A Corato si accende la “piazza degli alberi di natale”

Il “Dado dell’Amore”  brilla sull’albero

Siamo a Corato, una vivace cittadina nell’area di Bari: qui da qualche tempo si va componendo un mosaico di attenzioni che partono dal cuore e di sensibilità che, anno dopo anno, lascia traccia in visibilità e azioni efficaci. E … rende unico il Natale in città.

Ce ne parla Lidia Acella che, nelle parrocchie della Sacra Famiglia e di Santa Maria Greca, gestisce un progetto di Lettura Creativa legato all’Associazione“Presidio del Libro”. L’iniziativa di lettura vede coinvolti insieme nonni e bambini e rende possibili nuove relazioni e preziosi rapporti intergenerazionali. Ma non si ferma qui: una volta avviato, il progetto si allarga oltre le due parrocchie e si intreccia con “Coloriamo la città”, un’attività nata dalla sinergia tra alcune Associazioni e si inserisce negli eventi del  “Dicembre coratino” . L’idea di “questo” Natale è semplice, curiosa e molto collaborativa: decorare una piazza del paese addobbandola ogni anno con un nuovo albero di Natale, speciale e significativo. In questo modo si va realizzando, dicembre dopo dicembre, la ‘Piazza degli alberi di Natale’.

Ma andiamo alle origini: l’avvio del progetto risale al tempo di pandemia con l’idea di un filo di lana che unisce idealmente tante persone attraverso la realizzazione di manufatti per addobbare il primo albero. Ed ora continua a sviluppare la propria … ‘chioma’ con vari temi: ecologia, salvaguardia dell’ambiente o altri valori importanti.

Nel 2022 il tema è proprio “il valore” per eccellenza: la pace.

Ed è qui che la Parrocchia Santa Maria Greca  si inserisce anche con i bambini del gruppo della “Parola di vita”  che Lidia, insieme ad altre ragazze, segue mensilmente. Come? Collaborare sì, ma con quale proposta, in modo che sia qualcosa di vero, di già in atto? Ma certo: il Dado dell’Amore! Addobbare dunque un lato dell’albero 2022 con tanti Dadi dell’Amore colorati e con tanti foglietti con le esperienze ed i gesti d’amore vissuti dai bambini. Magnifico: e l’operazione si realizza davvero!!

L’inaugurazione si svolge alla presenza del Sindaco, della Giunta Comunale che ha patrocinato gli eventi, e dei partner dell’iniziativa come l’Associazione Cicres. Quella sera, grandi e piccoli hanno vissuto la magia dell’accensione delle luci … e tutti gli alberi hanno preso vita: lampadine, faretti e leds hanno illuminato la Piazza ma soprattutto hanno brillato creatività, collaborazione, solidarietà, relazioni umane autentiche!! Non serve dirlo … la luce più bella di tutte è stata la gioia di stare nuovamente insieme facendosi dono gli uni per gli altri. A scaldare i cuori ci hanno pensato anche quei foglietti con gli ‘atti d’amore’ dei bambini: ci ricordano che la pace comincia dalle piccole cose, ci ricordano che la pace comincia da noi. Tutti.

A cura di Andreina Altoè

 




Spazio ai carismi…

Insieme ai laici, protagonisti dellazione ecclesiale

Paolo Comba è parroco di tre parrocchie alla periferia di Torino. Aiutato nelle domeniche da alcuni religiosi salesiani, segue 20 mila fedeli, eppure non è sopraffatto dal lavoro. Il suo segreto: la fiducia posta nei laici e la valorizzazione dei loro doni. Alla radice di ciò, una visione “mistica” – se così si può dire – del ministero, del laicato, della pastorale.

Tessere di un mosaico: ognuna è preziosa

Come un mosaico le cui tessere sono importanti, ciascuna con il proprio colore e la propria forma, a far sì che l’opera riveli tutto il suo splendore. È questa l’immagine che ho della vita di una parrocchia: luogo dove diversità e complementarità si intrecciano e dove tutti sono chiamati a edificare la Chiesa. Questa immagine trova ancora maggiore conferma quando, per le circostanze diverse e le necessità del presente, il parroco è chiamato a guidare tre parrocchie, tre comunità, ognuna con le proprie caratteristiche, la propria storia, le proprie esigenze. E tutto questo evitando di diventare un funzionario o semplicemente un amministratore!

Come fare? Il primo focus necessario è che non si tratta di mera organizzazione, ma di far risplendere quelle tessere che devono comporre il mosaico: ogni tessera è preziosa: mancandone una, l’opera perderebbe la propria lucentezza e preziosità.

Da dove partire? Da uno sguardo su quella porzione particolare di Chiesa, Corpo composto di diverse membra, ognuna con la propria originalità. Ho più volte osservato le mie comunità, ho incontrato e ascoltato storie, conosciuto percorsi, ricollocando il tutto in una prospettiva ecclesiale, con un respiro quindi più ampio, con una missione alta, una forza potente che viene da Dio.

Come padre e pastore di questa porzione di popolo mi sono sempre più convinto che anche quella parrocchia più piccola, quel gruppo più scarno, è il frammento in cui c’è il tutto. Perché l’origine è dall’Alto: un pezzo di cielo si riflette anche nella pozza più piccola, come nel lago più grande.

Al servizio della vocazione dei battezzati

Questa visione, maturata nel tempo, mi ha portato a fare delle scelte pastorali che certo aiutano me nel mio ministero, ma soprattutto realizzano la vocazione specifica del laico, battezzato, nella Chiesa.

Il primo passo è stato quello di prendere maggiore consapevolezza che i laici nella Chiesa non sono “di meno”, ma sono parte integrante e necessaria della vita della Chiesa stessa. La radice di questa maggiore consapevolezza l’ho riscoperta, e la riscopro continuamente, nella celebrazione del sacramento del Battesimo. Ai genitori spiego che, con il Battesimo, ci è data una compagnia per tutta la vita, la Chiesa, e che il compito, la testimonianza, è essere a nostra volta compagnia di altri fratelli, uomini e donne.

Ho riflettuto a lungo su questo: se camminiamo come compagnia, se è lo Spirito Santo che “ci riunisce in un solo corpo”, allora la vocazione di ciascuno è proprio nella Chiesa, come ricorda in un noto testo santa Teresa di Lisieux.

Questo primo passo mi ha portato al secondo passo: cosa è realmente il mio ministero di pastore? La domanda sembra scontata, la risposta altrettanto e potrebbe esaurirsi in un elenco di cose che bisognerebbe fare ma che non si ha tempo di fare e in cose che si fanno e… che non si dovrebbero fare.

La consegna di Gesù nel Cenacolo – l’istituzione dell’Eucarestia e la lavanda dei piedi – mi rimandano alla radice del mio essere presbitero. È il rendere Gesù presente tra la mia gente, il motivo del nostro ritrovarci intorno alla Mensa, uniti in un solo Corpo perché partecipiamo della comunione a lui.

E non c’è altro atteggiamento che quello del servire fedelmente Dio per servire fedelmente gli uomini. Una mistica del ministero presbiterale non significa una astrazione, ma dare la giusta misura, alta, del mio essere pastore e padre della comunità.

Scoprire nei laici vocazioni e carismi 

In una visione del ministero in questi termini, è importante comprendere la teologia e la mistica del laicato. La domanda allora ritorna insistentemente: si tratta solo di dividere incombenze? Di far fare ai laici ciò che io non so o non dovrei fare? O di far eseguire ordini e disposizioni?

L’appartenenza alla Chiesa, l’essere nella Chiesa, esige una partecipazione attiva e responsabile e il partecipare attivamente della vita della Chiesa non può eludere una responsabilità poiché implica la libertà.

Persuaso profondamente di questo, ho iniziato in questi anni un cammino non semplicemente di coinvolgimento dei laici, ma di condivisione di fatiche, speranze, sogni, attese, preoccupazioni e visioni della realtà in cui viviamo.

A uno sguardo attento e accompagnato dalla preghiera, ho visto il germogliare di vocazioni e carismi diversi che, messi a frutto, sono una primavera delle comunità e una promessa di benedizione.

Purificare la visione dei Movimenti 

C’è una ricchezza grande nelle nostre parrocchie e territori ed è costituita dalla presenza dei Movimenti ecclesiali. Abbiamo bisogno di purificare una visione di questi come sette o gruppi autoreferenziali. È vero, il rischio lo corrono tanti Gruppi e Movimenti nella misura in cui sono esclusi dalla vita delle comunità locali e dimenticano il rapporto con Cristo! Il carisma è dato per aiutare a vivere il rapporto con Cristo, diversamente diventa autoreferenziale e divisivo! Fin dagli anni di seminario ho avuto la grazia di avere un rettore saggio, uomo di comunione, che ci faceva conoscere i Movimenti e le loro peculiarità. In parrocchia, nella pastorale, ho scoperto come la ricchezza di questo florilegio di doni dello Spirito Santo è di grande aiuto per l’annuncio del Vangelo. Nelle mie parrocchie ci sono famiglie appartenenti al Movimento dei Focolarini: allora, mi sono detto, perché non chiedere loro di accompagnare le famiglie dei ragazzi che frequentano il catechismo, soprattutto le situazioni particolari (figli non battezzati, ragazzi iscritti con ritardo …)? Conosco alcune persone di Comunione e Liberazione, allora ho chiesto loro di aiutarmi nel promuovere la cultura cristiana: ne è nata una collaborazione con il Centro culturale della Città. La famiglia di Emanuela e Sara è una famiglia che vive l’esperienza del Rinnovamento nello Spirito. A loro ho chiesto di aiutarmi ad animare i momenti di preghiera e catechesi comunitari…

Cammino e confronto, responsabilità condivisa e verifica

E poi la scelta di dare responsabilità ai laici: dall’amministrazione delle parrocchie alla guida dei diversi settori (catechesi – caritas – giovani – anziani…); lo stile è quello del cammino e del confronto (sinodalità), della responsabilità condivisa con me, della verifica periodica e della correzione.

Ai miei collaboratori – etimologicamente coloro che con me partecipano del lavoro di edificazione del Corpo di Cristo – chiedo tre atteggiamenti fondamentali: la libertà per servire Dio nei fratelli e nelle sorelle, perciò non guardiamo il risultato, ma il motivo per cui facciamo qualcosa; la consapevolezza di partecipare dell’opera di Dio, perciò è necessario liberarsi di preconcetti e pregiudizi, ma bisogna lavorare sapendo che si lavora per un’opera più grande e quindi lasciarsi “sorprendere” dal mistero; la fede di fronte al mistero di Dio, perciò non può esserci azione o iniziativa senza la preghiera, senza un Tu a cui domandare il tutto. Per loro chiedo al Signore il dono di una gioia interiore: lieti non solo per quello che fanno, ma soprattutto e prima di tutto per quello che essi sono, figli amati.

Chiesa poliedrica e freschezza del Vangelo

I tasselli del mosaico hanno ciascuno il proprio posto, come i carismi e i doni dello Spirito Santo, diversi tra loro e complementari, per l’edificazione del Corpo di Cristo che è la Chiesa e per far risplendere, al contempo, quella poliedricità della Chiesa che la rende la sposa bella per lo Sposo.

Le mie tre comunità parrocchiali, così diverse tra loro e vivaci, microcosmo nella Chiesa universale, sono per me la palestra della sinodalità: un cammino insieme, ascoltandoci e riconoscendo i segni dei tempi che, se visti nella luce del Sole che sorge dall’alto, non sono tempi nefasti, ma tempi di grazia in cui sperimentiamo la sempre attuale freschezza del Vangelo e viviamo la verifica della fede.

Solo così può continuare o riprendere sempre la corsa di Giovanni e Pietro dal sepolcro ai fratelli, per un annuncio di gioia.

Paolo Comba

Tratto dalla rivista Ekklesia 2022/4

 




Luce e lievito per trasfigurare la vita

Il Sinodo delle Chiese diocesane di Cuneo e di Fossano.

L’esperienza di un Sinodo diocesano nel Nord Italia che ha affrontato le sfide legate alla pandemia e al cambiamento d’epoca, portato avanti il processo d’unificazione di diocesi unite finora solo nella persona del vescovo e riorientato la pastorale perché sia testimonianza incisiva del Vangelo nelle circostanze odierne.

Un duplice sguardo

Due sono gli “sguardi” che hanno portato ad ideare ed orientare il cammino sinodale unitario delle Chiese diocesane di Cuneo e di Fossano, iniziato il 28 maggio 2021 nella Cattedrale di Cuneo e concluso il 24 giugno 2022 nella Cattedrale di Fossano con la consegna del Libro sinodale.

