L’amicizia tra un giovane militante delle BR e un religioso

Valter Di Cera e padre Tonino Camelo si sono conosciuti in un convento degli Oblati di Maria Immacolata

Trovare la propria strada nella vita, a volte, sembra frutto di coincidenze. Una serie di fatti che portano in una direzione piuttosto che un’altra. Tonino Camelo è un contabile per una ditta edile. Paga gli operai, segue i registri contabili, ha un ruolo e uno stipendio, ma, fondamentalmente, anche se ha un lavoro, un’auto propria, la sua indipendenza, è triste. Manifesta una spiccata sensibilità verso gli altri e siccome alcuni operai lavoravano fino alle 10 di sera provvedeva lui stesso, contro il parere del datore di lavoro, a consegnare l’assegno dello stipendio direttamente a casa delle famiglie dei lavoratori perché erano impossibilitati a farlo e avevano subito bisogno del salario. Per Tonino è occasione di ascoltare le loro storie, i loro problemi, le difficoltà ad arrivare a fine mese.

In ufficio, un giorno, arriva una rivista di una famiglia religiosa e il datore di lavoro gli chiede, tanto per lavarsi la coscienza, di mandare un’offerta di 500 lire. Tonino prima di spedire dei soldi, la apre e la legge. È colpito dalla storia di una suora missionaria che opera con i lebbrosi, e dalla vicenda di una ragazza che scopre Dio come Amore, mentre per lui Dio era sempre stato solo un giudice severo da temere. «Come vorrei incontrarlo – è il suo desiderio – un Dio così». Da allora si appassiona del Vangelo, lo legge, a casa, al ritorno del lavoro e lo dice ai colleghi: «Dobbiamo amare i poveri, gli ultimi». Gli danno del matto. Siamo agli inizi degli anni Settanta in Molise a Santa Croce di Magliano in provincia di Campobasso e la realtà sociale è molto ideologizzata. Gli operai sono quasi tutti comunisti. Un giorno Tonino gli lancia una provocazione». «O mi portate delle strisce di lenzuola vecchie o non vi pago lo stipendio». Tutti accettano: servono per i lebbrosi della suora missionaria.

In parrocchia il viceparroco lancia un gruppo missionario e Tonino comincia a girare il territorio per una esperienza di evangelizzazione e comunione con tante persone. Tra gli incontri fortuiti nota un missionario degli Oblati di Maria Immacolata, una famiglia religiosa fondata da Sant’Eugenio de Mazenod nel 1816. L’impressione che ne riceve è forte quanto inattesa e sorprendente. Tonino lo osserva e vede se stesso con quella divisa. Lascia tutto: casa, affetti, lavoro e la macchina e parte per Roma. Trascorre un anno da osservatore, un periodo di discernimento per capire la propria strada, ma l’esperienza con gli Oblati di Maria gli piace. C’è un clima di comunione, di amore reciproco, di vita vissuta per il Vangelo e per gli altri e allora non sapeva dell’influenza del carisma dell’unità di Chiara Lubich anche nel mondo dei religiosi. Si ferma ed entra in noviziato a Vermicino (RM), studia Filosofia e Teologia alla Lateranense e nel 1979 diventa sacerdote.

Valter Di Cera, il primo a sinistra, con la Squadra Acchiappi dei Carabinieri

Dopo alcuni anni, come missionario è spesso in viaggio per l’Italia, torna a Vermicino come formatore e nell’estate del 1984 incontra un giovane solare, sorridente. Non sa chi sia, ma sa che, solo per una quindicina di giorni si fermerà nello studentato degli Oblati di Maria a Vermicino. Lo scoprirà qualche tempo dopo. Si tratta di Valter Di Cera, un giovane militante delle Brigate Rosse che ora collabora con i Carabinieri. Li accumuna il fatto che anche lui, da parte di padre, ha origini molisane. «In convento – racconta padre Tonino – mi dicono di stare attento, di essere prudente, ma penso che l’unica cosa da fare è avere l’impronta di Cristo in ogni cosa. Valter mi pone tante domande sul Vangelo e rispondo solo citando la Parola di Dio. É interessato alla mia scelta, alle ragioni per cui avevo lasciato ogni cosa, ma anche per me la vocazione era stato solo un dono che avevo ricevuto».

A volte c’era tensione. Valter ha paura di essere scoperto dalle Brigate Rosse e la notte fatica a dormire. Da una terrazza controlla, come una sentinella, e osserva il territorio. Di giorno, ogni tanto vengono a prenderlo i Carabinieri perché è uno studente universitario e lo conducono a Roma per sostenere gli esami oppure con la Squadra Acchiappi con cui collabora in importanti attività antiterrorismo.

Valter si doveva fermare in convento per due settimane, restò per più di due anni. «Lo attira – racconta padre Tonino – la preghiera potente, in comune, perché nel Vangelo è scritto: “In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. Non erano solo parole. Lo viviamo e lo sperimentiamo. Valter avverte un effetto di protezione in tutte le sue attività con i Carabinieri».

Valter Di Cera, oggi volontario della Pacao, con Papa Francesco

Naturalmente c’era paura, perché Valter è ricercato dalle BR, «ma – spiega padre Tonino – ci affidiamo a Dio perché Lui ci custodisse. Quando Valter esce in missione con la Squadra Acchiappi dei Carabinieri preghiamo per lui e al ritorno era importante per lui condividere, non le informazioni, ma l’esperienza che faceva».

Dopo due anni, Valter è stato scagionato, la famiglia gli ha comprato un appartamento e lui girava tra varie case messe a disposizione dei Focolari, «e il rapporto con lui, negli anni – racconta padre Tonino – non è mai venuto meno. È rimasta un’amicizia spirituale forte, vera, che si nutriva della Parola. Ho cambiato tante case degli Oblati di Maria e Valter sempre è venuto a trovarmi per parlare, confrontarsi, trovare pace. In fondo era un ragazzo buono che era stato attratto dall’ideologia, ma ha capito che nel disegno di Dio su di lui era compreso tutto il suo lavoro fatto per pacificare il Paese».

Seguendo Dio, cercando e trovando la propria strada, Dio ha messo Tonino sui passi di Valter. Un incontro non nato dal caso, ma dall’infinita misericordia di Dio fatta di uomini di Dio.

Aurelio Molè




Insieme per l’Europa – Una nuova chiamata all’Unità

Insieme per l’Europa (IpE) – “Incontro degli Amici” in Romania

In tempi così inquietanti per il nostro continente e per il mondo, cristiani di diverse Chiese, riuniti per il loro incontro annuale dal 16 al 18 novembre 2023 a Timişoara, capitale europea della cultura 2023, hanno aperto spazi di speranza. Sin dalle prime battute si sono prospettate le sfide e le urgenze del presente a cui dare la risposta insieme: ha significato entrare nelle spaccature per osare la pace, per rafforzare il cammino di unità tra Est e Ovest Europa, tra le diverse Chiese.

Erano presenti infatti cristiani ortodossi, cattolici, protestanti, riformati, anglicani e delle Chiese libere, da 29 Paesi, dall’Ucraina e dalla Russia. Ed anche dal Medio Oriente. I partecipanti, di 51 Movimenti, rappresentano i più di 300 Movimenti e Comunità cristiane uniti nella rete di “Insieme per l’Europa”. Anche nel gruppo italiano il timbro dell’internazionalità per la presenza di tre giovani ora residenti nelle nostre città: una russa ortodossa, una rumena e un giovane della Sierra Leone.

Significativa in questo incontro 2023 a Timişoara è stata l’apertura al mondo dell’Ortodossia e al mondo politico. Tra i presenti, numerose autorità religiose e politiche, tra cui il già Primo Ministro slovacco Eduard Heger, il Segretario di Stato per il culto rumeno Ciprian Vasile Olinici e Vescovi di varie Chiese: il vescovo greco-cattolico Ioan Călin Bot di Lugosi, il vescovo ortodosso Lucian Mic di Caransebes e il vescovo Reinhart Guib della Chiesa evangelica luterana C.A. in Romania) e il vescovo Christian Krause, già Presidente della Federazione Luterana Mondiale.

La scelta di Timisoara si deve all’invito del vescovo romano-cattolico della città, Josef-Csaba Pál. Si è rivelata la sede ideale, come è stato evidenziato ripetutamente: attraverso cenni della sua storia e testimonianze di giovani e famiglie, sacerdoti e vescovi si è mostrata in miniatura, modello d’Europa per l’armonia delle diversità di cultura e fede, che qui convivono diventando ricchezza reciproca. Ne sono stati espressione sin dalla serata di apertura, non per ultima, la fresca presenza di tanti giovani del posto con i loro canti e costumi tradizionali, “una promessa per un’Europa unita nell’amore”, così una partecipante austriaca.

Di fronte alla crescente incertezza e angoscia provocate dalla guerra in Ucraina e ancor più con il conflitto scoppiato in Medio Oriente, nell’intervento centrale, lo storico tedesco Herbert Lauenroth si è chiesto quali prospettive si aprono per “il nostro Insieme per l’Europa”. Non ha ignorato, statistiche alla mano, la crisi che investe tutte le Chiese. Ha parlato del “disfarsi di una forma di Chiesa, imponente nella sua visibilità”, ma anche dell’apparire di “una forma nuova” quella del “piccolo gregge degli inizi” capace di “testimonianza profetica”, che corrisponde a quelle che lo storico britannico Arnold Toynbee ha chiamato “minoranze creative” “da cui dipende il destino di una società”.

Minoranze, ma aperte ad un dialogo costante, come è l’impegno della rete IpE. Margaret Karram, attuale Presidente del Movimento dei Focolari vi ha dato riconoscimento con gratitudine, evidenziandone l’estrema necessità in questo momento. “Dialogo. Sembra quasi impossibile pronunciare oggi questa parola – ha detto – eppure è uno dei volti della speranza, forse il più efficace, perché è una testimonianza potentissima, perché ha la forza di cambiare le cose se data da comunità unite dalla vita del Vangelo. È in questo che “osiamo” sperare e per cui lavoriamo: stendere nel mondo una grande rete di fraternità, essere quel “lievito” che nell’oggi della storia fa fermentare perdono e riconciliazione”.

I partecipanti al convegno sono poi stati resi partecipi delle ricchezza e grande profondità della Chiesa ortodossa, trasferendosi nella cattedrale ortodossa di Timişoara per partecipare ai Vespri, presieduti dall’arcivescovo ortodosso di Timisoara, Metropolita del Banato, Ioan Selejan.

