L’amore per l’altro deve pur costare qualche cosa!

Dopo la laurea ho trovato un lavoro interessante fuori città. Si parte presto in treno e si ritorna tardi la sera. Di tempo per me resta solo il sabato, perché la domenica ho diversi impegni in parrocchia. So che mia madre desidera partecipare alle mie scelte. Così per farla contenta mi faccio accompagnare nelle mie compere.

E’ qui che scopro un suo atteggiamento che non va: la commessa non ha neppure il tempo di mostrare l’oggetto richiesto che la mamma già ne chiede un altro e poi un altro ancora senza neppure guardare. Leggo dapprima il disappunto in faccia alla commessa, poi il nervosismo, che mi coinvolge e rovina questi momenti piacevoli. Decido di non interpellarla più ed esco sola. 

Ma non sono contenta.  Trascorre qualche sabato, le parlo ed usciamo di nuovo insieme. Lei non è cambiata, ma l’amore per l’altro deve pur costare qualche cosa!




Erminio Longhini: bravo medico, grande uomo

10-11-2016 di Silvano Gianti
fonte: Città Nuova

Un ricordo di questo professionista, scomparso nei giorni scorsi, medaglia d’oro al merito per la Sanità e fondatore, insieme alla moglie Nuccia, dell’associazione volontari ospedalieri, Avo

«Ringrazio l’Eterno Padre perché nella mia vita ho avuto molto più di quanto immaginavo. Ringrazio Maria, e tutte le sere concludo le mie preghiere dicendo: “Visto che sono alla fine della mia vita fammi morire a casa, se possibile con il conforto di un sacerdote, ma soprattutto sii Tu a venirmi a prendere e sarà piena letizia: ti sentirò e ti vedrò”». Concludeva così una sua testimonianza data davanti ad un gruppo di amici all’inizio dell’estate scorsa, il professor Erminio Longhini già primario nel reparto di Medicina interna presso l’ospedale di Sesto San Giovanni a Milano.

L’età avanzata, gli acciacchi che ultimamente si erano fatti sentire in maniera molto forte, gli avevano prefigurato un quadro clinico che lui da medico aveva ben capito. «Quando mi chiedono come mi sento mi viene istintivamente di rispondere: come una foglia d’autunno in una giornata di vento. Sembrerebbe più desiderabile il venire della sera della vita. Poi capisco che si nasconde una tentazione e al mattino, al risveglio, capisco che mi viene donato un altro giorno di vita e che la vita è vivere il momento presente – la misericordia per quanto riguarda il passato e la speranza per l’avvenire».

E la sera della vita, per Erminio è sopraggiunta come una carezza di Maria. Materna, serena. Lui l’aveva invocata: «sii Tu a venirmi a prendere e sarà piena letizia: ti sentirò e ti vedrò». Erminio Longhini, la nostra rivista ne ha parlato più volte – è stato un medico particolare. Un grande uomo della medicina che ha saputo chinarsi sulle ferite delle persone e a sollevarsi solamente quando da quelle ferite era riuscito a trovarvi un rimedio. Una soluzione. Per lui la persona è sempre stata al centro di tutto il suo agire.

Per un paziente raccontava, studiava ore ed ore, faceva ricerca, provava soluzioni, finché otteneva quanto desiderava. Serio, scrupoloso, esigente e intransigente. E tenero. Sì, a Michela hai rivelato la tenerezza del papà per la figlia e lo hai fatto a modo tuo. Non tutto, non subito, ma alla fine dei tuoi giorni in un gioco di carezze, di sguardi, di gesti e di intese che rivelano il grande cuore di un grande medico, ma ancor più di un grande papà, che da piccolo avrebbe voluto diventare ingegnere minerario, ma per accondiscendere ai genitori si era iscritto a medicina. Ma appena laureato lo spauracchio: «non pensavo di riuscire a sopportare il peso dei problemi dei malati e tentai delle scappatoie».

Poi guardando la Madonna a Lourdes, una sera, «mentre pregavo, fui illuminato da un pensiero: “Nella vita non occorre essere il vangatore, ma occorre essere una buona vanga”. Mi sembrò un vero patto: avrei avuto nell’esercizio medico l’aiuto di Maria se avessi fatto completamente il mio dovere di preparazione». Erminio prende con sé stesso l’impegno che a qualunque punto della sua carriera fosse arrivato, avrebbe sempre dedicato allo studio almeno due ore giornaliere.

Nuccia fu una sposa e una moglie straordinaria: «Lavoravo dalle 7 del mattino all’1 di notte per le esigenze del lavoro e della ricerca. Quando tornavo a casa spesso non riuscivo ad aprire la porta perché Nuccia si stendeva su una coperta per terra, in modo che al mio arrivo obbligatoriamente la svegliassi e così potesse riscaldarmi la cena». Dal matrimonio nascono tre bambini, Stefano, Michela e Matteo, e il culmine della carriera arriva con la nomina a primario a Sesto San Giovanni.

Grazie a generosi contributi di una imprenditrice, mette in piedi un reparto di medicina interna con apparecchiature all’avanguardia ed accoglie giovani laureati italiani e di paesi in via di sviluppo che possono formarsi. Riesce a motivare colleghi ed infermieri e la divisione medica da lui diretta diviene una delle migliori, sia come rapporto umano che tecnico, con centinaia di ricerche pubblicate. Capisce che non basta curare la malattia, ma occorre prendersi cura della persona.

Coinvolge la Facoltà di Sociologia dell’Università Cattolica per una ricerca in 40 ospedali lombardi, da cui emerge che il maggior disagio dei malati è la perdita di autonomia, il dover dipendere da un altro. «Mi viene un’idea che comunico a mia moglie e ad alcuni collaboratori: perché i nostri amici non donano un po’ del loro tempo per instaurare un rapporto umano, uno scambio d’amore con i nostri malati? Ebbene, non senza ostacoli e mille complicazioni riusciamo a portare i primi 30 volontari in corsia, disposti ad occuparsi dei malati oltre le cure».

Da questo piccolo gruppo di volontari, e con l’operosità e tenacia di Nuccia, nel 1976 nasce l’Avo (Associazione volontari ospedalieri). «È lo Spirito Santo, bisogna andare avanti così», lo incoraggia il cardinal Martini, e lo stesso papa San Giovanni Paolo II: «Sono contento, dica ai suoi amici di continuare così». L’Avo si diffonde in tutta Italia e conta oggi 25.000 volontari in 250 ospedali. E Longhini continua a formare spiritualmente i volontari con scritti e videomessaggi fino alla fine.

Per questo suo impegno, nel 2004 è insignito con la medaglia d’oro al merito della Sanità dal presidente Ciampi. In questi ultimi anni si affina in lui la mitezza, l’abbandono in Dio, la gratitudine per i doni ricevuti e per il rapporto costruito con tanti nel Movimento dei Focolari. «Grazie a voi fratelli, perché se tante realtà mi sono entrate in cuore è frutto di aver vissuto con voi ciò che poi ho cercato di diffondere».

Nel comunicato dell’Avo inviato a tutte le sedi italiane dal suo attuale presidente si legge: «Ci lascia un grande uomo, capace di cogliere con la sua sensibilità, con l’umanità e con la sua fede quell’essenziale che spesso gli occhi non vedono e nemmeno le menti. Non ci lascia però soli, anzi, ognuno di noi lo ritroverà nel proprio servizio se saprà mettere a frutto tutto il sapere, la saggezza, la profondità che Erminio ci ha sempre comunicato ed insegnato».

Vedi anche articolo: il-ricordo-di-erminio-longhini




Non sarà un impegno breve

Il racconto di un sacerdote dai luoghi del terremoto. Il numero ingente degli sfollati richiede interventi efficaci e rapidi.

