Bando di concorso nazionale. Una città non basta. Chiara Lubich, cittadina del mondo – seconda edizione – a.s. 2021-2022

 

A seguito del successo riscosso dalla prima edizione, torna nelle scuole il Concorso Nazionale “Una città non basta”. Chiara Lubich cittadina del mondo.

Nonostante le difficoltà provocate dall’inizio della pandemia, il Concorso, promosso dal Ministero dell’Istruzione con il Centro Chiara Lubich, New Humanity e la Fondazione Museo storico del Trentino, ha visto per l’anno scolastico 2019/2020 la partecipazione di numerose scuole di tutta Italia. La premiazione dei vincitori, che ha avuto luogo presso l’Auditorium della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma nel febbraio 2021, ha messo in luce la creatività e lo spessore delle riflessioni suscitate dalla figura di Chiara Lubich e dalla sua testimonianza di vita.

Il Concorso viene così riproposto nella sua seconda edizione per l’anno 2021/2022, allargando la possibilità di partecipazione anche alla scuola primaria.

Il bando di Concorso promuove per quest’anno la riflessione sulle tematiche della “cultura del dare” e della sostenibilità ambientale, a cui Chiara Lubich ha sempre dedicato particolare impegno e attenzione.

Scadenza 31 marzo 2022

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MIUR

DEPLIANT CONCORSO




L’esperienza di “Casa Ismaele” a Cosenza

Riceviamo e pubblichiamo l’esperienza di una comunità che ha aderito a un progetto di accoglienza. L’articolo è stato pubblicato sul periodico dell’Associazione Famiglie Nuove, Spazio Famiglia.

“Mi chiamo Lamine Badiane e ho da poco compiuto 18 anni.
Vengo dal Senegal,dove vivevo con la mia famiglia. Lì dopo la scuola, che ho frequentato per quattro anni, ho lavorato come elettrauto, finché ho deciso di partire. Prima di mettermi
in viaggio non potevo immaginare quanto questo sarebbe stato duro e faticoso. Ho attraversato quattro Paesi prima di arrivare in Italia. Tutto il viaggio è durato due anni. Dal Senegal ho attraversato la Mauritania, il Mali, l’Algeria, la Libia, dove sono rimasto per un mese in prigione. Sono riuscito a scappare grazie all’aiuto di una signora e ad arrivare sulla
spiaggia, dalla quale mi sarei imbarcato.

Il 30 Giugno 2017 sono partito a bordo di un’imbarcazione e sono arrivato in Italia, a Corigliano, il 3 Luglio». Quella di Lamine è una delle tante storie che accomunano i ragazzi ospitati nella Casa di Ismaele, una casa famiglia situata a Rogliano, in provincia di Cosenza, che accoglie minori stranieri non accompagnati, tra le fasce più vulnerabili di chi arriva in Italia con la speranza di un futuro migliore. La struttura, aperta dopo l’emergenza sbarchi sulle coste calabresi dello scorso Giugno e poi entrata nel circuito Sprar, ospita 12 ragazzi, adolescenti e neo maggiorenni. Nata dalla collaborazione tra la cooperativa sociale Fo.Co., AFNonlus, AMU Onlus e la cooperativa sociale Mi.Fa., Casa di Ismaele offre ai ragazzi un ambiente familiare e uno stile di vita adatto alla loro età. Oltre all’attività scolastica, gli ospiti della casa famiglia infatti frequentano dal mese di ottobre un corso di italiano, che li impegna tutti i giorni nonché attività sportive in base alle loro attitudini. Il pranzo e la cena sono momenti conviviali e vengono condivisi con gli educatori.

In entrambi i pasti sono i ragazzi stessi a cucinare, assieme all’educatore di turno. Non mancano momenti di aggregazione, uscite, partecipazioni alle feste popolari, pizze, tombolate ed altro. Oltre agli operatori, ai mediatori linguistico-culturali, all’assistente sociale e alla psicologa, i ragazzi sono seguiti da una rete di famiglie locali, che si sono messe a disposizione per offrire loro momenti di svago e tempo libero. Alcune si sono riunite formando la cooperativa sociale Missione Famiglia (Mi.Fa.), impegnata nella diffusione di un’idea “sociale” di famiglia, che si metta al servizio delle periferie esistenziali.
«L’esperienza di Casa di Ismaele, parte da una comune attività sociale di volontariato, svolta da alcuni anni, in favore di minori con disagio, residenti in case famiglia, inclusi i minori stranieri non accompagnati», ‒ ci spiegano Gaetano e Giulia Gabriele, tra i fondatori di Mi.Fa. Per realizzare l’obiettivo di un’accoglienza che, riconoscendo la centralità della persona umana e della sua dignità, garantisca la reale applicazione dei diritti umani, nonché l’attivazione di percorsi finalizzati all’autonomia economica e sociale dei giovani, le famiglie di Mi.Fa. hanno da subito istaurato un rapporto di amicizia con i ragazzi della casa famiglia. «Fin da subito ‒ continua Gaetano ‒ grazie all’aiuto dei mediatori lingustico-culturali, siamo riusciti a creare una zona di prossimità, favorendo un clima di accoglienza e d’incontro, cercando di valorizzare e rispettare la diversità delle loro culture e, soprattutto, facendogli capire di non sentirsi estranei, ma considerandoli un dono alle nostre vite».
Le famiglie hanno un ruolo fondamentale in questo processo di integrazione.

Lo conferma anche Alfusainey Touray, mediatore linguisticoculturale della struttura.
«Fare in modo che un ragazzo straniero sia supportato da una famiglia locale, gli permetterà di praticare la lingua e gli darà un punto di riferimento. Nello stesso tempo, questa esperienza consentirà alla famiglia di superare gli stereotipi e i pregiudizi che accompagnano lo straniero». Così l’accoglienza assume la sua vera conformazione, diventa un’opportunità di conoscere, confrontarsi con il diverso, sperimentando forme di multiculturalità anche all’interno di piccoli centri abitati. Per fare in modo che tutti i ragazzi come Lamine, alla domanda “Cosa ti aspetti dal futuro?”, rispondano proprio come ha fatto lui: «Mi piace studiare e voglio continuare così per imparare la lingua e integrarmi. Voglio diventare un elettrauto nel futuro e voglio servire questo Paese, che mi ha dato l’opportunità di cominciare una nuova vita»”.

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Noi siamo la Legalità del Noi

Giornata della “Legalità del Noi” al Gramsci-Keynes-Prato

A cura di
Ylenia Flamia, Sara Bagnai, Noemi Dugo, Miranda Martini, Monica Mancini

Il giorno 18 maggio 2018, circa 250 studenti dell’ISIS Gramsci Keynes, si sono riuniti in Auditorium per celebrare la seconda edizione del progetto promosso dal professor Giuseppe Consentino sulla Legalità del NOI in presenza dei due autori del libro omonimo, il giornalista vicecaporedattore del TG3 Gianni Bianco e il Magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia Giuseppe Gatti. Gli alunni, i veri protagonisti della mattinata, hanno preso parte all’incontro convideo, racconti e striscioni.

Al progetto hanno partecipato molte classi, abbiamo raccolto le loro idee sulla loro esperienza:
La 1ee ha eseguito due lavori: uno su “Cosa Nostra” e una sulla “Sacra Corona Unita”. La cosa che li ha colpiti di più è stato vedere il mondo da un’altra prospettivae scoprire come agiscono le mafie. La seconda riflessione era sulla mafia cinese, effettuato dai ragazzi di origine cinese, che sperano che in Italia qualsiasi forma di criminalità organizzata venga sconfitta affinché ognuno possa vivere onestamente del proprio lavoro senza che altri possano approfittarsene illecitamente.

La 1ce ha voluto ricordare Pietro Nava, testimone dell’omicidio del giudice Livatino,sottolineando l’importanza del dovere civico e del senso di responsabilità come cittadini.
La 2ee ha lavorato sulla mafia in Toscana e ha dimostrato che la mafia nella nostra regione opera a basso profilo a differenza dei reati nel Sud Italia.

Il lavoro della classe 3fe riguardava la vita di Rosario Livatino, detto il “Giudiceragazzino”, morto prematuramente a causa della mafia.
La 3ae ha rappresentato la camorra immedesimandosi nella vita delle vittime della mafia e raccontando, in prima persona, la loro storia.

La classe 2be ha mostrato un video sulla vita di Michela Buscemi. I ragazzi hanno imparato l’importanza del Noi e che bisogna essere pronti a far parte di questo Noi per sconfiggere la mafia.
La 2bt ha portato una ricerca su Giuseppe Di Matteo e ha riferito che affrontando questo argomento si è potuta rendere conto della presenza di attività illecite anche all’interno della nostra città.

Gli studenti della 3ce hanno presentato un lavoro sull’ecomafia e hanno affermato di vivere in una società dove tante cose vengono celate ma in realtà tutti i giorni veniamo a contatto con la mafia anche se non è così evidente.
Inoltre, è emerso come la Sicilia sia vista come la terra madre di questa organizzazione che è un organismo talmente grande da risultare difficile da combattere ma non impossibile se uniamo tutte le nostre forze.

La 3de e la 3als hanno realizzato e proiettato un filmato sulla loro gita in Sicilia, mentre la 3albs ha effettuato un’analisi dettagliata sull’illegalità nei mezzi dicomunicazione.
Ultime, ma non per importanza, le classi 1ce e 2ce hanno realizzato un cartellone con la scritta “Noi siamo la Legalità del Noi” firmato da tutti partecipanti al progetto e che oggi è custodito nell’atrio della scuola a testimonianza dell’esperienza vissuta.Gli autori hanno ascoltato con grande ammirazione e stupore gli interventi degli alunni, esprimendo le loro osservazioni e riflessioni.

In particolare il magistrato Gatti ha voluto ricordare che lo scorso anno, sempre inoccasione dell’incontro sulla Legalità del Noi, ha ricevuto in regalo dagli studenti della 2ce uno striscione con su scritto “La mafia uccide, il silenzio pure. Quanto è forte il Noi?”, che lui ha deciso di appendere nel suo ufficio.

Secondo Gianni Bianco:” Non ci è rimasto che prendere appunti. Perché la cosa più bella è proprio questa: che i protagonisti sono ormai loro, il Noi cammina sulle loro gambe e a noi non resta che dire loro forza, coraggio e arrivederci. A ottobre si riparte piantando alberi per ridare colore ai quartieri periferici”.

L’iniziativa ci è apparsa davvero coinvolgente in quanto tutti i ragazzi hanno avuto modo di esprimersi e collaborare. Ci è piaciuto il fatto che l’evento sia stato organizzato e svolto da tutti noi ragazzi così che ci siamo sentiti partecipi della giornata in prima persona.

Riteniamo anche che gli interventi degli studenti realizzati con cura all’interno delle loro classi siano risultati in perfetto accordo tra loro, venendo a comporre un puzzle armonioso, senza averlo previsto prima, che da ogni quadratino faceva riecheggiare il NOI.

E noi vogliamo vivere per diffondere questo Noi.