Particolarmente forte è stato il momento di preghiera per la pace per l’Ucraina e Medio Oriente, ma anche per tutti i conflitti in atto nel mondo nominati uno ad uno. Poi un gesto commosso: la deposizione di un mazzo di fiori ai piedi del monumento che proprio nella piazza antistante la cattedrale ortodossa ricorda le vittime e l’eroismo della popolazione che da quel luogo aveva acceso nel Paese la rivoluzione del 1989. Su questo sfondo ancor più impegnativo e solenne è stato per tutti i partecipanti rinnovare l’impegno per l’unità con un patto di amore reciproco pronunciato in cinque lingue. Un momento che ha voluto simboleggiare la pietra angolare su cui si fonda un’Europa fraterna.

Sei workshop hanno esplorato temi come l’integrazione sociale, le prospettive dei giovani, l’etica e la non violenza, promuovendo una più profonda comprensione della diversità all’interno della comunità cristiana. Toccante l’impegno per la pace nella testimonianza della stessa Margaret Karram israeliana di origini palestinesi, di Donatella, un’italiana da anni prima in Russia e da 9 anni in Ucraina, di Lia, russa ortodossa in Italia impegnata ad accogliere e sostenere i profughi ucraini.

La mattinata conclusiva ha evidenziato le attese del mondo politico. Eduard Heger, già primo ministro slovacco. “I cristiani, ha ricordato, hanno un potenziale molto grande, abbiamo bisogno del vostro sostegno per portare riconciliazione in questo mondo in conflitto”. Vi aveva fatto eco il Segretario di Stato rumeno Ciprian Vasile Olinici richiamando le radici cristiane dell’Europa che le hanno dato di far incontrare la cristianità del Vangelo e la filosofia greca, il tradizionalismo giudaico e la cultura romana. In questo contesto – ha aggiunto – è più facile vedere un futuro che non comincia da oggi, ma ha un continente maturo dal punto di vista culturale e umano”. Ed ha riconosciuto nell’impegno dei presenti “una parte importante per il futuro”.

Il convegno IpE è stato sostenuto economicamente tra l’altro dall’Unione Europea. Philip McDonagh, Direttore del ‘Centro per la Religione, i Valori Umani e le Relazioni Internazionali’ della Dublin City University, nel suo intervento ha parlato dell’apertura dell’Unione Europea al contributo dei cittadini nel dar forma al futuro dell’Unione, citando le Conferenze sul Futuro dell’Europa del 2021 e 2022. Un’apertura che coinvolge governi, Chiese, comunità di fede e società civile nella costruzione della fraternità, dando spazio a nuove idee”.

Nel messaggio finale i partecipanti hanno rinnovato l’impegno del loro “insieme: nel testimoniare che le comuni origini dei loro movimenti qui in Europa sono in Dio e nella forza unitiva del Vangelo. Nel suo discorso di conclusione Gerhard Pross, moderatore IpE, ha riportato l’immagine della messa in rete dei “fuochi di rinnovamento” che come tanti piccoli impianti fotovoltaici trasmettono l’energia.E’ su queste basi che offrono l’opportunirà alle Chiese e alla società di guardare con nuova speranza ad un futuro di pace e coesistenza.

Carla Cotignoli/Beatriz Lauenroth

Vedi anche: https://www.focolare.org/2023/11/23/portugues-spazi-per-la-vita-un-appello-allunita-da-insieme-per-leuropa-a-timisoara/

MAGGIOR INFO SUL NUOVO SITO: https://together4europe.org




Educazione all’affettività e al rispetto delle differenze

Sull’educazione all’affettività e al rispetto delle differenze nelle scuole c’è una proposta del Tavolo sulle misure contro la dispersione scolastica e le povertà educative, coordinato da Silvio Minnetti e promosso dalla rivista Città Nuova e dal Movimento politico per l’unità Italia, presieduto da Argia Albanese. Insieme ad una quindicina di organizzazioni (Adi, Aimc, Andis, Anp, Cidi, Diesse, Edu, Fism, Ius Sophia, Mce, Rete insegnanti Italia, Uciim, Movimento studenti di Azione cattolica, Giovani di Forza Italia, Giovani del Pd, Forum delle Associazioni familiari) il tavolo ha presentato una bozza di punti condivisi dalle diverse associazioni professionali della scuola, dagli studenti e dalle famiglie.

Il testo è stato elaborato a partire da tre proposte di legge. La prima, del 30 giugno scorso, con prima firmataria Laura Ravetto (Lega), è sulle pari opportunità femminili ed è già all’esame del ministro Valditara. La seconda proposta, del 23 marzo 2023, ha come prima firmataria Irene Manzi (Pd) ed è sull’educazione all’affettività e al rispetto delle differenze nelle attività didattiche delle scuole. La terza proposta, prima per ordine di presentazione (19 ottobre 2022), ha come prima firmataria Stefania Ascari (M5S), e chiede l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione e nei corsi di studio universitari

A partire dalle tre proposte di legge, lo scorso 9 novembre il Tavolo sulla dispersione scolastica e le povertà educative ha chiesto all’omonimo Intergruppo parlamentare e alle tre onorevoli che hanno avanzato le proposte di legge, di lavorare insieme per arrivare all’approvazione di un documento condiviso. Erano presenti, oltre a Manzi, Ascari e Ravetto, anche la sottosegretaria all’Istruzione, Paola Frassinetti, Rosaria Tassinari di Forza Italia, Francesca Ghirra di Alleanza Verdi Sinistra, Valentina Grippo di Azione, Giovanna Miele della Lega, Sara Ferrari del Pd.

Serve uno sforzo da parte di tutti i partiti, al di là delle ideologie, per il bene prioritario delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi.

Educazione all’affettività e al rispetto delle differenze

Documento condiviso dal Tavolo contro la dispersione scolastica e le povertà educative

Per fronteggiare in modo adeguato le situazioni di povertà educativa che coinvolgono in diverse forme un’ampia platea di giovani in età evolutiva (collocabili nella fascia di età compresa tra i 12 e i 18 anni) e che riguardano in modo particolare la sfera dell’educazione socio-affettiva e relazionale e alla parità di genere, tutte le realtà associative e le rappresentanze coinvolte nel presente Tavolo parlamentare sostengono in modo convinto e condiviso i seguenti punti:

  • Non introdurre una specifica disciplina scolastica (Educazione alla sessualità o affettività), ma sollecitare interventi specifici di educazione socio-affettiva, sessuale e relazionale nell’alveo delle discipline curricolari e in particolare dell’Educazione civica, evidenziandone il valore formativo.
  • Prevedere l’integrazione di obiettivi specifici di apprendimento e traguardi di competenzelegate all’educazione socio-affettiva, relazionale ed emotiva nell’ambito delle vigenti Linee guida e nelle Indicazioni nazionali per il curricolo, in modo da rendere chiaro, prescrittivo, omogeneo e monitorabile l’intervento delle scuole su tutto il territorio nazionale.
  • Coordinare gli interventi educativi in materia nei vari cicli di Istruzione, garantendone la necessaria continuità.
  • Definire le Linee guida per l’educazione affettiva, sessuale e socio-relazionale nell’ambito di uno specifico tavolo di consultazione con mondo della scuola e famiglie tramite le rispettive associazioni rappresentative, nel rispetto dell’Autonomia scolastica e del ruolo specifico delle famiglie stesse in un’ottica di coinvolgimento degli attori del processo e di creazione di alleanze educative strategiche.
  • Adottare sapientemente come prospettiva-cardine delle Linee guida, scevra da ideologismi controproducenti e divisivi, il tema dell’educazione al RISPETTO per sé stessi e per l’altro, in un’ottica di riconoscimento e accettazione del sé e delle diversità.
  • Il compito educativo spetta in modo primario alla famiglia, come istituto a ciò deputato secondo il dettato costituzionale (artt. 30 e 31). Aiutare e supportare le famiglie attraverso eventi di formazione ad esse rivolti, più capillarmente proposti a livello territoriale.
  • Tale compito è condiviso con altre agenzie educative come la scuola, nel cui ambito esso è primariamente in carico agli insegnanti e al personale scolastico, ossia alle figure impegnate in prima linea nella relazione con gli alunni. Per tale ragione, piuttosto che delegare l’educazione all’affettività ad esperti esterni o relegarla ad iniziative formative estemporanee, occorre agire in modo prioritario sulla Formazione in ingresso e sull’Aggiornamento professionale in itinere del personale docente ed educativo, perché sia realmente accertato il possesso di specifiche competenze di carattere psico-pedagogico.
  • Garantire all’educazione socio-affettiva, relazionale e sessuale i caratteri dell’inclusività e della centralità della dimensione dell’ascolto dei bambini e dei giovani, con un’attenzione particolare alle situazioni di maggiore fragilità e di rischio emarginazione.
  • Definire in modo chiaro il ruolo delle altre agenzie educative presenti sul territorio(associazioni, enti, Servizi sociali, professionisti) incentivando i Patti di Comunità.

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Vedi anche il Comunicato Stampa Mppu Città Nuova




Dicembre 2023

«Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa, infatti, è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi» (1Ts 5,16-18).

Paolo scrive ai Tessalonicesi quando erano ancora vivi molti dei contemporanei di Gesù che lo avevano visto e ascoltato, testimoni della tragedia della sua morte e dello stupore della sua risurrezione e poi della sua ascensione. Riconoscevano l’orma lasciata da Gesù e si aspettavano il suo imminente ritorno. Paolo amava la comunità di Tessalonica, esemplare per la vita, la testimonianza e i frutti e scrive loro questa lettera, scongiurandoli che venga letta a tutti (5,27). In essa annota delle raccomandazioni per mantenersi «imitatori nostri e del Signore» (1,6) e che riassume così:

«Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa, infatti, è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi»

Il filo conduttore di queste pressanti esortazioni non è solo il che cosa Dio si aspetta da noi, ma il quando: ininterrottamente, sempre, costantemente. Si può, però, comandare la gioia? Che la vita ci assalga con problemi e preoccupazioni, con sofferenze e angosce, che la realtà sociale si mostri arida e inospitale è esperienza di tutti. Eppure per Paolo c’è una ragione che potrebbe rendere possibile sempre “quella letizia” a cui allude. Egli parla ai cristiani e raccomanda loro di prendere la vita cristiana sul serio perché Gesù possa vivere in loro con quella pienezza promessa dopo la sua risurrezione. A volte possiamo farne l’esperienza: Egli vive in chi ama e chiunque può addentrarsi nella via dell’amore con il distacco da sé, l’amore gratuito verso gli altri, accogliendo il sostegno degli amici, mantenendo viva la fiducia che «l’amore vince tutto» (1).

«Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa, infatti, è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi».