In questi giorni stiamo vivendo tutti una nuova esperienza riguardo al terremoto che sta da mesi colpendo le nostre terre. Ad ogni nuova scossa viviamo nell’apprensione e si allarga la zona di risentimento, con ingenti danni alle strutture e alle case. 

don-paoloUn fenomeno che ci coinvolge sempre più direttamente, sia perché nell’entroterra ci sono sempre più case, chiese e strutture inagibili, sia perché sulla costa si è chiamati a dare ospitalità ad un numero crescente di sfollati, ospitati in strutture, hotel o in famiglie. 

Un impegno duplice: quello della prevenzione e della messa in sicurezza da un lato, e quello dell’accoglienza e dell’assistenza dall’altro. 

Come si sa, a Porto S. Elpidio, presso il camping Holiday, è stato istituito un centro operativo della Protezione civile per questa parte della zona costiera. In città sono ospitate oltre 1000 persone, famiglie intere con bambini e anziani, che da alcuni giorni hanno trovato accoglienza nei tre camping della città e negli hotel. Tutto questo prima della forte scossa di domenica. Sono persone di Ussita, Castel Sant’Angelo sul Nera, Visso, ecc… che erano state colpite dalle precedenti due scosse. In pochi giorni attraverso il centro di accoglienza sono transitate oltre 3000 persone, reindirizzate in altre strutture, a Civitanova Marche e lungo tutta la nostra costa. Purtroppo, a seguito della scossa di domenica la situazione si è improvvisamente aggravata, con un progressivo esodo dai paesi dell’interno, come Camerino, San Severino, Tolentino, ecc… per citare solo i maggiori. 

aiuto-ai-terremotatiSubito si è attivata una rete di solidarietà, anche se ancora in modo molto spontaneo, e pian piano si sta cercando di capire cosa possiamo fare e cosa serve davvero. 

Personalmente, sono stato più volte (ogni giorno) nel centro di accoglienza presso l’Holiday, rispondendo ad alcune richieste concrete espresse anche dal sindaco. Inoltre è giunta la richiesta da parte di un Camping, “La Risacca”, di cose molte concrete da reperire per i 280 sfollati accolti dal camping. Abbiamo pensato di dare una risposta immediata acquistando il necessario, attingendo al fondo diocesano che avevamo raccolto per il terremoto e che non avevamo ancora versato in quanto attendavamo di poterci incontrare e mettere insieme ancora alcuni contributi di alcuni gruppi che mancavano. 

Questo per far fronte alle primissime necessità, in quanto gli aiuti tramite la Protezione civile erano ancora insufficienti. Già nei giorni successivi si è registrata una maggiore organizzazione. Inoltre, in vari luoghi si è attivata una raccolta di indumenti e generi di prima necessità. La Caritas diocesana e quella regionale, presente anche quella Ambrosiana (di Milano) si sono trovate per fare il punto della situazione e capire come muoversi in concreto nei giorni successivi.
Il direttore del camping “La risacca”, anch’egli presente, ha ringraziato per il contributo concreto dato dal Movimento dei Focolari in tale circostanza. Molti di noi sono impegnati su più fronti. Penso ai tanti parroci che hanno tutte le chiese inagibili (d. Samuel, fra Andrea) o solo alcune (d. Sandro, d. Pierluigi, Leandro…) e quelle comunità dove oltre le chiese anche le strutture parrocchiali sono state lesionate (come Corridonia). Penso a Donatella che in questi giorni ospita i suoceri sfollati da Tolentino, e chissà quanti altri casi simili. Da domani anche noi sacerdoti di Porto Sant’Elpidio ospiteremo il parroco di Ussita e Castel Sant’Angelo, per permettergli di stare vicino alla sua comunità sfollata. Anche lui ha perso chiese e casa parrocchiale, o meglio un intero paese. Ieri, infatti, dopo aver consegnato il mio ultimo carico al camping, ho conosciuto la tabaccaia di Ussita. Subito mi è venuto di ricordare i campiscuola e le uscite che tutti noi penso abbiamo fatto in quei luoghi. Lei, con grande dignità mi ha detto: «Lo sai che tutto questo non c’è più». Lo sapevo, ma sentirlo dire con chiarezza e lucidità da lei è stato un tuffo al cuore. E mi ha detto che anche il paesaggio è cambiato, perfino il Monte Bove. Credo che ancora facciamo fatica a comprendere i cambiamenti che questo terremoto sta imponendo alle nostre vite e a quelle di tanti. 

Queste dunque alcune prime esperienze. 

aiuto-terremotatiCerto, in queste ore, tutti ci stiamo chiedendo: cosa possiamo fare in concreto e quale contributo possiamo dare come Movimento? Si sente l’urgenza di fare qualcosa. Dunque, ecco alcune indicazioni condivise anche nella riunione di oggi con la Caritas. 

Come prima cosa, occorre informarsi su cosa serve davvero. Sembra scontato, ma non lo è, in quanto in questi primi giorni c’è anche una mancanza di informazioni (le notizie arrivano a fatica e spesso non attraverso canali ufficiali) e ciò è comprensibile, perché si è impegnati su una prima accoglienza e la situazione è in continua evoluzione. Quindi occorre fare la fatica di chiedere direttamente alla Protezione civile del proprio paese, o alla Caritas, o se si conoscono le strutture di accoglienza, a qualcuno del posto. 

Agire in modo concreto e, possibilmente, mettendosi insieme. Occorrerà ancora qualche giorno, superata la prima emergenza, per capire quali progetti si potranno attivare in ogni zona più a lungo termine, per l’animazione dei bambini o il sostegno agli anziani, l’aiuto scolastico, ecc… Anche qui il consiglio è di verificarlo sul proprio territorio. 

In questa prima fase, è da evitare l’azione isolata o invadente, per non intralciare i soccorsi e soprattutto per permettere il consolidarsi dell’organizzazione di chi è chiamato a farsene carico. Ho potuto constatare come la presenza a volte di troppi volontari può essere anche controproducente. Inoltre, il coordinamento sta passando direttamente alla Protezione civile nazionale e questo richiede una maggiore attenzione.

La Caritas nazionale e quella regionale inoltre hanno garantito il loro contributo e presto, dopo una prima fase di raccolta delle informazioni e di comprensione dei bisogni, saranno attivati progetti mirati di aiuto. 

La consapevolezza è che non sarà una cosa breve, e che anche la ricostruzione richiederà tempo e pazienza. Viviamo un tempo speciale che ci chiede uno sforzo di carità e di perseveranza, come ricordato dal messaggio del Vescovo di oggi: «Vi incoraggio a perseverare perché nella fragilità dell’esistenza e delle strutture risplenda la compattezza di una Chiesa di pietre vive, che siamo noi».

Altra esperienza:

http://www.cittanuova.it/c/458159/Le_caprette_di_Marco_e_Jessica.html

 

 




Sinodalità stile di vita

A Sassone (Rm), seconda tappa del “percorso ecclesiale” della Chiesa in italia a un anno dal convegno di Firenze. Incontro con mons. Galantino, segretario generale della Cei

Lo scorso 11 ottobre, anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, una quarantina di sacerdoti del Movimento dei Focolari, ritrovatisi a Sassone, vicino Roma, per il secondo appuntamento di un percorso che vuole dar vita ad un “cantiere ecclesiale”, hanno vissuto un momento particolarmente significativo: il dialogo con mons. Nunzio Galantino, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana.