Alcune studentesse della IV EE e della II CE hanno profuso il loro impegno nell’organizzazione e nella riuscita dell’evento dividendosii compiti nel seguente modo:Greta Rossi e Alice Skinner: coordinamento e conduzione incontro.
Sara Agoglia: cura degli avvisi, della scaletta e dei tempi di presentazione delle attività.
Laura Pieroni: cura aspetto informatico, audio, video e luci.
Balteanu Cosmina, Costin Diana e Tipaldi Margherita: aiuto per la sala.
Miranda Martini: fotografia e realizzazione filmato.
Mancini Monica, Noemi Dugo, Sara Bagnai, Ylenia Flamia e Miranda Martini: redazione articolo dell’evento da pubblicare insieme al filmato da pubblicare nel sito della scuola.

Colonna sonora – Canzone: “I cento passi” dei Modena City Ramblers

 




Associazione S.F.E.R.A. Onlus – Brescia

1. S.F.E.R.A. Onlus  è un’associazione, con finalità sociale e senza scopo di lucro. È stata fondata nel 2011 a Brescia, dove ancora oggi ha la propria sede principale.

L’Associazione è dedicata alla memoria di mons. Gennaro Franceschetti (Provaglio d’Iseo (Bs), 14 giugno 1935 – Fermo, 4 marzo 2005), sacerdote bresciano a lungo a servizio della Diocesi, poi parroco di Manerbio e dal 1997 arcivescovo di Fermo, nelle Marche. Mons. Franceschetti fu espressione di una tradizione ecclesiale, sociale e culturale che ha segnato generazioni di uomini e donne, educata a testimoniare i valori cristiani non solo nella vita personale, ma anche in quella pubblica e civile.Con la sua grande carica umana, intellettuale e spirituale ha orientato persone e istituzioni ad aprirsi ai temi dell’evangelizzazione, della promozione umana e culturale, della solidarietà economica e sociale.

L’Associazione opera, in Italia e all’estero, per favorire Sviluppo, Fraternità, Educazione, Responsabilità e Accoglienza… in una parola SFERA! Partendo da questa missione, le attività dell’associazione si possono raggruppare in due settori:

Carità– È il settore dell’azione concreta. Promuoviamo raccolte di beneficienza e, attraverso il coinvolgimento di volontari, realizziamo progetti di forte impatto sociale a favore di persone in condizioni di svantaggio fisico, psichico, economico, sociale e familiare. Siamo impegnati sia in Italia che all’estero, conviti che l’interdipendenza planetaria richieda interventi coordinati di carità intelligente e che il benessere possa essere duraturo solo se diffuso. Oggi i nostri sforzi si concentrano sul programma di promozione umana Maison de Paixche stiamo realizzando a Kikwit, nella Repubblica Democratica del Congo.

Educazione– Organizziamo momenti di riflessione, incontri pubblici e lezioni nelle scuole per diffondere la cultura della mondialità, promuovere il dialogo culturale e l’accoglienza, sostenere la cultura del dono in vista della civiltà dell’amore.

2. IL PROGRAMMA MAISON DE PAIX

Il programma Maison de Paixprevede la costruzione di un Centro formativo polifunzionale e di promozione umana nella città di Kikwit, nella Repubblica Democratica del Congo. I vari complessi, integrandosi fra loro, vogliono rispondere alle principali problematiche emerse nei colloqui con la popolazione locale e con i volontari che già operano in zona, a cominciare dalle Suore missionarie Francescane Angeline: l’assistenza sanitaria, la formazione e la promozione umana. Ad oggi sono stati realizzati: la scuola materna, i laboratori, la casa degli operatori e la recinzione intorno al Centro, con i relativi servizi igienici ed energetici. La conclusione del primo lotto dei lavori (settembre 2017) ha consentito di avviare l’attività del Centro, a cominciare dalla coltivazione dei campi e dalle lezioni presso la scuola materna. Il progetto ha un costo complessivo che supera i 2 milioni di euro.

3. IL PROGETTO «IL RISCATTO PARTE DALLA DONNA» – COSTRUZIONE DI UN CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE FEMMINILE

Il progetto «Il riscatto parte dalla donna» si inserisce nel più ampio programma della Maison de Paix (Casa della Pace). Nella fattispecie, si prevede la realizzazione di un Centro di formazione professionale femminile; il suo allestimento con macchinari necessari alla realizzazione di corsi di sartoria; infine l’attivazione dei corsi.

I percorsi formativi saranno di due tipi: un corso di educazione informale, con corsi serali utili a conseguire competenze di base (comunque da certificare rispondendo al diritto di ogni persona di vedere riconosciuti i propri apprendimenti, comunque acquisiti); un corso più strutturato, da articolare in 1-2 anni di formazione professionale.

Infine, al fine di perseguire un’educazione integrale, i laboratori sarà cadenzati da atelierche si focalizzeranno sui seguenti contenuti: il lavoro come diritto dell’uomo; partecipazione dei lavoratori ai processi produttivi; impresa sociale come vettore di sviluppo delle comunità locali; costituzione di associazioni di giovani in piccole unità produttive.

Il progetto prevede la collaborazione specifica dell’Accademia S. Giulia di Brescia e, più in generale, di una trentina di soggetti pubblici e privati coinvolti nella Maison de Paix.

  1. OBIETTIVI

L’obiettivo del progetto è quello di insegnare alle giovani congolese le basi e le tecniche avanzate di sartoria e abbigliamento: l’acquisizione delle basi della sartoria e del modello avverrà attraverso l’esercitazione e l’applicazione pratica durante le lezioni. In seconda battuta, ci si propone di inserirle in attività lavorative. Non si tratta semplicemente di apprendimento di un lavoro ma di trasformare i luoghi designati per apprendere un mestiere in luoghi educativi, di accompagnamento per i giovani, in veri laboratori che aiutino il giovane a transitare nel mondo lavorativo accompagnati da progetti ad hoc, creando nel contempo reti efficaci di protezione e di collaborazione.

  1. STRATEGIA DI INTERVENTO, STRUTTURE E STRUMENTI IMPIEGATI

I motivi della scelta di insediare a Maison de Paix, dei percorsi di sartoria e abbigliamento sono molteplici:

  • il Congo possiede una lunga tradizione nella realizzazione di tessuti esotici, creata da artigiani locali che hanno acquisito una particolare abilità nella decorazione del cotone grezzo;
  • ciò dimostra come i congolesi siano dotati di una grande vitalità creativo-artistica da valorizzare in molti settori;
  • in condizioni di vita disagiate l’aspirazione all’eleganza diventa sfoggio e può configurarsi come spazio di azione, di compensazione e di rifugio.

In quest’ottica, la strategia è di partire da un elemento caratterizzante la realtà locale – quale è, appunto la sartoria artistica congolese – per offrire occasione di riscatto.

Il progetto prevede la creazione di una struttura ad hoc (finanziata solo in parte dalla Conferenza Episcopale Italiana attraverso i fondi dell0’8X1000) denominata Centro di formazione professionale femminile. I servizi di contesto (recinzione di sicurezza, alloggi per gli operatori, infrastrutture varie) saranno garantiti dal Centro Maison de Paix, completato nella sua parte essenziale, abitato dalle Suore Francescane Angeline e frequentato dal dicembre 2018.

Quanto agli strumenti impiegati, si partirà con un allestimento minimo ma ben calibrato, grazie all’esperienza dell’Accademia Giulia di Brescia e delle Suore Francescane Angeline, che da decenni sono presenti in loco: macchine da cucire lineari e tagliacuce, carta da pacco leggera, matite, squadre, metri e gessi da sarta, forbici per tessuto e per carta, spilli, aghi, fili, tessuti e scampoli.

Opuscolo SFERA Settembre 2017




Progetto “Apriamoci” – “More” Associazione culturale

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 Progetto Apriamoci 

attività di informazione e accompagnamento
per una reciproca accoglienza fra i giudicariesi e i richiedenti asilo

Domanda: Questi nostri fratelli immigrati quando lasciano Lampedusa spesso risalgono l’Italia … Infatti un anno fa giungevano a Roncone, in provincia di Trento, un gruppo di richiedenti asilo, non senza un iniziale duro impatto su una comunità di appena 1500 persone. In che modo la vostra associazione More è riuscita a innestare un cambiamento in questa situazione? Quali sono i punti di forza di questa vostra esperienza?

(Stefano)
I punti di forza sono sostanzialmente tre:

  • Non chiedere alla comunità di guardare i “poveri” profughi da aiutare, ma fare della presenza di queste persone una “occasione” provvidenziale per lavorare con loro ai bisogni di tutta la comunità.
  • In questo senso, ed è il secondo punto di forza, è stato importante creare una rete integrata non solo tra operatori e il gruppo di volontari della nostra singola associazione, ma anche tra tutte le associazioni e le reti di comunità che stanno loro attorno.
  • Il terzo punto di forza è la parola connettere, nel senso di rimettere insieme in modo generativo le attività concrete che tanti di noi fanno ma che sono anch’esse frantumate nella società frantumata … sprigionare la Ferrari dalle nostre tante lambrette in connessione.Domanda: Un lavoro, quindi, dentro la vostra comunità che ha portato ad accogliere, superando i tanti steccati e muri che invece vediamo erigere in altre parti d’Europa … ma come avete fatto concretamente a favorire l’integrazione sociale dei vostri profughi?(Ilaria)Quando il 27 agosto del 2015, la Provincia Autonoma di Trento (nel nostro sistema non sono le prefetture ma l’assessorato alle attività sociali ad avere la responsabilità di questa emergenza) inviò alla casa “don Santo Amistadi” di Roncone i nostri primi richiedenti asilo (10 e poi 12), non potevamo contare su una precedente esperienza né su molte conoscenze.L’associazione More fino a quel momento si era occupata sì di stranieri, soprattutto per l’insegnamento dell’italiano, ma ora, di fronte a persone in fuga dai loro paesi, spesso traumatizzate, occorreva fare un salto di qualità e dedicarsi a servirle in compiti più vasti e complessi.È nato così il progetto “Apriamoci” che prevede un’accoglienza gestita da 5 operatori stipendiati e da un gruppo di una trentina di volontari che si occupano della struttura, situata nel centro storico del paese, delle spese per vitto o trasporti o medicinali, dei contatti con i servizi del territorio, delle procedure per la richiesta del riconoscimento dello status di rifugiato.

    Inizialmente, è vero, ci si è trovati a fronteggiare una forte contrarietà all’accoglienza di molte persone del paese. Abbiamo quindi sentito su di noi, insieme al dolore di chi era sopravvissuto ai naufragi e aveva perso tutto, anche il dolore dell’ostilità nei loro confronti, delle paure che questa emergenza genera a torto o a ragione, sforzandoci sempre di rispondere con la consapevolezza di dover agire anche “per” loro, per tutti, per l’unità. 

    Dopo un anno e più possiamo dire con i fatti che la strada imboccata ci conduce proprio lì, all’unità, con sviluppi maggiori – senza le immancabili difficoltà – di quanto potevamo ottimisticamente sperare. Oggi la presenza di questi ospiti è pacifica e, ci sembra negli effetti che constatiamo, anche benefica.

    Da subito abbiamo puntato molto al lavoro, ossia a rendere possibile ai nostri ospiti un’attività di volontariato o retribuita, affinché le loro giornate fossero riempite di dignità, di crescita e di rapporti. È stato necessario a questo scopo affiancarci ad altre associazioni, come Mato Grosso o Croce Rossa, e altre associazioni locali entrando nelle loro iniziative ma portando anche loro nelle nostre attività, in una vicinanza e condivisione che prima non avevamo mai sperimentato.