Dialogare tra fedeli di differenti religioni e persone di diverse convinzioni, porta a comprendere ancor più in profondità che pregare è un’azione profondamente umana; la preghiera costruisce la persona, la eleva. E come pregare ininterrottamente? «…non basta – scrive il teologo ortodosso Evdokimov – avere la preghiera, delle regole, delle abitudini; occorre diventare preghiera, essere preghiera incarnata, fare della propria vita una liturgia, pregare con le cose più quotidiane» (2).

E Chiara Lubich sottolinea che «si può amare (Dio) come figli, col cuore riempito dallo Spirito Santo di amore e di confidenza nel proprio Padre: quella confidenza che porta a parlare spesso con Lui, a dirgli tutte le nostre cose, i nostri propositi, i nostri progetti» (3).

C’è poi un modo accessibile a tutti per pregare sempre: fermarsi davanti ad ogni azione e mettere a fuoco l’intenzione con un “Per Te”. È una pratica semplice che trasforma dal di dentro le nostre attività e la nostra intera vita in una preghiera costante.

«Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa, infatti, è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi».

In ogni cosa rendete grazie. È l’atteggiamento che sgorga libero e sincero dall’amore riconoscente verso Colui che, silenziosamente, sostiene e accompagna i singoli, i popoli, la storia, il cosmo. Con la gratitudine verso gli altri che camminano con noi e che ci rende consapevoli di non essere autosufficienti. Gioire, pregare e rendere grazie, tre azioni che ci avvicinano ad essere come Dio ci vede e ci vuole e che arricchiscono la nostra relazione con Lui. Nella fiducia che «il Dio della pace ci santifichi interamente» (4).

Ci prepareremo così a vivere più profondamente la gioia del Natale per fare migliore il mondo, per diventare tessitori di pace dentro noi stessi, nelle case, nei luoghi di lavoro, in mezzo alle piazze. Niente oggi è più necessario e urgente.

A cura di Victoria Gómez e del team della Parola di Vita

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1 P. Vergilius Maro/Virgilio/Virgil, Ecloga X.69; per un rendimento musicale si può vedere Gen Rosso, https://music.apple.com/es/album/lamore-vince-tutto-single/1595294067
2 P. Evdokimov, La preghiera di Gesù in La novità dello Spirito, Ed. Ancora, Milano 1997
3 C. Lubich, Conversazioni, Città Nuova, Roma 2019, p. 552.
4 1 Ts 5,23.




Focolari e Brigate Rosse

La storia di un giovane militante delle BR, Valter Di Cera, s’incrocia con Graziella De Luca, una delle prime focolarine

Valter Di Cera, classe 1958, proviene da una solida formazione cattolica, il padre è impegnato con le Acli, la madre in parrocchia.  Trascorre la sua adolescenza impegnandosi con Comunione e liberazione per dare una mano ai baraccati del quartiere Alessandrino di Roma finché è attratto dall’ideologia delle Brigate Rosse. Ne fa parte per circa due anni, dalla fine del liceo, nel 1978, fino al 1980. Valter è un ragazzo serio, studioso, alla ricerca di un ideale per affrontare la vita ed entra nella lotta armata «più per una specie – racconta – di curiosità antropologica che non per una convinzione ideologica». In meno di due anni di militanza conosce centinaia di brigatisti romani, i contatti, le reti, parte della struttura clandestina delle BR. Il suo stesso acume intellettuale lo porta sulla via della consapevolezza e a capire il suo grande errore di adesione ad una ideologia depersonalizzante e distruttiva. «Ho visto uomini e donne – scrive nel libro L’infiltrato di Dio per i tipi della Tau editrice – dagli occhi vuoti perché avevano premuto quel grilletto per uccidere freddamente e vigliaccamente un uomo indifeso. Avvertivo la sensazione di essere in un ambiente inumano, fetido e questa sozzura provocava in me un grande disgusto».

Il 24 settembre 1979, è il giorno della svolta. Si trova in via Metronia 24 a Roma con Prospero Gallinari, uno dei capi delle BR che aveva partecipato alla strage di via Fani e al sequestro Moro e, anche se di primo pomeriggio, l’operazione da compiere era semplice: sostituire una targa di una macchina parcheggiata per destinarla al parco auto delle Brigate Rosse. Transita, però, una volante della Polizia. Gallinari, accovacciato tra due macchine nell’atto di sostituzione della targa, ordina più volte a Di Cera: «Abbattili!». Un istantaneo, chiaro, deciso moto di coscienza illumina Valter. In quei poliziotti, distanti soli cinque metri, vede il volto di padri di famiglia e decide di non sparare, di non uccidere. Si getta a terra, svicola tra le macchine e si allontana. Gallinari spara, i poliziotti rispondono al fuoco: lo feriscono e lo catturano. Nelle sue tasche trovano un piano dettagliato per una evasione di massa dei brigatisti rossi dal super carcere dell’Asinara: sarebbe stata una strage.

Valter si allontana e avverte come se Dio lo avesse illuminato. Di colpo, la tristezza di quegli anni si dissolve e una gioia interiore, mai provata prima, lo inonda. Non è facile, però, allontanarsi dalla clandestinità con le BR, tanto più ora che temono sia un infiltrato. Chiede di lasciare le BR, ma gli offrono la clandestinità in Francia, come tanti avevano già fatto, cambiando i connotati, con soldi e documenti falsi. Rifiuta e parte l’ordine alle BR di non avere rapporti con lui. La sua vita è a rischio.

Un fatto provvidenziale lo salva. Parte per il servizio militare nella Divisione Folgore, sul confine estremo del Friuli. È lontano da ogni pericolo, finché da Roma arrivano i Carabinieri guidati dal capitano Di Petrillo della Sezione Speciale Anticrimine. Il suo arresto coincide con la sua scelta di collaborare con lo Stato. «Intendo dare – dice al sorpreso capitano Di Petrillo – il mio massimo contributo possibile per pacificare il Paese e distruggere le Brigate Rosse».

Valter Di Cera

Da ora in poi comincia un’altra storia e fino al 2014, in varie forme, collaborerà con lo Stato, diventando un elemento centrale dell’antiterrorismo. Dal 1980 Valter entra nella cosiddetta Squadra Acchiappi dei Carabinieri contribuendo ad arrestare centinaia di terroristi. E nel 1984 per circa tre anni si nasconde, agli arresti domiciliari, dentro un convento degli Oblati di Maria di Frascati dove tra gli altri è seguito da padre Tonino Camelo e da padre Fabio Ciardi che lo mette in contatto con Graziella De Luca, una delle prime focolarine che lo segue condividendo la Parola di Vita del mese, da vivere e mettere in pratica, accompagnandolo nelle preghiere e nell’unità spirituale nella lotta di Valter al terrorismo. In quegli anni Valter è nel mirino delle BR e i Focolari mettono a disposizione varie case dove lui può continuamente spostarsi e nascondersi. «In quel periodo – scrive Valter nel libro L’infiltrato di Dio – ero sempre più attratto dalla Parola di Vita di Chiara Lubich e ogni volta che incontravo Graziella sentivo forte la protezione dell’Unità» anche nella sua attività investigativa. Più volte avverte, girando in osservazione per le vie di Roma cercando di individuare dei terroristi da lui conosciuti, di essere stato ispirato dallo Spirito Santo per dirigersi in una zona piuttosto che un’altra e di aver contribuito ad individuare tanti di loro evitando altri spargimenti di sangue.

Nel corso di una visita ai suoi parenti in via Merulana, camminando a piedi lungo il marciapiedi, si trova faccia a faccia con un noto latitante, Antonino Fosso, autore della rapina ad un furgone postale che, nel 1987, causò la morte di due giovani poliziotti. È un attimo. Fosso fa per estrarre la pistola, Valter attraversa la strada e cerca di coprirsi dai possibili proiettili. Vede sopraggiungere un furgone portavalori che si ferma: scendono dei vigilantes e Fosso desiste. Valter scappa verso la vicina fermata dell’autobus che sopraggiunge in quel momento sfuggendo alla morte perché Fosso lo aveva inseguito.

«Mentre vedevo Fosso scomparire – commenta Valter -, mi si illuminò il cuore. Sentii l’Unità con Graziella. Espressi un grazie profondo per le preghiere che faceva per me. Lo scudo protettivo aveva funzionato».

Non finì li. Valter fornisce alla Squadra Acchiappi, che seguiva da tempo Antonino Fosso,

Padre Tonino Camelo degli Oblati di Maria e Valter Di Cera oggi

tutti i dettagli possibili sui vestiti e su che lato portasse l’arma per poterlo identificare e la mattina dopo è arrestato dal capitano Di Petrillo nei pressi di piazza Navigatori. Dalle carte trovate indosso al terrorista si deduce che vi era un piano per un attentato al segretario nazionale della Dc Ciriaco De Mita che dopo qualche mese sarebbe diventato presidente del Consiglio.

Una storia avventurosa, da film, con una regia invisibile, ma perfetta. Una storia pienamente riscattata con un filo d’oro che ha legato tutti gli avvenimenti e la dimostrazione che «ciò che è in grado di cambiare il cuore di un uomo può cambiare anche il corso della storia».

Sono molti i religiosi e le religiose che hanno seguito Valter Di Cera nel suo cammino, impossibile menzionarli tutti, ma almeno vogliamo ricordare anche padre Angelo Dal Bello, padre Adolfo Bachelet e suor Teresilla Barillà.

Oggi Valter Di Cera è un affermato psicologo, sposato con figli. Ha ripreso la sua frequentazione con Comunione e Liberazione ed è volontario e formatore presso l’Associazione Pacao.

Gabriele Amenta




Portiamo a tutti la gioia di Gesù

Si avvicina Natale e come sempre i bambini/e del Movimento dei Focolari (Gen4) sono in prima linea per ricordare a tutti il vero significato di questa festa, riportando Gesù al centro del Natale.

In tutto il mondo è cominciata la produzione delle piccole statuette di Gesù Bambino che, vicino a Natale, i e le Gen4 offriranno nelle strade, piazze, centri commerciali per ricordare a tutti la nascita di Gesù, il “festeggiato”! Gesù che è venuto tra noi a portarci la gioia del Paradiso, gioia che i e le gen4 vogliono portare a tanti!