Dopo l’incontro dell’aprile scorso (vedi Un cantiere in cui operare insieme su Città Nuova online del 2 maggio), si era fortemente auspicata questa seconda tappa come l’occasione di metterci in ascolto di ciò che lo Spirito dice alla Chiesa e cogliere ciò che in questo momento storico è più urgente alla missione in Italia.

img_3741Ed è stato così! Abbiamo avvertito infatti – grazie all’intervento del vescovo – che le urgenze di questo tempo sono un appello a cui dare una risposta responsabile; pongono la necessità di vincere l’irrilevanza nella quale cade la Chiesa quando è contagiata da «malattie mortali» come il cadere nei luoghi comuni e nella retorica, l’usare un linguaggio politicamente corretto, che però è incapace di convertire «cuore, mente e mani». Per questo mons. Galantino ha invitato a far emergere lo «specifico» della comunità cristiana: la Vita che scaturisce dalla Parola di Dio e dalla preghiera e alimenta quello stile sinodale più volte richiamato da papa Francesco; «perché la sinodalità, prima che una struttura ecclesiale, è stile di vita che prende sul serio i verbi indicati nel capitolo ottavo della “Amoris laetitia”: accompagnare, discernere e integrare la fragilità. Perché la vita interiore è possibile solo nella comunione».

Le domande e le risposte che ne sono seguite hanno ancor più evidenziato l’importanza di fare di più e meglio perché la Chiesa per la presenza del Signore contagi le persone e moltiplichi luoghi e ambienti in cui vivere la comunione e l’unità.

Su cosa lavorare dunque nei prossimi mesi? Diverse erano le proposte: sinodalità, situazioni di difficoltà e fragilità dei preti, rapporto preti-laici, una formazione adeguata ai tempi, la Parola di Dio nella vita e nella formazione, valorizzare di più le esperienze pastorali, identità e dialogo con il mondo, attenzione alle nuove generazioni, unità nella diversità, la profezia nella Chiesa, scuole di comunione e fraternità… All’unanimità si è pensato di partire dal tema della sinodalità, che, come per i discepoli di Emmaus, è l’esperienza dell’incontro con il Risorto.

Don Emilio Rocchi – Don Mario Benedini – Don Sergio Pellegrini

 

 




Il “metodo” della comunione

Punti di vista n. 12

In un recente convegno dei responsabili dei Focolari nel mondo
– 200 persone dall’Europa –, le tematiche hanno spaziato dal rapporto con l’Islam all’impatto delle migrazioni nei nostri Paesi, dall’impegno per la pace alla riforma di papa Francesco, dall’ambito sociale a quello giovanile e familiare.

Una riflessione importante è stata quella sulle varie modalità che un’azienda, un ente, una qualsiasi associazione ha di organizzarsi. Diverse esperienze, numerose le possibili risposte. Un partecipante suggeriva semplicemente una prassi: adottare un metodo “comunionale”, dialogico, che chiede il coinvolgimento di tutte le persone interessate alla decisione.

Semplicemente perché lo Spirito soffia «dove vuole e quando vuole», e ognuno può portare un contributo. Ciò richiede di educarsi all’ascolto e al dialogo, di essere disponibili a un processo di sintesi, di avere la capacità di rinunciare a tutto ciò che risulta accessorio per dare importanza ai contenuti essenziali, anche se applicati in maniera innovativa, diversa rispetto alla prassi consueta.

Rosalba Poli e Andrea Goller

Fonte: Rivista città Nuova n. 11/Novembre 2016 pag. 43




Le radici del successo

Punti di vista n. 11

Noni nel medagliere con 39 medaglie. Il bilancio della spedizione azzurra alle Paralimpiadi di Rio non è solo nei numeri, che comunque un loro significato ce l’hanno: più medaglie rispetto a quelle vinte nelle Olimpiadi dei normodotati e più di quelle ottenute nell’edizione precedente. Del bilancio fanno parte i tanti messaggi che questi atleti hanno lanciato a chi li ha seguiti. «Tutti noi siamo passati attraverso un momento di grande sofferenza, un trauma, una patologia. E la condivisione di questo passaggio ci caratterizza come una famiglia», ha affermato il presidente del Comitato italiano paralimpico, Luca Pancalli.

E poi la scelta della localizzazione di Casa Italia: una parrocchia. Coi soldi risparmiati l’arcidiocesi costruirà campi sportivi per disabili in una favela. Che dire, infine, della gioia di chi ha ottenuto il podio? Sembrava quasi che rendesse grazie alla vita – che pure potrebbe considerare debitrice –, senza recriminazioni o esibizioni di forza. Si capisce quanto gli ingredienti del successo abbiano radici profonde. E non è forse degli italiani tirar fuori il meglio di sé nelle situazioni difficili?

Rosalba Poli e Andrea Goller

Fonte: Rivista Città Nuova n.10 del 2016 pag. 43




Era il nostro dovere

Punti di vista n. 10

«Abbiamo fatto il nostro dovere». Questa la frase, e non di circostanza, che abbiamo sentito pronunciare da chi si è prodigato nelle operazioni di soccorso scattate subito dopo il terremoto dello scorso 24 agosto. Lo abbiamo letto da più parti, e non solo sulla stampa italiana: i volontari che hanno scavato, sottraendo alla morte 237 vite e restituendo alla pietà dei loro familiari e delle comunità le quasi 300 vittime del sisma, sono stati il volto confortante di questa tragedia, insieme a tutti quelli che si sono adoperati e si stanno adoperando per alleviare il dolore di chi ne è stato direttamente toccato. Senza esibizionismo, appunto, senza cercare pubblicità: semplicemente essendo lì, a fianco di persone sconosciute ma diventate prossime. Sentendo ripetere la frase citata all’inizio, davanti alle telecamere dei giornalisti, come di fronte ai rappresentanti delle istituzioni che ringraziavano i volontari a nome degli italiani, ci è venuto in mente quel passaggio del Vangelo dove Gesù suggeriva di imitare il comportamento dei propri sottoposti: «Dite: “Siamo servi inutili, abbiamo fatto quanto dovevamo fare”» (Lc 17, 10). Una lezione.

Rosalba Poli e Andrea Goller

Fonte: Rivista Città Nuova n.9 del 2016 pag. 47




I bambini ci raccontano come vivono il Vangelo

  • In questo periodo la mia mamma lavora tanto e non mi dedica tante attenzioni come faceva prima. Stiamo meno tempo insieme e pensando che in casa manca anche il papà… Nella preghiera ho parlato con Gesù di questa situazione e gli ho detto che volevo unire questa piccola sofferenza alle sue. Ho provato una gioia speciale.
  • In classe è arrivata un supplente per il quale non provo simpatia e così ho parlato male di lui. Quando ho parlato con Gesù nella preghiera mi sono vergognata di quello che avevo detto. Purtroppo la cosa era già fatta. Allora ho pensato di unire la sofferenza per questo mio errore a quelle di Gesù, ed ho ritrovato la pace nel mio cuore.

bambino

 

  • Una mia compagna di classe non riusciva ad aprire la bottiglietta dell’acqua. L’ho aiutata appoggiando la bottiglietta sul banco, ma lei l’ha fatta cadere. La colpa era sua e toccava a lei pulire. Ma mi sono presa io la colpa e l’ho aiutata a pulire.

 

  • Mia sorella mi dice spesso parole offensive che sono difficili da sopportare. Adesso però ho imparato che posso unire questa sofferenza a quelle di Gesù , che è infinitamente buono e tutto mi diventa più facile. Così sono libera nel cuore ed è più facile aiutare le persone che mi circondano e questo è molto importante.
  • Qualche giorno fa il mio papà mi ha offeso e mi ha trattato male. Io mi sono sentito inutile e non amato da una persone che per me è importantissima! L’ho perdonato anche se sono ancora un po’ ferito. Sono certo che dentro di lui c’è Gesù.