    (Stefano)

    Un fatto inaspettato ci ha però spinti ancor più su questa strada: un’azienda del paese ci     ha offerto in comodato gratuito un capannone inutilizzato. Lì un nostro operatore, Hector, si è messo ad insegnare a saldare (nel suo paese di origine, l’Equador, lui era saldatore) utilizzando il ferro delle discariche e poi ad aggiustare biciclette rotte. Era un altro modo di “fare per la comunità”.

dsc04963Da questa attività è nato un “corso per saldatore” di 150 ore che interessa i nostri ospiti e i profughi di altre strutture della provincia. A lui si sono affiancati altri artigiani del paese che, gratuitamente, si sono avvicinati al laboratorio con le loro competenze: elettricità, idraulica, falegnameria. Non solo: si è creata una sinergia con altre realtà che lavorano nel campo del riuso (un negozietto di vestiti usati e una distribuzione di cibo in scadenza).

E’ arrivata così l’idea di costituire una impresa di EdC, un “centro eco-formativo” aperto a tutti (non solo ai rifugiati), inserito nel tessuto produttivo locale, grazie alla rete fra le imprese artigiane e le scuole di formazione professionale.
Ci stiamo accorgendo che, lavorando al futuro dei nostri fratelli in fuga dalla loro terra, ci si è aperto un mondo di possibilità e di futuro per le nostre comunità.

“Reciproca integrazione” l’abbiamo denominata nel progetto Apriamoci: per essa non esiste asimmetria fra chi aiuta e chi è aiutato, ma mette concretamente le persone a fare per gli altri, e le porta a scoprire nell’esperienza che la diversità è risorsa, è opportunità.

Progetto: Apriamoci

Sito:Associazione More

Esperienza raccontata al congresso “Condividere”

da Ilaria Pedrini e Stefano Sarzi




Progetto Cibo Bene Comune

L’associazione Il Samaritano di Porto Sant’Elpidio presenta a Tipicità 2016

il progetto CIBO BENE COMUNE – Intervista di Laura Meda

al Presidente Antimo Panetta




Global Compact on Education: rivedi l’incontro del 15 ottobre 2020

Il Global Compact on Education avrebbe dovuto svolgersi il 14 maggio 2020, con una serie di appuntamenti complementari (il Villaggio dell’Educazione).
Per consentire la più ampia e serena partecipazione, l’incontro è stato rinviato.
Ma l’invito di Papa Francesco è oggi ancora più attuale: c’è bisogno di unire gli sforzi per la casa comune, affinché l’educazione sia creatrice di pace e giustizia!
Per questo, il 15 ottobre 2020, si terrà un incontro virtuale. Una tappa di avvicinamento per condividere esperienze e idee che guardano oltre.

Papa Francesco rilancia il Global Compact on Education

Alla Lateranense la diffusione del video messaggio di Papa Francesco seguito da interventi di personalità ecclesiali e della cultura. L’evento in diretta streaming su Vatican News.

Giovedì 15 ottobre 2020 alle ore 14.30 (GMT+2) Papa Francesco tornerà ad affrontare il tema dell’educazione, centrale nel suo insegnamento e nel dialogo con il mondo. Lo farà con un videomessaggio, insieme riepilogativo – di quanto proposto sul tema nel corso del pontificato – e programmatico: perché, come Francesco ha più volte ripetuto, «educare è un atto di speranza».

un patto per generare un cambiamento su scala planetaria, affinché l’educazione sia creatrice di fraternità, pace e giustizia. Un’esigenza ancora più urgente in questo tempo segnato dalla pandemia.

Il videomessaggio del Papa sarà trasmesso nel corso di un avvenimento alla Pontificia Università Lateranense, promosso dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, dedicato specificamente al mondo accademico edell’educazione, che potrà essere seguito in diretta on line attraverso il portale e i canali Youtube di Vatican News (lo streaming avrà la traduzione simultanea in inglese, francese, spagnolo e portoghese). Alle parole del Santo Padre reagiranno, a distanza, la Direttrice Generale dell’UNESCO Audrey Azoulay – anche lei attraverso un videomessaggio – e, nell’ateneo pontificio, i responsabili della Congregazione per l’Educazione Cattolica il Cardinale Giuseppe Versaldi e l’Arcivescovo Angelo Vincenzo Zani. Insieme a loro, interverranno i rettori della Lateranense, prof. Vincenzo Buonomo, e della Università Cattolica del Sacro Cuore, Franco Anelli, e la sociologa Silvia Cataldi, docente all’Università “La Sapienza” di Roma. Il videomessaggio del Papa sarà inoltre commentato da giovani studenti, primi destinatari del Messaggio del Santo Padre. L’evento sarà introdotto e moderato da Alessandro Gisotti, vice-direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione.

L’incontro del prossimo 15 ottobre raccoglie l’appello formulato dal Santo Padre il 12 settembre 2019: C’è bisogno di unire gli sforzi e di far nascere un’alleanza educativa – aveva detto – l’invito agli ambasciatori di tutto il mondo, riuniti in occasione del discorso al Corpo diplomatico (9 gennaio 2020)

La pandemia da Covid-19, com’è noto, ha costretto ad annullare l’evento in Vaticano, senza però interrompere la progettualità. Così il Villaggio dell’educazione, in cui presentare le migliori esperienze educative internazionali, si è trasformato in uno spazio virtuale: in questi mesi, infatti, sono state più di 70 le esperienze educative realizzate nel mondo e variamente ispirate alle tematiche del Patto: dignità e diritti umani, pace e cittadinanza, ecologia integrale, fraternità e sviluppo. Le esperienze sono state selezionate dall’Alta Scuola Educare all’Incontro e alla Solidarietà (EIS), dell’Università LUMSA di Roma, che le presenterà nel corso di un prossimo convegno, condividendole anche sul sito internet dell’evento(www.educationglobalcompact.org).

Il cammino preparatorio ha inoltre visto lo svolgimento di 8 seminari internazionali presenziali e, a partire dal mese di marzo, di numerosi appuntamenti svolti in modalità “a distanza”, a cui ora si aggiunge l’evento del prossimo 15 ottobre.

VEDI ANCHE ARTICOLO SU CITTA’ NUOVA

MESSAGGIO DEL PAPA




Cooperativa Loppiano I

Il 9 Maggio 1973 viene costituita la Cooperativa Loppiano Prima , che nasce per offrire una testimonianza di Vangelo vissuto attraverso un’esperienza di lavoro concreto.
Senza alcuna sicurezza di lavoro e di casa, i primi pionieri trasferiti dal bergamasco , cominciarono a ristrutturare alcuni casolari e, con sacrifici e duro lavoro, iniziarono la costruzione della cittadella e la coltivazione dei terreni circostanti.

Si trattava d’incarnare nel lavoro concreto di ogni giorno la spiritualità del Movimento e di mantenere il rispetto nei confronti della natura e di conseguenza per l’uomo. Di conseguenza, in questi anni non sono mai stati usati prodotti di sintesi su tutte le coltivazioni, facendo tesoro invece dei processi fisici, conseguendo l’ottenimento della certificazione biologica su tutti i terreni.

Vedi la Presentazione completa

www.loppianoprima.it

Vendita online Fattoria

www.agriturismoloppiano.com

www.facebook.com/fattorialoppiano/

 



Non esiste un amore più grande

Arriva in porto la produzione di uno spettacolo musicale/teatrale dedicato alla storia di Alberto Michelotti, Carlo Grisolia (A&C) e del loro gruppo di amici con le loro passioni (sport, musica, amicizie) che si ritrova al “Muretto”, una piazzetta della periferia di Genova, sul finire degli anni 70.

E’ la storia di ragazzi che si impegnano in un contesto di fatica e di condivisione: il porto, luogo di confine, luogo di passaggio e di incontro, soprattutto fra giovani, perché quelli che sbarcano sono principalmente giovani; ragazzi che sanno dare attenzione all’altro, spendere per questo il proprio tempo, facilitare l’incontro con il nuovo e con il diverso (che i giovani, a differenza degli adulti, non temono).

L’amicizia è la “philadelphia” che fa scoprire l’altro profondamente, perfettamente, ontologicamente uguale a sé, che sostanzia e rende reale l’appartenenza, la solidarietà, la pace, il dialogo, l’apertura.

E’ la decisione di dare la vita per i propri amici che fa essere davvero solidali, aperti, rispettosi, propositivi. E’ questo l’”amore più grande”.

Lo spettacolo, in una prima “short version” debutta a novembre 2016 in due teatri romani (vedi manifesto qui sotto) il 17 al “Tor Bella Monaca”, il 21 e 22 al “Vascello”.

Video registrato da TV 2000

Ad esso e collegato un interessante ed articolato progetto educativo e sociale che verrà successivamente proposto, in collaborazione con il M.I.U.R. Dipartimento per il Sistema Educativo di Istruzione e Formazione e la Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione, agli istituti Secondari grazie anche al sostegno di Fondazione Migrantes, Caritas Italiana, Comitato Alberto&Carlo, Movimento dei Focolari, Fondazione Ente dello Spettacolo, Liceo Bertolucci Parma, Diocesi di Genova.

Una squadra di professionisti (autore/compositore, regista, scenografo, direttore musicale, coreografo, tecnici luce e suono) sono i veri e propri “coach” di un giovane cast di artisti provenienti da varie Regioni di istituti Superiori ed Università italiane. Particolarmente significativa la presenza tra loro di un giovane nigeriano ‘richiedente asilo’. Anzitutto questi sono i primi invitati a rivivere e sperimentare quanto la storia di Alberto & Carlo contiene.

non esiste un amore più grande




B&F Foundation – Progetto per un’economia civile e solidale

B&F sono le iniziali in inglese di “pani e pesci”, che vogliono simboleggiare le poche cose che ciascuno può mettere a disposizione per il bene comune.

Con il piccolo contributo di ciascuno (i pochi “pani e pesci”) e con un po’ di tempo si punta ad accumulare un capitale (Fondo di solidarietà) da destinare ai bisogni più urgenti del territorio siano essi connessi alla creazione di nuovi posti di lavoro, sia connessi ai più svariati casi di disagio sociale.

Creare quindi una comunità di persone che ha coscienza che il bene del nostro “vicino” porta sempre il nostro bene e che le emergenze sociali riguardano tutti indistintamente.
L’idea si basa sullo sviluppo di varie iniziative comuni (Gruppo d’Acquisto, Turismo Sociale, Riuso di beni, banca delle professionalità e del tempo …).

Di queste,  la principale è il Gruppo d’Acquisto. Un gruppo d’acquisto che punta alla qualità coniugata con l’economicità e, ove possibile, orientata sul biologico e sul locale.

Di fatto come un gruppo d’acquisto qualunque. Ma c’è di più, si stabilisce un patto “solidale” tra produttore/venditore e compratore o tra intermediario e compratore che, per effetto delle quantità acquistate, tiene bassi i prezzi. I bassi prezzi d’origine consentono un piccolo ricarico, unanimemente accettato,  che confluisce nel Fondo di solidarietà.
Sono stati fatti degli esperimenti e il tutto funziona, si sono coinvolte un centinaio di famiglie, sono state fatte alcune prove d’acquisto, è stato chiesto, a chi poteva e voleva,  di versare un qualcosa in più ad ogni acquisto (di fatto quello che si risparmia per effetto del “patto”) ed è già creato un piccolo accantonamento, che ancora non ci consente di poter sostenere ed aiutare eventuali necessità ma che ci ha convinto che il meccanismo è vincente.