Sì l’Azione “Hanno Sloggiato Gesù 2023” avrà come tema “Portiamo a tutti la gioia di Gesù!”, come Chiara Lubich aveva loro indicato: “Se Gesù è venuto fra noi a portarci la gioia, anche noi dobbiamo donare la gioia ai nostri fratelli. Chiara” (C.Lubich, in Gen4 n. 10-11-12 ottobre-novembre-dicembre 1983, p.3)

Quest’anno però, accanto alle diverse Azioni Natalizie che oramai si fanno da anni in tutto il mondo, il Centro Gen4, in collaborazione con l’AZUR, ha potuto produrre due “articoli” Natalizi, adatti ad una diffusione in vari ambienti, per portare un messaggio di “bellezza”, “soprannaturale”, ma anche di “semplicità” a tanti. Si tratta di puzzle di diverso formato

1. Il Natale dei Bambini del mondo: puzzle grande, 30 x 42 cm, 96 tessere formato grande. Il puzzle arriva nella scatola, smontato, come tutti i normali puzzle.

https://azurline.it/store/product/il-natale-dei-bambini-del-mondo-cod70081Euro 14,90

 

2. La bellissima storia del Natale: 6 cartoline puzzle 10 x 15 cm, 48 tessere piccole ciascuno.

https://azurline.it/store/product/la-bellissima-storia-del-natale-cod70082Euro 19,90

Sono 6 disegni che raccontano la storia della nascita di Gesù (dall’arrivo a Betlemme alla venuta dei Magi). Arrivano nella scatola già montati, perché sul retro si possono scrivere gli auguri di Natale, poi si può disfare il puzzle e metterlo nella busta allegata e regalarlo. Ma i 6 puzzle possono anche essere usati per raccontare e rivivere insieme ai piccoli questa “bellissima storia”, aiutati anche da un deplian-libretto col testo del racconto che si trova sempre all’interno della scatola.

Le scatole dei puzzle riportano il titolo in 5 lingue (italiano, inglese, spagnolo, francese, portoghese-brasiliano) ed anche il libretto della “bellissima storia” è disponibile nelle stesse lingue.

Per ordinare i puzzle potete farlo attraverso il sito: https://azurline.it




Com’è andato il primo appuntamento “Formato Famiglia” a Loppiano?

Il primo week end Formato Famiglia dell’anno 2023-2024 si è svolto il 28 e 29 ottobre, con la presenza di 16 famiglie: in totale  41 persone compresi 9 bambini di età compresa tra gli zero e i sette anni.

Novità interessante è la partecipazione al week end di tutte le famiglie che frequentano la Scuola Loreto annuale, partecipazione che è stata inserita nel programma di formazione della scuola.

Il week end è iniziato il sabato mattina con la presentazione della cittadella, della spiritualità che la anima e dei partecipanti: poche parole ciascuno, ma che sono servite a mettere un primo mattone per la costruzione di una conoscenza reciproca.

Il titolo del week end “L’amore in coppia  e in famiglia: un diamante a molte facce”  è stato sviluppato partendo da quanto Chiara Lubich aveva detto a Taipei nel 1997 sull’arte di amare; alcune esperienze di amore vissuto in famiglia hanno aperto la strada ad un dialogo nella coppia con l’aiuto di alcuni spunti.

Per molti è stato un momento nuovo e interessante che si è concluso con una comunione nella quale ciascuno personalmente doveva sintetizzare in una parola il momento vissuto e, se voleva, commentarla a tutti. Abbiamo concluso il pomeriggio ancora con Chiara che spiegava ai bambini il dado dell’arte di amare e regalato ad ogni famiglia un dado da costruire e lanciare a casa ogni giorno con i figli.

La domenica mattina si è affrontato il tema degli strumenti della spiritualità collettiva vissuti in famiglia, presentati come una valigetta di “attrezzi” utili  per vivere meglio l’arte di amare in famiglia. Ci siamo fatti aiutare da un video di Paolo e Barbara Rovea su cui, con alcuni spunti di riflessione, le singole coppie hanno potuto confrontarsi e dialogare, anche con passi concreti come rinnovare il patto coniugale dell’amore scambievole, oppure pregare insieme un “Padre nostro”.  La comunione tra tutti sul “cosa mi porto a casa” da questo week end ha concluso la mattinata.

La messa nel santuario Theotokos ha concluso il week end e anche questa volta, nel salutarci, ci siamo accorti che nelle poche trascorse insieme si erano creati rapporti profondi tra tutti.

Tra le impressioni dei partecipanti: “Questi momenti, seppur brevi, sono stati per noi pieni di doni e di grazie; speriamo di incontrarci presto!”

“Grazie per la bella esperienza! Portiamo a casa nel cuore un dono in più, dono da coltivare ogni giorno e con strumenti per poterlo fare”.

Santina e Pier Luigi Crocchioni




Premio giornalistico Colombe d’oro per la Pace 2023. Intervento di Carlo Cefaloni

Roma, sabato 21 ottobre 2023- Campidoglio Sala della Protomoteca.

Premio giornalistico Colombe d’oro per la Pace 2023 assegnato dall’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo

Intervento di Carlo Cefaloni, redattore di Città Nuova (periodico mensile e quotidiano web). 

Ringrazio la giuria del premio Colombe d’oro e Archivio Disarmo che come ho detto più volte considero un bene comune per il suo lavoro di ricerca autorevole e indipendente nel campo della pace, della guerra e del sistema delle armi. Nella vita è importante avere dei punti fermi, e uno di questi per me è appunto Archivio Disarmo con il quale esiste ormai una lunga collaborazione. Ricordo ad esempio quando nel 2007 siamo andati con Maurizio Simoncelli in via degli esplosivi a Colleferro, per sostenere un movimento nato dal basso contro le fabbriche di armi, comprese le famigerate bombe a grappolo, che poi ha dato alla rete tutela della valle del Sacco, cioè di un bellissimo territorio da bonificare perché inquinato da un complesso militare industriale che, nel secolo scorso, decise di farne un polo delle armi e poi della chimica mentre l’Italia aveva intrapreso la guerra in Libia e preparava l’entrata nel primo conflitto mondiale.

Parlavamo di ecologia integrale e conversione economica così come non si stanca di fare Francesco nel sostenere l’impegno contro “l’economia che uccide”.

Assistiamo, infatti, ad una strisciante egemonia della cultura della guerra che ha radici in nodi irrisolti della storia nazionale, se solo si pensa che nelle liturgie laiche della Repubblica che si svolgono nel qui vicino altare della patria si sentono le note del canzone del Piave invece di affrontare le ragioni di quell’orrendo mattatoio che secondo una certa narrazione è stato, invece, “utile” per completare l’unità d’Italia.

Quante volte ci è stato rimproverato di trattare di questioni di nicchia come il sistema delle armi mentre la gente pensa ad altro, tranne poi trovarsi gran parte dei media schierati a favore dell’inevitabilità della guerra davanti alla tragedia in Ucraina e all’orrore in Terrasanta. Da cattedre prestigiose si afferma letteralmente che è ora il tempo di decidere per cosa siamo disposti a vivere e a uccidere.

Siamo arrivati a questo punto dopo decenni di scelte strutturali trasversali che hanno condotto una grande industria controllata dallo Stato come Leonardo Finmeccanica a dismettere settori produttivi di grande innovazione tecnologica e impatto occupazionale a favore del comparto bellico, o come si dice, della Difesa, che poi deve competere sul mercato. In sede istituzionale sentiamo affermazioni che giustificano la vendita delle armi ai Paesi in guerra con questa logica che lascio a voi interpretare se in linea o meno con la Costituzione: se non le vendiamo noi, le armi, altri lo faranno comunque al posto nostro.

Come mi ha detto in un’intervista l’ex presidente di Confindustria Genova, Stefano Zara, questa scelta di politica industriale è all’origine del declino economico italiano.

Quindi per non fare discorsi retorici sulla pace, bisogna dare spazio e creare dibattito sulle scelte che contano e per questo parliamo di economia disarmata. Per questo su Città Nuova abbiamo dato risalto e accompagnato il cammino del comitato riconversione Rwm, il fatto esemplare della società civile che non resta indifferente di fronte all’invio di armi in Arabia Saudita da parte della società Rwm controllata da una multinazionale tedesca. Grazie ad una mobilitazione estesa siamo riusciti a fermare questo flusso fino al 31 maggio di quest’anno, quando il governo ha deciso di rimuovere il divieto di esportazione per “l’attenuarsi del rischio di utilizzo delle bombe sulla popolazione civile in Yemen”. Ma se il lavoro è motivo di riscatto e non di ricatto occupazionale, allora è importante far conoscere la rete di imprese in Sardegna che ha deciso di costruire una rete di attività con il marchio warfree, cioè libere dalla guerra. Un percorso dal basso che mostra l’indirizzo che dovrebbero seguire i fondi del pnrr e quelli specifici del just transition fund previsti per le aree di crisi, come previsto in maniera specifica per il Sulcis Iglesiente.

Nella sua lunga storia, Città Nuova ha avuto come direttore Igino Giordani, uno dei padri costituenti che, da deputato, nel 1949 presentò, con il socialista Calosso, la prima proposta di legge sull’obiezione di coscienza suscitando forti opposizioni nel suo stesso partito e lo scandalo dei tutori dell’ordine costituito che dissero: «ma così anche gli operai potrebbero decidere di non produrre le armi».

È quanto avviene oggi con i portuali del Calp di Genova che rifiutano di essere parte della filiera di morte. Ma è già avvenuto con l’obiezione dei lavoratori dell’Aermacchi e delle operaie della Valsella che fabbricava mine antiuomo. Sono loro che hanno permesso di applicare la Costituzione con la legge 185/90 che pone limiti all’esportazione di armi ai Paesi in guerra e/ o violano i diritti umani.

Una legge costantemente sotto attacco perché considerata un ostacolo al nostro sistema produttivo. Il 4 ottobre abbiamo promosso una conferenza stampa alla Camera per denunciare questa manovra che si fa strada grazie alla legittimazione progressiva della guerra. Abbiamo ricordato le parole di Draghi che invitava nel 2022 a scegliere la pace invece dei termosifoni per interrompere l’importazione di gas dalla Russia, invitando, ora, a fare lo stesso nei confronti del gas che arriva dall’Azerbaijan alle prese con il conflitto in Nagorno Karabakh, una guerra dimenticata che prefigura nuovamente lo spettro della pulizia etnica degli armeni. Tra l’altro vendiamo armi agli azeri che godono del sostegno della Turchia, Paese della Nato.

Non dovrebbe essere il compito di una stampa libera suscitare un vero dibattito invece di farsi dettare l’agenda da altre finalità in un flusso continuo e irrilevante di immagini e notizie?

Concludo con un desiderio che potrà sembrare folle in questo tempo ma che ritengo giusto fare qui: vedere un giorno Elio Pagani, obiettore dell’Aermacchi, e Franca Faita, operaia della Valsella, riconosciuti come massimi testimoni della Repubblica e della Costituzione.