Uno sguardo più generale derivante dalla situazione di cambiamento epocale che si sta vivendo a livello di Chiesa e di umanità, accentuata dall’emergenza prodotta dalla pandemia. «Vediamo attorno a noi – è scritto nell’introduzione del Libro sinodale – frammentazione, multietnicità, crescente isolamento, apatia religiosa, relazioni precarie, grande mobilità, stordimento per dati ed informazioni, fragilità psicologiche crescenti, paura del futuro, progettazioni limitate … in una parola, grande fragilità». Al tempo stesso la globalizzazione presenta aspetti che sono da interpretare con un senso aperto a nuove speranze quali sono le «esigenze di rapporti segnati da una nuova fraternità a tutti i livelli, sentita come premessa indispensabile per una pace planetaria».

Il secondo sguardo più concreto è l’avvio più deciso del processo di unificazione delle due diocesi, che dal 1999 camminano sotto la guida del medesimo vescovo, ma hanno mantenuto finora strutture distinte. Negli ultimi anni l’idea di diventare un’unica realtà ecclesiale ha avuto reazioni differenti, non sempre concordanti. Si può dire che il primo segno distintivo del Sinodo sia l’aspetto unitario del cammino compiuto, sia nella sua ideazione che, poi, nelle sue conclusioni.

Far emergere questioni basilari

La proposta del Sinodo era maturata all’i- nizio del 2020, con l’idea di non farne un cammino onnicomprensivo come i precedenti Sinodi diocesani, ma di far emergere alcune questioni basilari. La dilatazione della pandemia, a marzo del 2020, pone in crisi tale proposta: è opportuno affrontare un processo di questo tipo, quando le persone, le famiglie e le comunità sembrano sommerse da problemi di tutt’altro tipo? Si è voluto affrontare la sfida dell’“ascolto” proprio nel contesto del ripensamento della fede e della realtà ecclesiale provocato dal periodo tormentato che stiamo vivendo.

Di qui sono scaturite quattro schede di consultazione e di confronto: I cambiamenti, La fede, La parrocchia, I preti, a cui se n’è aggiunta una quinta in fase di Assemblee sinodali: Il ruolo dei laici. Nel frattempo le varie comunità parrocchiali, le Associazioni e i Movimenti sono stati coinvolti per la scelta dei delegati alle Assemblee diocesane: 120 persone, sacerdoti, religiosi e laici hanno dato voce alle varie realtà delle due diocesi, che complessivamente assommano a circa 150 mila abitanti.

Un cammino inclusivo

Il cammino è stato il più inclusivo possibile, procedendo come a cerchi concentrici: dalla Segreteria, che ha formulato le domande-guida delle schede, alle comunità; dalle comunità alla Segreteria per la sintesi dei contributi da presentare ai delegati nelle Assemblee. Dieci sono state le sessioni sinodali, per la metà in collegamento Zoom, per la metà in presenza. Ogni Assemblea ha proceduto a riformulare, in un confronto aperto e vivace, ma mai eccessivamente dialettico, le proposizioni scaturite dalla consultazione.

Non possiamo affermare che la partecipazione e la condivisione della “base” sia stata corale, proprio per i disagi provocati dall’emergenza pandemica, ma sono state offerte proposte e suggestioni rimarchevoli di attenzione. Ne è emersa tutta la fatica del momento, ma pure la speranza della “forza” di un messaggio, quello evangelico, capace di ridare senso alle scelte da operare a livello personale e comunitario. «Siamo chiamati ad offrire una testimonianza nuova e gioiosa del Vangelo – è scritto nella prima delle proposizioni –. Esso ha la capacità di sostenere e illuminare le coscienze delle persone nella ricerca della verità e della giustizia, di essere luce e lievito per trasfigurare la vita, anche nel contesto della società e della cultura contemporanea, diversa da quella del passato»

Conversione della mente e del modo di organizzarci

È proprio questa convinzione rinnovata che offre il coraggio di affrontare cambiamenti e riforme anche importanti: «Vogliamo promuovere il percorso di riforma della Chiesa locale».

In effetti, il frutto più evidente che ne è scaturito è la rinnovata decisione di procedere verso l’unificazione attesa da anni: in attesa dell’unificazione giuridica, di spettanza della Sede apostolica, si è fatto un passo decisivo nell’unificazione pastorale. Ora le due diocesi non avranno più soltanto l’unico vescovo, ma una curia unificata negli uffici pastorali e giuridici, un unico vicario generale e un unico vicario per la pastorale.

La «conversione della mente e del modo di organizzarci» che interessa gli organismi diocesani investe così anche gli altri ambiti.

Le sei Costituzioni, che rappresentano la parte centrale del Libro sinodale, danno concretezza agli orientamenti emersi nelle proposizioni formulate nel corso delle Assemblee diocesane.

Oltre gli organismi diocesani, le Costituzioni propongono linee vitali per la formazione, le parrocchie e unità pastorali, la presenza e testimonianza dei laici, la presenza e testimonianza dei sacerdoti e dei diaconi, i passi prioritari da compiere.

Il tutto è affidato ora non soltanto ai decreti attuativi, ma all’attenzione e corresponsabilità dei consigli diocesani e parrocchiali, alla nuova presa di coscienza di tutti i battezzati, laici, consacrati, ministri ordinati, che come christifideles inseriti nel Popolo di Dio riscoprono il loro compito di “messaggeri” dell’unico messaggio capace di ridonare vita all’umanità ferita: «Aiutiamoci ad essere Chiesa che ascolta, che dialoga con tutti, che non si chiude nelle proprie strutture, che non ha paura della propria identità e non si nasconde, che ama la vita e trasmette speranza per il futuro, che si caratterizza per l’accoglienza senza pregiudizi» (dagli Orientamenti).

Tonino Gandolfo

Tratto dalla rivista Ekklesia 2022/4

 




Aldo Bertelle, lo sguardo fisso verso il domani

Una vita spesa per i ragazzi più abbandonati per farli diventare cittadini del mondo. Ultima iniziativa è “L’Italia intarsiata”

Nella vita le cose, a volte, cominciano per caso. Sono così provvisorie che diventano stabili. Accade anche ad Aldo Bertelle, 68 anni, che nel 1974, quando era ancora studente, gli fu chiesto di sostituire per una settimana la direttrice di Villa San Francesco, una comunità di Facen Pedavena (Belluno), in Veneto, che ospita bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni, in difficoltà per problemi familiari, personali e bisognosi di riferimenti affettivi. La direttrice era stata ricoverata per una broncopolmonite e purtroppo morì. «Da allora sono ancora qui ad aspettare un sostituto». Di origine contadine, ex arbitro di calcio, Aldo Bertelle non parla volentieri di sé; lo fa solo per valorizzare i suoi ragazzi dietro le domande impertinenti di qualche cronista che gliele “estorce”.

Ma dopo una vita spesa per gli altri non pensa di andare in pensione? «Non riesco a dimettermi, ad andare in pensione, ma se lo facessi mi piacerebbe pregare di più, avere più tempo per Dio. Vivere a tempo pieno per i ragazzi è oggi la mia preghiera». E dei ragazzi Aldo è un “padre”. Da Villa San Francesco ne sono passati migliaia, in questo momento ce ne sono 22. Non si può capire la sofferenza degli altri se non la si è prima sperimentata e trasformata. Una ferita che diventa feritoia. Il dolore amato diventa amore, luce, dono per gli altri e per sé, perché amare è il più alto atto di reciprocità. Va e torna. Dà e riceve. Aldo, nonostante la sua ritrosia, potrebbe parlare per anni e riempire libri di episodi di vita reale.

La sua ferita personale è databile nell’infanzia. All’età di cinque anni. Negli anni ’50 in Veneto il latte fresco si mungeva “in diretta” dalle mucche e la mamma di Aldo restò paralizzata mentre compiva quell’atto quotidiano. In un attimo tutto cambia all’improvviso. «Mi trovai invecchiato di anni. Mia madre da allora non si muoveva e parlava più». Nel piccolo Aldo si forma la convinzione che la sofferenza non si colma con le parole, ma anche con il silenzio, i gesti, gli sguardi. L’amore è concreto, pratico, si esercita con l’essere e con il fare. «Amare – chiosa Aldo – vuol dire pagare – e la cosa più difficile non è amare ma capire una persona. La conosci con tre passaggi fondamentali. Il primo conoscere la sua infanzia. Il secondo conoscere un fatto, anche tragico, che lo ha segnato. Il terzo, quando capiterà, vedere come uno muore».

Aldo sposa la causa dei bambini e ragazzi in difficoltà perché lui lo ha vissuto, porta quella ferita sulla sua pelle. La sa capire, perché una ferita, anche se è rimarginata, resta nel corpo e nell’anima. Diventa un segno indelebile. Anche nel corpo di Gesù Risorto sono rimaste le ferite della crocifissione, ma non fanno più male, sono solo il segno dell’aver sofferto che rende possibile il saper soffrire e capire gli altri. Al di fuori di questa dimensione la solidarietà è solo parola, omelia, predica esterna all’uomo.

Un grande amico di Aldo Bertelle e della comunità di Villa San Francesco è stato il cardinale Loris Capovilla, già segretario di Papa Giovanni XXIII. «Poche ore prima che Capovilla morisse – racconta Aldo – ero accanto al suo capezzale. Non parlava più, ma mi indicò con l’indice della mano destra la sua guancia. Non capivo. Voleva un bacio sulla guancia. Era lo stesso gesto che suo padre gli chiese prima di morire: “Loris dammi un bacio”. Loris era allora ancora un bambino e questo fatto lo determinò fino a diventare un grande sostenitore della comunità».

Nel 1985 una grande nevicata attraversa l’Italia e causa molti danni a edifici, strutture, aziende. Il peso della neve procura il crollo di un capannone delle serre dove si svolgono le attività di “Zolla in fiore” della comunità Villa San Francesco. «Un signore mi informa per telefono – racconta Aldo – presi la macchina, arrivai lì e ho pianto. Tutto distrutto. Il lavoro di anni». Poco dopo Aldo Bertelle viene avvisato che due bambini di sette anni sono spariti. Li hanno visti uscire dal cancello e dirigersi verso il paese. Aldo li cerca e li trova sotto il capannone crollato. Li raggiunge e urla: «Cosa fate?». E loro: «Raccogliamo le primule, così poi le vendiamo». Un ottimismo, una fiducia nella vita, un senso di responsabilità verso la comunità. Cosa altro si può insegnare a dei ragazzi? Non è questa l’educazione? Qualche giorno dopo Loris Capovilla, allora ancora arcivescovo, chiama Aldo Bertelle e lo sente con un tono di voce basso e lui gli spiega che il cattivo umore è dovuto al crollo del capannone delle serre. «Coraggio! – dice Capovilla – dirò una preghiera». Qualche giorno dopo, invece, arriva una raccomandata con un milione di lire per ricominciare. «Come fai – commenta Aldo – a non credere che lo Spirito Santo esiste, anche se ha i suoi tempi».

La storia di Villa San Francesco racconta di quattro mila ragazzi aiutati a diventare adulti, a trovare una famiglia, a venir educati alla vita, formati al lavoro. Tutto ebbe inizio nel 1948 subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando il C.I.F. di Venezia accolse in Facen di Pedavena (BL), bambini fisicamente fragili e bisognosi di ristoro: li ospitava per periodi più o meno lunghi, per riconsegnarli, poi, alle loro famiglie, sollevate nel ritrovarli irrobustiti. Nel 1975 l’attenzione si sposta sulle necessità pedagogiche per sviluppare le potenzialità personali e nasce la “Comunità Villa S. Francesco”. Che fare una volta compiuti i 18 anni? Ragazzi accolti e aiutati a crescere ora hanno la necessità di lavorare e si fonda Arcobaleno ’86, i colori della vita dopo il buio del temporale, con la prima cooperativa di solidarietà sociale della provincia di Belluno. Oggi si occupa di componentistica, rubinetti per le cisterne, soprattutto per il mercato Usa e di ortofloricoltura: ciclamini, stelle di Natale, crisantemi, gerani. A corredo anche l’attività di manutenzione del verde pubblico e privato. La cooperativa riesce così ad avere la sua autonomia economica, dà lavoro ai ragazzi della comunità, senza mai aver chiesto finanziamenti pubblici.

Aldo Bertelle è un fiume in piena, anche di fantasia, e il fiore all’occhiello della comunità è un Museo dei Sogni, della Memoria, della Coscienza e dei Presepi, circa 2 mila provenienti da 178 Paesi del mondo. Scolaresche, gruppi, singoli devono aspettare anche cinque mesi per una visita guidata per uno spazio dall’alto valore educativo che spalanca l’orizzonte sul mondo intero. Sono raccolte le terre di 199 Paesi del mondo e in modo simbolico, mescolate insieme e inserite dentro i “mattoni del mondo” fatti di vetro che sono spediti in tutti i Paesi della Terra come semi di pace perché ogni nazione di questo mondo possiederà, in piccolo, l’intero pianeta.