 

 




Bando Premio “Chiara Lubich per la fraternità”

BANDO 2017 – PREMIO INTERNAZIONALE “CHIARA LUBICH PER LA FRATERNITÁ”

“Chiunque, da solo, si accinge oggi a spostare le montagne dell’indifferenza, se non dell’odio e della violenza, ha un compito immane. Ma ciò che è impossibile a milioni di uomini isolati e divisi, pare diventi possibile a gente che ha fatto della fraternità universale il movente essenziale della vita.” CHIARA LUBICH

PREMESSA

Il 4 Dicembre 2008 nasce a Rocca di Papa (Roma) l’Associazione “Città per la Fraternità”.

L’Associazione vuole essere un’esperienza di dialogo e confronto ed una rete tra Comuni ed altri Enti Locali che intendono promuovere, nell’ambito del più vasto e complesso lavoro di tipo politico-amministrativo, un laboratorio permanente di esperienze positive da mettere in rete e moltiplicare, dove vengano in rilievo la pace, i diritti umani, la giustizia sociale e specialmente la fraternità universale.

Vi possono aderire Comuni di ogni parte d’Italia e di ogni dimensione. In qualità di membri onorari possono richiedere l’iscrizione anche Comuni e municipalità di ogni parte del mondo. Altresì possono richiedere l’iscrizione anche altri Enti Locali quali Province e Regioni.

L’Associazione Città per la Fraternità vuole essere innanzitutto un punto di riferimento, autonomo ed indipendente, e una sede di raccordo, una “rete”; non intende essere una semplice organizzazione, ma un luogo agile e flessibile di idee, verifica e progettazione comune.

L’Associazione, in questa luce, vuole favorire la conoscenza reciproca, lo scambio di informazioni e lo sviluppo della collaborazione tra quanti intendono lavorare per la fraternità.

L’Associazione vuole essere anche luogo d´unità: un luogo dove il movimento delle città per la fraternità possa definire un programma di attività e un´agenda comune, attivare e alimentare processi, non solo realizzare eventi.

L’articolo 4 dello Statuto dell’Associazione prevede l’istituzione del Premio internazionale ispirato a Chiara Lubich, che ha sviluppato in tutta la sua vita il disegno della fraternità universale, Premio che verrà selezionato ed assegnato da parte di una giuria di esperti individuata annualmente e presieduta dal Presidente dell’Associazione.

REGOLAMENTO DEL PREMIO

Art. 1

Il premio

Il Premio, consistente in una originale scultura artistica raffigurante un simbolo di fraternità, è assegnato ad un Ente Locale (o eventualmente a più amministrazioni che presentano un progetto unico, individuandone, comunque, uno capofila), valutando l’attuazione di un progetto che, lungo il suo ciclo di vita, rappresenti la declinazione di uno o più aspetti del principio della fraternità applicato alle politiche pubbliche, realizzato in sinergia tra Amministrazione Comunale, Comunità locale e società civile organizzata (associazioni, gruppi, comitati, ecc.) o altresì da Persona con ricadute comunitarie.

Il progetto può essere esposto con:

a) elaborati di testo
b) elaborati ipertestuali e/o multimediali
c) elaborati audiovisivi
Riconoscimenti Speciali o Menzioni D’onore

La giuria potrà attribuire uno o più riconoscimenti speciali e/o menzioni d’onore ad altri progetti che si siano particolarmente distinti, come esperienze di fraternità universale nella comunità cittadina.

Art. 2

Partecipanti e caratteristiche

Al concorso possono partecipare Enti Locali (Province, Regioni, Comunità Montane, ecc.) italiani e di qualunque altra parte del mondo e dimensione.

Progetti e iniziative possono concorrere se:

Istituiscono e/o diffondono, nel territorio principalmente locale, ma anche nazionale e internazionale, pratiche di fraternità universale, secondo le diverse accezioni di significato di tale principio;
Stimolano i cittadini a impegnarsi per il bene comune e a partecipare alla vita della comunità civile,
Favoriscono la crescita di una cultura della cittadinanza attiva e inclusiva.
Il progetto deve essere rappresentativo di un modo di amministrare non episodico e sempre più consapevole del valore del principio della fraternità universale.

Da parte di amministrazioni pubbliche e altri soggetti sociali, economici, culturali, è possibile sia auto-candidarsi, che segnalare progetti altrui. Tutte le segnalazioni devono essere inviate entro e non oltre il 10 gennaio 2017 alla Presidenza dell’Associazione “Città per la Fraternità”, c/o Comune di Castel Gandolfo, Piazza Libertà, 7 00040 Castel Gandolfo (Rm).

Se il materiale fosse esclusivamente scritto, o comunque con allegati di dimensioni non eccessive, può essere anche inviata via mail agli indirizzi e-mail:

associazionecittafraternita@gmail.com

info@cittaperlafraternita.org

Nella domanda di partecipazione vanno indicati:

Nome del Comune, dati del Sindaco pro-tempore, indirizzo completo, telefono, fax, indirizzo e-mail
Nome del progetto o dell’iniziativa e abstract di massimo di tre cartelle A4
Allegato (nelle forme previste dall’art. 1) che descriva dettagliatamente il progetto e il suo processo.
Il materiale trasmesso non verrà restituito.

Art. 3

La giuria

Tra tutte le segnalazioni ricevute, la giuria, composta dai membri del Comitato dei Garanti dell’Associazione, sceglierà il miglior progetto.

La decisione della giuria è inappellabile e insindacabile dai partecipanti, che ne accetteranno senza condizioni i contenuti.

Ai vincitori sarà data comunicazione ufficiale via posta e/o posta elettronica, con anticipazione per via telefonica.

Art. 4

Proclamazione dei vincitori e premiazione

La premiazione avverrà, presumibilmente a Roma, nel febbraio 2017 in data, luogo da specificare e confermare.

Art. 5

Modifiche al regolamento

La presidenza dell’Associazione si riserva il diritto di integrare il presente regolamento.

Per ogni informazione, contattare la segreteria organizzativa ai numeri 3404182127 – 3474573988, o per e-mail: associazionecittafraternita@gmail.com info@cittaperlafraternita.org




Novembre 2016

 
“Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Fil 4,13)
 

 

Ci sono momenti nei quali ci sentiamo contenti, pieni di forze e tutto sembra facile e leggero. Altre volte siamo assaliti da difficoltà che amareggiano le nostre giornate. Possono essere i piccoli fallimenti nell’amare le persone che ci sono accanto, l’incapacità di condividere con altri il nostro ideale di vita. Oppure sopraggiungono malattie, ristrettezze economiche, delusioni familiari, dubbi e tribolazioni interiori, perdita di lavoro, situazioni di guerra, che ci schiacciano e appaiono senza via di uscita. Ciò che pesa maggiormente in queste circostanze è sentirci costretti ad affrontare da soli le prove della vita, senza il sostegno di qualcuno capace di darci un aiuto decisivo.

Poche persone come l’apostolo Paolo hanno vissuto con tanta intensità gioie e dolori, successi e incomprensioni. Eppure egli ha saputo perseguire con coraggio la sua missione, senza cedere allo scoraggiamento. Era un supereroe? No, si sentiva debole, fragile, inadeguato, ma possedeva un segreto, che confida ai suoi amici di Filippi: “Tutto posso in colui che mi dà la forza”. Aveva scoperto nella propria vita la presenza costante di Gesù. Anche quando tutti lo avevano abbandonato, Paolo non si è mai sentito solo: Gesù gli è rimasto vicino. Era lui che gli dava sicurezza e lo spingeva ad andare avanti, ad affrontare ogni avversità. Era entrato pienamente nella sua vita divenendo la sua forza.

Quello di Paolo può essere anche il nostro segreto. Tutto posso quando anche in un dolore riconosco e accolgo la vicinanza misteriosa di Gesù che quasi si identifica e prende su di sé quel dolore. Tutto posso quando vivo in comunione d’amore con altri, perché allora Egli viene in mezzo a noi, come ha promesso (cf Mt 18,20), e sono sostenuto dalla forza dell’unità. Tutto posso quando accolgo e metto in pratica le parole del Vangelo: mi fanno scorgere la strada che sono chiamato a percorrere giorno dopo giorno, mi insegnano come vivere, mi danno fiducia.