Dobbiamo infatti dare spazio ad un’altra narrazione per non far prevalere il pensiero unico sulla guerra. Il prossimo 16 novembre in questa sala della protomoteca ci sarà un incontro programmato da tempo con la pastorale sociale nazionale che ha un titolo difficile e straziante “Non c’è pace senza perdono”. Ci saranno le testimonianze, ad esempio, di Giovanni Bachelet, delle comunità di pace nella Colombia e della famiglia palestinese dei Nassar che a Betlemme, pur sotto l’attacco costante alla proprietà della loro fattoria, continuano a ripetere: «non vogliamo essere i vostri nemici».

Cerchiamo di essere degni di questi testimoni!

Carlo Cefaloni

Vedi anche: https://www.focolaritalia.it/events/roma-21-ottobre-2023-il-premio-colombe-doro-per-la-pace/




Per quanto tempo si accoglie una figlia?

Una comunità dei Focolari si mobilita per aiutare A’isha, una persona in difficoltà

di Aurelio Molè

La sceneggiatura è nota. Sembra un cliché che, purtroppo, si ripete. Una famiglia povera in un Paese africano. L’Europa è lontana quanto sconosciuta, è il paese del Bengodi, una località immaginaria dove regnano l’allegria e l’abbondanza, in cui nessuno ha problemi o preoccupazioni economiche. Delle persone influenti, convincono una giovane africana a partire con la promessa di un lavoro sicuro e la possibilità di poter far cambiare vita alla propria famiglia.

Il sogno si trasforma presto in un incubo. È quello che accade anche ad A’isha, nome di fantasia, di un Paese del Nord Africa. Subito dopo la partenza il viaggio si trasforma in un film horror. La ragazza è venduta a varie bande di trafficanti fino all’arrivo in Libia dove è costretta a continue umiliazioni fino al viaggio della speranza in Italia. Il lavoro promesso si rivela una chimera e, persino, il centro di accoglienza per migranti si trasforma in luogo di sfruttamento. A’isha, però, incontra, dopo aver cambiato vari paesi, Gioia e Sergio e la comunità dei Focolari di un paese del Nord Italia e la sua vita pian piano cambia.

A’isha è volitiva, di carattere forte, in tutti i modi tenta di ribellarsi al suo destino, ma è senza risorse economiche, obbligata a risarcire il debito del viaggio, non conosce la lingua e non ha amicizie italiane. Di fronte a lei un lunghissimo ed ostacolato iter burocratico per la sua regolarizzazione. A Gioia e Sergio chiede di ricevere delle  lezioni di italiano.

«Si crea – spiega Gioia – un clima di intimità e confidenza e a poco a poco, tra un passato prossimo e un articolo determinativo, emergono flash della sua storia terribile. Tra noi cresce la conoscenza, la fiducia e l’amore reciproco: A’isha contraccambia con la sua gioia, aiutandomi in qualche lavoretto di casa. E, soprattutto assicurandomi le sue preghiere di fervente musulmana».

Il passo successivo è l’assunzione a tempo indeterminato come badante per la madre che vive con loro, ospitandola in casa per farla uscire dallo squallore del centro per i migranti dove subiva continue e gravissime vessazioni. A’isha confida a Gioia: «Un mese fa, mentre visitavamo insieme una bellissima chiesa io, nel segreto del mio cuore, ho pregato così: “O Dio, Tu sai tutto! Dammi un lavoro che io possa fare con queste mie mani!” Ed ecco Lui mi ha risposto!».

Le sue condizioni di vita migliorano e gli amici dei Focolari diventano la sua famiglia in Italia e la coinvolgono in varie attività, anche di volontariato. A’isha non conosce il mestiere di badante, ma impara subito con grandi capacità di adattamento, tanto che quando, a causa della morte della sua assistita, deve cercare un altro lavoro come badante, lo trova immediatamente. Dopo quattro anni, però, le cose si complicano quando il suo assistito muore e lei si ritrova senza lavoro, senza casa, in precarie condizioni di salute. Sempre in quei giorni scopre d’essere incinta. Da due anni era fidanzata con un suo connazionale che tuttavia non riesce ad esserle d’aiuto.

La comunità dei Focolari si mobilita, ma è impossibile trovare un alloggio senza un contratto di lavoro. Era il periodo di Avvento, A’isha è in dolce attesa, ma medita seriamente di abortire. Gioia e Sergio le aprono di nuovo le porte della loro casa. Per quanto tempo? «Per quanto tempo si accoglie una figlia?» è la loro risposta.

Nella gravidanza A’isha può studiare per superare l’esame di terza media. Non ci sono mezzi pubblici e sei persone della comunità, a turno, la portano a scuola, la incoraggiano, la sostengono. L’esame è superato, ma la casa ancora non si trova. Fino a quando due persone della comunità le mettono a disposizione, gratuitamente, la casa di loro padre, morto qualche anno prima, che sempre per tutta la sua vita si era dedicato ai poveri e agli svantaggiati.

La casa è disabitata da tempo e occorre ripulire, sistemare, imbiancare per renderla abitabile. L’impresa è ardua, ma non impossibile. Sono oltre trenta le persone coinvolte. «Gente della comunità locale – racconta Gioia – che voleva vivere concretamente la fratellanza universale e gente che vedeva in quella chiamata l’occasione per contraccambiare l’amore ricevuto da altri. E, poi, giovani che coglievano la sfida di mettere in pratica il Vangelo e persone lontane dalla fede felici di potersi donare. Persone di altre nazioni che coinvolgevano a loro volta figli o colleghi e chi alla fine rivedeva i propri pregiudizi. Chi scopriva di avere abilità preziose da donare. E chi si faceva nascostamente Provvidenza. A’isha non fu mai da meno: dava tutto quello che poteva, la sua gratitudine gioiosa in primis. Non tratteneva nulla di quanto le veniva donato che non le fosse necessario. Il sentimento unanime era: «Tramuterò il vostro lamento in danza».

Fino alla gioia più grande, il 5 giugno del 2023 nasce uno splendido bambino! Le prossime frontiere sono il completamento degli studi e la patente. Nel suo caso calza a pennello il proverbio africano: «Per crescere un bambino ci vuole un villaggio». La gratitudine di A’isha  alla comunità dei Focolari, che continua a sostenerla, è immensa. E il dono è reciproco perché questa esperienza ha contribuito a «essere sempre famiglia» anche la locale comunità dei Focolari.




Giornata di digiuno, preghiera e penitenza per la pace

Papa Francesco ha indetto, per venerdì 27 ottobre, una Giornata di digiuno, di preghiera e di penitenza per la pace nel mondo. “Tacciano le armi! Si ascolti il grido di pace dei popoli, della gente, dei bambini! Fratelli e sorelle – ha affermato il Pontefice – la guerra non risolve alcun problema, semina solo morte e distruzione, aumenta l’odio e moltiplica la vendetta. La guerra cancella il futuro. Esorto i credenti a prendere in questo conflitto una sola parte: quella della pace; ma non a parole, con la preghiera, con la dedizione totale”.
Il Papa, che alle 18 ha presieduto un momento di preghiera in San Pietro, ha chiesto a tutte le Chiese di partecipare, predisponendo iniziative che coinvolgano il Popolo di Dio. Per questa occasione, l’Ufficio Liturgico Nazionale ha preparato un sussidio per l’Adorazione eucaristica.

SUSSIDIO 

FONTE CHIESACATTOLICA.IT




Calendario Parola di Vita 2024

Formato 22×48 aperto – pagine 12 + copertina (su Carta Ecologica certificata FSC)

Contenuto:

Commenti alla Parola di Vita di Mons. Michele Fusco Foto di Lello Orefice e altri.

Tema dell’anno “Anche l’impossibile sarà possibile!”. NO a tutte le guerre.

Costi:

Ordine minino 20 copie da € 4,50 a copia + € 10,00 di spese di spedizione con Corriere Espresso.

Con l’acquisto del calendario si aderisce, al sostegno delle popolazioni martoriate dalla guerra attraverso le associazioni:

AMU (Associazione Mondo Unito) e

CasaBio (Centro Formazione CasaBio in Senegal).

Per info: 328 5774081 (Federico)

Mail: info@grades.it




Novembre 2023

«Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre» (1Ts 5,5).

La luce ha da sempre simboleggiato la vita. Ogni giorno aspettiamo l’alba quale messaggera di un nuovo inizio. Il tema della luce è stato presente nelle storie dei popoli e nelle antiche religioni. La tradizione ebraica celebra la festa delle luci, Hanukkah, che ricorda la riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme e la liberazione dai culti pagani. I musulmani accendono le candele nel giorno della nascita del profeta, Mawlid in arabo o Mevlid Kandili in turco.

La festa di Diwali, il cui nome significa serie di luci, originariamente una festa indù, viene celebrata anche da diverse religioni indiane per celebrare la vittoria del bene sul male. Per i cristiani Gesù Cristo è la luce che illumina le tenebre del mondo. Essa, dunque, è una realtà carica di un forte simbolismo, rappresenta una presenza del divino, un dono per l’umanità e per la terra.

«Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre».

Ma quali sono le caratteristiche dei figli del giorno? Una di esse è il “non appartenere alla notte, né alle tenebre”. La rinuncia al sonno, all’apatia sta nella decisione di rimanere a vegliare. È una scelta d’amore quella di abitare e di vivere pienamente il tempo.

L’invito pressante dell’apostolo rivolto alla comunità di Tessalonica è dunque quello di vigilare insieme, rinunciando ad ogni tipo di torpore e di indifferenza. In un tempo in cui l’umanità è particolarmente bisognosa di luce, coloro che non appartengono alla notte hanno il compito di illuminare le relazioni tra le persone, in un donarsi continuo per rendere visibile la presenza del Risorto con fede, amore e speranza, come scrive Paolo (cf. 1 Ts 5,8).

E ancora: occorre coltivare un rapporto più stretto e più vero con Dio, scavando nel nostro cuore, trovando momenti di dialogo attraverso la preghiera, mettendo in pratica la Sua parola che fa risplendere proprio questa luce.

«Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre».

A volte possiamo anche abituarci a vivere nell’oscurità del nostro cuore o accontentarci delle tante luci artificiali, delle varie promesse di felicità del mondo ma Dio ci chiama sempre a far splendere la Sua luce dentro di noi e a saper guardare le persone e gli avvenimenti con attenzione per cogliervi ricami luminosi.

Lo sforzo è quello di compiere continuamente una scelta che ci fa rinascere, la scelta di passare dall’oscurità alla luce. «Il cristiano non può sfuggire il mondo, nascondersi o considerare la religione un affare privato», scrive Chiara Lubich. «Egli vive nel mondo perché ha una responsabilità, una missione di fronte a tutti gli uomini: essere la luce che illumina. Anche tu hai questo compito, e se così non farai la tua inutilità è come quella del sale che ha perso il suo sapore o come quella della luce che è divenuta ombra (1). […] Il compito del cristiano è dunque lasciar trasparire questa luce che lo abita, essere il “segno” di questa presenza di Dio fra gli uomini»(2).

«Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre».

Dio è luce e può essere trovato da coloro che lo cercano con cuore sincero. Qualsiasi cosa accada non saremo mai separati dal Suo amore perché siamo Suoi figli. Se siamo sicuri di questo non resteremo sorpresi né schiacciati dagli avvenimenti che ci potranno sconvolgere.

Il terremoto di quest’anno in Turchia e Siria, che ha provocato più di 50 mila vittime, ha stravolto la vita di milioni di persone. Coloro che sono sopravvissuti alla catastrofe, intere comunità del luogo e di altri paesi hanno rappresentato dei punti di luce che si sono adoperati per portare aiuti immediati e dare sollievo a quanti hanno perso affetti, case, tutto.

Le tenebre non potranno mai sopraffare quanti scelgono di vivere nella luce e per generare luce. Questo per noi cristiani significa una vita con Cristo in mezzo a noi, presenza che rende possibile aprire squarci di vita, che ridona speranza, che continua a farci abitare nell’amore di Dio.

A cura di Patrizia Mazzola e del team della Parola di Vita

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1 Cf. Mt 5,13-16.
2 C. Lubich, Parola di Vita agosto 1979, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) pp. 145-146.




Fuori orario

“Cavalcare il drago”, affrontare ogni difficoltà sapendo che c’è sempre da imparare qualcosa da queste esperienze. E’ nell’essere disarmati che possono farsi le scoperte, perché siamo spinti oltre i livelli di autosostegno e invitati a vivere nell’incertezza e nell’ignoto, che per altro sono anche gli unici posti dove si possono fare scoperte. (1)

Tra me e te c’è una difficoltà, mi è stato riferito che sei ostile e risentito per la scarsa attenzione che avrei riservato – così mi fai sapere – ai sintomi di tuo padre rendendo la sua situazione ancor più precaria.

Questa osservazione mi arriva – riportata – da un collega. E’ un po’ uno shock perché non corrisponde certo alle mie intenzioni e più che giustificare il mio operato, mi viene da pensare a quanto tu possa essere disorientato e arrabbiato ed avessi bisogno di qualcuno con cui prendertela. L’accetto ma ci sto male.

Il ritmo del lavoro non si ferma e proseguo ascoltando, sorridendo, con un amaro che resta dentro e che devo superare continuamente. Desidererei proprio rivederti e sentirmi dire personalmente cosa ti affligge.

Verso le 18 passo davanti alla porta di ingresso, le luci sono già un po’ abbassate, l’orario di visita dei parenti è concluso. Sono lì perché ho voluto accompagnare fino alla porta una paziente che mandavo in ospedale per accertamenti urgenti.

Incredibile, ti vedo infilare una mano tra i battenti della porta allungando un pacchetto di sigarette: “sono per mia madre, gliele può consegnare? Sono fuori orario.” “Entri la prego, come sta papà?” Esitante, mugugnando un po’, mi dici che stavi proprio arrivando dall’ospedale e che la situazione è sempre molto seria.

Ascolto, faccio silenzio, lo invito a portare direttamente lui le sigarette alla mamma. Ad un certo punto si gira e mi dice: ”E’ lei la dottoressa dell’altra sera?” “Sì sono io”. Credo che dentro avrebbe un torrente in piena da rovesciarmi addosso ma non lo fa. Lo lascio dalla mamma, sei fuori orario, ma ho potuto rivederti.

Paola Garzi

1 David Brazier (1997) citato in Ken Evans, Vivere con la morte, www.psicoterapia.it/forum/.




Margaret Karram: ritrovare la strada del rispetto dei diritti umani attraverso dialogo e riconciliazione

La dichiarazione della Presidente del Movimento dei Focolari in seguito allo scoppio delle gravi violenze in Terra Santa del 7 ottobre 2023: “Giustizia, il dialogo e la riconciliazione, strumenti indispensabili per costruire la pace”. 

Non ci sono parole per esprimere l’infinito dolore che ho in cuore per le popolazioni di Israele e Palestina; per i morti, le persone ferite, quelle tenute in ostaggio, i dispersi e le loro famiglie che l’ultimo, gravissimo scoppio di violenza ha provocato nella mia terra.E’ con profonda fede che, insieme a tutto il Movimento dei Focolari, mi unisco all’appello di Papa Francesco, a quello del Patriarcato Latino di Gerusalemme, alle parole di pace di  responsabili delle diverse Chiese Cristiane e dei leaders delle Religioni – in particolare della regione israelo-palestinese – nel chiedere che si fermino le armi e si comprenda che, come ha detto Papa Francesco all’Angelus di oggi, “il terrorismo e la guerra non portano a nessuna soluzione, ma ogni guerra è una sconfitta”.Nella preghiera al Dio della Pace e della Giustizia sono unita anche a quanti in tutto il mondo offrono preghiere, sofferenze e azioni, perché la pace vinca sull’odio e il terrore. Il mio grazie particolare va a quanti mi hanno scritto da luoghi di conflitto, come l’Ucraina, esprimendo offerta e vicinanza pur nella tragica situazione in cui vivono da oltre un anno.Impegniamoci a costruire un mondo fraterno e a fare tutto quanto ci è possibile affinché questi popoli e quanti sono nelle stesse condizioni di instabilità e violenza, ritrovino la strada del rispetto dei diritti umani; dove la giustizia, il dialogo e la riconciliazione sono gli strumenti indispensabili per costruire la pace.

Roma, 8 ottobre 2023

Margaret Karram
Presidente del Movimento dei Focolari

Fonte: https://www.focolare.org/2023/10/08/margaret-karram-ritrovare-la-strada-del-rispetto-dei-diritti-umani-attraverso-dialogo-e-riconciliazione/




Veglia ecumenica: insieme in Piazza S. Pietro

Siamo ormai giunti all’apertura del  Sinodo dei vescovi. ll Papa e varie altre voci, in questo tempo buio invitano a saper leggere i “segni dei tempi”, i segni degli interventi di Dio nella nostra storia travagliata. Ancor prima che si entri nel vivo del Sinodo, vorremmo cogliere  qualche segno del nuovo che possiamo leggere nella  grande veglia ecumenica in piazza s. Pietro di sabato scorso 30 settembre.

In quel giorno, come sappiamo, la piazza era gremita da 18.000 persone, molti giovani in rappresentanza di tutta Europa e altri 43 Paesi degli altri continenti. Non solo cattolici. L’abbiamo visto: questo popolo di Dio faceva corona a Papa Francesco insieme ai capi delle Chiese di diverse tradizioni, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, l’arcivescovo di Canterbury,  l’anglicano Iustin Welby, la dott.ssa Anne Burghardt, Segretaria Generale della Federazione Luterana mondiale, prima donna a ricoprire questa carica, insieme a rappresentanti delle comunioni evangeliche pentecostali e ai delegati fraterni che saranno presenti al Sinodo. E’ la prima volta nella storia che questo INSIEME si mostra nella casa stessa del Papa in piazza s. Pietro, quando sino a non pochi anni fa, non è stato possibile essendo, come aveva riconosciuto  San Giovanni Paolo II, proprio il ministero del Papa  tra gli ostacoli maggiori all’unificazione.

Altro segnale. Lo sappiamo, questa iniziativa non viene dal Papa, ma nasce già nel 2021 dalla comunità ecumenica di Taizé, ispirata da una nuova consapevolezza ad ampio respiro: solo uniti in Cristo –  aveva detto frère Alois allora priore di Taizé – possiamo diventare costruttori di  pace e di unità della famiglia umana ferita da tante divisioni e violenze, senza prospettive di futuro.  E’ il forte invito di Papa Francesco alla veglia: “Syn-odos”: camminiamo insieme, non solo i cattolici, ma tutti i cristiani, l’intero Popolo dei battezzati, tutto il Popolo di Dio, perché solo insieme si può generare l’unità di tutti”. Tanto da sentire echeggiare nella piazza: “non c’è sinodalità senza ecumenismo, non c’è ecumenismo senza sinodalità”.

Ancora. Quei piccoli semi consegnati ai rappresentanti delle diverse Chiese: “raffigurano – aveva detto Papa Francesco – i diversi doni elargiti dallo Spirito Santo alle varie tradizioni”. E l’invito “di seminarli nella certezza che solo Dio dona la crescita, per l’azione dello Spirito Santo”, e nello scambio fraterno dei doni. Dunque le diversità non più considerate globalmente eresie, ma doni dello Spirito. Ritornano alla memoria le parole di San Giovanni Paolo II arrivato ad ipotizzare che le stesse divisioni pur essendo causate dai nostri peccati,  “siano state una via che ha condotto e conduce la Chiesa a scoprire le molteplici ricchezze contenute nel Vangelo di Cristo e nella redenzione da Lui operata”. La stessa scelta di approfondire e vivere il nuovo stile della sinodalità, non è estraneo al dono della secolare esperienza delle Chiese orientali da cui il Papa, ebbe a dire, “abbiamo da imparare”.

Al centro della piazza non c’era il Papa, ma campeggiava il Crocefisso di San Damiano, lo stesso  davanti a cui Francesco d’Assisi aveva avvertito quella chiamata che aveva segnato il capovolgimento della sua vita e il rinnovamento della Chiesa: “Francesco vai a riparare la mia casa”. Quella sera  – sono ancora parole del Papa – “abbiamo sostato silenziosi davanti a quella stessa croce”, a quella “cattedra del Maestro”. Che oggi suscita una nuova attrattiva proprio tra i giovani, se  la via Crucis aveva segnato il punto più alto della GMG a Lisbona e se non è stata assente nei workshop dei giovani che avevano preceduto la veglia sullo sfondo delle problematiche dei vari paesi di loro provenienza.  Nella loro testimonianza: i workshop sono stati “momenti speciali” che “hanno toccato nel cuore, nell’anima”. L’intera giornata: “ricchissima per aver potuto andare in profondità e sentirci a casa”. La dimensione ecumenica: “una forte testimonianza di unità, sinodalità e fraternità”.

Una risposta all’interrogativo che appare sulla copertina di un libro: “Il cristianesimo è alle soglie di una nuova riforma?” (del filosofo e teologo ceco Tomas Halik).

