre di figli, entrò con fare spavaldo nel mio ufficio per farmi delle avances. Volergli bene significava parlargli con durezza ed estrema chiarezza.

Così gli ho replicato: «Hai sbagliato indirizzo con me. Io credo a valori di cui, se vorrai saperne di più, ti dirò qualcosa un giorno. Ora non è il caso». E lo piantai lì, ammutolito. Il giorno seguente, con la scusa di una pratica urgente da evadere, mi si ripresentò davanti, quasi timido stavolta: «Scusami per ieri – mi disse –: è stato balordo quanto ho osato chiederti. Comunque sappi che il tuo rifiuto m’è servito da lezione».

Francesca – Italia

Da: Il Vangelo del giorno – Dicembre 2018 – Città Nuova Editrice




Se fosse mia sorella?

Mentre viaggio in metropolitana, sento cinque ventenni, o poco più, commentare a voce alta l’avvenenza di una giovane turista straniera. «Meglio lasciar perdere – mi dico –, non si sa mai cosa può succedere». Nel frattempo, passando dalle parole ai fatti, quelli hanno ini- ziato ad allungare le mani sulla ragazza, costretta in un angolo dalla loro prestanza fisica. Tra l’indifferenza dei passeggeri. Ed io? Se lei fosse mia sorella, cosa farei?

Ma lo è, rispondo a me stesso: Cristo ci ha resi tutti fratelli. M’avvicino a quei ragazzi: «Vi sembra questo il modo di trattarla?». E rivolto al più spavaldo: «Se fosse tua sorella, ti comporteresti così?».

Violenta e volgare la reazione: prima vengo strattonato, poi colpito da calci e manrovesci. Cado a terra, proprio mentre il treno ferma. Per mia fortuna, quelli ne approfittano per scendere. Mentre mi riassetto gli abiti, la ragazza, spaventata, piange: si dileguerà pure lei alla fermata successiva. Nessuno dei presenti alla scena ha mosso un dito. Solo un anziano m’ha lanciato una timida occhiata d’intesa.

L.A. – Italia

Da: Il Vangelo del giorno – Dicembre 2018 – Città Nuova Editrice




Capace di perdonare

Per vari motivi, il rapporto di forte amicizia con una collega si era trasformato poi quasi in inimicizia, tanto che sul lavoro lei era arrivata a farmi del male. Questo fallimento mi faceva soffrire molto; mi affioravano pensieri e giudizi molto negativi.

Ad un certo punto ho deciso: dovevo liberarmi da questa negatività! Ogni qualvolta si fosse affacciato un giudizio, un pensiero triste, avrei pregato per lei. Col tempo, preghiera dopo preghiera, mi sono sentita pacificata e capace di perdonare. Dopo alcuni anni, incontrandola per caso, ci siamo salutate e abbracciate commosse.

L. A. – Italia

Da: Il Vangelo del giorno – Dicembre 2018 – Città Nuova Editrice