Avrò la forza per affrontare non soltanto le mie prove personali, o della mia famiglia, ma anche quelle del mondo attorno a me. Può sembrare un’ingenuità, un’utopia, tanto immani sono i problemi della società e delle nazioni. Eppure “tutto” possiamo con la presenza dell’Onnipotente; “tutto” e solo il bene che Egli, nel suo amore misericordioso, ha pensato per me e per gli altri attraverso di me. E se non si attualizza subito, possiamo continuare a credere e sperare nel progetto d’amore di Dio che abbraccia l’eternità e si compirà comunque.

Basterà lavorare “a due”, come insegnava Chiara Lubich: «Io non posso far nulla in quel caso, per quella persona cara in pericolo o ammalata, per quella circostanza intricata… Ebbene io farò ciò che Dio vuole da me in quest’attimo: studiare bene, spazzare bene, pregare bene, accudire bene i miei bambini… E Dio penserà a sbrogliare quella matassa, a confortare chi soffre, a risolvere quell’imprevisto. È un lavoro a due in perfetta comunione, che richiede a noi grande fede nell’amore di Dio per i suoi figli e mette Dio stesso, per il nostro agire, nella possibilità d’aver fiducia in noi. Questa reciproca confidenza opera miracoli. Si vedrà che, dove noi non siamo arrivati, è veramente arrivato un Altro, che ha fatto immensamente meglio di noi» (1)

Fabio Ciardi

1.Chiara Lubich, Scritti Spirituali/2, Città Nuova, Roma 19972, pp.194-195.

    

Audio Parola di Vita – Novembre 2016




Un carisma che si incarna

Riflessioni profonde ed esperienze concrete, vita e pensiero all’incontro delle e dei volontari italiani a Castel Gandolfo

Il secondo giorno del congresso delle e dei volontari italiani in corso a Castel Gandolfo si apre con una sorpresa: alla presenza di don Andrea De Matteis, vicario del vescovo e cancelliere della diocesi di Albano, viene firmato l’atto costitutivo col quale i volontari si assumono la responsabilità di essere promotori del processo di canonizzazione di Domenico Mangano, un volontario della prima ora, partito per il Cielo nel 2001.

congresso-aperturaE’ una conferma, se mai ce ne fosse bisogno, di quanto questa vocazione, vissuta con radicalità, possa costituire una vera e propria via di santità. La commozione è grandissima e non pochi devono trattenere le lacrime alla notizia che viene data da Paolo Mottironi, responsabile internazionale dei volontari.
Il programma che si svolge subito dopo sembra spiegare il segreto dell’impegno nelle vicende umane radicato nelle cose di lassù. Una registrazione video di Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, entra nel mistero del dolore-amore di Gesù che in croce ha sperimentato la separazione dal Padre, noto ai presenti come il mistero di Gesù abbandonato. La presidente ripercorre l’esperienza di Chiara Lubich che più volte nella sua vita ha parlato di Gesù abbandonato, centro della sua vita e di quanti come lei si sentono chiamati a costruire l’unità. L’intervento si articola su due punti: Gesù abbandonato finestra di Dio spalancata sul mondo e finestra dell’umanità attraverso la quale si vede Dio.

«Se il dolore più grande di Gesù è stato l’abbandono noi lo scegliamo come ideale e lo seguiamo così», diceva la Lubich alle sue prime compagne, in una delle tante frasi che tradiscono la sua passione per Gesù abbandonato. E ancora oggi, laddove la meta dell’unità appare irraggiungibile, è quest’amore la chiave che spinge ad andare incontro all’umanità sofferente, senza Dio, priva di pace.  E’ quest’amore che fa ricomporre ogni disunità; è per quest’amore che si sta dentro le spaccature, le periferie esistenziali, le situazioni dove la morte sembra prevalere sulla vita, le tenebre sulla luce, l’odio sull’amore.

In fondo, pensando al tema del congresso, non si può non pensare che la più grande condivisione sia stata quella di un Dio che ha voluto condividere la nostra natura umana fino alla morte.

congresso secondo giorno esperienzeE’ grazie a questa misura di amore che prendono vita tante esperienze concrete che qui vengono condivise, e non solo in sala. Sul palco qualcuno racconta dell’impatto col dolore che ha il volto di una disabilità grave oppure dell’accoglienza dei profughi, degli studenti di tante nazionalità, dei minori stranieri, dell’impegno per la legalità, per la solidarietà. Ospite d’eccezione, Ariola Trimi, campionessa paralimpica, argento nei 50 stile libero, che offre una testimonianza significativa. Sua, tra l’altro, un’affermazione: «L’unica cosa che puoi fare quando ti succede una malattia come la mia è riuscire a capire non quello che hai perso, ma quello che ti è rimasto e cosa puoi fare con quello».

Esperienze con una dimensione civile della condivisione che emerge nelle sue potenzialità di fare sistema. Come d’altronde era stato evidenziato nella tavola rotonda di ieri sera dove la condivisione veniva presentata come una necessità e una risorsa per il mondo della ricerca, della scuola, dell’informazione, della società in genere.

Congresso secondo giorno ItaliaNella mattinata non manca uno sguardo alle sfide del Movimento dei Focolari, nel nostro Paese e non solo. Ne parlano Margaret Karram e Marc St-Hilaire, membri del Centro internazionale, e Rosalba Poli e Andrea Goller, responsabili del Movimento in Italia, reduci da un appuntamento che ha visto convergere la scorsa settimana a Castel Gandolfo, 200 responsabili dei Focolari da tutta Europa. Un appuntamento in cui, al di là delle diversità, emergeva la grande potenzialità di un’Europa unita.

Lo sguardo, quindi, travalica i confini nazionali e si apre al nostro continente e al mondo intero dove le comunità locali dei Focolari si attivano nei modi più diversi per promuovere la fraternità, a Sidney come a Recife, in Camerun come in Indonesia.

E’ l’occasione per sottolineare l’importanza di testimoniare insieme la vita del Vangelo; di impegnarsi nel dialogo a tutto campo con umiltà, capacità di ascolto e di mediazione; di continuare a dar vita a tutte quelle iniziative, numerose, che incidono sulla società; di privilegiare quell’ “abitare le frontiere e le periferie” che sta tanto a cuore a papa Francesco; di puntare a una radicalità di vita che non esclude nessuno, ma scatena una luce capace di mangiare il buio; di non avere paura del mondo, anzi di andare verso la gente, inserendosi nelle ferite delle divisioni. Di essere tutti insieme, insomma, promotori di quella incarnazione del carisma dell’unità che se è di tutti gli appartenenti al Movimento dei Focolari, lo è in maniera del tutto particolare dei volontari.

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Foto di Enzo Parenza

 

 




Giornalismo e migrazioni

Vedi articolo sull’evento: http://www.cittanuova.it/c/458020/Mediatori_culturali_e_mediatori_mediatici.html

Rassegna stampa: rassegna-migranti-e-giornalismo

Simposi del progetto: giornalismo-e-migrazioni

Tappa di Pozzallo: cs_netone_pozzallo

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L’appuntamento a Pozzallo di sabato pomeriggio 5 novembre, dalle 16 alle 19, è rivolto a giornalisti, esperti di comunicazione, operatori del settore, personalità civili e religiose, politici ed amministratori e rappresentanti di ONG, accademici ed operatori sociali, cittadini coinvolti e interessati a vario titolo al fenomeno delle migrazioni. Vuole essere un’occasione di approfondimento e di dialogo a partire dalla sfida quotidiana dell’accoglienza.