Carla Cotignoli

Vedi anche: https://www.focolaritalia.it/events/veglia-ecumenica-di-preghiera-30-settembre-2023/




Albania terra sorella

Dall’Italia nella “terra delle aquile” per vivere la Gmg, con chi non è potuto andare a Lisbona, per il Summer Campus 2023: Think outside the box

Uscire dal tracciato, dalla propria zona di comfort e dai propri confini: questi sono stati i motivi che hanno spinto 32 giovani provenienti diverse Regioni italiane, dal 2 al 12 agosto, a mettersi in gioco, ancora una volta, in occasione del Summer Campus, Think outside the box, organizzato dai giovani del Friuli-Venezia-Giulia, col notevole supporto della locale comunità dei Focolari. Per la prima volta nella storia di questo evento, le attività si sono svolte in una delle periferie d’Europa: l’Albania. L’iniziativa si è sviluppata in due fasi: la prima, dal 2 al 6 agosto, a Tirana, la seconda, dal 6 al 12, nel Sud del Paese, nella località turistica di Valona.

Nei laboratori di formazione si è parlato di scelte e di libertà, temi che hanno portato a riflettere sul nostro posto nel mondo, quale sia la direzione che vogliamo dare alla nostra vita, quale sia il contributo che ciascuno di noi può dare, per non essere meri turisti bensì costruttori capaci di “lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato” (Baden Powell). Soprattutto, però, di fondamentale valore formativo e fonte di ispirazione è stato ogni incontro con l’altro: l’ascolto della vita di questo popolo e delle testimonianze di coloro che, controcorrente, rimangono e scelgono di vivere per l’Albania, nonostante le innumerevoli difficoltà.

In Albania convivono pacificamente numerose fedi presenti sul territorio: musulmani, bektashi – una religione ibrida tra islam e cristianesimo – cattolici e ortodossi. Basta passeggiare nel centro di Tirana, per osservare campanili e minareti, per vedere statue di Madre Teresa di Calcutta e ascoltare il richiamo alla preghiera dei musulmani.

Durante una cena con la comunità dei Focolari di Tirana e il nunzio apostolico Mons. Luigi Bonazzi, è emerso l’orgoglio del rapporto speciale che hanno instaurato con i colleghi musulmani e di come imparino quotidianamente dallo scambio reciproco. Marian, giovane di origine irachena: “Non è semplice – commenta – vivere in un Paese in cui la maggioranza crede in un’altra religione. Anche io vengo da un Paese a maggioranza non cristiana e so quanta sofferenza questo comporta. Nonostante le incomprensioni e la mancanza di condivisione degli stessi valori, mi sembra che in Albania vi sia una fede più grande e salda, che non si spegne ma che, invece, si alimenta.”

Nel corso dei dieci giorni trascorsi nella “terra delle aquile”, (significato di Albania ndr) abbiamo conosciuto la sua storia: a Kruja, antica capitale, l’eroe nazionale Skanderbeg ha unito popolazioni diverse e ha difeso il territorio dall’avanzata turco-ottomana. A Tirana sono evidenti le piaghe che affliggono oggi il Paese: la corruzione, l’abusivismo edilizio e la miseria. Era scioccante camminare per le strade illuminate, tra monumenti e auto lussuose e, allo stesso tempo, vedere case diroccate o edifici nuovi di zecca ma disabitati, frutto del mero lavaggio di denaro sporco. Non è semplice lottare contro un sistema corrotto, ma abbiamo ascoltato la testimonianza dei proprietari del fast food “Ciki”, che hanno aperto un ristorante di cibo tipico nel centro, con l’intenzione di lavorare in maniera etica e rispettosa, invitando i concittadini a fare lo stesso.

Nel corso delle mattinate trascorse a Tirana, in gruppi, sono proseguite le visite presso diverse strutture che offrono un servizio nelle periferie. Alcuni hanno giocato, ballato e pregato con i bambini accolti in una parrocchia di suore di Charles de Foucauld. “Quest’esperienza con i bambini – racconta Ettore – mi ha fatto comprendere come una partita di calcio può essere un tramite tra culture diverse. Non conta ciò che si ha, bensì quello che si è disposti a dare, un piccolo gesto può far comparire un sorriso sul volto di un bambino donandogli felicità”.

 Altri hanno intrapreso una strada impervia per salutare delle famiglie che vivono sperdute nell’entroterra e che non godono di alcun servizio di comunicazione, nemmeno di una strada asfaltata per raggiungere il primo centro abitato. I giovani rivelano che è stato impattante scontrarsi con una realtà piena di contrasti a livello economico e sociale, tra ville moderne e discariche. “Una delle famiglie – spiega Samuele – ha raccontato che i primi due di otto fratelli sono costretti a lavorare fin da ragazzi per poter garantire un’istruzione ai loro fratelli minori e sostenere economicamente la madre, rimasta da sola. Questa esperienza mi ha segnato, perché spesso non ci si rende nemmeno conto della fortuna che abbiamo a vivere in un Paese del primo mondo dove si tende a dare molte cose per scontate”.

 Sporcarsi le mani con pennello e pittura per imbiancare un’area di una casa di riposo gestita dalle suore di Madre Teresa di Calcutta, o fare compagnia ad alcune signore anziane è stato un servizio concreto. Per Chiara, alla sua prima esperienza in una struttura di questo tipo, non è stato facile, non conoscendo la loro lingua, rapportarsi con le ospiti. L’impatto iniziale è stato sconfortante, ma l’indomani i giovani sono rimasti sorpresi nel vedere le signore al balcone che aspettavano sorridenti e raggianti, in attesa del loro arrivo. “Il secondo giorno – chiosa Chiara – è stato pieno di musica, balli, disegni, regali, sguardi d’affetto e baci scambiati timidamente. Posso dire che questa sia stata la prova che l’amore può davvero tutto, al di là dei limiti linguistici!”

 Un gruppo si è recato presso la struttura Papa Giovanni XXIII, centro diurno che ospita persone con disturbi psichiatrici. I ragazzi e le ragazze si sono cimentati in attività per aiutare la comunità, cucinando il pranzo, preparando una torta e distribuendo da mangiare ai senza tetto. Il momento più intenso è stato sicuramente la condivisione avvenuta con gli operatori e gli utenti del centro, che nonostante gli ostacoli linguistici, hanno raccontato le loro storie, senza filtri e con una sincerità commovente. “Quando vedi – commenta Michele – che fai il tuo lavoro con tanto impegno, ma in cambio ricevi così tanto amore che capisci di aver fatto la scelta giusta“.

Il campus si è svolto in concomitanza con la Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona, a cui, seppur a distanza, hanno partecipato i 32 italiani assieme a 120 giovani albanesi e kosovari. Nella notte tra il 5 e 6 agosto presso l’Università Nostra Signora del Buon Consiglio, è stata ricreata un’ambientazione simile a quella portoghese: accampamenti nelle aule universitarie, canti, balli tipici, un momento di adorazione e diretta streaming per seguire in modo originale questo evento.

“Cari giovani, vorrei guardare negli occhi ciascuno di voi e dirvi: non temete, non abbiate paura”. Le parole di Papa Francesco durante la veglia hanno permesso di vivere un momento di riflessione e di raccoglimento.

La seconda parte del campus si è svolta nella prefettura di Valona presso le suore francescane alcantarine di Babicache operano per aiutare bambini e famiglie del luogo.

Dal lunedì al venerdì le porte della struttura si aprivano per accogliere fino a 50 tra bambini e ragazzi, per giocare a basket, a pallavolo, calcio e ping-pong, per cantare assieme e fare la merenda. Inoltre, abbiamo aiutato le suore con lavori di manutenzione della struttura, ripulendo le strade circostanti da erbacce e spazzatura, carteggiando le pareti esterne e drenando l’acqua accumulata nel campo da calcio affinché i bambini vi potessero giocare.

Nella cittadina di Orikum c’è stata la possibilità di giocare con tanti bambini. “Un’esperienza di mani – commenta Anna– che si stringono e occhi che si cercano. Il limite della lingua mi ha insegnato ad essere ancora più attenta all’altro. Ai suoi e ai miei gesti. Un’esperienza fatta di sguardi, di bicchieri d’acqua da riempire dopo una corsa, di nastrini colorati, di pochi discorsi, ma di abbracci che parlano molto chiaramente”.

Intense le testimonianze ascoltate durante le serate. Il vescovo di Valona, mons. Giovanni Peragine, suor Laura e suor Carmela hanno aperto scenari impensati su una Chiesa missionaria e un Paese in cui molti giovani emigrano, lasciando così un Paese senza futuro e con poche prospettive. Non sono mancati i momenti di relax e di riposo al mare, sulle spiagge di Borsh e la visita al sito Unesco di Butrinto.

L’Albania è entrata nel cuore di ognuno, con le sue contraddizioni, le sue difficoltà e la sua continua voglia di rivalsa. Nel cuore è maturato il desiderio di ritornare quanto prima in questa terra che ormai sentiamo sorella.

Da Francesca e Martina del Friuli Venezia Giulia

Le nostre esperienze in Albania




Ottobre 2023

“Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21).

Gesù è entrato in Gerusalemme, acclamato dal popolo come “Figlio di Davide”, un titolo regale che il vangelo di Matteo attribuisce al Cristo, venuto a proclamare imminente l’avvento del Regno di Dio.

In questo contesto, si svolge un singolare dialogo tra Gesù e un gruppo di persone che lo interrogano. Alcuni sono erodiani, altri sono farisei, due gruppi di opinione diversa rispetto al potere dell’imperatore romano: gli chiedono se giudica lecito o no pagare le tasse all’imperatore, per costringerlo a schierarsi pro o contro Cesare e avere comunque di che accusarlo.

Ma Gesù risponde con un’altra domanda, riguardo quale sia l’effigie impressa sulla moneta corrente. Poiché l’effigie è quella dell’imperatore, risponde:

“Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.

Ma cosa è dovuto a Cesare e cosa a Dio?

Gesù richiama al primato di Dio: infatti, come sulla moneta romana è impressa l’immagine dell’imperatore, così in ogni persona umana è impressa l’immagine di Dio.

La stessa tradizione rabbinica afferma che ogni uomo è creato a immagine di Dio (1), usando l’esempio dell’immagine impressa sulle monete: “Quando un uomo conia delle monete con lo stesso suo stampo, sono tutte simili, ma il re dei re, il Santo che sia benedetto, ha coniato ogni uomo con lo stesso suo stampo del primo uomo, e nessuno è uguale al suo compagno”(2).

A Dio solo, dunque, possiamo dare tutti noi stessi, a Lui solo apparteniamo ed in Lui troviamo libertà e dignità. Nessun potere umano può pretendere la stessa fedeltà.