All’interno dello spazio espositivo sono presenti i segni delle ferite del mondo. Si va dalla tegola di Hiroshima, al mattone di un forno di Auschwitz; dalla pietra della casa di don Milani a Barbiana, all’intonaco manoscritto di Alda Merini; dalla scheggia del Muro di Berlino, al sasso del Monte di Mosè; dal frammento delle Torri Gemelle, al mattone della casa di Lech Walesa a Danzica; dal frammento della diga del Vajont col suo carico di tragedia, all’asfalto sollevato in via D’Amelio dal tritolo che uccise Borsellino; dalla roccia del Golgota, al sampietrino romano su cui cadde il bossolo allo sparo di Alì Agca contro papa Wojtyla.

«L’impegno – spiega Aldo – è spendere e ritornare nelle strade educative del futuro quanto imparato, capito, ricevuto, condiviso in tanti anni di bene solidale e comune, capaci tutti di scrivere insieme una nuova grammatica della cittadinanza, quella dei nuovi cittadini di tutto il mondo».

Impossibile descrivere tutte le iniziative. L’ultima novità è l’esposizione dell’“Italia intarsiata” con oltre 160 legni provenienti da tutte le regioni italiane che raccontano storie positive di bene, memoria, vita. I lavori saranno esposti fino a fine gennaio 2023. Tutti segni di rinascita, vita nuova, rigenerazione sociale.

Aldo Bertelle non solo non si è mai pentito della sua scelta, nonostante le molte difficoltà, ma «tengo lo sguardo fisso al domani, al futuro».

Aurelio Molè

 




Camminare insieme? Non è facile…ma ce n’è proprio bisogno!

Sull’incontro di Retinopera a Bologna

Le parole del titolo riprendono quelle pronunciate dal card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, in apertura ed in chiusura del convegno Retinopera 2002-2022: lavorare e camminare. Cattolici nell’economia, nel lavoro e nel sociale: orizzonti per il terzo millennio. L’evento, organizzato il 27 novembre 2022, si è svolto a Bologna, nella splendida sede di Coldiretti Emilia-Romagna a Palazzo Merendoni. Oltre ai rappresentanti delle associazioni cattoliche affiliate a Retinopera (sono 24, tra cui anche il Movimento dei Focolari), hanno partecipato numerosi relatori e decine di uditori, riempiendo l’aula nonostante l’evento fosse di domenica mattina.

Tante le sfide toccate, così come le contraddizioni emerse sull’Italia di questi anni. Siamo notoriamente un paese “familistico”, ma con poche politiche che sostengano la famiglia stessa. Siamo tra i più ricchi al mondo per corpi intermedi (basti pensare che il Centro Servizi per il Volontariato serve 80.000 enti e che ci sono circa 10 milioni di volontari), ma il rischio di individualismo è concreto anche nel mondo delle associazioni. E che dire poi dell’ambiente? La crisi climatica è ormai conclamata eppure si consumano 19 ettari di suolo al giorno in Italia, la cifra più alta degli ultimi 10 anni. Come se non bastasse, abbiamo 5,5 milioni in povertà assoluta secondo l’Istat, nonché 15 milioni a rischio povertà. In questo quadro drammatico, poi, i migranti fanno quotidianamente da emblema delle ingiustizie del nostro tempo, spinti verso di noi anche da un continuo aumento di popolazione a cui fa da contraltare il nostro “inverno demografico”.

Che fare allora? C’è accordo unanime sul fatto che ognuno sia responsabile di qualcosa, e ce n’è altrettanto su alcune metafore usate: quella del camminare (senza correre né stare fermi, quindi) ma anche quella del buon samaritano (con attenzione però a rendere più visibile cioè che facciamo!).

È ancora il card. Zuppi a ricordare i nostri limiti ma anche la nostra forza: ci accorgiamo molto di noi e poco degli altri…ma proprio questo dà valore al mettersi assieme, a patto che sia sempre una “comunione delle differenze” come è negli intenti di Retinopera.

Gabriele Manella




Dio, la nostra roccia

Era una giornata piena di telefonate e lavoro in ufficio. Strilla di nuovo il telefono e dall’altra parte c’e un signore , a me sconosciuto, che chiede una alloggio per una famiglia giovane dell’Ucraina, con un bambino di 3 anni e una coppia di gemelli, nate due mesi fa….in una cantina…

Sto guardando il calendario e vedo che abbiamo affitate tutte le stanze del nostro Centro di Incontri….fino alla fine dell’anno…Mi sembra impossibile e chiedo aiuto a Dio, pensando alle esperienze dolorosi di questa famiglia in fuga. Voglio già rispondere che non possiamo aiutare, ma in cuore mio una voce forte: “No, no ,stai ferma, pensaci sopra” e cosi dico a questo signore, che lo richiamo qualche ora più tardi o in un giorno.

Parlo con la nostra responsabile di casa e troviamo una soluzione impensata. La madre di lei prende questa famiglia per qualche giorno a casa sua e poi, parlando con altre persone, possiamo mettere a disposizione un’alloggio adatto a questa giovane famiglia. In cuore mio sono felice, per me è una esperienza di Natala attuale….

Illes




Gen Verde – Playlist di Natale 2022

Disponibili su YouTube i singoli brani del nostro concerto “Together at Christmas” 2021.

Manca meno di un mese al Natale e fervono i preparativi per questa data specialissima!

Perciò il Gen Verde ha pubblicato nel loro canale YouTube, una playlist con i brani del concerto del 2021, “Together at Christmas – Natale con il Gen Verde”.

Ogni settimana, prima di Natale, il Gen Verde aggiunge i brani del concerto per vivere insieme questo Avvento e prepararci, nel miglior modo possibile, alla nascita del bambino Gesù.

Ci auguriamo a vicenda di riuscire a prenderci del tempo per riscoprire cosa è essenziale e fare spazio a questo Dio che si fa bambino, uomo con noi e che ci chiede un posto dove stare.

Clicca qui per ascoltare la playlist! E ricordati che puoi salvarla e condividerla con chi vuoi!

Buon ascolto e buon avvento!




Insieme per Loppiano

L’idea è nata da “menti giovani” nel mese di settembre dopo la Scuola per le Comunità. Uno dei temi trattati è stato: “Conoscere le persone, scoprire i talenti di ognuno”.

La Chiesa di Loppiano così ferita, come l’avevamo vista dopo l’uragano di agosto è stato il motivo della nostra iniziativa. La Chiesa è parte della nostra Famiglia, dovevamo aiutare.

“Buttiamo le idee e lasciamo fare ai Giovani”. I giovani della nostra Comunità sono pochi ma “trascinatori” … e subito hanno accolto, condiviso, chiamato, coinvolto. E di conseguenza hanno “spinto” anche noi meno giovani a coinvolgere anche le Comunità vicine.

Quale momento migliore, se non il Natale, per favorire la generosità di tanti?
“Insieme per Loppiano” ecco il titolo.
“I Meridiana” ecco il gruppo musicale.
“Un Oratorio di Rozzano”, raggiungibile con i mezzi da Milano e da altre zone dell’hinterland, ecco il luogo.
“Sabato 3 dicembre” (prima delle feste ) ecco la data.

Una cosa tira l’altra….ci siamo anche noi ballerini, cantante, attori, luci, suoni, fotografo, esperti del web e della comunicazione, inesperti del catering, parcheggiatori improvvisati, braccia forti, ecco i Talenti!

In pochi giorni pronto il manifesto, il programma per prenotare online, la scaletta dello spettacolo.

Il Covid ha dato qualche problema all’organizzazione dell’apericena..vicini, lontani, mascherine sì o no, cosa si mangia, cosa si potrebbe bere, in piedi, seduti, chi porta cosa, basta, non basta! “Va bene così!”

Ed eccoci al 3 dicembre…pioggia intensa, molti influenzati, il batterista suonerà con una mano sola perché reduce da un infortunio!!!! Ma la macchina è partita già dal mattino. Tutto OK.

Ragazzi pieni di entusiasmo e generosità. Attenzione per tutti e per tutto; per chi arriverà con i mezzi, per chi ha avuto problemi di trasporto, per chi non sa come arrivare, per chi non riesce a trovare il Teatro, per chi può mangiare solo cibi particolari ecc..

Lo spettacolo inizia con Il collegamento da Loppiano. Dalla nostra sala Giada, una Gen che ha trascorso diversi mesi in questa Cittadella, ci ha raccontato la sua esperienza. Anche da Loppiano due Gen stranieri ci hanno parlato delle loro giornate tra studio all’Università Sophia e vita all’insegna del Vangelo con altri giovani provenienti da tutto il Mondo; qualche aggiornamento sui lavori di ricostruzione del Santuario Maria Theotokos e poi.. via con la Musica! Rock, Rap…cose che piacciono ai giovani insomma, ma che non hanno disturbato noi vecchietti.

Due ragazzini Thomas e Greta si sono scatenati in un saggio di danza Hip Hop; Mariangela ha cantato una canzone del Gen Rosso e una del Gen Verde; due giovani attori, Gaia e Francesco, ci hanno divertito con esempi di incontri di coppie. E alla fine tutti in piedi a battere le mani a tempo e a cantare la canzone dei Meridiana “Mi tufferò”.

Apericena riuscitissima con i giovani al lavoro a servire panini, tartine, torte dolci e salate… e occasione di incontrare finalmente “dal vivo” e con gioia persone che da due anni non vedevamo, senza fretta, rilassati come a casa propria.

Tanto lavoro e stanchezza, qualcosina che poteva andar meglio (ma poi, esiste la perfezione?), ma alla fine tanta contentezza. Per aver “chiamato” e aver visto la risposta dei giovani che si sono impegnati in tutto collaborando con gli adulti “alla pari”; per il risultato, una donazione a Loppiano di 1.440 Euro al netto delle spese; per la gioia nei volti di chi ha partecipato e, soddisfazione, per aver potuto far seguire via zoom da casa, chi non aveva potuto essere presente.

La Comunità Hinterland MilanoSud




Natale è fraternità, giustizia e concretezza. Dona ora!

Sostieni i progetti di Umanità Nuova a favore di migranti e rifugiati

Con 10,00 – 20,00 – 50,00 euro al mese, o con una singola donazione, puoi sostenere il percorso di accoglienza e integrazione di tante persone giunte faticosamente in Italia.

Sostieni i progetti di Umanità Nuova del Movimento dei Focolari!

Con il tuo piccolo ma prezioso impegno realizzerai i sogni di tanti.

DONA ORA:
IBAN: IT28K 05018 01600 00001 70778 27 intestato a Associazione Arcobaleno o.d.v. di Milano, ente individuato per la raccolta dei contributi.

Per la detrazione fiscale scrivi nella causale del versamento: erogazione liberale per accoglienza migranti.

Aggiungi il nominativo completo cui intestare la ricevuta e l’indirizzo email a cui inviarla.

Per ulteriori informazioni scrivi a: reteimmigrazione@gmail.com

 




Marcello, il gelato di Cancello

Un carretto di gelati rimette in moto la città

Che l’iniziativa sia originale è evidente dai nomi e i relativi gusti dei gelati. Giuseppe Alberti, Marco Claudio Marcello, Manfredi di Svezia, Giovannella Stendardo, S. Alfonso Maria de Liguori, rispettivamente per ricotta stregata, ricotta e pera con glassa al cioccolato bianco, pistacchio variegato al mandarino con glassa al cioccolato verde con mandorle pralinate, fior di latte con glassa al cioccolato e granella di nocciole, fragola, vaniglia con limone e zenzero con glassa alla vaniglia. Lo scrivente, che è diabetico, è costretto a non dilungarsi sull’elenco perché già si sente male al solo dolce e immaginifico pensiero.

I lettori lo avranno intuito da soli: i nomi si riferiscono a personaggi della storia locale che hanno avuto a che fare con il territorio, i gusti sono quelli di un tempo, quando esistevano solo i prodotti a chilometri zero. Ça va sans dire: genuini, naturali, veraci.

Siamo a Cancello Scalo, sei mila anime di una frazione di San Felice in provincia di Caserta, e il principale luogo di ritrovo, la piazza, è dedicata al «Console Romano Marco Claudio Marcello – ci spiega uno degli ideatori dell’iniziativa Enzo Gagliardi – che in questo territorio accampò le sue legioni prima di attaccare le truppe di Annibale a Nola. Nei pressi della piazza c’era la chiesa di S.Pietro in Vinculis, in cui il Re Manfredi di Svevia nel 1255 ricevette gli ambasciatori della città di Napoli in segno di resa. Il castello medievale che sovrasta la collina, dono di matrimonio del Conte Tommaso d’Aquino per la sposa Margherita di Svevia».

L’idea nasce nel ménage familiare. La piazza è vuota, non ci sono iniziative, non è più un luogo di socializzazione, incontri, gioco, chiacchiere.

«Che fai esci?» – chiede la mamma Giusy Lollo al figlio. «E dove vado? – la risposta – in piazza non c’è neanche un gelataio!». Detto fatto. A Giusy con il marito Enzo si accende la lampadina di una nuova idea. Sono impegnati nel volontariato, in un’associazione culturale, ma cosa possono fare per i figli, per il paese, per valorizzare il patrimonio culturale, la conoscenza della storia e dei personaggi locali? Soprattutto per le nuove generazioni perché, chi per lavoro o per studio, lasceranno presto il loro paese.