Il metodo è quello dell’ascolto ed interesse reciproco (tra giornalisti, tra giornalisti ed esperti, tra giornalisti, migranti e cittadini).
Pozzallo, dove si trova la sede del Centro mediterraneo di studi e formazione “Giorgio La Pira”(Via S.Giovanni, locali Chiesa S.Giovanni), realizzato dalla cooperativa “Fo.Co.” di Chiaramonte Gulfi e dal Centro internazionale “Giorgio La Pira” di Firenze, è l’unica tappa italiana dell’iniziativa di NetOne.
GIORNALISMO E MIGRAZIONI

Migrazioni nei Paesi di partenza e di arrivo: narrativa e interpretazioni. Natura dialogica del giornalismo e sua applicazione al fenomeno.

Pozzallo, Centro mediterraneo di studi e formazione “Giorgio La Pira”, via San Giovanni.

Palko Toth, giornalista, responsabile internazionale NetOne (Ungheria):

“Giornalismo e migrazioni nei Paesi del Gruppo di Visegrad. La chiusura e l’identità”

Michele Zanzucchi, giornalista e scrittore, direttore Città Nuova (Italia):

“Giornalismo dialogico e migrazioni. Il dovere di raccontare esaustivamente e il diritto di essere raccontati correttamente”

Stefania Tanesini, giornalista, responsabile comunicazione Loppiano – Firenze (Italia),

Giulio Meazzini, giornalista Città Nuova (Italia)

Cristina Montoya, sociologa della comunicazione, Ist. Univers. Sophia di Loppiano, (Colombia):

“Raccontare le migrazioni: la “cassetta degli attrezzi”, le basi sociologiche, la pratica

 




Condividere è una via all’unità

A Castel Gandolfo il primo incontro nazionale delle e dei volontari d’Italia

Sono 1850, arrivano da tutta l’Italia, con una piccola rappresentanza dall’Albania, e popolano ogni angolo del Centro Mariapoli di Castel Gandolfo.

Sono le e i volontari del Movimento dei Focolari (http://www.focolare.org/movimento-dei-focolari/scelte-e-impegno/volontari/), donne e uomini particolarmente impegnati a rinnovare ogni ambito del sociale. Ci sono quelli della prima ora, tanti, e quelli più giovani, numerosi anche loro. E’ la prima volta di un congresso nazionale che vede insieme comunqueimg_3752 solo una rappresentanza dei 7 mila (tra volontarie e volontari) presenti in Italia.

Inutile dirlo, in apertura, insieme a tanta gioia c’è anche una buona dose di emozione. “Condividere – Una via per l’unità”, il titolo del congresso, racchiude in sè un desiderio forte: leggere insieme il vissuto che si ispira al carisma dell’unità ed estrapolare buone prassi per indicare una via d’impegno per l’Italia.

img_3756E il pannello che campeggia all’ingresso del Centro Mariapoli esprime proprio lo sfondo su cui si situano i tre giorni del congresso. La frase è di Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari: «Ma, se dovevamo essere pronte a dare la vita l’una per l’altra, era logico che, intanto, occorreva rispondere alle mille esigenze che l’amore fraterno richiedeva: occorreva condividere le gioie, i dolori, i pochi beni, le proprie esperienze spirituali. Ci siamo sforzate di fare così perché fosse vivo tra noi, prima d’ogni altra cosa, l’amore reciproco».

Come dicono in apertura Franca Fiore e Manuel Comazzi, introducendo i lavori, ci si è mossi fra il coraggio di rischiare e la paura di osare, rimanere ormeggiati in un porto sicuro o prendere il largo. La decisione è evidente: uscire dalla zona comfort e mettersi in gioco. Perché un grande ideale, quello dell’unità, e le tante significative esperienze in grado di incidere sulla società fino a trasformarla, non possono essere tenuti nel cassetto.

Maria Voce, la presidente dei Focolari, si rende presente con un caloroso messaggio in cui parla, tra l’altro, di gioia nel vedere persone pronte «a testimoniare il carisma nelle sue espressioni più concrete» e augura di «guardare ogni particolare» con gli occhi di Maria Assunta.

Ad aiutare i presenti in un lavoro di riflessione spirituale e culturale intervengono Pasquale Ferrara, ambasciatore d’Italia in Algeria, e Gennaro Iorio, sociologo all’Università degli studi di Salerno.

img_3758L’unità dei popoli come orizzonte dell’agire quotidiano, con un impegno che parte dalla città e attinge radici in una dimensione “altra” è quanto emerge dall’intervento di Ferrara. Tre i testi di riferimento – tutti della Lubich – che cita: una sorta di “magna charta” particolarmente adatta ai volontari. Una città non basta, perché «l’ideale della nostra generazione è l’unità di tutti i popoli»; Ho un solo sposo sulla terra, perché per portare il Cielo nel mondo bisogna amare l’umanità che soffre; La resurrezione di Roma, testo nel quale la Lubich invitava a far sì che Gesù venisse «risuscitato nella Città eterna ed immesso dovunque. È la Vita e la Vita completa». E spiegava quanto questo atteggiamento non fosse «solo un fatto religioso», ma portasse ad avere lo stesso «occhio di Dio sull’umanità (…) Allora tutto si rivoluziona: politica ed arte, scuola e religione, vita privata e divertimento». «I volontari in Italia – conclude Ferrara – sono chiamati a intercettare le grandi questioni e, stando nel mondo “uomo accanto a uomo”, fare del Paese un laboratorio di unità».

“Condivisione o appropriazione. Verso un nuovo paradigma socio economico”, recita il titolo della relazione del sociologo Iorio, che inizia condividendo con la sala alcune domande: «È ancora attuale l’Ideale dell’Unità? Il testamento di Gesù ha un senso in quest’epoca segnata dalla frammentazione? O costituisce un nuovo tentativo di fuga dal mondo? O un pio desiderio che ha la funzione di confortare persone disorientate dal vortice del cambiamento? I volontari di Dio, propiziati da un fatto storico, dall’invasione dei carri armati russi in Ungheria, per fermare l’ondata dell’ateismo militante, hanno ancora un senso nel tempo che viviamo?». Domande importanti, che suscitano risposte articolate.

In maniera sintetica, Iorio ripercorre il percorso delle tre rivoluzioni (le prime due industriali, la terza tecnologica) che hanno inciso profondamente sul cammino dell’umanità, evidenziando che si sono verificate perché c’è stata una doppia esplosione: di energia e di informazione. Quanto sta avvenendo con l’innovazione tecnologica in atto offre una maggiore possibilità di dare attuazione al paradigma della condivisione che è collaborativo, aperto, trasparente, paritario e democratico.

A supporto della condivisione anche alcuni studi sociologici secondo i quali quando la ricchezza va oltre circa 20 mila dollari procapite la felicità decresce, mentre ciò che più si desidera è l’inclusione, cioè essere amati, appartenere.

«È il tempo della nostra responsabilità oggi – conclude Iorio -: il carisma dell’unità, che porta a condividere, ci mette nel cuore del tempo».

Il pomeriggio è dedicato a 150 gruppi di lavoro per ambiti e in serata si svolge una tavola rotonda dal titolo “Condividere: realtà, utopia, futuro”. Ne parleremo su un prossimo articolo

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Foto di Enzo Parenza




24 ORE DI LUCE, i giovani raccontano la santità

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E’ possibile essere santi nel XXI secolo? La vita di Chiara Luce Badano ne è la più luminosa conferma e le migliaia di persone, soprattutto giovani, che traggono ispirazione da lei ad ogni latitudine stanno a testimoniarlo.