Anche il riuso, la banca del tempo e delle professionalità, e altre iniziative allo studio saranno finalizzate all’incremento del Fondo con la stessa logica: raccogliere mediante svariate attività piccoli rivoli di denaro, insignificanti se presi singolarmente ma che possono assumere rilevanza se messi insieme.

Agli enti pubblici di qualsiasi genere verrà chiesto una compartecipazione al Fondo e di sostenere l’iniziativa.

Risorse private che si affiancano a quelle pubbliche, quindi, in un inedito mix che trova  nella “sussidiarietà” il suo principio ispiratore.

Maggiori informazioni http://www.bf-foundation.it/chi-siamo/

Articolo_Città_Nuova_Ott_2017




Dare una rete all’ambiente – 13 maggio 2022

“Dare una rete all’ambiente” è la festa finale dell’anno scolastico 2021-2022 del progetto “Dare per salvaguardare l’ambiente in rete” (DPSAR) che si terrà presso l’Aula Magna dell’Università Sapienza Roma I.  Ragazzi e ragazze di 50 scuole del Lazio e quindicimila collegati in streaming dall’estero festeggeranno e condivideranno i risultati di un anno di lavoro. Si alterneranno video, quiz, canzoni, teatro ed approfondimenti con esperti, ma soprattutto la condivisione delle azioni legate al Patto di risparmio energetico.

Durante l’anno, 8.000 studenti di 39 scuole dell’Italia e di altri 12 Paesi, educati al risparmio energetico, hanno firmato un patto e l’hanno concretizzato con 200 azioni personali di risparmio.

13 maggio 2022 Diretta Youtube a partire dalle ore 10.30 a questo link: https://youtu.be/yD6jgF7yWOY
DPSAR_CAMMINO EDUCATIVO
È ormai da qualche giorno in rete “Dare per salvaguardare l’ambiente”, un progetto che nel 2012 ha vinto il prestigioso “Premio Green Scuola” del Consorzio interuniversitario di Chimica per l’ambiente. È soprattutto un cammino educativo per uno sviluppo globale sostenibile. Un progetto di educazione al risparmio energetico e all’ecologia integrale per la salvaguardia dell’ambiente. Si parte dal riconoscimento dello stretto legame tra salute dei sistemi naturali e sfide economico-sociali in tutti i Paesi. Alla rete aderiscono alcune scuole che promuovono una miriade di iniziative in tutta Italia.
La proposta è quella di fare un patto di risparmio energetico con le alunne e gli alunni delle scuole. Un percorso di educazione per la salvaguardia dell’ambiente che ha anche l’obiettivo di sostenere progetti di solidarietà al fine di contrastare la povertà e le disuguaglianze, attraverso un gioco educativo in cui i ragazzi e le ragazze si adoperano per avviare azioni di risparmio energetico. Per ognuna di queste ricevono un piccolo compenso di 10 centesimi dal loro sponsor (un genitore, un nonno, una zia…). Tanti 10 centesimi andranno a costituire il bottino di una classe. Poi di una scuola. Poi di tante scuole. Fondi che saranno utilizzati per progetti solidali e socio – ambientali decisi dagli stessi studenti.
La monetizzazione di tali “atti di risparmio”, finanziata da sponsor familiari, è andata a sostenere progetti di solidarietà in contesti di povertà e degrado ambientale come conseguenza dei cambiamenti climatici. Ogni classe ha identificato una di queste azioni locali o internazionali, che generalmente coinvolgono scuole e ragazzi del territorio. E sono, ad esempio, contribuire a realizzare un orto sociale a Nairobi oppure promuovere la piantumazione di alberi in un quartiere alla periferia di Mumbai, ma anche di vivai nella Carice haitiana.

Questo percorso di educazione per la salvaguardia dell’ambiente è stato ideato a Roma dalla docente Elena Pace, membro dell’associazione Nuove Vie Per Un Mondo Unito.

Con la partnership del Dipartimento di Scienze della terra – Sapienza Università di Roma e il patrocinio del Ministero dell’Istruzione (Programma Rigenerazione Scuola), del Ministero della Transizione Ecologica, dell’Agenzia Spaziale italiana e del Municipio Roma II, il progetto DPSAR ha contribuito a diffondere la sensibilità dei più giovani in merito al risparmio energetico attraverso un innovativo gioco educativo.

Interverranno: la Rettrice dell’Università La Sapienza Antonella Polimeni, la Presidente del II Municipio di Roma Capitale Francesca Del Bello. Possibile la presenza del Sindaco Roberto Gualtieri

Risponderanno alle domande dei ragazzi professori e ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra di Sapienza Università di Roma, diretto dal professor Maurizio Del Monte e la PhD in Ingegneria Aerospaziale Maria Libera Battagliere, dell’Agenzia Spaziale Italiana.

L’anno che si sta per concludere ha visto il progetto estendersi a nuovi istituti in 5 regioni italiane (Sicilia, Calabria, Lazio, Abruzzo, Emilia-Romagna). Delle 39 scuole oggi coinvolte, 14 sono in Italia, e 4 in Repubblica Domenicana e i restanti in Benin, Brasile, Burundi, Colombia, Haiti, India, Kenya, Madagascar, Pakistan, Sudafrica e Congo.

  • 3500 progetti locali
  • 9 progetti di solidarietà in regioni con problemi socio-ambientali, di cui 8 progetti in Africa, Asia, America Centrale e Meridionale, e 1 progetto per le Madonie (Palermo) in collaborazione con la locale Forestale

Agenda 2022 del Progetto DPSAR:

  • 18 febbraio: Videoconferenza: “Effetti farfalla”, Grammenos Mastrojeni (diplomatico esperto in cambiamenti climatici) e Lancio del Patto di risparmio energetico con la      possibilità di scaricare l’app dai cellulari.
  • 22 febbraio – 22 aprile: 2 mesi per la realizzazione degli atti di risparmio energetico.
  • 22 aprile: Giornata della Terra, partecipazione con video-clip alla Maratona multimediale #OnePeopleOnePlanet.it su RaiPlay
  • 13 maggio: Evento finale, Aula Magna Università Sapienza di Roma, in presenza ed online,  con le testimonianze più significative di tutte le scuole ed i gruppi partecipanti.
  • Giugno-luglio: Pubblicazione sulla rivista Teens “Atti dell’Evento”.

Si possono seguire le iniziative sulla pagina Instagram e Facebook 

Leggi Comunicato Stampa – DPSAR

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Meno spreco, più risorse – Progetto Mt 25 onlus

UN PROGETTO VOLTO A RIDURRE GLI SCARTI ALIMENTARI E FAVORIRE UNA MAGGIORE CONDIVISIONE DEI PRODOTTI

Il progetto di Mt 25 onlus è composto di tanti ingredienti, tre soprattutto: fornire un aiuto alimentare a sostegno delle famiglie in necessità; ridurre lo spreco delle risorse; favorire più condivisione e meno assistenzialismo. Tutto ciò avviene attraverso il recupero delle eccedenze alimentari e del cibo in scadenza nei supermercati, che vengono poi distribuite alle famiglie.

«È un lunedì, ore 19. Abbiamo finito la distribuzione dei viveri. Mentre stiamo riordinando, arriva una coppia in bicicletta. “Eccovi, finalmente, ci hanno detto che aiutate tante persone; ecco il nostro Isee”. Rispondiamo che stiamo per andare via e che sarebbero dovuti arrivare prima, magari fissando un appuntamento. “Veniamo da un comune distante circa 5 km”, ci rispondono. In realtà non abbiamo mai mandato via nessuno a mani vuote. Vorrà dire che anche stasera faremo tardi. Si fa per chiudere e arriva una giovane mamma con una ragazzina. L’odore sgradevole dell’alcool riempie la stanza. “Abito non lontano, ho bisogno di aiuto. Ma capisco, è proprio tardi. Scusate, magari torno un’altra volta”. Ci guardiamo negli occhi e manco a dirlo ci fermiamo per lei; le si riempie la borsa, si chiedono notizie. E va via contenta».

La vita comoda non fa per loro. A Tanino e Maria Giovanna Caruso, entrambi medici, di origine siciliana e da diversi anni nel bergamasco, non basta ricoprire posti di responsabilità nel loro ambito lavorativo. Incontrandoli, ci si rende conto che la passione per l’umanità bisognosa è una spinta interiore così forte da prevalere su ogni possibile giustificazione, tipo «non ho tempo, non ce la faccio». Se poi vai in giro con loro per le strade di Bergamo, devi mettere in conto di fermarti spesso lungo il percorso perché c’è sempre qualcuno con cui salutarsi, scambiare due parole, chiedere notizie sulla salute, la famiglia, la scuola dei bambini, i parenti lontani nei vari Paesi del mondo…

Il progetto di cui stiamo parlando è composto di tanti ingredienti, tre soprattutto: fornire un aiuto alimentare a sostegno delle famiglie in necessità; ridurre lo spreco delle risorse; favorire più condivisione e meno assistenzialismo. Tutto ciò avviene attraverso il recupero delle eccedenze alimentari e del cibo in scadenza nei supermercati che vengono poi distribuite alle famiglie. I numeri parlano più di ogni altra cosa: nel 2015 sono state recuperate 100 tonnellate di viveri, per un valore commerciale di 500 mila euro, e sono state aiutate 170 famiglie; attualmente ricevono questo tio di aiuto circa 300 famiglie di 22 nazionalità diverse. Un’esperienza, quella di cui stiamo parlando, che era iniziata in parrocchia, ma non volendosi limitare alle famiglie del proprio quartiere, è poi sfociata, dal marzo dell’anno scorso, in una onlus, “Mt 25”. Così me ne parlano i due nostri amici: «Consapevoli che la sola buona volontà non basta, oltre all’esperienza sul campo, abbiamo studiato le normative, visitato centri di distribuzione, stretto legami con il Banco alimentare della Lombardia, incontrato istituzioni, parroci e laici. All’interesse iniziale di tanti, non sempre è seguito un vero e proprio impegno. Comunque siamo andati avanti cercando di farlo in modo professionale per salvaguardare la salute di tutti». All’inizio era tutto da inventare: un’impresa difficile ma non impossibile. «Qualcuno ci ha proposto di puntare sul secco – spiegano – perché avrebbe richiesto una gestione più semplice. Era vero, ma quest’idea non ci convinceva perché pensavamo che tutto quel cibo sarebbe finito in discarica e non sulle tavole delle famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese. Il nostro progetto, piuttosto, vuole essere innovativo perché propone di superare la prassi diffusa del “pacco mensile per i poveri” per giungere a trasformare l’enorme spreco di risorse in un reale sostegno al reddito familiare e a beneficio dell’ambiente in cui viviamo». Tant’è che le famiglie ricevono ogni settimana la spesa. E i nostri amici, col loro furgone frigorifero, fanno la spola tra 6 supermercati e 3 piattaforme logistiche (depositi fuori Bergamo da cui vengono distribuiti gli alimenti e a cui torna l’invenduto o il cibo vicino alla scadenza).

Le vedi arrivare le persone, all’orario di apertura. “Mt 25 onlus”, infatti, ha oggi una sua sede, inaugurata il 22 novembre dell’anno scorso: 350 mq dove 24 volontari garantiscono una presenza giornaliera. Fra questi non pochi sono le stesse persone che beneficiano dei “pacchi” e che si mettono a loro volta a disposizione. Ci sono spazi adatti a custodire i beni alimentari con le dovute attenzioni igienico-sanitarie e anche stanze adibite a contenere vestiario e giocattoli, materiale scolastico da mettere in comune a poco prezzo.