Ed ecco a voi l’uovo di Colombo: Marcello il gelato di Cancello. Una dolce idea, un gelato artigianale fatto ad hoc da un produttore del luogo con i nomi e i gusti storici locali. Mangiando un gelato si ha un’occasione di andare in piazza, di parlare con gli amici, di passare una serata spensierata e al tempo stesso conoscere le radici della propria città. L’utile e il dilettevole.

Come realizzarlo se non mettendosi insieme, in rete? Ci vogliono risorse, persone e il carisma dell’unità di Enzo e Giusy che coinvolgono le tante associazioni locali impegnate nei campi più disparati, dal trekking al giardinaggio, con un autofinanziamento diffuso senza scopo di lucro per comprare un carretto da gelataio stile anni ’80. In un mese raccolgono la cifra necessaria, ottengono l’autorizzazione sanitaria dell’Asl per la distribuzione degli alimenti e l’entusiasmo di tante persone coinvolte.

L’incasso del venduto, detratte le spese, sarà subito reinvestito in nuove iniziative culturali. A chi generosamente ha partecipato alla sottoscrizione, ha avuto ben 20 gelati gratis. La fattura di acquisto del carretto da gelataio è pubblicata sul sito dell’associazione “Fatti per volare” (https://www.fattipervolare.org/ ) per la trasparenza assoluta che crea fiducia. Da maggio in poi, per tutta l’estate tre sere a settimana, venerdì, sabato e domenica, dalle 20 in poi, giovani e adulti sono stati protagonisti della vendita.

Anche il sacerdote del paese si è messo il grembiule e ha distribuito il gelato. Come non ricordare don Tonino Bello quando scriveva: «Io amo parlare della chiesa del grembiule che è l’unico paramento sacro che ci viene ricordato nel Vangelo. “Gesù si alzò da tavola, depose le vesti si cinse un asciugatoio”, un grembiule l’unico dei paramenti sacri».

La proposta è andata bene, ha coinvolto tante persone, altre frazioni hanno richiesto il carretto del gelato e soprattutto con la vendita sono state finanziate tante piccole serate culturali per valorizzare i talenti locali. La piazza si è allargata e riempita di tavolini, sedie, di nuovo luogo di ritrovo. Si sono esibiti cantanti, attori, musicisti con violino e fisarmonica.

Un’occasione anche per conoscere la canzone napoletana, fare un laboratorio artigianale sui giocattoli in legno e sull’importanza delle api per l’ecosistema, imparare a fare la pasta, la pizza e i biscotti. Insomma, il gelato che promuove la cultura, il bene comune, l’unità nella comunità per dare nuova vita alla Civitas.

Aurelio Molè




Quello che ci torna da quel poco che abbiamo donato non ha prezzo!

“Dopo i 2 anni di “pausa” Covid ci sentivamo impoveriti, più protetti tra le mure di casa che fuori. Quanta fatica nel provare a ricominciare…ma incoraggiati dal cammino sinodale e da un invito di una parrocchia, a riprendere un progetto per bambini già fatto per tre anni prima del Covid, abbiamo detto il nostro “si”, grazie anche alla rivista BIG di Città Nuova che ci aiuta.

Abbiamo cominciato a ristudiare un percorso che quest’anno è proprio sulle emozioni, un appuntamento quindicinale sostenuto dalla comunione dei beni della comunità, mentre la parrocchia ci mette a disposizione gli ambienti. Ovviamente questo comporta impegno studio e fatica, anche fisica, e riuscire con le parole a raccontare le nostre emozioni sarebbe riduttivo.

Proverò a farlo raccontandovi quello che è successo a me: proprio ieri abbiamo avuto l’incontro con i bambini che prima non conoscevamo; dopo il laboratorio di lettura mi sono spostata un attimo per prendere velocemente il materiale per cominciare il laboratorio creativo e, nel girarmi, mi accorgo che due bimbi senza essersi messi d’accordo hanno iniziato a correre verso di me e sono venuti ad abbracciarmi forte.

Quell’abbraccio, che ancora fisicamente sento, mi ha sciolto la mente e il cuore! Nonostante la fatica, la stanchezza della giornata, sono tornata a casa piena di gioia perché è stato in quell’abbraccio spontaneo che ho colto il loro dirci grazie per esserci spogliate dal ruolo di “signore “ e esserci messe in gioco, in quell’abbraccio ho colto il grazie per il tempo che stiamo dedicando loro, perché si sentono liberi di parlare , di raccontarsi, di sollevarsi dai propri pesi anche se piccoli, e di giocare in libertà.

Nonostante tutti i nostri limiti sento di dover dire a tutti “rimettiamoci in gioco “, perché quello che ci torna da quel poco che abbiamo donato non ha prezzo!

Un caro saluto dalle “zie “ del laboratorio Isa, Lina,Giovanna, Lina, Maria ,Teresa e Manuela

(Comunità di Andria)




Insieme a Ficuzza per “Custodire il Creato”

PALERMO. Insieme accomunati dall’amore per la natura: in tanti, appartenenti a varie religioni, credi, filosofie esistenzialistiche, amici con figli, si sono riuniti dinanzi alla Real Casina Borbonica nella Riserva Naturale Orientata Bosco di Ficuzza (Palermo), per una giornata con pranzo a sacco.
A organizzare l’iniziativa: i Giovani per un Mondo Unito, i Giovani del Gruppo di Preghiera “Chiara Luce Badano”, la Comunità di Belmonte Mezzagno, Palermo e Trapani del Movimento dei Focolari, Thalassia Giaccone (animatrice “Laudato sì” – Commissione Internazionale EcoOne e EcoPlan), Salvo Santangelo (ingegnere agronomo e naturopata), con la partecipazione di Andrea Cozzolino (acquilonista) e Delizia Alessandra (danza-terapeuta).

Il sole ci ha baciati, l’ombra degli alberi ci ha custoditi. Accolti e istruiti sulla giornata, ci siamo presto uniti in una lunga danza ristoratrice per l’anima – racconta chi ha partecipato -. Con le mani unite, ci siam guardati tutti negli occhi, sorridendo per la gioia sincera d’esserci, gli uni per gli altri, gli uni con gli altri. Uniti, pur nella diversità, nel rispetto dell’identità di ciascuno, come una sola famiglia, in cordata verso il cielo“.

Ognuno degli organizzatori, con straordinaria naturalezza e senso di responsabilità, ha ricordato ai presenti come l’esistenza di ciascuno sia legata a quella degli altri, e come la vita non è tempo che passa ma tempo di incontro. Ognuno di loro, si è fatto dono per gli altri, per come desiderava anche Stefano Spera, un giovane ragazzo, menzionato all’evento: prima di morire aveva creato un gruppo di preghiera (fattosi col tempo, più numeroso), lasciando il prezioso testamento di “vivere la vita come dono per gli altri”.

E idealmente con Stefano, sono stati percorsi chilometri e chilometri, giovani e meno giovani, lungo la Riserva naturale del Bosco di Ficuzza, dove la diversità biologica e geologica si è creata in milioni di anni. “Camminando, ci siamo ascoltati, conosciuti ognuno col proprio compagno di turno, ci siam fermati nelle soste per riflettere e cantare, ci siamo collegati con Atene, ci siamo scambiati dei braccialetti intrecciati che potessero darci il senso delle rete fra noi. Abbiam pregato per le donne iraniane e in varie lingue per testimoniare che “si può vivere da fratelli” pur essendo di religioni differenti, avendo cura della “casa comune” che è il creato, che abbiamo sotto i piedi, attorno a noi, alzando gli occhi, osservando e annusando la natura, ascoltando i suoi suoni, sentendoci parte di essa, comprendendo come anche la natura si nutra di noi, come noi di lei. Come esista, ossia, una relazione di scambio continuo, attraverso il respiro“.

Presi dal tran-tran, dimentichiamo, infatti, che gli alberi, le foglie, i fiori, ci ascoltano, ci annusano, si nutrono, forse, anche delle nostre gioie, e dolori, e mutano, insieme a noi. “Quando espiriamo – ha ricordato, infatti, la dott.ssa Thalassia – l’aria che esce dalla nostra bocca è ricca di tanti elementi, tra cui gli atomi di carbonio che fluttuano nell’aria. Non si vedono, eppure, questi atomi potrebbero viaggiare per tanto tempo, e divenire parte integrante anche degli alberi”.

Cosa significa? Che una piccola parte di noi viene cioè ceduta in dono alle foglie degli alberi e ritornerà a chi mangerà poi i frutti dell’albero. Siamo, dunque, tutti collegati, interconnessi. Nella natura troviamo, dunque, tanta umanità. Ciò diventa ancor più emblematico quando ci si trova dinanzi ad un albero secolare, come quello visto a fine percorso naturalistico: un’immensa quercia che, con la sua resilienza e connessione col suo ambiente, ci ha fatto sentire come dinanzi ad un “santuario”: ciò ha ridimensionato l’io di tanti, per allargare la coscienza di tutti, facendoci sentire piccoli e fratelli, “facenti parte di un’unica famiglia umana, fatta di vegetali, animali e uomini”.

La giornata si è conclusa con un patto di responsabilità per “prenderci cura del creato” con una prima azione concreta: donare un euro per acquistare una piantina d’albero, col proposito di rincontrarci la prossima volta per la “piantumazione” di tutti gli alberelli acquistati, in uno dei tanti territori violentati dagli incendi di questa estate. Ognuno di noi, è tornato alle proprie abitazioni, grato di tali esperienze benefiche, di “conversione ecologica”, col monito – che giriamo ad ognuno di voi lettori – “d’essere delle gocce d’acqua che al passaggio di un raggio di luce (Dio), generano un arcobaleno!”.

Patrizia Carollo

Fonte: https://www.ilmediterraneo24.it/in-sicilia/sicilia/insieme-a-ficuzza-per-custodire-il-creato-e-quel-patto-per-lambiente/#




Leadership di comunione

A scuola per esercitarsi in una leadership di comunione

Seconda tappa di un percorso formativo innovativo per diventare animatori di comunità

di Aurelio Molè

La nuova vita nasce da una trasformazione. La metamorfosi del bruco che diventa farfalla può diventare una metafora anche della vita in evoluzione delle comunità locali dei Focolari in Italia. Nella crisalide avviene un vero e proprio processo di ristrutturazione che porta alla nascita di una farfalla che spiccherà il volo.

Una scuola di formazione, svoltasi in data 1-2 ottobre, sulla leadership di comunione per gli animatori delle comunità dei Focolari in Italia, con circa 800 partecipanti riuniti in 30 gruppi in presenza ed alcuni via Zoom, sono stati come l’involucro, la crisalide, per maturare e avviare nuovi processi per proseguire nel cammino di rinnovamento per portare con creatività e slancio la radicalità del Vangelo.

Crisalide deriva da khrysós “oro”, per l’aspetto dorato dell’involucro. E sappiamo che l’oro è forgiato nel crogiolo. L’incubatore di una comunità cresce in uno scambio di idee, relazioni, incontri, vita quotidiana, contatti, che devono “accarezzare il conflitto”, con la possibilità di confrontarsi, scontrarsi, in un dialogo autentico, con parresia, toccando il cuore delle proprie passioni, sentimenti, pensieri con verità per far scaturire una nuova creatura, una nuova attenzione a se stessi, ai bisogni dell’altro, del territorio per cercare, camminando insieme, delle risposte possibili non misurabili in risultati quantitativi, ma qualitativi perché fecondati da un amore reciproco generativo.

Per far decollare nuove o antiche comunità occorrono dei leader di comunione. Non dei leader d’antica data tutto decisionismo, personalità, carattere, ma degli animatori che per possedere uno stile comunionale ne devono in primo luogo aver fatto l’esperienza per poterlo trasmettere ad altri ed essere in grado di metterlo in pratica. Si spiega così l’impostazione della scuola di leadership di comunione metodologicamente impostata per fare in modo di sperimentare il camminare insieme, ognuno con i propri talenti e passioni, per una comune missione da raggiungere. È stata innanzitutto una esperienza con la caratteristica della leggerezza dove l’umorismo non è inteso come grassa superficialità ma «una medicina – come ha detto Papa Francesco – che fa «relativizzare le cose e ti dà una grande gioia». Permette di abbassare le difese, di rilassarsi per essere più veri, di sentirsi non giudicati, di catturare e mantenere più a lungo l’attenzione, di lavorare insieme con simpatia sapendo che tutti abbiamo dei pregi e dei limiti, ma ci compensiamo solo in cordata, con la forza del gruppo, come in una squadra di calcio, dove ci si sostiene e aiuta a vicenda. È il gruppo che farà la differenza, non il singolo eroe da thriller hollywoodiano.