I giovani raccontano la santità del secondo millennio. Saranno una quarantina di oltre 20 Paesi del mondo i giovani che a Loppiano raccoglieranno il testimone della vita di Chiara Luce Badano. Il 29 (giorno della sua festa liturgica) e il 30 ottobre prossimi due celebrazioni liturgiche e un appuntamento con musica e performance racconteranno le giornate, le conquiste e il dolore di una ragazza meno che ventenne che nel 1990 se n’è andata a causa di un tumore osseo. Le ci è voluta una manciata di anni per lasciare un segno che dura tutt’ora e non accenna a sparire; a dire che per cambiare il mondo non è questione di quantità, ma di qualità di vita.
Il suo “stile di vita” ha ispirato migliaia di persone in tutto il mondo suscitando vocazioni, cambi di vita, decisioni importanti le cui conseguenze sono impossibili da quantificare.
“Chiara Luce continua a cambiare il corso della storia attraverso di noi, cioè i ragazzi e le ragazze che l’hanno presa ad esempio e nella sua vita hanno trovato il coraggio di cambiare la propria”, ha spiegato uno dei giovani attori della performance che avrà luogo a Loppiano nel prossimo fine settimana.

24 ORE DI LUCE, il programma

29 ottobre
Santuario Maria Theotokos, ore 12.00 – S. Messa per la beata Chiara Luce Badano

30 ottobre
Auditorium, ore 10.15 – Giovani di tutto il mondo raccontano Chiara Luce: musica, testimonianze, performance
Santuario Maria Theotokos, ore 12.00 – S. Messa

www.loppiano.it

 




Ho trovato un modo bello di vivere, non voglio tornare indietro

Dopo anni di pausa, ho iniziato a frequentare di nuovo la parrocchia, dove ho scoperto un Dio meraviglioso, che mi ama senza misura. Da allora nella mia vita sono avvenuti molti cambiamenti. Innanzitutto sono scomparse le ansie e le paure legate al mio temperamento.

Poi, una fede più viva mi ha cambiato il cuore: mi sento sorella di ogni persona, anche questa è una scoperta straordinaria. Adesso è raro che mi sfugga un giudizio sugli altri, perché mi sento legata ad ognuno anche quando non lo conosco. Dio è Padre di ciascuno, e noi fratelli fra noi.

Da subito ho avvertito il bisogno di aiutare gli altri: con la presenza, con una parola da dire, con gesti concreti. Credo di aver scoperto l’amore verso gli altri. Voglio narrare di un aspetto particolare a cui non avevo mai dato valore prima: ho scoperto di avere tanto superfluo in cose e tempo. Un giorno con mia figlia ho aperto l’armadio della camera ed ho constatato che potevo benissimo vestirmi per due anni senza comperare alcun capo. Perdere l’assillo del comprare e dare l’equivalente ogni mese mi ha procurato tanta felicità.

Spesso invitavo i familiari ad uscire per andare al ristorante; quest’esigenza non la sento più. Sto benissimo a casa mia, posso risparmiare quella somma e darle. E mi sento felice. Non ho perso l’occasione di uscire con mio marito, ma ho acquistato l’occasione di stare con lui, più in pace, più nell’essenziale.

Ogni mattina andavo a prendere il caffè al bar. Mi sono chiesta: posso fare meglio? Sì, ad esempio prendere il caffè in casa con i figli o da un’amica per farle un poco di compagnia. Tutto questo senza nulla togliere nulla ad alcuno, anzi dando di più!

Non voglio voltarmi indietro, riprendere la strada di prima. Io ho trovato un modo bello di vivere.




Immischiati a scuola

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Finalmente faccio un lavoro importante

Qualche problema di salute negli anni dell’infanzia mi ha portato lontano da casa. Il ritorno in famiglia è avvenuto alle soglie della prima giovinezza.

La rabbia per non aver ricevuto tutto dalla vita come le mie coetanee, mi ha proiettato su ciò che era facile da ottenere: nottate con la compagnia, ritorni ad orari impossibili, libero amore, trasgressione.

Ora che ho varcato la soglia della mezza età, del mio passato, purtroppo, ricordo ben poco di positivo. Mi ritrovo senza amici veri e senza aver costruito rapporti profondi. Per di più nel cuore è distrutta anche la speranza di farmi una famiglia.

Una domenica, carica di delusioni, su invito di un’amica mi trascino in una chiesa. Mi sembra di respirare aria fresca, pulita. Anche qui si usa la parola ‘amore’, ma non con i significati che usavo io con gli amici di turno. Qui l’amore genera unione vera fra le persone, e non lascia amarezza.

Continuo a partecipare; vengo notata ed invitata a fare qualcosa per gli altri, ad amare gratuitamente.

Ascolto Gesù che nel Vangelo racconta di un padrone che chiama operai a tutte le ore, fin alle cinque del pomeriggio; e che alla fine da a tutti la stessa paga. Dopo il tanto tempo sciupato, io potrò lavorare un’ora sola, ma riceverò una paga uguale a quella degli altri.

Sono proprio contenta, ho un buon “titolare” e finalmente faccio un lavoro importante.

A.




Gen Verde: Concerto e progetto con i giovani a La Spezia

Gen Verde: Concerto”ON THE OTHER SIDE” + Giovani del progetto “START NOW”

16 novembre 2016 – 21 novembre 2016
Teatro civico di La Spezia (SP)
16, 17 e 18 novembre: workshop con i giovani.
19 novembre: concerto al Teatro Civico della Spezia alle ore 20:30
21 novembre: feedback con i giovani.

Info e prenotazioni: www.genverde.it




Gen Verde – Concerto acustico “La vita live”

12 Novembre 2016

GEN VERDE – CONCERTO ACUSTICO “LA VITA LIVE”
Riccione (RN)
Presso Spazio Tondelli, via Don Giovanni Minzoni, 1, Riccione (RN). Ore 21:00.
Per la vendita dei biglietti: 0541600109 e presso la segreteria della parrocchia San Martino a partire dal mese di ottobre (Via Minghetti, 11 – Riccione)




Convegno: “Universalità dei diritti e Sindacato”

Laboratorio Sindacale che recuperando il positivo da tutte le tradizioni, culture, radici ed esperienze sindacali nel Mondo vuole portare il proprio contributo culturale per interpretare l’azione, i contenuti, le prassi, l’etica e la proposta sindacale nel Tempo che viene.

E’ passato un anno dal Convegno “Liberiamo il Lavoro: alle Radici dell’esperienza sindacale” organizzato dall’Associazione: “Made in the World”, svoltosi a Castel Gandolfo dal 16 al 18 ottobre 2015.

Ci troveremo quest’anno, sempre a Castel Gandolfo, dal Venerdì 25 novembre 2016 alla Domenica 27 novembre 2016 per un secondo convegno dal titolo “Universalità dei Diritti e Sindacato”.

Obiettivo fondamentale del Convegno sarà affrontare l’universalità di qualsiasi diritto umano che, attraversando correnti culturali diverse, tenta e vuole tornare alla essenzialità dell’esperienza sindacale.

Insieme troveremo risposte per aprire prospettive concrete e per riuscire a superare possibili ostacoli e difficoltà.

congresso sindacalisti




Inaugurazione dell’anno accademico 2016/17 – Istituto Universitario Sophia

Aperto ufficialmente l’anno accademico 2016 – 2017
Alla presenza delle autorità e dei rappresentanti del Movimento dei Focolari
Con la cerimonia di inaugurazione, tenutasi per la prima volta nell’Aula magna dell’Istituto, alla presenza delle autorità e dei rappresentanti del Movimento dei Focolari, ha ufficialmente preso avvio il 9° anno accademico dello IUS. Aperta dall’inno di Sophia, intonato dal coro degli studenti, la mattinata è stata introdotta dal benvenuto della prof. Cristina Montoya, dopo i quali è stata data lettura dei messaggi inviati dal Gran Cancelliere, il card. Arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, e dalla Vice Gran Cancelliere, presidente del Movimento dei Focolari, Maria Emmaus Voce.