C’è una saletta riservata ai giochi dei bambini, un’altra dove è possibile svolgere incontri, spazi dove condividere i diversi aspetti pratici della vita degli ospiti. «Per noi “Mt 25” è il luogo ove vorremmo testimoniare che nel XXI secolo non “si fa la carità” ma ci si impegna. Non si tratta di dare poco o tanti soldi come facevamo prima, ma tutti noi stessi, tempo ed energie», commentano Tanino e Maria Giovanna, che aggiungono: «Il nostro agire ha la sua radice nel Vangelo, a partire dal nome stesso della onlus che fa riferimento al passo di Matteo, appunto, “avevo fame e mi avete dato da mangiare”, ma anche alla parabola dei talenti. Ci verrà chiesto un giorno come abbiamo utilizzato le capacità che Dio ci ha dato. Abbiamo sotterrato i talenti ricevuti sotto tante scuse oppure ci siamo dati da fare per il bene comune? Noi vorremmo trovarci nella seconda condizione». E di un’altra cosa sono convinti: il loro è un modello replicabile.

Aurora Nicosia

Fonte: Rivista Città Nuova n.4 Aprile 2017

Per info: dasprecoarisorsa@gmail.com

 



Corso di formazione: “Cosa fanno gli insegnanti? Fanno la differenza” – Iscrizioni aperte

Tutte le informazioni sul volantino:

WeCareEducation-22-23 ottobre 2022

ORA LE ISCRIZIONI SONO APERTE

Scadenza iscrizioni 16 ottobre

PROGRAMMA_CORSO_ WCE 2022

Per maggior informazioni: reteinsegnantiitalia1@gmail.com




Associazione Dancelab – Armonia tra i popoli

Si propone di sviluppare e diffondere l’idea della ricerca e dell’armonia possibile con Master Class di vari stili di danza (classica, contemporanea, Hip Hop) tenuti da insegnanti altamente qualificati sperimentando l’utilizzo dell’Arte come strumento trasversale di Armonia fra i popoli.

La scuola nasce a Monsummano Terme nel 1984 per iniziativa di Antonella Lombardo, giovane insegnante e danzatrice, già allieva di Lucille Bigelow e Vilma Valentino presso l’Accademia di Danza di Roma.
Contemporaneamente sente il bisogno di conoscere ed assimilare nuove esperienze che in quegli anni si stanno sviluppando in Europa e a Parigi con Le Groupe International des Huits alla Sorbona, dove sono presenti tutti i maestri che sperimentano nuove tecniche nel jazz e nel contemporaneo.
Studia con Matt Mattox, Eugen Luis Facciuto, Gianin Loringett e tante altre personalità del mondo della danza.
Conosce le maggiori scuole europee e frequenta assiduamente la scuola di Rossella Hightower a Cannes e la scuola superiore di Contemporaneo di Alain Rouge a Parigi.

Sito dell’Associazione Dancelab

Alla scuola di DanceLab l’arte della danza è anche il linguaggio del dialogo. Dalle proprie case, in quarantena, centinaia di persone ballano “Now” del Gen Rosso. Coreografia di Gabriel Ledda e Laxman Kami.

 




Udine Summer Campus 2021: “Tu molto bene”

21 giovani, 8 giorni e tanta voglia di donarsi: nel cuore del Friuli, presso l’Istituto Salesiano Bearzi di Udine, si è concluso il 31 luglio uno dei vari “summer campus” previsti in tutta la penisola per quest’estate 2021. Nati con il proposito di aprire cuore e mente ai bisogni degli altri, questi campus sono momento di riflessione personale e impegno concreto, dove i ragazzi d’oggi possono tradurre ciò che imparano ogni giorno (competenze linguistiche, tecniche e organizzative, capacità manuali, musicali e molto altro) in aiuto concreto a coloro i quali vivono ai margini della nostra società.

Noi di Udine abbiamo avuto modo di metterci in gioco, donandoci presso diverse realtà locali volte ad aiutare il prossimo: una casa famiglia, che ospita bambini allontanati dalle proprie famiglie, due strutture per minori stranieri non accompagnati (MSNA) della rotta balcanica (la città di Udine è il capolinea, considerata la “Lampedusa del Nord”),, un centro di recupero per tossicodipendenti e infine presso l’Emporio della Solidarietà e la mensa della Caritas locale. Tutte realtà spesso dimenticate o lontane dalla nostra quotidianità; ma niente di tutto ciò ha potuto nulla contro il nostro desiderio e la nostra volontà di rimboccarci le maniche ed “essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo” (Mahatma Ghandi).

“Tu molto bene”

Siamo arrivati al Campus dopo un lungo periodo di lockdown che ha limitato i nostri rapporti con il prossimo: concentrati sulla nostra quotidianità, affaccendati tra studio e lavoro, abbiamo dimenticato cosa significhi mettersi al servizio. Sentivamo quindi la necessità di aprirci di nuovo, di renderci utili al prossimo, ma come? Cosa dare a quelle persone con cui apparentemente non avevamo nulla in comune?

Niente di più bello è stato scoprire quanto invece il primo passo possa fare la più grande differenza. Nessuno di noi si sarebbe mai aspettato di poter imparare e scoprire tanto: abbiamo riscoperto l’importanza dei piccoli gesti, come una breve chiacchierata o, quando non era possibile capirsi in italiano, un sorriso, un abbraccio o un semplice gioco. Spesso le differenze linguistiche ci hanno costretto a ridurre all’osso l’uso della parola, semplificando al massimo il nostro modo di esprimerci, togliendo verbi, articoli e coniugazioni.

Il complimento che abbiamo ricevuto più spesso è stato “tu molto bene”, da intendersi come “tu sei molto bravo”. Questa espressione, che ormai abbiamo fatto nostra, racchiude l’essenza di questa nostra esperienza: a volte basta veramente poco per volersi bene. E così gli intenti di prossimità si sono subito trasformati in reciprocità.

“Ha un cuore grande. Dio è molto contento”

A fare da contorno alle attività di volontariato, numerosi sono stati i momenti di formazione: abbiamo potuto ascoltare le testimonianze di Jerome, il quale ha condiviso con noi la sua personale esperienza con gli immigrati nelle periferie parigine, e di Toriale, che ci ha raccontato il lungo viaggio intrapreso dall’Afghanistan per giungere in Italia, Paese dove attualmente risiede e lavora come mediatore culturale. Inoltre, molto profonda è stata la testimonianza di Nicolò (29 anni), a conclusione di una piacevole gita in barca con i ragazzi della comunità MSNA. Nicolò ha preso parte a numerose esperienze di volontariato nelle periferie della Bolivia, dove ha portato aiuto e felicità a tanti bambini abbandonati e ammalati.

Uno dei ragazzi, colpito da questa testimonianza, ha detto: “(Nicolò) ha un cuore grande, ha fatto bene al suo cuore. Dio è molto contento”. È stato toccante come, nonostante il suo personale vissuto, segnato da profondo dolore e grandi difficoltà, egli abbia trovato la forza per esternare le proprie emozioni.

Conoscere le loro esperienze e osservare la realtà dal loro punto di vista, anche se solo per poco, è stato un dono immenso, che ci ha permesso di condividere un piccolo scorcio del loro dolore, e al contempo di ingegnarci per trovare ogni modo possibile per stare loro accanto. Tra lezioni di italiano, informatica, lavori nell’orto o di riqualificazione delle strutture e momenti di svago, abbiamo ascoltato le loro storie, il viaggio che hanno intrapreso per arrivare fin qui e le difficoltà che devono affrontare ogni giorno. Insomma, un viaggio di umiltà che non solo ci ha resi consapevoli di quanto non sia scontato ciò che abbiamo, ma anche di quanto noi siamo responsabili verso coloro che sono meno fortunati.

Silvia, operatrice della Caritas, ha detto “Non si possono capire le persone con la razionalità, ma con le emozioni. La razionalità è ciò che serve per trovare le soluzioni.”

“La prossima volta che ci vedremo parlerò italiano”

Se all’inizio pensavamo di essere solo noi a dover dare aiuto, via via abbiamo realizzato quanto invece stavamo ricevendo noi dagli ospiti delle strutture. Attraverso balli, giochi e risate, sono stati proprio loro a farci ritrovare l’entusiasmo di stare assieme e la gratitudine per ciò che abbiamo.

Negli occhi di molti abbiamo visto il desiderio sincero di imparare l’italiano assieme a noi e agli insegnanti. Le relazioni costruite hanno dato valore all’apprendimento, tanto che uno di loro ci ha detto: “La prossima volta che ci vedremo parlerò italiano”. L’obiettivo ora è rivedersi presto.

Ci ha colpito sapere che questa è stata la prima volta che le due strutture per MSNA  hanno aperto le porte ad un gruppo così numeroso di giovani coetanei degli ospiti. Per noi, è stato un valore aggiunto all’esperienza e alle relazioni.

Ognuno di noi si è sentito parte fondamentale del campus: ora ci impegneremo, insieme, a trasmettere alle nostre famiglie, amici e compagni questa nuova sensibilità. Torniamo a casa consapevoli, responsabili, ma soprattutto più grati per aver trovato un angolo di paradiso per quanto amore abbiamo ricevuto da questa fetta di umanità che il mondo chiama “scarto”.

Leggi le esperienze:

Cosa è stato per me

 




Focolari e migranti: Cooperativa “Una Città Non Basta”

Gianni Caucci, imprenditore appassionato di musica, dirigeva il coro della parrocchia quando ha deciso con i componenti di allargare i rapporti positivi che si erano creati tra loro alla comunità circostante. Nel tempo si sono avvicinati agli altri, venendo a conoscenza di tante situazioni diverse, anche di grandi difficoltà economiche, così hanno iniziato a raccogliere beni, cibo, soldi e tempo, per donarli a chi ne aveva bisogno.

Si è creata una rete che è diventata un’associazione di volontariato chiamata “Una città non basta Onlus”, allargatasi sempre di più fino a far nascere l’esigenza di rendere un “servizio” più concreto alla comunità e avere una soddisfazione personale, visto che bisognava dedicargli sempre più tempo e aumentavano le richieste di aiuto e sostegno.

Nasce quindi la Cooperativa “Una Città Non Basta impresa sociale”, in cui ora lavorano operatori come psicologi, assistenti sociali, operai, muratori e avvocati. Infatti, oltre alla necessità di figure professionali per gestire situazioni delicate, un aiuto importante arriva dall’ambito lavorativo, che dona agli assistiti dignità e libertà.

La Presidente, Maria Rosaria Calderone, si dedica interamente alla Cooperativa, che ha una sede a Marino, dove si coordinano tutte le attività ed è attivo il  PIS (Pronto intervento Sociale), servizio per senza fissa dimora nei Comuni di Marino e Ciampino, con accoglienza serale/notturna insieme ad un N. Verde per l’aiuto e l’assistenza  Sociale.  Altra sede sul territorio è a Velletri, un edificio che apparteneva al Don Orione, diventata casa per famiglie migranti da dieci anni. Inoltre “Una Città non Basta” ha dato impulso ad un ulteriore progetto, ristrutturando una casa che verrà adibita all’accoglienza di donne vittime di violenza, a seguito di un bando indetto dal comune di Roma, vinto dalla cooperativa che tuttavia è stata l’unica ad aderire.