La figura del leader, anche nella società, sta mutando verso un nuovo tipo di uomo e donna capace di relazioni. Nel corso di un precedente appuntamento formativo, Jesús Morán, co-presidente dei Focolari, aveva definito i leader di comunione come persone, decise, convinte, energiche, ma capaci «di privilegiare il “noi” al di sopra del puro “io”. Coscienti, quindi, che la forza proviene dalla corporatività e non dalla atomizzazione. Persone che suscitano consenso, che invertono la tendenza della competitività snervante e trovano spazio per tutti, anche per i più deboli, soprattutto per loro. Con questo tipo di leadership, i talenti di tutti vengano a galla e non sono sepolti dalla invidia. Il leader di comunione privilegia l’ascolto al parlare, il lasciare fare al fare, il tempo allo spazio, la mitezza alla violenza, il servizio al guadagno, l’amore all’egoismo, l’accordo all’imposizione, la sapienza all’ideologia».

La due giorni si è snodata con scioltezza con un metodo che prevedeva sei brevi video introduttivi di Jonathan Michelon e Giampietro Parolin, esperti di leadership e di processi decisionali, su argomenti come i vari personaggi-tipo delle nostre comunità, dall’organizzatore al criticone, passando per l’assenteista, proseguendo col definire che la vita, le relazioni, i contatti personali vengono da una malattia tipica dei Focolari, “l’incontrite”. Sintomi curabili solo con la conoscenza dei protagonisti delle comunità locali, delle loro passioni, bisogni e talenti. Altro video paragonava le passioni e i talenti della comunità ad un cocktail, da mescolare e miscelare bene, come una bevanda piena di spirito, questa volta Santo, che deve guidare la comunità. Essendo i nostri docenti veneti non appaiono casuali le metafore alcoliche. Poco dopo, infatti, paragonano la leadership ad un buon vino bianco spumeggiante. Che sia pubblicità occulta del Prosecco?

Il discorso, però, è serio e non fa una piega. La leadership come un buon vino ha bisogno di un calice che la renda aperta e trasparente, ha bisogno di una buona fermentazione, di idee che abbiano il tempo di nascere, maturare, crescere in una vigna, l’humus, su cui si sviluppa la vita comunitaria.

Le idee devono quindi essere raccolte, catalogate per poter intraprendere successivamente un processo in cui si prendono insieme le decisioni secondo le regole del gioco che si sono autonomamente scelte in modo chiaro per tutti. L’importante è non essere autoreferenziali, ma realizzare progetti che rispondano ai reali bisogni delle persone e del territorio. Alcune iniziative si esauriscono nella comunità locale, altre debordano nello stesso alveo con altre città, o confluiscono in ambito nazionale. L’importanza è calcolare bene le proprie forze, i passi che si possono compiere, altrimenti costruiamo torri che non si possono completare.  È meglio portare a termine un piccolo progetto dove si crea entusiasmo, parola che deriva dal greco: en dentro thèos dio. Il dio dentro.

Nella scuola non si sono seguite lezioni frontali, con filmati, Power point, ma subito dopo i brevi video, si è passati alla condivisione, allo scambio di idee, alla ricerca delle parole chiave da mettere in luce basandosi su delle domande stimolo. Anche perché un leader di comunione sa ascoltare, è al servizio, mette in risalto le ispirazioni degli altri, valorizza i talenti, le differenze e li sa armonizzare, sa cogliere i bisogni e gestire gli inevitabili conflitti. Finché c’è conflitto c’è vita e c’è speranza. Senza conflitti è una comunità già morta. Le comunità locali così possono avviare un discernimento comunitario, dal basso, in piccolo cercando di evidenziare, basandosi sulla cultura della fiducia e non del sospetto come si può agire su un territorio, qual è il grido a cui dare una risposta, con amore, creatività, audacia.

Incoraggianti alcune impressioni dei partecipanti che hanno molto gradito i contenuti e il metodo di lavoro. «Nelle nostre comunità di Treviso, Venezia e Belluno a volte il “riscaldare”, che apparentemente potrebbe creare maggiore disordine, consente in realtà di “aggiustare” i rapporti fra noi». Dall’Abruzzo scrivono: «C’è aria di nuova libertà rispetto al periodo precedente; come azione pensiamo di fare una mappatura dei bisogni della città e raccogliere le disponibilità delle persone; inserire in ogni attività della comunità l’aspetto umoristico, così da creare anche le condizioni adatte per andare anche in profondità». In Friuli-Venezia-Giulia: «è stata molto apprezzata la novità dei video seguiti dalle domande che serviranno da stimolo per tutto l’anno. Ci siamo detti che sarebbe importante trasmettere questo patrimonio a tutti i membri delle comunità locali, per farli partecipare direttamente a questa fase evolutiva dei Focolari». «In fondo è semplice – dicono a Roma – occorre un cambio di prospettiva: cercare l’altro e lavorare sulle connessioni».

Domande nei gruppi

Per approfondire

AA.VV.,Chiamati a essere comunità: una guida per vivere una spiritualità di comunione,  Città Nuova, Roma, 2021

La presente guida può essere utilizzata nelle comunità, nei gruppi della Parola di Vita, in gruppi nella parrocchia . . .  L’accento sarà sull’imparare come mettere in pratica il Vangelo nello spirito di comunione, a casa, al lavoro, tra gli amici e nella comunità. Ciascuno dei 12 punti della spiritualità dell’unità, come per esempio “Dio è Amore” o “La volontà di Dio”, è visto nella prospettiva della comunione. Per ogni punto sono poi presentate esperienze di Vangelo vissute da persone di ogni età e vocazione nel loro impegno di vivere una spiritualità di comunione. Trovi il libro qui: https://www.cittanuova.it/libri/9788831165914/chiamati-a-essere-comunita/

Luigino Bruni – La comunità fragile – Città Nuova
Un testo ispirato che aiuta a leggere l’esperienza comunitaria nelle sue ombre, nelle sue luci, nelle prospettive che abbiamo davanti.

Sguardi sulla comunità
Elena Granata – Placemaker, gli inventori dei luoghi che abiteremo – Einaudi
Johnny Dotti – Chiara Nogarotto – Generare luoghi di vita – Paoline

Leadership
Barbara Sgarzi – Vino, donne e leadership – Sole24ore

Decisioni
Olivier Sibony – Stai per commettere un terribile errore! Come evitare le trappole del pensiero – Raffaello Cortina
David Perkins – La saggezza di Re Artù, la tavola rotonda come metafora per creare organizzazioni intelligenti – Etas

Marianella Sclavi – Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte – Bruno Mondadori https://www.youtube.com/watch?v=MrlGCKHpRLk

Leadership nella Chiesa:  https://youtu.be/VnbeyU7xKqc

Modelli decisionali e di presa di decisione nella Chiesa: https://youtu.be/ziSlaR8C9Bs




Elezioni Politiche 25 settembre 2022 #andiamoavotare #iovoto

ELEZIONI, AL VIA LA CAMPAGNA DI SENSIBILIZZAZIONE AL VOTO DI ACLI, AZIONE CATTOLICA E MOVIMENTO POLITICO PER L’UNITA’-FOCOLARI.

Allarmati dagli ultimi sondaggi secondo i quali un giovane su due under 35 non si recherà alle urne e consapevoli che da troppo tempo in Italia il primo partito delle elezioni risulta essere l’astensionismo, le Acli, Azione Cattolica e il Movimento Politico per lUnitàFocolari – lanciano la campagna social #andiamoavotare per sensibilizzare al voto del 25 settembre.

Un appello a tutti i cittadini e alle cittadine affinchè si torni a considerare il voto come un diritto/dovere che rappresenta un pilastro essenziale per la vita democratica e volano per la costruzione del Paese che vogliamo.

Per questo, le Acli, l’Azione Cattolica e il Movimento Politico per l’Unità  chiedono il contributo e il coinvolgimento di tutta la società civile, del mondo della cultura, dell’arte, dello sport e dello spettacolo,  affinché si possa sensibilizzare l’opinione pubblica con particolare attenzione ai giovani per contrastare lastensionismo.

Proprio per valorizzare il protagonismo di tutti coloro che sentono di voler dare il proprio contributo, si potrà aderire alla Campagna  realizzando un brevissimo video (massimo 15 secondi) con le motivazioni che spiegano limportanza del voto e il perché  è fondamentale andare a  votare. Il video sarà pubblicato  sui social delle associazioni che hanno lanciato l’iniziativa, sotto gli hashtag #andiamoavotare #iovoto. Sarà possibile partecipare anche tramite una foto con in mano un cartello con la scritta “#iovoto”, in cui ciascuno  indicherà brevemente le proprie  motivazioni  e valori per cui è essenziale partecipare con il proprio voto all‘imminente tornata elettorale.

La campagna non vuole essere di supporto a nessun partito o candidato, ma sottolineare l’importanza di una partecipazione attiva e consapevole alla vita politica del nostro Paese.

Per partecipare si può scrivere alla mail ufficiostampa@acli.it

Modulo-Appello-da-stampare_-iovotoperche

https://italia.mppu.org/notizie/andiamoavotare/

https://azionecattolica.it/elezioni-al-via-la-campagna-di-sensibilizzazione-al-voto-di-ac-acli-e-movimento-politico-per-lunita-focolari/

https://www.acli.it/elezioni-al-via-la-campagna-di-sensibilizzazione-al-voto-di-acli-azione-cattolica-e-movimento-politico-per-lunita/

Video di ARGIA ALBANESE – Presidente del Movimento politico per l’unità-Italia del Movimento dei Focolari

 




11 Agosto, Santa Chiara – Giornata all’Eremo di Sant’Egidio

Un fiume di sorrisi, dialoghi, strette di mano, abbracci, per la grande gioia di incontrarsi finalmente di persona, guardarsi negli occhi, parlare, ascoltare, farsi uno con tutti. L’11 agosto, festa di Santa Chiara, le persone del Movimento dei Focolari del Molise si sono incontrata nel meraviglioso Eremo di Sant’Egidio, nella montagna di Frosolone. Già dai primi saluti si è percepita la contentezza di ritrovarsi e stare insieme. La messa ha dato lo slancio giusto per continuare la giornata. “Perché siamo qui?”, ci si chiede nell’omelia. “Perché cerchiamo Dio”. Come Santa Chiara che alla domanda di San Francesco: “Figliola cosa desideri?”, lei riponde “Dio”. Desiderava Dio perché Dio l’aveva scelta. Lei l’ha fatto scegliendo la via della poverta, noi, lo facciamo scegliendo l’unità, avendo sempre Gesù in mezzo a noi (dalla meditazione di Chiara Lubich “Scegliere Dio nella via dell’unità” – 11 agosto 1987). Dopo la messa, il pranzo a sacco e la condivisione dei nostri panini, rustici, frutta, dolci e il caffè caldo e buonissimo di Padre Luciano, frate francescano e custode dell’Eremo. Una persona carismatica, fantastica. Il suo sorriso amorevole lo si intravede anche dalla sua lunga barba e riesce ad arrivare dritto ai nostri cuori. Dopo il pranzo ci si sofferma per anticipare la programmazione delle attività da avviare in Molise dal prossimo Settembre e, come momento finale, Padre Luciano si propone di farsi da guida al suo giardino intriso di profumi e pieno di colori. C’è la via crucis lungo il sentiero del giardino ed ogni fermata è simboleggiata sapientemente da piante e fiori che Padre Luciano cura amorevolmente, come l’issopo, la menta, le rose, il melograno, il melo (l’albero della vita). L’anima dell’Eremo l’abbiamo scoperta, vissuta, percepita grazie a Padre Luciano e grazie a noi, alla nostra unità, alla nostra voglia di stare tutti insieme. Nel tardo pomeriggio, dopo una bellissima giornata di sole, il cielo si stava preparando alla pioggia ma noi non volevamo andare via, tanta era la gioia di ritrovarsi. Ci siamo salutati con l’impegno di tornarci presto.




Nuova raccolta fondi per l’accoglienza di profughi e migranti

Quando scatta l’emergenza pensiamo a qualcosa di improvviso, grave, pressante, ma che finisce presto. Purtroppo non è così.

Le emergenze iniziano e il più delle volte continuano: un terremoto, un’alluvione, una carestia, un colpo di stato, una guerra, una persecuzione religiosa o verso una minoranza etnica…

Chi fugge dalla sua situazione di emergenza si mette in viaggio verso orizzonti sconosciuti e decide di fidarsi di altri uomini e donne che per giustizia, per solidarietà, per condivisione e senso di fratellanza saranno pronti ad aiutarlo.

Io credo nella fraternità universale.

Chi cerca un rifugio lontano da casa proclama la sua fede nell’umanità.

Da sempre il Movimento dei Focolari e la sua espressione sociale Umanità Nuova sono accanto a uomini e donne che non chiedono niente ma hanno bisogno di tutto. Sostieni i nostri progetti a favore di migranti e profughi che giungono in Italia. L’emergenza non ha mai fine.

DONA ORA:
IBAN: IT28K 05018 01600 00001 70778 27 intestato all’Associazione Arcobaleno di Milano che collabora come punto di raccolta degli aiuti.