Se nel suo messaggio il cardinale Betori ha sottolineato il percorso di rafforzamento dell’identità di Sophia e il contributo che essa può apportare affrontando il “rischio educativo”, in linea con il riorientamento verso il bene comune di tutte le discipline auspicato da Papa Francesco, il messaggio di Maria Voce ha manifestato grande “compiacimento e gioia nel constatare gli sviluppi significativi” dell’Istituto, con un augurio particolare agli studenti del nuovo corso, ai quali ha suggerito di meditare una pagina mistica di Chiara Lubich nella quale emerge una prospettiva profetica sul mondo.

A nome della Fondazione Per Sophia, il presidente Egidio Sgrulloni ha illustrato l’impegno finanziario volto a sostenere l’Ateneo e rimuovere gli ostacoli al pieno accesso agli studi per coloro che provengono da continenti economicamente svantaggiati. Sulla medesima lunghezza d’onda si è soffermata Sara Maria Álvarez, studentessa messicana recentemente eletta rappresentante al Consiglio accademico, aggiungendo: “Ho scoperto che qui tutti abbiamo lasciato qualcosa e abbiamo risposto, in forme diverse, ad una chiamata: il mio augurio è quello di vivere nell’aula e nella quotidianità la vera sapienza, sempre aperti a nuove domande e pronti a lasciare le risposte che avevamo trovato, coscienti che qui non raggiungeremo tanto un traguardo, ma soprattutto troveremo nuove strade”.

Cogliendo “l’apertura, l’audacia e lo stupore” degli studenti, il Preside Piero Coda ha delineato quattro nuove prospettive a cui si sta lavorando. Innanzitutto la maggiore qualificazione accademica che potrà offrire il passaggio da un unico corso di Laurea magistrale a due corsi: uno filosofico-teologico con apertura alle scienze umane, e l’altro economico-politico con apertura alle scienze della comunicazione, ferma restando la possibilità di un percorso integrato in Cultura dell’unità e di altri percorsi resi possibili da accordi con l’Università di Perugia e con la Facoltà Teologica dell’Italia centrale. In secondo luogo, il Preside ha presentato due nuovi poli dell’attività accademica ed extra accademica di Sophia: il Centro di alta formazione “Evangelii gaudium” che, sul solco del magistero di Papa Francesco, sarà inaugurato il prossimo 11 novembre, e “Sophia global studies”, in fase di costituzione, per lo studio dei processi e delle relazioni geopolitiche internazionali, nato dal programma “Religions in the global world”, già sollecitato dagli studenti dopo gli attenttati del 2014 a Parigi.

La terza prospettiva è data dalle cosiddette “Cattedre”: “Patriarca Atenagora – Chiara Lubich” per proseguire il dialogo con la Chiesa Ortodossa, e “Piero Pasolini”, in onore del fisico “pioniere dell’alta divulgazione sulle nuove frontiere tra scienza e fede”, affidata al prof. Paul O’Hara. Di rilievo, inoltre, le due lezioni magistrali dell’anno: il 25 novembre 2016 lo storico Marco Pellegrini parlerà delle sorgenti spirituali del Rinascimento, mentre il 12 maggio 2017 si terrà un incontro con l’ecclesiologo cattolico Hubertus Blaumeiser e il teologo riformato Stefan Tobler sull’attualità e le implicazioni della riforma di Martin Lutero. Infine, un accenno al cammino che Sophia sta compiendo in America Latina, sancito anche con la firma di un accordo di impegno con il Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM), ma anche in Asia dove quest’anno, nelle Filippine, si è tenuto un primo Training Seminar, e in Africa.

Infine, resa più preziosa da due brani del pianista e compositore Emanuele Chirco, la prolusione di Paul O’Hara, dal titolo “Il grido del cosmo”, ha proposto un itinerario tra fede e scienza, a partire da alcuni quesiti fondamentali che hanno guidato il percorso esistenziale dello stesso docente, il quale ha confessato di aver abbandonato la fede assoluta nel metodo scientifico che aveva in gioventù per “convertirsi” al “big mistery” della persona umana. “Chi sono io?”, è la domanda a partire dalla quale, nel novembre 1973 il professore si avviò ad un percorso che lo avrebbe portato ad affermare “l’infinito era dentro di me ed io non lo conoscevo. Il vero mistero ero io”. Considerazioni in base alle quali l’universo rimanda all’unicità della persona, in armoniosa relazione con il creato, le altre persone e il Creatore: ricomporre tale armonia, infranta dal pensiero ideologico, è la sfida della post-modernità di oggi che anche Sophia intende affrontare.

Sorgente: Inaugurazione dell’anno accademico 2016/17 – Istituto Universitario Sophia | Chiara Lubich | University Institute




“Oltre-tutto”, integrazione dei ragazzi disabili

“OLTRE TUTTO” è nata per iniziativa di Rossella e Andrea Fipertani insieme ad un gruppo di genitori di Cento, con in comune l’esperienza diretta del mondo della disabilità, per promuovere iniziative che favoriscano l’integrazione dei ragazzi disabili nella società.
Il primo progetto in corso di realizzazione è l’apertura di una SALA DA TE’ a Cento con l’obiettivo di creare un luogo d’incontro in cui sia concretamente possibile l’INCLUSIONE e la CONDIVISIONE SOCIALE.

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Fonte: Oltre-tutto_dal sito focolaremiliaromagna.org




Insieme per la pace: dialogando

A Ravenna la VII edizione Insieme per la Pace: Dialogando

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Non esiste un amore più grande

Arriva in porto la produzione di uno spettacolo musicale/teatrale dedicato alla storia di Alberto Michelotti, Carlo Grisolia (A&C) e del loro gruppo di amici con le loro passioni (sport, musica, amicizie) che si ritrova al “Muretto”, una piazzetta della periferia di Genova, sul finire degli anni 70.

E’ la storia di ragazzi che si impegnano in un contesto di fatica e di condivisione: il porto, luogo di confine, luogo di passaggio e di incontro, soprattutto fra giovani, perché quelli che sbarcano sono principalmente giovani; ragazzi che sanno dare attenzione all’altro, spendere per questo il proprio tempo, facilitare l’incontro con il nuovo e con il diverso (che i giovani, a differenza degli adulti, non temono).

L’amicizia è la “philadelphia” che fa scoprire l’altro profondamente, perfettamente, ontologicamente uguale a sé, che sostanzia e rende reale l’appartenenza, la solidarietà, la pace, il dialogo, l’apertura.

E’ la decisione di dare la vita per i propri amici che fa essere davvero solidali, aperti, rispettosi, propositivi. E’ questo l’”amore più grande”.

Lo spettacolo, in una prima “short version” debutta a novembre 2016 in due teatri romani (vedi manifesto qui sotto) il 17 al “Tor Bella Monaca”, il 21 e 22 al “Vascello”.

Video registrato da TV 2000

Ad esso e collegato un interessante ed articolato progetto educativo e sociale che verrà successivamente proposto, in collaborazione con il M.I.U.R. Dipartimento per il Sistema Educativo di Istruzione e Formazione e la Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione, agli istituti Secondari grazie anche al sostegno di Fondazione Migrantes, Caritas Italiana, Comitato Alberto&Carlo, Movimento dei Focolari, Fondazione Ente dello Spettacolo, Liceo Bertolucci Parma, Diocesi di Genova.

Una squadra di professionisti (autore/compositore, regista, scenografo, direttore musicale, coreografo, tecnici luce e suono) sono i veri e propri “coach” di un giovane cast di artisti provenienti da varie Regioni di istituti Superiori ed Università italiane. Particolarmente significativa la presenza tra loro di un giovane nigeriano ‘richiedente asilo’. Anzitutto questi sono i primi invitati a rivivere e sperimentare quanto la storia di Alberto & Carlo contiene.

non esiste un amore più grande