L’accoglienza è verso tutti coloro che sono emarginati, come ex tossicodipendenti in buone condizioni fisiche e mentali che ancora non vengono ufficialmente accettati dalla società. La Cooperativa affianca e sostiene le persone, diventando molto importante per le vite che incontra. Una signora che si trovava in grandi difficoltà, racconta Gianni Caucci, gli disse che nessuno nell’ultimo periodo l’aveva cercata, neanche i suoi familiari, se non le persone della Cooperativa.

Una famiglia afgana numerosa è accolta a Marino. Tra i componenti un bambino a cui Gianni ha aggiustato la macchinina telecomandata, che è arrivato in Italia con la mamma e la sorella tramite i ponti aerei del 30 agosto 2021. Con tante altre persone accolte, stanno imparando la lingua grazie al lavoro di docenti volontari che si recano periodicamente al centro. Si cerca di capire quali siano i sogni, i desideri e le capacità di queste persone, in modo che possano un giorno uscire dai centri di accoglienza e rendersi indipendenti.

Non avendo scelto di venire in Italia, a volte mostrano difficoltà nell’accettare la loro situazione. Una ragazza accolta dalla cooperativa continua ad avere il desiderio di tornare nel paese di origine, forse perché ha lasciato degli affetti quando è partita, sebbene la situazione sia molto complicata.

Altro episodio di cui ci rende partecipi Gianni: un giorno Maria Rosaria è entrata in ufficio lamentando che i bambini accolti avevano bisogno di giubbotti. Dopo qualche remora presentata dalla contabile, che le mostrava i pochi fondi a disposizione, comunque comprarono queste giacche, per una spesa di circa trecento euro. Il caso ha voluto che tornate in sede, alla visualizzazione dell’estratto conto, avessero ricevuto una serie di bonifici di una somma più o meno corrispondente a quella spesa, fatti da persone che liberamente donano per sostenere i progetti.

Far funzionare la Cooperativa è un lavoro impegnativo, portato avanti con fatica e speranza per il futuro. Gianni Caucci racconta come si sia ispirato al pensiero di Chiara Lubich: rendere concreto l’amore. Dopo la sua morte si è sentito in dovere di agire: “Forse non sono la persona più adatta a esprimere il pensiero di Chiara a parole, ma sento il dovere di provare a metterlo in pratica, per quanto ho ricevuto nella vita”. Ha parlato della libertà di esprimersi, di donare ed essere ricambiati: “Anche un caffè può essere mezzo di felicità e relazione, oltre che un segno di parità, se è un dono”.

Sia Gianni Caucci che Maria Rosaria Calderone hanno insistito sul tema dell’integrazione, sotto una prospettiva capovolta: dobbiamo pensare non solo alle persone che vengono accolte ma anche a chi accoglie. Non si è sempre pronti al diverso, anzi se ne ha paura, è importante perciò creare dei ponti tra le comunità locali e le realtà di accoglienza, mettendo in relazione le persone nella quotidianità.

Lavorare nella cooperativa dà soddisfazione e gioia, proprio in virtù dei legami che si creano. I volontari insieme ai lavoratori sono sempre in fermento, impegnati e totalmente dediti alla loro attività. Gianni Caucci, persona molto gioviale, aperta e desiderosa di raccontarmi le vicende della Cooperativa, non nasconde che ci possano essere degli scontri perché si è di culture diverse, si vive in tanti e insieme. L’importante è confrontarsi per cercare di raggiungere un “sentire” comune. Così conclude, mentre beviamo un caffè.

Miriana Dante

SITO WEB UNA CITTA’ NON BASTA

SITO COOPERATIVA




Rifugiati, l’accoglienza  a Verona si fa casa

“Da oltre un anno seguiamo, in collaborazione con un gruppo parrocchiale di Santa Lucia, quartiere della periferia di Verona, quattro ragazzi africani richiedenti asilo, ospiti in un appartamento precedentemente ristrutturato di proprietà della parrocchia. In questo lungo periodo abbiamo insieme condiviso tante realtà belle e significative per il loro inserimento sociale del territorio locale: momenti di festa e partecipazione alla loro gioia di poter vivere finalmente in un appartamento vero; di attività concrete, di ricerca di  lavoro, di superamento di difficoltà. Occasioni tutte che hanno contribuito a costruire e rinsaldare rapporti reciproci sempre più sinceri e profondi. Durante questo percorso, supportati anche dalla Caritas Diocesana, tutti hanno potuto ottenere un permesso di soggiorno in Italia della durata di due anni per “motivi umanitari”; due di loro lavorano  con un contratto a termine, più volte rinnovato; gli altri due svolgono lavori saltuari “a chiamata” tramite cooperativa.

In occasione di momenti speciali li abbiamo coinvolti in iniziative culturali del territorio e anche del Movimento dei Focolari – spettacolo del Gen Verde, partecipazione a Loppiano Lab, gita con la comunità locale ad Assisi. Momenti difficili e di difficoltà non sono di certo mancati. Non di rado abbiamo percepito un certo pregiudizio nei confronti degli immigrati in generale, e in particolare la loro accoglienza in strutture territoriali. Questo però non ci ha scoraggiati ma, semmai, spinti maggiormente a credere e agire concretamente in ogni situazione di criticità. Come ad esempio quando, Mocta, uno dei quattro giovani, cadendo in bicicletta per andare al lavoro, si è procurato una lussazione del polso.  Avrebbe dovuto fare un intervento chirurgico, ma l’attesa sarebbe stata di almeno due settimane e portare una gessatura che immobilizzava tutto il braccio e non gli permetteva di riprendere il lavoro. È in lista d’attesa per l’operazione e dopo quindici giorni viene chiamato ma l’intervento viene rimandato! È scoraggiato e preoccupato perché si rende conto che una malattia così prolungata mette a rischio il rinnovo del suo contratto di lavoro ormai prossimo a scadere e anche il rinnovo del suo permesso di soggiorno. Dopo alcuni giorni lo riaccompagniamo in ospedale ma ci rendiamo conto che dovrà attendere ancora oltre due o più settimane per avere un nuovo ricovero ospedaliero. Profondamente scoraggiati superiamo un primo momento di “ribellione” e ci sforziamo di mantenere un rapporto “disarmato” e riconoscente per l’impegno reale, concreto e profondamente partecipato con ciascuna delle persone interpellate che, aldilà degli ostacoli oggettivi, ci assicurano che avrebbero fatto il possibile per anticipare quanto prima l’intervento. Mentre accompagno Mocta, gli dico che è molto importante la sua presenza perché non essendo io persona componente la sua famiglia, non ho titolo per rappresentarlo. È allora che lui mi risponde deciso e commosso: “Tu sei la mia famiglia!”. Dopo qualche giorno, arriva la telefonata tanto attesa e Mocta viene operato. Siamo davvero felici, anche perché costatiamo che la sua vicenda ha raggiunto e “contagiato” positivamente gli operatori sanitari del reparto, ai quali abbiamo voluto dire grazie portando un fiore”.

Valentina Maccacaro e la comunità di Santa Lucia (Vr)  




Un sogno che si è realizzato: corso per operatori pastorali

Si è concluso il 21 luglio a Loppiano il primo corso per operatori pastorali promosso dal Movimento dei Focolari in Italia in sinergia con il Centro Evangelii Gaudium dell’Istituto Universitario Sophia. Qualcuno parlava di un sogno che si è realizzato, un qualcosa atteso da tempo che ha avuto una sua prima realizzazione.

Rosalba Poli e Andrea Goller

L’ultima giornata è stata dedicata all’approfondimento dei 4 principi proposti da Papa Francesco nell’Evangelii gaudium  per orientare “…lo sviluppo della convivenza sociale e la costruzione di un popolo in cui le differenze si armonizzino all’interno di un progetto comune”(EG 221).

Una giornata ricchissima in cui, tramite comunicazioni, dialogo e laboratori, si è andati in profondità su questi principi che, ancora secondo Papa Francesco, se applicati  possono “rappresentare un’autentica via verso la pace all’interno di ciascuna nazione e nel mondo intero” (EG 221).

Alcuni partecipanti

Poi le conclusioni in cui sono venute fuori non solo delle impressioni, ma anche delle costatazioni su ciò che già si fa a livello dell’Opera di Maria (Movimento dei Focolari) con una pastorale che nasce dal Carisma dell’Unità, e dei suggerimenti, delle piste di azione per il futuro.

“Un primo regalo è la condivisione tra tutti che è stata molto alta, partendo dal patto di unità. La conversione pastorale parte da lì, non c’è una strategia, una tecnica, ma tutto parte dall’amore reciproco. E concretamente? Sono venute in luce tante sottolineature che hanno bisogno di diventare progetti, linee di azione, che il Carisma porta dentro nella pastorale. Facciamo la pastorale del Carisma senza saperlo. Sento che questo è un lavoro avviato.”.

“Il grande ribaltamento è capire cosa è la Chiesa in uscita: Gesù è già nell’altro, non devo portarlo io. Non si tratta tanto di “andare”  ma di “trovare” Dio negli altri” .

“Mi sono sentita una figlia, molto amata da tutti, figlia di ciascuno di voi. Scoprire Gesù nell’altro è un dono grande e questo mi provoca molto. C’è bisogno di questo tipo di formazione nella Chiesa”.

Lavori di gruppo

“Mi sono ritrovata in tutto ciò che è stato detto. Ho trovato una nuova chiave di lettura nel vivere il Carisma di Chiara Lubich nella parrocchia e nella diocesi con un cuore nuovo”.

 “Due esigenze per il futuro: bisogna rendere nota questa scuola e porgerla alla Chiesa con le forme adeguata”

Ora di tratta di andare avanti, con un progetto che avrà delle tappe ma che si manifesta ricco di prospettive per le risposte che il Carisma offre ma soprattutto perché il metodo è sicuro: la presenza di Gesù Maestro che illumina l’esperienza pastorale.

Altri articoli:

www.focolaritalia.it/2018/07/18/rifare-il-patto-educativo-alla-scuola-dellunico-maestro-avendo-come-modello-maria/

www.focolaritalia.it/2018/07/16/loppiano-corso-per-operatori-pastorali/

www.focolare.org/news/2018/07/27/operatori-pastorali/




 “ITALIA GENEROSA”, Italia che (r)esiste.

UNA COMUNIONE DEI BENI STRAORDINARIA PER UNA VITA DI FRATERNITA’

Claudio, Vittorio, Anna Maria e Marco, Cinzia e Antonello hanno lavorato in questi mesi per fare da punto di riferimento dell’iniziativa dei Focolari “Italia generosa”. Il devastante impatto economico della crisi dovuta alla pandemia ha messo in moto cuore, testa, mani, facendo leva sull’elemento di prossimità garantito dalla rete dei Focolari. Sul sito abbiamo iniziato a pubblicare tantissime esperienze e testimonianze di quanti si sono attivati per portare solidarietà e voler aiutare concretamente le persone prossime in difficoltà.