Per la detrazione fiscale scrivi nella causale del versamento: “Erogazione liberale per accoglienza migranti”. Aggiungi il nominativo completo cui intestare la ricevuta e l’indirizzo email a cui inviarla.

Ringraziamo tutti coloro che hanno generosamente contribuito alla campagna Emergenza Afghanistan fra il 30 agosto 2021 e il 15 luglio 2022. Sono stati raccolti e impiegati 51.487,00 euro, per l’accoglienza di 45 cittadini afghani nell’arco di un anno.

Riapriamo la raccolta per portare avanti il nostro impegno verso altre situazioni critiche, emerse nel frattempo in varie aree del mondo.  Contiamo ancora sulla grande generosità di quanti sostengono i nostri progetti a favore dei migranti.

Per ulteriori informazioni scrivere a: reteimmigrazione@gmail.com




Uno squarcio di speranza, tra i veli oscuri dell’Afghanistan

Mentre al TG annunciano che il ritorno al regime talebano in Afghanistan ha compiuto già un anno, saluto Fatima e Najeeb. Loro sono tra quelli che sono riusciti a scappare dall’oppressione e dalla follia di una barbarie ingiustificata. Lui giornalista, manager e attivista politico. Lei studentessa in Farmacia. Genitori di Yasna 13 anni e Shabahang 10 anni.

Prima di arrivare in Italia, hanno dovuto affrontare un viaggio rischioso e lungo, attenti a non essere intercettati. Ma nonostante il rischio e la paura, l’8 febbraio scorso, sono arrivati in Italia. Ciro Marino, editore pomiglianese e ‘contatto’ di Najeeb, è riuscito, grazie all’aiuto della sua rete di amici e grazie all’amministrazione comunale, a farli arrivare fin qui. Gli stessi hanno deciso di coinvolgere don Peppino, sacerdote che si è sempre prodigato per gli ultimi e le persone in difficoltà. E lui coinvolge noi volontari. Un giorno ci convoca e ci comunica che avrebbe offerto loro come alloggio, la casa canonica. Mentre ci spiegava, ricordo che scorrevano nitide nella mia mente, le immagini passate in TV, degli aerei partiti da Kabul, zeppi di disperati che volevano scappare da quella realtà opprimente, che si stava nuovamente delineando per loro. Gente che si è aggrappata ad un aereo e alla speranza e che ha perso la vita mentre tentava di salvarla.

Don ci invita ad accoglierli. Ci sollecita però, non solo ad offrire il nostro apporto dal punto di vista pratico, ma a mettere in circolo, la nostra vicinanza e l’identità cristiana che: accoglie, solleva e accompagna… Capiamo subito che non possiamo solo offrire un’abitazione, ma siamo chiamati a farci ‘fratelli’ con e per loro, sospinti dallo stesso monito di Papa Francesco, che ci invita a costruire una grande famiglia universale, dove le differenze non sono un ostacolo all’unità.

‘Avranno bisogno di noi, di tutto il nostro supporto e siamo chiamati ad esserci’, ci dice. E così si mette in moto la macchina dell’amore.
Il Comune comincia i lavori di sistemazione dell’appartamento, perché (chiuso per tanto tempo), non era nelle condizioni di ospitare qualcuno e intanto ci mobilitiamo per far arrivare: letti, materassi, una cameretta per i ragazzi, pentole, lenzuola, coperte, prodotti per l’igiene della casa e della persona. Riempiamo la credenza di cibo e provvediamo a procurare, quanto è necessario avere in una casa. La comunità è operativa!

Dopo varie vicissitudini e diverse difficoltà, che rimandano di volta in volta l’arrivo dei nostri amici, arrivano in Italia. Ciro, finalmente ci chiama dicendo: ‘sono arrivati! Sono in salvo! Sono qui tra noi!’ E noi siamo felici con lui e naturalmente per loro. In serata ci organizziamo per accoglierli. Li vediamo arrivare con un furgoncino e le loro valigie cariche di SOLLIEVO e di SPERANZA. Indossano le mascherine e questo, non ci consente di vederli completamente in volto, ma gli occhi sorridono… Sono scappati! Hanno dovuto lasciare tutto: terra, famiglia, amici, radici, cultura, casa, lavoro ma sono in salvo e, il sollievo che deriva da questo nuovo status, si evince da quello scambio con gli occhi. Sono finalmente al SICURO… lontani dalla bruttura dell’umanità, dove i diritti sono calpestati e la dignità è offesa. Una volontaria ha preparato loro la cena, il giorno dopo un’altra volontaria, gli ha fatto arrivare una crostata…poi frutta verdura ecc… Da quell’appello di don alla comunità parrocchiale, è nata una grande gara di solidarietà, una sinergia e una comunione di intenti, improntata sul voler essere ‘CASA’ per questa famiglia.

Don Peppino per loro è stato un punto di riferimento fondamentale. Noi abbiamo cercato di renderli ‘PARTE’ e questo ci ha consentito di stringere un bel rapporto di amicizia. Le reciproche diversità, si sono intersecate bene e non hanno mai costituito un ostacolo. Loro sono musulmani, ma anche questo non è mai stato elemento divisorio. Anzi, ci ha permesso di capire, una volta di più, che il RISPETTO è il canale per creare UNITÀ. Abbiamo sperimentato che si possono vivere ‘credo’ differenti, eppure trovare quel ‘punto di congiunzione’ nel quale creare L’INCONTRO.

Nonostante non parlassimo la stessa lingua, siamo sempre riusciti a comprenderci. I gesti di vicinanza che accompagnavano il nostro desiderio di aiutarli, arrivano prima della conoscenza della lingua persiana (loro lingua madre). È evidente che l’amore ha un linguaggio universale e che non ha bisogno di interpreti. Naturalmente ci siamo avvalsi del supporto di traduttori, ma il legame non si è creato per quello, ma nel ‘giorno per giorno’, lì dove li coinvolgevamo e li aiutavamo come potevamo. Abbiamo dovuto assicurargli assistenza alimentare e non solo. Un giorno Najeeb ci ha contattati perché stava male e una volontaria prontamente, lo ha accompagnato da un medico amico della comunità.

Un’altra volta ci ha contattati perché Yasna, il primogenito è caduto dalla bicicletta e si è fatto male ad un braccio. In accordo con don Peppino e insieme a lui, lì abbiamo accompagnati al pronto soccorso e fatto tutto quanto si possa fare, ‘come vorresti fosse fatto a te’… Li abbiamo sempre coinvolti nei servizi che svolgiamo per i poveri del territorio e loro hanno sempre risposto con prontezza e disponibilità. Li abbiamo sempre interpellati sia per creare vicinanza, ma anche e soprattutto affinché si sentissero parte coinvolta e non solo ‘recettori’ del nostro impegno solidale. Così si fa famiglia, ‘col poco nel poco’, (volendo citare Don Mimmo Iervolino, l’altro parroco della nostra parrocchia), dove ognuno può dare il suo contributo e fare la sua parte, indipendentemente dalle condizioni di stato e di status. Tutti siamo ”abilitati” ad amare!

Difatti anche loro piano piano hanno iniziato a mettere a nostra disposizione abilità e conoscenze. Najeeb è anche un fotografo professionista e più volte in occasione di eventi organizzati da noi, ci ha offerto la sua competenza. Abbiamo partecipato ad una manifestazione per i diritti dei rifugiati e Fatima ha voluto esserci. Era bello vederla accanto a noi in questa lotta pacifica per i tanti che come lei, sono stati obbligati per ragioni svariate, a lasciare il Paese di appartenenza e lottano affinché gli vengano riconosciuti, i diritti. È bella la connessione solidale che ha voluto esprimere, insieme a noi. Fatima si è fatta coinvolgere anche nel nostro ‘Laboratorio solidale’ attraverso il quale aiutiamo donne che vivono un disagio economico, ad imparare un mestiere e l’abbiamo scoperta bravissima nella creazione di Quilt e nella lavorazione di patchwork, che ha tentato di insegnare alle altre allieve.

Un giorno mentre preparavamo i pacchi per i bimbi poveri della città, è venuta con una teiera piena di tè caldo che ci ha porto, insieme al suo sorriso migliore e discreto. In quel gesto ci siamo guardati e riconosciuti tutti… ci siamo sentiti avvolti da un affetto ricambiato…in quel gesto c’era il senso di appartenenza alla nostra grande famiglia universale. Che bello! In un altro gesto semplice, abbiamo ritrovato lo stesso desiderio di scambio reciproco, quando ci ha preparato il Kabuli palaw, piatto tipico della loro tradizione a base di riso. Molto buono. Un modo per farci entrare nella tradizione della sua terra.

Fatima per me è il simbolo della libertà e delle battaglie vinte. La tua battaglia cara Fatima l’hai vinta togliendoti il Burqa, allontanandoti da un Paese in cui ti avrebbero sepolta viva. L’hai vinta ribellandoti al buio e accendendo la luce sui tuoi diritti a vivere a pieno il tuo essere donna, moglie e madre. Hai dovuto interrompere gli studi in farmacia, mi auguro tu riesca a riprenderli ed a riappropriarti del tuo diritto all’istruzione. Per tante tue compatriote purtroppo, ci sono solo ‘scuole segrete’.

La tua battaglia amica mia l’hai vinta ponendoti davanti alla vita e al mondo, faccia a faccia, nella libertà dei figli di Dio! Sorridi, esci, passeggia, ama, metti in circolo le tue capacità… Vivi! Senza oppressione, senza paura, senza vergogna. A VOLTO SCOPERTO! È questo quello che vorremmo per tutte le donne che sono rimaste nel tuo Paese e soffrono perché costrette ad una vita da guardare sotto il calore asfissiante e opprimente di un Burqa.

Dopo 6 mesi con noi, abbiamo trovato loro un’opportunità. Gli abbiamo proposto l’inserimento in un progetto presso un’associazione amica, che li accompagnerà in un percorso di integrazione. Loro hanno accettato subito e ben volentieri. Andranno a scuola di italiano e per lui ci saranno opportunità lavorative. Così che poi possano inserirsi nel nostro Paese, avendo tutte le possibilità per proseguire in autonomia. A loro auguriamo di riuscire a vivere serenamente nel nostro Paese, senza dover chiedere il permesso di ‘ESSERE’.
Senza timore, avendo a disposizione opportunità economiche, abitative, lavorative e sociali. Nonché tutto quello di cui ha diritto ognuno, affinché una vita possa essere considerata tale!

Di Elisabetta Visca

foto dalla pagina Facebook “Abbi cura di me”




Il sinodo dei Focolari in Italia per un nuovo inizio

«Camminare insieme», incontrarsi, parlarsi, condividendo i propri pensieri, emozioni, comportamenti, iniziative. «Camminare insieme» riflettendo su alcune domande chiave della vita, non solo cristiana. In primo luogo, l’ascolto perché se abbiamo due orecchie e una bocca un motivo ci sarà: ascoltare il doppio e parlare la metà. Siamo più abituati, forse per eccesso narcisistico, più a parlare, a farsi ascoltare, a restare sulla propria idea piuttosto che immedesimarsi con il vissuto di altri, comprenderli, accoglierli, farli nostri, apprezzarli. E così imparare dal basso, da tutti, da chi meno te lo aspetti perché ognuno ha qualcosa da dare, da dire, da offrire, da costruire. Del resto è proprio il condividere un tratto del nostro viaggio della vita insieme a chi ci sta più vicino, la caratteristica del “noi” che prende forma nel nostro quartiere, comunità, città.

È quanto accaduto nel «camminare insieme», questo vuol dire sinodo, all’interno delle comunità dei Focolari in Italia dal dicembre del 2021 a marzo del 2022 con migliaia di persone e centinaia di incontri. Percorso che si snoderà, all’interno della Chiesa italiana, con tappe successive, fino al Sinodo dei vescovi del 2023 dal titolo “Per una chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione” per individuare proposte e azioni pastorali comuni che affrontino le sfide del nostro tempo.

«Il cammino sinodale è stato gioioso ed efficace». «Stiamo provando ad imparare ad acquisire una coscienza comunitaria». «L’esperienza di unità fatta nel Movimento dei Focolari spinge ciascuno ad uscire per costruire o ricostruire rapporti con i fratelli».  Sono alcuni dei commenti delle migliaia di partecipanti riuniti in piccoli gruppi trasversali dei Focolari: intergenerazionali, formati da laici e chierici, da credenti e non credenti. Tutti alla pari, al di là dell’età, del ruolo, della vocazione, dell’essere uomini o donne. Gruppi in cui, dopo due anni di pandemia, è rifiorita la speranza per superare lo scoraggiamento, avviare processi di sviluppo, comporre nuove possibilità di vita nelle comunità con idee che nascono dal fare rete insieme nel territorio per creare brani di fratellanza vissuta.