Col passare del tempo abbiamo visto che sarebbe stato utile un passaggio in più: è per questo che abbiamo pensato di accompagnare alla solidarietà spontanea e travolgente di questo periodo, anche una solidarietà organizzata che, a partire dal locale, abbia come orizzonte una dimensione nazionale e alzi lo sguardo anche oltre i nostri confini”, hanno scritto Rosalba Poli e Andrea Goller, responsabili dei Focolari in Italia, in una lettera pubblicata on line. Così è nata l’iniziativa “Italia generosa” e, tramite un conto corrente dedicato, tantissime persone hanno aderito e continuano a condividere anche il poco che hanno in quanto si sentono parte dell’unica famiglia umana.

I componenti del gruppo di lavoro scrivono: “Le esperienze che arrivano, se da una parte ci toccano il cuore, perché si capiscono i disastri che questa pandemia sta causando, dall’altra parte ci danno gioia, perché è un modo concreto di attuare l’Amore scambievole e portandoci a vivere il vangelo come i primi cristiani. È stato bello poter dialogare fra di noi in maniera libera e serena, dividerci i compiti e cercare contatti per capire come era meglio fare perché il nostro servizio fosse amore per le persone e non una gestione economica di fondi. Abbiamo sperimentato la risposta immediata di Dio che subito ha aperto le mani con la sua ‘provvidenza’ dipanando situazioni complesse ma anche rispondendo subito a quel poco che condividevamo con il centuplo evangelico, esperienza che fin dai primi tempi ha sperimentato Chiara Lubich e i primi focolarini”.

Particolarmente significativa è stata la risposta ottenuta anche in termini economici: alla data del 20 novembre 2020 si sono avute donazioni per un totale di € 256.677,00. Come previsto dalle tre finalità della raccolta, una parte è stata già donata per sollevare le famiglie e le persone in difficoltà, sia nell’immediato che con aiuti mensili che continueranno fino al superamento della crisi pandemica, una seconda parte per sovvenire alle serie problematicità createsi nelle strutture per la formazione alla cultura dell’unità e alla cultura del dare e per le persone che vi lavorano; una terza parte sarà presto destinata a una comunione dei beni mondiale straordinaria per l’emergenza Covid in altri paesi.Nel frattempo continuano le azioni di sostegno anche a livello locale e regionale che hanno raggiunto tante persone e famiglie in difficoltà.

 




Un ponte per il Libano e Progetti AMU (Associazione Mondo Unito) AFN (Azione Famiglie Nuove)

Da una piccola idea di condivisione – inviare farmaci per i malati cronici – è nata una catena di solidarietà che ha coinvolto numerose associazioni in Italia e in Libano. Le testimonianze dei protagonisti.

Elisabetta Mei, docente, coordinatrice del progetto Un ponte per il Libano

“Conosco Danièle Richa dal 1999, quando la ospitai per un anno a Firenze. È diventata parte della mia famiglia e spesso, negli anni successivi, è venuta a trovarmi. La nostra è un’amicizia che mi ha permesso di conoscere le bellezze del popolo libanese, così come le sue contraddizioni. Ho sofferto con lei per le problematiche politiche ed economiche, e poi è arrivata la pandemia ad aggravare tutto. Un giorno le chiedo, come ad una sorella: “Se fosse possibile inviarti qualcosa, cosa desidereresti?”. Dopo una profonda riflessione risponde che la cosa più utile sono le medicine. I medicinali infatti scarseggiano, persino il paracetamolo, ma spedirli, al pari di qualsiasi altra cosa, è molto difficile; possono esserci delle complicazioni alla frontiera, non è sicuro che i pacchi raggiungano effettivamente i destinatari. Danièle mi manda una lista di medicinali e da lì comincia un passaparola: farmacie, medici, conoscenti. Siamo ormai pronti all’acquisto dei farmaci, quando il 4 agosto 2020 scoppia il deposito del porto di Beirut. Impossibile inviare i medicinali. Procediamo a piccole dosi, in valigia, secondo il limite consentito dalla legge per singoli viaggi. La rete si amplia, il lavoro diventa più organizzato e strutturato. Fino al luglio 2021 quando abbiamo organizzato un incontro on line tra chi stava aiutando in Italia e i referenti delle associazioni che fino a quel momento avevano ricevuto e distribuito le medicine in Libano. Viene spontanea l’idea di costruire un vero e proprio ponte tra Italia e Libano costituito da due reti, una italiana ed una libanese, connesse da un gruppo di raccordo costituito da persone di entrambe le reti. Adesso siamo in attesa del via libera per il decollo di un container con un grande carico”.

Osvaldo Garcia, Responsabile Ufficio Progetti e Sviluppo Sociale del Vicariato Apostolico di Beirut

“La pesante carenza di medicinali, aggravata sempre di più dalla crisi politica, economica e finanziaria del nostro Paese, ha costretto molte persone, affette da malattie croniche, ad abbandonare le cure. Dalla condivisione di questo dolore con alcuni di loro è nata la prima scintilla. Potrei dire, è nato tutto. Alcuni amici dall’Italia avevano iniziato a sostenerci con piccole quantità di farmaci, approfittando di qualche volo per il Libano. Poi grazie ad un incontro on line con questi amici italiani, a luglio, è nata l’idea di costruire una vera e propria rete di solidarietà. Sono in gioco sia le associazioni che qui a Beirut si occupano di sostegno a pazienti cronici (Aventure de la Charité (ADLC), LIBan-AMItié/Libami, Epsilon, Barbara Nassar for Cancer Patient Support, IRAP, Vicariat Apostolique-Social Service), sia gruppi di volontari che hanno iniziato a censire nei quartieri i bisogni dei pazienti fragili e più poveri, assumendo la responsabilità della ricognizione dei bisogni e della distribuzione dei farmaci raccolti. Abbiamo creato allora un gruppo permanente whatsapp, una rete con l’Italia, chiamata “Un ponte per il Libano” ed una in Libano, la rete “Fraternité” nella quale, abbattendo differenze confessionali e sociali, abbiamo iniziato a mettere in comunione sia bisogni, sempre crescenti, che risorse. Oggi i gruppi sono otto ed altri se ne vanno aggiungendo”

Luigi Triggiano, medico di famiglia, già coordinatore del progetto della Regione Toscana di sviluppo delle cure primarie in Libano.

“Il grido di dolore dei nostri amici libanesi e la risposta solidale che stavano costruendo sui loro territori ci hanno fortemente motivato nel tentativo di dare una risposta efficiente ed appropriata ai loro bisogni. La rete costituita inizialmente da tre regioni, si è arricchita ulteriormente dopo l’appello del Vicario Apostólico di Beirut Mons. Cesar Essayan per la richiesta di farmaci e latte. Oggi sono 12 le regioni coinvolte con una rete crescente di volontari (singoli cittadini, medici, farmacisti, banchi del farmaco ecc..). L’appello ha generato e intensificato i rapporti tra la fondazione Giovanni Paolo II e il Movimento dei Focolari, alla cui operatività si è aggiunta la disponibilità solidale dell’UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon) per il trasporto aereo e di altre agenzie. Tre sono le aspettative che accompagnano il progetto, operativo lato Focolari attraverso l’APS “Nuove vie per un Mondo Unito”: la prima è che la solidarietà di tanti cittadini italiani possa permettere l’invio di maggiori quantitativi di latte in polvere e medicinali per garantire la continuità delle cure e recare così un po’ di sollievo e speranza. La seconda è che, con l’aiuto solidale di tanti fratelli, le risposte, seppur piccole, alle ferite profonde che affliggono il popolo libanese facciano crescere una coscienza civica e comunitaria solidale, che concorra ad una rinascita politica, economica e sociale del Paese. Infine, che la solidarietà diffusa e consapevole che si sviluppa dal basso tra i cittadini di paesi diversi, costituisca un esempio ed una spinta per i vari governi, a partire dalla Unione Europea, a rivedere responsabilmente le regole della cooperazione e quelle economiche che caratterizzano le relazioni tra i popoli ed i governi”.

Soggetto accreditato dal Movimento dei Focolari Italia :

ASS.NE NUOVE VIE PER UN MONDO UNITO APS
Via Carlo Spinola 18 – 00154 Roma, tel 06/5110354
IBAN : IT42X0501803200000017108218
Causale : donazione progetto Un ponte per il Libano
Se si desidera la ricevuta, per la detrazione fiscale, nel bonifico indicare il proprio Codice Fiscale ed inviare la richiesta all’email: nuoveviemondounito@gmail.com

Vedi articolo su Città Nuova: https://www.cittanuova.it/dallitalia-un-ponte-libano/?ms=001&se=013

Vedi articolo su Loppiano.it: https://www.loppiano.it/2021/12/03/un-ponte-di-farmaci-per-il-libano/

Articolo AGENSIR del 15 dicembre 2021


 

ll progetto Un ponte per il Libano, nato in maniera spontanea e diventato operativo attraverso una rete di cittadini attivi, si aggiunge a quanto il Movimento dei Focolari sta operando in Libano attraverso AMU e AFN.

Nel 2020/2021, in seguito allo scoppio della bomba nel porto di Beirut, grazie alla generosità di tanti, AMU (Associazione Azione Per Un Mondo Unito – Onlus) e AFN (Associazione Azione Per Famiglie Nuove Onlus) hanno potuto aiutare 68 famiglie a rientrare nelle proprie abitazioni e luoghi di lavoro sinistrati dall’esplosione e sostenere le famiglie del centro per bambini audiolesi IRAP. Al seguente indirizzo potete trovare informazioni, immagini, aggiornamenti e le esperienze di chi ha partecipato a questo primo intervento concluso: https://www.amu-it.eu/progetti-int/emergenza-libano/

Attualmente è in corso un secondo intervento a sostegno di:

  • 900 famiglie che ricevono ogni due mesi una cassa di prodotti alimentari ed una cassa di prodotti per l’igiene personale, per un anno intero;
  • 250 alunni di una scuola rurale gratuita, alla periferia di Beirut, che ricevono un kit di materiale didattico per l’anno scolastico.Al seguente indirizzo potete trovare informazioni, immagini, aggiornamenti ed esperienze periodicamente aggiornate, su questo secondo intervento in corso: https://www.amu-it.eu/progetti-int/emergenza-libano-2022/ Per questi interventi sono stati raccolti e stanziati circa 400.000 euro.

 

Mentre la situazione economica e politica in Libano è sempre più difficile e secondo le Nazioni Unite almeno tre quarti della popolazione libanese vive sotto la soglia di povertà, Nicole Helou (referente del progetto Sostegno a Distanza di AFN in Libano) e Maricris Devrel (sua collaboratrice), durante un collegamento in diretta con il Libano nell’ambito di un evento on line organizzato l’11 dicembre 2021 da Focolari Italia, il Movimento Famiglie Nuove e Azione Famiglie Nuove, raccontano la realtà di questo momento e le necessità della popolazione.

Manca la corrente, i medicinali non si trovano, i trasporti sono molto costosi e tanti bambini non vanno a scuola per questo motivo. Un pieno di benzina corrisponde a più della metà di uno stipendio. Poi l’altra metà va per il generatore. Noi a volte ci chiediamo come fa la gente a vivere!”