Rete che si realizza agendo insieme ad altre associazioni, vicine per interessi o presenti nello stesso territorio, non per produrre convegni, tavole rotonde, dibattiti pubblici ma per ascoltare chi non ha spazi di ascolto, che è fuori dal recinto classico dei nostri orizzonti, fuori dal perimetro ecclesiale. La Cnal, Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali, propone tre laboratori per ascoltare: chi condivide un credo, dialogo ecumenico e interreligioso; chi fa del “bene comune” con il volontariato o il terzo settore; chi svolge un ruolo educativo e culturale a vantaggio dei giovani e delle nuove generazioni.

Per il cammino sinodale dei Focolari in Italia si è scelto di rispondere a cinque domande. Ci si è interrogati, stimolati e si sono cercate le risposte in modo comunitario, in spirito di comunione, unità, sinodalità: in fondo tre sinonimi. Non per produrre documenti  – come si legge nel documento preparatorio -, ma per «far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani …».

La questione più gettonata, il 58% dei gruppi, ha approfondito il tema dell’ascolto e del dialogo. Molti gli ostacoli da rimuovere tra cui: la superficialità nei rapporti, la troppa attenzione ai risultati e non alla persona che si ha di fronte, la risposta sempre pronta, il non saper perdere le proprie idee, le chiusure mentali, l’integralismo, l’autoreferenzialità. Ostacoli riferiti da molti e, in particolare dai giovani, in attesa di strade nuove fuori dai soliti schemi da confort zone. Così come nel dialogo è emerso che, all’interno delle comunità dei Focolari, si fa fatica ad accettare il conflitto, il confronto autentico per portare il proprio contributo senza timore di incrinare il clima di comunione. Ciò che in primo luogo favorisce l’ascolto e il dialogo è la cura delle relazioni, dedicare tempo ai rapporti, senza fretta. È un investimento nella “banca del tempo” che ha ricadute positive sull’intera comunità e nel territorio, genera nuova vita che nasce dall’amore reciproco e dal “fare insieme” anche con le nuove generazioni.

Un contributo tipico dei Focolari è nel desiderio di vivere insieme come comunità le parole del Vangelo, con, non solo un commento esegetico, ma con la comunicazione delle esperienze vissute: una vera novità. Raccontare cosa ha generato vivere la Parola di vita in noi e attorno a noi. La parola vissuta e comunicata, anche valorizzando gli “otri nuovi”, i Social, crea un inedito stile evangelico dove il rapporto tra i fratelli e le sorelle dei Focolari supera il confine tra famiglia naturale e comunità. Pietra miliare resta una indicazione di Chiara Lubich sull’essenzialità di vivere le tre comunioni nei gruppi: «Lasciarsi vivere dalla Parola, ricevere l’Eucarestia per essere sempre più Gesù, e comunicare con il fratello perché cresca l’amore reciproco». Quante comunità, iniziative sono nate da semplici atti d’amore, dal voler mettere in pratica la Parola che diventa vita, associazioni, opere? Se è accaduto “lì e allora” perché non può accadere anche “qui e ora”. Il Vangelo è lo stesso.

Si tratta di trovare spazi, luoghi, modi nella logica delle 3P: piccoli passi possibili. Con l’individuazione di obiettivi da perseguire nel discernimento comunitario e concreto nelle comunità abituandosi al dialogo, all’ascolto, allo scontro, alla comunione, finché arriva l’ispirazione dell’idea giusta, condivisa, praticabile, realizzabile. Obiettivi scelti con l’integrazione di tre criteri: interessi della comunità locale, esigenze della Chiesa nel territorio e le proposte nazionali e internazionali dei Focolari.

L’autorità è il collettivo, una leadership dialogica e le decisioni vanno prese insieme con corresponsabilità dal basso: un vero salto evolutivo dove occorre più disponibilità e una frequente alternanza dei ruoli. Il contributo tipico dei Focolari è costruire ponti, gettare il cuore oltre l’ostacolo, favorire la comunione, valorizzare l’altro e il carisma altrui, evidenziare il bene, metterlo in rete facendo da lievito nella pasta, mettendo in relazione persone, cristiani di altre chiese, credenti di altre religioni e persone diversamente credenti. Il luogo è il vicinato, il quartiere, la piccola comunità che diventa locale e globale, particolare e universale. Abbiamo il “collante”, il Volto per eccellenza, il diviso da Dio e dagli uomini per portare unità dove non c’è e partire dalle criticità per trovare nuove piste e sostenere tutte le persone impegnate nei vari organismi ecclesiali, sociali, politici. Non era solo un sinodo, era una rifondazione. Per un nuovo inizio

di Gabriele Amenta




La comunità di Episcopio e gli amici dall’Ucraina

Chi sono Andrea e Maria Rosaria? Vogliamo conoscere una recente ‘pagina’ della loro storia? Sì, perché ascoltando i loro racconti si intuisce subito che le ‘pagine’ del loro ‘diario di vita’ sono molte… e probabilmente una più interessante dell’altra.

Passiamo dunque la parola a loro: “A marzo il nostro vescovo ci ha fatto una proposta: collaborare alla gestione dell’accoglienza di un gruppo di rifugiati ucraini. Abbiamo risposto affermativamente senza farci tante domande. In realtà non c’era nessuna chiarezza su come, chi e che cosa fare. Ma per il ‘quando’… ne avevamo colto chiaramente l’urgenza. Da quel primo istante, abbiamo fatto l’esperienza che se qualcosa è nel cuore di Dio, alle difficoltà ci pensa Lui stesso. Capita infatti che si cominci con l’esperienza, tipicamente evangelica, del dove due o tre (Mt 18,15-20), ma – continuano lanciandoci uno sguardo disarmante – ci si ritrovi molti di più! Quasi per contagio”.

E raccontano come, in poco tempo, siano arrivate molte disponibilità dalle persone di Episcopio, dai parrocchiani di San Michele Arcangelo di Sarno, dal Movimento Parrocchiale di Sant’Anastasia e di Casavatore. E come ogni impegno preso si sia trasformato in un vero caleidoscopio di realizzazioni e contributi.

Ci parlano della condivisione di tempo, denaro, forze, mezzi, arti, mestieri, ingegno, fantasia, cultura e concludono “…una vera maratona di amore.”   Maratona: camminare, guardare avanti, insieme. Sembra retorico ma come dirlo in altri modi?

“Puntualmente” precisano, come chi sapeva che sarebbe successo, “pochi giorni dopo aver accolto il gruppo ci eravamo già trovati in difficoltà economica: la spesa, come pagarla? E le bollette della struttura che li accoglie? Qui serve costruire una rete. Si fa sera, è tardi, ma riceviamo una chiamata del vicesindaco di Sarno che ci comunica che abbiamo a disposizione dei buoni da spendere in supermercati e farmacie del paese. Ci servono cinque accappatoi: un giro di messaggi e ce ne consegnano il doppio. Nuovi. Ma anche i desideri che sembrerebbero di secondaria importanza e certamente fuori dal budget di spesa vengono soddisfatti: un amico ci consegna di persona una cassetta di dolci avocado”.

Questo vivere il ‘dare to care’, prendersi cura, non si esaurisce in solidarietà o meritevoli iniziative a senso unico. Anzi. Produce altro, molto altro. Produce effetti di valore aggiunto: “Abbiamo iniziato a vederci tutti come una sola grande famiglia”. E dagli sguardi si comprende che è accaduto realmente. “È interessante tra l’altro quanto ora i nostri ospiti siano diventati parte della nostra vita e di quella delle nostre famiglie. E come per osmosi si siano approfonditi e rinsaldati legami e relazioni con le stesse persone che conosciamo da sempre in parrocchia o nel quartiere”.

Poi li invitiamo a raccontarci, sinceramente, come va ora, a distanza di qualche tempo …

“Gli amici ucraini, ventisei in tutto, sono qui con noi da un po’: circa tre mesi di fratellanza vera. A volte ci pare una vicenda incredibile soprattutto quando la loro gratitudine ci fa rendere conto che per potenza e profondità questo mosaico non può dipendere da noi. Non solo. Lo stesso ritorno di affetto continua a stupirci. Di esempi ce ne sono molti. Per il compleanno di Andrea hanno preparato un video nel quale ciascuno di loro si è sforzato di esprimere in italiano un messaggio di auguri e anche di prenderlo in giro per i suoi simpatici intercalari dialettali. Quando ero in quarantena mi sono ritrovata un gruppo di loro sotto casa con un mazzolino di fiori”.

“È un fatto che emergono continuamente problemi di vario genere, siamo sinceri. Ma è altrettanto un fatto che appena ci pare non resti che gettare la spugna il cielo sembra schiarirsi. Appena la stanchezza o la delusione ci attanagliano avvertiamo dentro un sostegno inaspettato nell’anima. Come quando Max, quattro anni, fece capire ad Andrea che doveva prendere il telefono per tradurre quello che gli voleva dire. Max parlava e sul display appariva la traduzione: Tu sei la mia gioia!”

Ci raccontano poi che con il vescovo e con il sindaco è cresciuto con semplicità un solido rapporto di fiducia e di identità di valori che si traducono in azioni reali di collaborazione e di cittadinanza attiva nell’ambito dell’intera comunità.

Anche “Pietre vive”, il gruppo di giovani della parrocchia, si è attivato con nuovo entusiasmo per attività sportive, corsi di lingua ed uscite per alleggerire l’animo di questi amici che le circostanze hanno posto in un disagio interiore enorme.

“Insomma – sottolineano – le nostre comunità hanno davvero ‘alzato l’asticella‘ del cuore”.

“Tra i momenti che più hanno toccato l’anima di tutti ci sono i giorni delle festività pasquali: abbiamo infatti condiviso con gioia e sacralità le nostre diverse usanze.  Abbiamo pregato insieme durante la veglia del giovedì santo ed il gruppo ucraino ha allestito il tryhver, l‘albero pasquale’ con le uova appese, per noi. Ci tenevamo che potessero tener fede alle tradizioni ortodosse e avessero a disposizione gli oggetti per rappresentarle e gli ingredienti per i cibi tipici. E che in questo modo la comune festa della Pasqua potesse diventare un’occasione di reciprocità. Bello scoprire che, guarda caso, in lingua ucraina la Pasqua viene chiamata VeliKden, il ‘Grande Giorno’.

‘Khrystos voskres!’: ‘Cristo è Risorto!’  Proprio vero”.

Intervista a cura di Andreina Altoè




Un progetto per salvare il mare

Abbiamo raccolto la testimonianza di Piero De Santis,  imprenditore di Porto Sant’Elpidio  che, insieme ad un gruppo di persone, ha avviato un progetto per la salvaguardia del mare e della salute delle persone.

“L’anno scorso (2020-2021), quando il governo ci ha imposto la chiusura del locale nel periodo del lockdown, sono stato parecchio tempo con mio fratello Giuliano, presidente di Assoittica, un’associazione che riunisce i commercianti di pesce a Civitanova Marche, sede del più grande mercato ittico della zona. L’associazione ha quasi 90 associati che acquistano il pesce dell’Adriatico tutte le settimane da circa 37 motopescherecci locali.

immagine dal sito assoittica.it

Egli era da tempo scoraggiato a causa di diversi problemi legati all’attività professionale e aveva intenzione di dimettersi dalla carica di presidente. Ne abbiamo parlato a lungo ed è venuto fuori come questo lavoro, quello del pescatore, era importante e non si poteva trascurare il fatto che avevamo la possibilità di dare il nostro contributo affinché il nostro mare potesse sempre di più ricevere le attenzioni e le cure adeguate per un vero risanamento ambientale. L’enorme quantità di plastica che si trova in mare, il tema legato al consumo di pesce a km zero – perché l’80% del consumo in Italia è di pesce proveniente dall’estero -, il problema della legalità nei mercati ittici, erano tutte problematiche che ci toccavano da vicino.

Abbiamo pensato così con i nostri amici di Agorà, un’associazione di Macerata che si occupa di diritti civili, cittadinanza attiva e formazione politica, a un progetto che abbiamo chiamato “Mare Pulito”, articolato su tre punti: la pulizia del mare, il consumo del pesce e la legalità.

immagine dal sito assoittica.it

Una legge statale, emanata l’anno scorso, autorizza e promuove dei tavoli di coprogrammazione che partono dalla base. Abbiamo organizzato il primo incontro a Civitanova Marche, all’interno del mercato ittico, con il Comune, WWF, Legambiente,  Adiconsum, la grande pesca, la piccola pesca, le parrocchie e abbiamo parlato del primo tema che è la pulizia del mare. L’11 maggio 2022 è stata una giornata storica per il mare perché è stata approvata in via definitiva dal Senato la cosiddetta “Legge Salvamare”. In pratica ai pescatori  sarà consentito di portare a terra la plastica recuperata con le reti, che veniva scaricata in mare, perché costituiva reato il trasporto illecito di rifiuti.

Dopo questo incontro iniziale si è costituito il primo tavolo di lavoro alla presenza della Capitaneria di porto, del Cosmari Mc, l’ente che fa la raccolta differenziata nel maceratese, della piccola pesca e grande pesca.