Il progetto SAD Libano di AFN comprende varie realtà: la “Maison Notre Dame” una casa che da 30 anni accoglie i bisogni del quartiere Ain nella periferia di Beirut; l’ asilo nido “Petit Jardin” per i più piccoli, il Club dei giovani; il Centro Medico sociale e l’Atelier “Ayadina” dove si svolgono anche corsi di formazione per le giovani donne di cucito e ricamo. Si sostengono numerose famiglie, alcune delle quali sono veramente molto povere. C’è chi non può mandare i figli a scuola perché il pulmino è costoso. Chi  non riesce a trovare la cura per suo marito che è molto malato. Chi ha contratto il Covid e presenta conseguenze importanti. Chi ancora  ha cercato di fuggire clandestinamente con la sua famiglia. “Quello che cerchiamo di fare e abbiamo fatto sempre sin dall’inizio è essere per il quartiere un punto di riferimento.  – Afferma Maricris – Appena bussano alla porta di Ayadina per chiedere aiuto, apriamo sempre la porta non solo dell’Atelier ma anche quella  del cuore per accogliere tutti quelli che sono in necessità”.

Siamo alle porte dell’inverno e per una famiglia poter riscaldarsi, è quasi impossibile poiché il costo della nafta è aumentato tantissimo, continua a raccontare Maricris.  “Molte persone hanno cominciato ad abbattere alberi per riscaldarsi con la legna. Certo la cosa principale è dare da mangiare! Ma c’è tanta solidarietà tra famiglie. Alcune di loro hanno cominciato a coltivare qualcosa, altre aiutano chi è nel bisogno. Grazie agli aiuti che ci arrivano da AFN riusciamo a sovvenire a questi bisogni principali. Altre ong danno pacchi alimentari comprensivi di alimenti base, come la pasta, il riso, i ceci, le lenticchie che sono diventati carissimi. Noi vorremmo offrire alle famiglie soprattutto alimenti freschi come frutta, verdura, perché le vitamine sono necessarie, e poi latte, olio, pane, il timo e awarma (un concentrato di carne a lunga durata che si usa per condire per quanti non riescono più a comprare la carne). Abbiamo chiamato questo pacco: la cassetta della salute”.

Durante l’evento in collegamento con il Libano, si lancia l’iniziativa invitando tutte le persone desiderose di partecipare a sostenere 80 famiglie libanesi attraverso la donazione di una cassetta della salute dal costo di 44 euro. “L’idea è di aiutare più famiglie possibili in questo periodo dell’inverno che sta cominciando. La sfida è dare ai bambini e alle loro famiglie un’alimentazione più bilanciata”.  – Afferma  Giovanni Lucchese che con la moglie Miriam hanno coordinato e presentato l’evento. “Possiamo offrire un contributo anche minimo di 5 euro o in vista del Natale riuscire a metterci insieme e regalare una cassetta della salute a più famiglie. –  Continua Miriam – Siamo piccoli ma siamo tanti! E dunque anche il piccolo contributo è importante”.
L’azione rimarrà aperta per tutte le festività natalizie. Fino al 6 gennaio abbiamo la possibilità di donare per questa causa. Passaparola!

Giovanna Pieroni

DONA ORA attraverso il sito Clicca qui

Causale: Progetto SAD Libano Pacco Salute
zione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN)
IBAN: IT 92 J 05018 03200 000016978561
Codice SWIFT/BIC: CCRTIT2T84A
presso Banca Etica – filiale 1 di Roma – Agenzia n. 04

Vedi presentazione Progetto: https://youtu.be/L6HMdDfx3LI



Istituto Universitario Sophia – Loppiano

Istituto Universitario Sophia – Loppiano
Una comunità di formazione, studio e ricerca in cui la relazione tra le persone dà il timbro alla relazione tra le discipline.
La vocazione mondiale e multiculturale di Sophia in numeri: ad oggi 450 studenti e docenti da 4 continenti, 50 paesi, 30 lingue.
A 12 mesi dalla conclusione del percorso accademico quasi il 90% degli studenti di Sophia ha trovato un impegno accademico o professionale qualificato.

http://www.sophiauniversity.org/it/iscrizioni/




Settimana Mondo Unito 2020 – Rivedi le dirette streaming

PER RIVEDERE TUTTI GLI EVENTI CLICCARE QUI

RIVEDI I VIDEO SUL CANALE YOUTUBE

 www.unitedworldproject.org

La Settimana Mondo Unito dei giovani dei Focolari, quest’anno si è svolta online
e all’insegna della pace. Lotta al disarmo, azioni di pace in Medio Oriente,
una petizione contro l’embargo alla Siria, solidarietà planetaria ai tempi del Covid, storie di legalità e giustizia dall’Asia all’Africa.

1 – 7 maggio 2020 in oltre 100 Paesi

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Torna, in versione online la “Settimana Mondo Unito”, laboratorio ed expo globale promossa dai giovani dei Focolari per mostrare storie, azioni, iniziative che, in ogni parte del mondo, contribuiscono a realizzare, tra le persone e i popoli, la fraternità, l’unità e la pace, anche ai tempi del Covid-19.

Il tema centrale è “In Time for peace”, ovvero “in tempo per la pace”, con due eventi centrali a livello mondiale, e tanti altri locali: una vera e propria maratona con approfondimenti e testimonianze da una parte del globo all’altra, per raccontare il cammino dell’umanità verso la fraternità universale, anche ai tempi del Covid-19.

Il messaggio della Settimana Mondo Unito vuole così unirsi simbolicamente ai tanti richiami alla pace e all’attenzione verso i più vulnerabili, che Papa Francesco rivolge all’umanità, anche in questo tempo di pandemia, e all’appello per il cessate il fuoco globale lanciato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Antònio Guterres: «È ora di fermare i conflitti armati e concentrarsi, tutti, sulla vera battaglia per le nostre vite. […] Dobbiamo fermare la piaga della guerra che sconvolge il nostro mondo. E tutto ciò comincia con il mettere fine ai conflitti ovunque. Adesso. È ciò di cui la nostra famiglia umana ha bisogno, ora più che mai».

La maratona multimediale “In Time For Peace” sarà trasmessa dal sito web www.unitedworldproject.org che promuove la Settimana Mondo Unito. Sempre sul sito United World Project sarà possibile consultare il calendario degli eventi locali, con i link per collegarsi durante l’intera settimana, e seguire ciò che sta avvenendo ora in Italia, ora negli Usa, in Australia o nella Repubblica Democratica del Congo, solo per citare alcuni Paesi. Anche i canali social diUnited World Project permetteranno di seguire gli eventi della Settimana Mondo Unito.

Gli eventi centrali

Sabato 2 Maggio, alle ore 12.00 (UTC +2), la diretta streaming “#InTimeForPeace Web Eventcollegherà diverse città del pianeta, raccontando storie e azioni, ospitando dibattiti e performance artistiche.

Domenica 3 Maggio, dalle 11:00 alle 12:00 di ogni fuso orario, si correrà virtualmente la Run4unity, un evento sportivo, una staffetta non stop che abbraccerà il globo, con giochi, sfide, testimonianze e impegni per stendere simbolicamente sulla Terra un arcobaleno di pace.

La Settimana Mondo Unito, lanciata dai giovani dei Focolari nel maggio del 1995, vuole essere una sorta di osservatorio mondiale sulla fraternità promosso dal Movimento dei Focolari in collaborazione con movimenti, associazioni, comunità che, nei cinque Continenti, operano per la pace e la fraternità fra i popoli.
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Info e contatti:

Ufficio Comunicazione Focolari: ufficio.comunicazione@focolare.org
Stefania Tanesini – +39 338 565 8244
Anna Lisa Innocenti – +39 338 394 4209

COMUNICATO STAMPA – PDF
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Format Italia: un percorso formativo. Appuntamento a Verona il 27/29 maggio

ISCRIZIONI PER SEGUIRE ONLINE

FormaT è un innovativo percorso di formazione per formatori dei giovani dai 18 ai 30 anni. 

FormaT, attraverso un Core Team internazionale e una rete di formatori e di esperti sparsi in tutto il mondo, promuove un programma di formazione attiva, integrale e trinitaria

La prima edizione di FormaT Italia ha proposto 4 appuntamenti online, da marzo a giugno 2021, ed ha visto coinvolti nel complesso quasi un centinaio di formatori provenienti da diverse regioni italiane e da diversi ambiti formativi.

Ultimo appuntamento 2022 in presenza a Verona il 27/29 maggio. 

ORARI, COSTI, TEMI E TUTTI I DETTAGLI SUL SITO:

https://sites.google.com/view/formatitalia/home-page




Quando tutti sono al mare

I giovani di Ancona si tuffano in attività a servizio della fraternità

Quando partecipai la prima volta mi dissero: “Cerchiamo di portare la fraternità universale ad Ancona”, “Faremo una bellissima esperienza e conosceremo tante realtà” e molto altro, che, per chi non ha mai vissuto qualcosa di simile, può sembrare solamente un’utopia. Eppure, a distanza di alcuni anni, è possibile dire che non vi è definizione migliore per spiegare la settimana Go-miti creativi: un’esperienza in cui molti giovani e adulti della città di Ancona si tuffano in attività di volontariato, imparano nuove cose con i workshops, conoscono nuove realtà e crescono insieme costruendo e rendendo sempre più forte il legame tra loro che sfocia a servizio della città.

E quest’anno neanche il Covid-19 ha fermato l’entusiasmo dei ragazzi. “Sabato – racconta Chiara – siamo partiti più carichi che mai e la mattina, con un gioco di ruolo, abbiamo indossato i panni di richiedenti d’asilo o poveri con lo scopo di trovare un posto per dormire alla Caritas, poi il pomeriggio abbiamo viaggiato in varie parti del mondo, catapultati in nazioni che combattevano per acqua e beni e abbiamo sperimentato che solo condividendo e non sprecando possiamo veramente convivere”.

Un programma frizzante dove il gioco diviene momento di formazione per poi scoprire più da vicino realtà che già operano all’interno del tessuto sociale a favore dei meno abbienti.  “Ad Ascoli  – spiega Sara – abbiamo conosciuto le realtà del Passamano e del P.A.S. (che racchiude al suo interno 18 diverse associazioni): due esperienze concrete in cui si può cogliere da vicino cosa significa condividere beni materiali a favore dei più bisognosi ma anche lavorare assieme come città per rispondere oggi al grande problema della povertà”.

Non sono mancati momenti per lavorare in piccoli gruppi e affrontare temi come l’ecologia, la cittadinanza attiva, l’economia e in modo particolare il nuovo slancio della Prophetic economy: “al termine di ogni mattina – racconta Antonio – abbiamo condiviso le nostre riflessioni e per evitare assembramenti ci siamo collegati anche via zoom. I pomeriggi, invece, ci siamo dedicati a varie attività come riciclaggio (abbiamo creato dei portachiavi), cucina (gustando le focacce preparate da noi) e giornalismo (e questo articolo che leggete è frutto di quanto abbiamo imparato)”.

Un programma intenso che ha coinvolto alla sera anche gli adulti tramite collegamenti via zoom per conoscere più a fondo l’enciclica di Papa Francesco “Laudato Si” e anche l’esperienza di Tarek, mediatore culturale che attualmente lavora a Lampedusa.

E per sintetizzare bene questa esperienza, troviamo sui social un post di Rebecca: “Testimonianze, rapporti, informazione… alcune delle parole che mi vengono in mente quando penso a tutto questo. Arrivata a metà della settimana di fraternità mi trovo a pensare a questi giorni e a come questa esperienza soprattutto in questo periodo sia così essenziale. La netta differenza con le settimane degli anni precedenti e allo stesso tempo lo spirito che è sempre quello permettono di vivere un’ attività del genere al tempo del Covid-19”.

Andrea Arleo