Si proseguirà con altri progetti che riguarderanno il Comune, la Regione e lo Stato per ottenere finanziamenti. Sentiamo che il nostro compito è quello di mettere in rete persone e associazioni per poter incidere di più sull’ambiente e la salute delle persone. Inoltre si è già in contatto con una cooperativa di Ascoli Piceno, che ha anche la gestione del museo del Mare a San Benedetto del Tronto, con alcuni amici di Cesena e abbiamo intenzione di arrivare fino a Rimini.

Si stanno coinvolgendo anche le scuole, come il Liceo Scientifico di Civitanova, che ha una sezione dedicata all’ambiente marino e il Politecnico delle Marche.

Stiamo lavorando affinché le nostre mense scolastiche delle scuole primarie forniscano agli studenti, almeno una volta alla settimana, il pesce fresco dell’Adriatico. Coinvolgere le parrocchie è stato un passo importante soprattutto per la presenza dei giovani”.

Patrizia Mazzola

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Una scuola per generare comunità vive nell’amore

Oltre 1000 i partecipanti italiani alla proposta di formazione per i coordinatori delle comunità del Movimento dei Focolari nel mondo, per abbracciare i tanti dolori della nostra umanità ferita. 

Azioni sociali che risollevano la dignità umana ferita, la cura per l’ambiente nostra casa comune, il lavoro vissuto come servizio ai fratelli, la misericordia che si vive nelle nostre famiglie, la malattia offerta e la preghiera che accompagna e consola: sono alcune tra le molteplici sfumature delle esperienze condivise dalle comunità, all’insegna di una vita radicata nel Vangelo, che non nasconde le tante difficoltà e i limiti del cammino, ma che è alla ricerca di sempre nuovi slanci e ripartenze. La scuola internazionale del 7-10 aprile è stata uno di questi. Prossimo appuntamento per l’Italia: 1 e 2 ottobre.

Col titolo “Uscire per farsi prossimi: le comunità glocali sulle orme di Gesù abbandonato”,  il corso ha visto un collegamento mondiale quotidiano nella fascia oraria centrale (ore 12-14) per poter abbracciare tutti i fusi orari, mentre il resto del programma era gestito localmente, in gruppi più o meno numerosi, con uno scambio di esperienze ed esigenze, lavori di gruppo e approfondimenti. Rappresentanti delle comunità di intere regioni si sono trovati il 9 e 10 aprile in presenza in Piemonte (Centro Mariapoli di Bra), Lombardia (Centro Mariapoli di Frontignano), Campania (Torre Annunziata), Toscana (Loppiano), Sardegna (Torre Grande in provincia di Oristano), Puglia e molti altri in altre città oppure online: la gioia di ritrovarsi, per alcuni dopo tanto tempo, è stata il primo segno visibile di essere parte di un’unica famiglia di dimensioni mondiali, che dà testimonianza di una fruttuosa convivenza tra tutti, comprese le nuove generazioni.

Uno degli obiettivi della scuola era avviare una riflessione sulla funzione oggi di “luoghi” visibili come possono essere le comunità, di fronte alle sfide del dopo pandemia, dei cambiamenti climatici, di tante crisi che investono la chiesa, la famiglia, la società, e con la necessità di uscire dagli schemi che negli anni ciascuno possa essersi costruito. Il cammino sinodale della Chiesa tutta ci interroga e ci aiuta in questo discernimento.

“Se potessi dirvi due parole su cui fondare la vita delle vostre comunità locali – ha esordito Margaret Karram, presidente dei Focolari, in apertura dell’incontro –  vi direi: ‘testimonianza ed evangelizzazione’. Queste due azioni dovrebbero essere sempre più il nostro distintivo; dovrebbero essere le “fondamenta” su cui fondare una vera comunità; ciò che la distingue da un qualsiasi gruppo o aggregazione di persone”.  La comunità locale è anche lo spazio più adatto per vivere la cultura della prossimità, avvicinare le  persone che soffrono e individuare i loro bisogni reali, luogo di accoglienza di persone di altre culture dando un esempio vivo di fratellanza universale. Infatti, continua Margaret, “più nella comunità circola l’amore scambievole, più ciascuno sente crescere dentro di sé l’energia per fare scelte coraggiose e generose. Aumenta così la fantasia dell’amore e ci si inventa nuove modalità di aiuto, collaborazione”; “mantenere viva e costante questa qualità dell’amore non è sempre facile, è una sfida di ogni giorno, occorre saper sempre “ricominciare” per far propri, in profondità, i sentimenti di Gesù, il suo pensiero, la sua fede e fiducia, il suo sguardo d’amore verso ogni fratello”. 

 A Jesús Morán, copresidente del Movimento, il compito di introdurre al tema della leadership di comunione:  “Ben venga questo nuovo tipo di leadership. Ne abbiamo bisogno. Con le nostre categorie, diremmo che il mondo e le nostre comunità necessitano oggi di leader di comunione, e cioè, persone decise e  convinte, certamente, anche energiche, ma capaci di privilegiare il “noi” al di sopra del puro “io” […]”E descrivendo le caratteristiche di un  leader in questa nuova visione: “ è un facilitatore di Gesù in mezzo; è il primo ad amare, si prende a carico il dolore altrui […] cerca sempre la verità e per questo rompe al suo sorgere la dinamica maliziosa del chiacchiericcio […] sa farsi trovare, la disponibilità è quindi un tratto del suo carattere. L’umiltà lo muove, l’autocritica lo fa crescere“.

Per l’Italia – insieme a un gruppo dall’Albania – il programma proseguirà l’1 e 2 ottobre con un approfondimento proprio sul tema della leadership, che si vuole sempre più “dialogica” e “di comunione”. Lavorare su questo potrà aiutarci nella gestione dei conflitti e delle polarizzazioni, nella progettualità della comunità attraverso il discernimento comunitario, nel lavoro in sinergia. Ripartenza, dunque, dopo due giorni intensi che, a detta dei partecipanti, “hanno suscitato meraviglia nel vedere come il Vangelo ha Parole che sono uniche e rivoluzionarie, le sole capaci di ‘far rifiorire il deserto’”.




Una comunità oggi: quali diritti e quali doveri?

I vescovi del Mediterraneo si sono interrogati a Firenze sul ruolo delle comunità dei credenti nella vita odierna della città. Le indicazioni del prof. Possieri e del rettore di Sophia, prof. Argiolas.

Il tema dei diritti e dei doveri delle comunità di ispirazione religiosa presenti nella città è stato al centro della riflessione dei vescovi del Mediterraneo, riuniti a Firenze dal 23 al 27 febbraio scorsi. Istruttive le indicazioni emerse.

Incominciamo dai diritti. Il primo dei quali, per Andrea Possieri, docente di Storia contemporanea all’Università di Perugia, è «il diritto alla fraternità e all’amicizia sociale». Spiega: «Viviamo in un mondo interconnesso e interdipendente, che, da un lato, favorisce sia l’incontro digitale-globale tra le persone, che i flussi migratori in ogni latitudine, e, dall’altro, però facilita la nascita di gruppi umani ristretti, culturalmente selezionati, che non si aprono all’esterno e che portano alla creazione di circuiti sociali chiusi e autoreferenziali: religiosi, culturali, etnici». E aggiunge: «La pandemia ha aumentato la divisione sociale anche all’interno delle comunità religiose».

Il secondo diritto è quello alla libertà religiosa. «Diritto fondamentale – spiega il docente – perché legato anche all’esercizio della cittadinanza attiva nel Paese in cui si vive». Tale diritto è leso in un terzo dei Paesi della Terra e ne sono privati 646 milioni di cristiani. Terzo è il diritto alla pace. Possieri denuncia la «strumentalizzazione delle religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco». Le comunità religiose, pertanto, sono «chiamate a sviluppare processi di pace». Il professore evidenzia tre percorsi: «ricostruire il dialogo tra le generazioni»; «favorire l’educazione come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo»; «promuovere il lavoro per la piena realizzazione della dignità umana».

E veniamo ai doveri delle comunità dei credenti. Davanti alle povertà, il prof. Giuseppe Argiolas, rettore di Sophia,indica il dovere di toccare. «“Toccare” significa compromettersi, non solo “pensare”, ma “sentire” per essere capaci di “agire” per “sollevare”». E precisa: «Il Papa ci ricorda che “sapere” qualcosa è condizione necessaria ma non sufficiente per agire. Sapere e non fare equivale a non sapere affatto». Dunque, «“Toccare” le varie forme di povertà materiale, relazionale, esistenziale, culturale, per affrontarle. Siamo chiamati ad attivare la solidarietà e la comunione».

Camminare insieme è il secondo dovere di una comunità religiosa. «La relazione è essenziale al perseguimento di un obiettivo comune», afferma il rettore di Sophia, che cita Aristotele: «Due che marciano insieme hanno una capacità maggiore sia di pensare sia di agire». Commenta: «Nel marciare insieme nasce e cresce un’intelligenza capace di andare incontro alle specifiche esigenze della propria città, praticando la solidarietà».

Ma come garantire il “cammino comune”?, si chiede il rettore. Le comunità religiose sono chiamate a basarsi su un patto. E «il primo contenuto del patto è la fraternità», facendo riferimento al Documento sulla fratellanza umana firmato dal Papa e dal Grande Imam di Al-Azhar ad Abu Dhabi, che precisa lo scopo del patto: «Cooperare tra di noi e vivere come fratelli che si amano». Un patto e un processo che hanno bisogno di solidità e che Argiolas fonda su «un patto educativo globale, che metta al centro la fratellanza umana e faccia del dialogo tra tutti il metodo per avanzare». In modo da «offrire alle nuove generazioni una “educazione permanente”, urgenza del presente per “sognare” il futuro “con i piedi per terra”».

Su tali diritti e doveri è maturata la riflessione dei vescovi, cui si è aggiunto a Firenze l’approfondimento dei sindaci delle città del Mediterraneo, convenuti nel capoluogo toscano. Le conclusioni di entrambi hanno generato la Carta di Firenze  per un inedito e forte impegno comune.

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Come suona tutto questo, quali stimoli riceviamo per migliorare anche tutte le nostre comunità del Movimento dei Focolari?




Una carovana di pace a Leopoli.

Erano 60 i mezzi diretti a Leopoli il 3 Aprile 2022 con 220 persone che hanno consegnato tonnellate di aiuti alimentari e medicinali. Molte associazioni e movimenti hanno partecipato alla carovana, tra queste anche la Ong “Un Ponte per”, particolarmente attiva in Medio Oriente e nei Balcani. Il copresidente Alfio Nicotra è stato a Sarajevo nel 1992 e, dopo 30 anni, si è messo di nuovo in viaggio per Leopoli: «Ero tra i 500 pacifisti che violarono l’assedio di Sarajevo ed oggi rivivo quello spirito, quell’essere, come ci definì don Tonino Bello, “l’Onu dei popoli” che si contrapponeva all’ignavia dell’Onu dei potenti».

Giulio Boschi insieme a Marco Reguzzoni hanno partecipato come rappresentanti del Movimento dei Focolari partendo dalle città di Bologna e Carpi.

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Testimonianza di Giulio Boschi




Un Ponte per il Libano: in arrivo a Beirut la seconda spedizione di farmaci

Il 1 aprile sono partiti con destinazione Beirut 12 pancali di farmaci essenziali e materiale per le medicazioni: 2,5 tonnellate in tutto. Il primo carico era arrivato alla vigilia di Natale con latte in polvere e medicinali, in risposta all’appello  del vicario apostolico di Beirut dei Latini mons. Cesar Essayan. Il Paese, infatti, in seguito a una grave crisi economica e sociale, è ancora in condizioni difficili e la popolazione è molto provata. 

Proprio nei giorni scorsi (23-24 marzo) il vicario apostolico è stato in visita in Italia al Centro internazionale dei Focolari e alla cittadella di Loppiano, dove ha incontrato i rappresentanti della rete italiana del progetto “Un ponte per il Libano”, iniziativa promossa dal Movimento dei Focolari in collaborazione con la Fondazione Giovanni Paolo II. 

All’arrivo dei farmaci un gruppo di volontari ha lavorato incessantemente per farli arrivare alle famiglie precedentemente censite: «Una maratona inaudita che non avevo mai vissuto in 21 anni di missione sociale e di lavoro con le medicine», aveva detto Elie Harouni, medico oncologo di Beirut fondatore l’Avventura della Carità, una rete tra medici, in prima linea nel ponte Italia-Libano, al momento della distribuzione dei medicinali tanto attesi e finalmente giunti a Beirut. I voli previsti – con il supporto dell’Aeronautica Militare – sono 4 in un anno e quello partito il 1° aprile è il primo del 2022. 

Come contribuire
Per sostenere il progetto “Un ponte per il Libano”, attraverso una donazione:

ASS.NE NUOVE VIE PER UN MONDO UNITO APS
Via Carlo Spinola 18 – 00154 Roma
Mail: nuoveviemondounito@gmail.com
IBAN: IT42X0501803200000017108218
Causale: Erogazione liberale progetto Un ponte per il Libano

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