Se c’è qualcuno che conosce Dio e può aiutarci a dare a Lui il giusto posto, questo è ancora Gesù. Per lui: «[…] amare ha significato compiere la volontà del Padre, mettendo a disposizione la mente, il cuore, le energie, la vita stessa: si è dato tutto al progetto che il Padre aveva su di Lui. Il Vangelo ce lo mostra sempre e totalmente rivolto verso il Padre […]. Anche a noi chiede lo stesso: amare significa fare la volontà dell’Amato, senza mezze misure, con tutto il nostro essere. […] Ci è chiesta, in questo, la più grande radicalità, perché a Dio non si può dare meno di tutto: tutto il cuore, tutta l’anima, tutta la mente» (3).

“Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.

Quante volte ci troviamo di fronte a dilemmi, scelte difficili che rischiano di farci scivolare nella tentazione di facili scappatoie. Anche Gesù è messo alla prova di fronte a due soluzioni ideologiche, ma per lui è chiaro: la priorità è la venuta del regno di Dio, con il primato dell’amore. Lasciamoci interrogare da questa Parola: il nostro cuore è conquistato dalla notorietà, dalla carriera fulminante; ammira le persone di successo, i vari influencers? Diamo forse alle cose il posto che spetta a Dio?

Con la sua risposta, Gesù propone un salto di qualità, invitandoci ad un discernimento serio e approfondito sulla nostra scala di valori. Nel profondo della coscienza possiamo ascoltare una voce, talvolta sottile e forse sovrastata da altre voci. Ma possiamo riconoscerla: è quella che ci spinge ad essere cercatori instancabili di vie di fraternità e ci incoraggia sempre a rinnovare questa scelta, anche a costo di andare controcorrente.

È un esercizio fondamentale per costruire le basi di un autentico dialogo con gli altri, per trovare insieme risposte adeguate alla complessità della vita. Ciò non significa sottrarsi alla responsabilità personale nei confronti della società, ma piuttosto offrirsi ad un servizio disinteressato al bene comune.

Durante la prigionia che lo porterà all’esecuzione per la sua resistenza civile al nazismo, Dietrich Bonhoeffer scrive alla fidanzata: «Non intendo la fede che fugge dal mondo, ma quella che resiste nel mondo e ama e resta fedele alla terra, malgrado tutte le tribolazioni che essa ci procura. Il nostro matrimonio deve essere un sì alla terra di Dio, deve rafforzare in noi il coraggio di operare e di creare qualcosa sulla terra. Temo che i cristiani che osano stare sulla terra con un piede solo, staranno con un piede solo anche in cielo» (4).

A cura di Letizia Magri e del team della Parola di vita

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1 Cf. Gen 1,26.
2 Mishnà Sanhedrin 4,5.
3 C. Lubich, Parola di Vita ottobre 2002, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) pp. 669-6704

4 Dietrich Bonhoeffer, Maria von Wedemeyer, Lettere alla fidanzata, Cella 92, Queriniana, Brescia 1992, 48.




La mia vocazione al silenzio è nata in una metropoli

La mia ricerca e frequentazione di Silenzio si è alimentata nel rumore.
Nel rumore del traffico, nel vociare delle persone, nello sbattere dello sportello di un cassonetto, nell’ululato di una sirena.
Come dicono alcuni santi: “come puoi guadagnare il Paradiso se non lavi i piedi al tuo prossimo?”
Come pensi di lavare i piedi al tuo prossimo se vivi lontano da tutti?
Cercare di capire cosa sia il silenzio, questo aiuta.
Se affermiamo che Dio è in tutto e tutto in Dio, allora sappiamo che la metropoli è il posto ideale per incontrarLo.
Silenzio non è assenza di suoni più o meno fastidiosi, ma Presenza che riempie e spinge fuori ciò che ci allontana da essa.
Silenzio è distacco da quello che adombra la Presenza di Dio.
Quanto “chiasso” ti porti dentro, questo determina il tuo disagio nel cogliere questa Presenza, che è Dio.
Non cadiamo nell’inciampo di sotterrare, di non adoperare, quel talento unico che, per timore di essere giudicati con durezza, teniamo da parte: la capacità di ascolto, di aprirsi alla vita e alla Vita.
Nostalgia del canto degli uccelli e della natura nel giovane in cammino?
Oppure nostalgia di un cuore che parzialmente incontaminato sa ancora camminare e respirare il soffio di ciò che lo circonda?
Se voglio capire le tue parole devo ascoltare, quindi faccio silenzio, metto a tacere la ruota panoramica che ho in testa e le labbra, Ascolto.
Quindi benedetta la metropoli che mi insegna l’Ascolto.
Fa più rumore ciò che sento o ciò che guardo?
Parola di eremita.
Mi viene in mente “il deserto nella città” di Carretto.
Quanta Lode possiamo elevare dal cuore del chiasso.
Unici luoghi materiali dove il chiasso non è salutare sono i luoghi di culto.
(Patrizia Rodi Morabito – Provincia di Reggio Calabria)



Il valore della cura

“Una società si può dire che è umana nella misura in cui i suoi membri si confermano tra di loro” (Watzlawich,1971).

“L’occhio è una regione di quasi calma situata al centro di un ciclone tropicale. È circondato dall’eyewall, un anello di temporali torreggianti dove avvengono i fenomeni più forti”

Mettiti anche tu con me nell’occhio, lì dove è quiete. Mettiti con me nella tregua che dà vivere un momento alla volta. Attorno ci possono essere agitazioni di ogni sorta e se ci muoviamo da quel punto fermo rischiamo di esserne travolti. Il ritmo delle nostre giornate di lavoro, qualunque sia la nostra qualifica professionale, è spesso incalzante, sfidante. Non entro nei dettagli perché per ognuno è diverso; per me è confortante pensare che dopo il vortice posso trovare un punto fermo: lì dove ci incontriamo.

E’ la relazione che ci salva dall’alienazione.

Così questa mattina quando mi chiedi un attimo di parlare. Ti ascolto ma ho già la mia risposta in testa. Occorre fermarsi. Lo faccio e mi accorgo delle lacrime che vogliono uscire a dispetto dei tuoi tentativi di frenarle: capisco cosa voglia dire mettersi nelle scarpe di un altro. Farò di tutto perché tu possa mantenere il tuo entusiasmo.

Sei una persona discreta e usi spesso un tono di voce più basso del normale, parli quasi scusandoti che devi per forza chiedermi qualcosa. Per sentirti bene devo fermarmi; non meriti una risposta frettolosa. La voce è sottile ma gli occhi sono luminosi.

A volte abbiamo necessità di sentirci al telefono e la prima cosa che mi dici è: “Dottoressa tutto bene, nessuna urgenza”. Sì lo sai che se chiami tu mi preoccupo subito, ma questa tua premura è preziosa. Possiamo confrontarci liberamente, sempre.

Sei arrivata da poco tra noi, il tuo stile è diverso dal mio. Penso di aiutarti con suggerimenti protettivi ma così ti spingo verso l’anello esterno ed inevitabilmente ci scontriamo. Ci rimango male, ma intanto le cose da fare non aspettano. Mi dispiace che sia andata così. Quando non ci penso più ti vedo tornare per un giorno. Un giorno solo ma sufficiente. Quel saluto: grazie per tutto, mi mantiene ancora lì dove tutto è quiete.

Paola Garzi




La Gmg di Lisbona, la gioia è contagiosa

Alcune impressioni dei partecipanti dei gruppi dei Focolari di tutta Italia e Albania

Di Aurelio Molè

«Vieni e vedi!». Il motto evangelico vale anche per la Giornata mondiale della gioventù di Lisbona. Senza aver partecipato è difficile ricreare e comunicare lo stesso clima ed esperienza. Presenti un milione e mezzo di giovani provenienti da tutti i Paesi del mondo, tranne le Maldive. Un esercito della pace che su tanti media non ha superato, se non per dovere di cronaca, la soglia dei criteri di notiziabilità. Un bozzetto di mondo unito, di fatto, realizzato. Dallo schermo tv, fuori dalle inquadrature, a volte, sfuggono, quei frangenti di vita soprannaturale, dei veri «momenti di Dio», che sono l’essenza dell’esperienza della 37° Gmg.

Migliaia di giovani che si inginocchiano durante la Via Crucis, momenti di silenzio infinito durante la Veglia conclusiva a Parco Tejo. Cosa avrà detto Gesù ad ognuno di loro? Nel loro cuore a tu per tu con Dio? Dall’Italia, con i gruppi dei Focolari, hanno partecipato in molti. Abbiamo cercato di raccogliere alcune loro impressioni.

Arianna di Milano scrive: «La cosa che mi ha colpito di più è stato il peso dato alla sfera della spiritualità. Mi pare di aver recuperato una dimensione che mi sembrava un po’ dispersa e ho sentito qualcosa di nuovo sia nei momenti collettivi che in quelli di maggiore raccoglimento. Alcune situazioni mi sono sembrate quasi surreali per lo scarto tra quello che stavamo vivendo a Lisbona e qualsiasi altra esperienza aggregativa. Il sentimento più forte che ho provato è stato quello di appartenenza, di identità, al netto di diversità molto forti che alla Gmg apparivano evidenti. Grazie alle parole del Papa e a quello che abbiamo sentito mi sono sentita infondere un senso di trascendenza che non avevo mai provato».

Gruppo dei Castelli Romani

Dai Castelli Romani e Lazio Sud hanno elaborato una serie di parole chiave: «FRATELLANZA, perché nei momenti in cui qualcuno di noi si trovava in difficoltà, c’era sempre qualcuno pronto a dare una mano e sollevarlo. AMORE, per il moltissimo amore nell’aria che ha contagiato tutti! BELLEZZA, negli occhi e nel cuore di tutte le persone che abbiamo incontrato! GIOIA, condivisa e visibile sugli occhi di tutti. SPERANZA, troppo bello vedere un milione di persone che credono all’amore, quello speciale di Dio!. UNITÀ con tutti, anche se il mezzo di comunicazione, le diverse lingue parlate, non era del tutto efficace, comunque, ci si legava incondizionatamente. RICCHEZZA, in relazione alle esperienze vissute e condivise (esperienze gioiose soprattutto, ma anche sfide che si sono superate man mano). Torniamo a casa più stanchi fisicamente, ma mentalmente carichi per affrontare la quotidianità».

Gruppo di giovani con Margaret Karram

Antonio Romano è uno studente di Ciampino (RM) iscritto all’Accademia di recitazione. L’esperienza della Gmg lo ha maturato sia dal punto di vista umano, con l’incontro di giovani provenienti da tutto il mondo e dal punto di vista religioso, perché si fa, nonostante tutte le difficoltà logistiche, una vera esperienza di Dio. «Un futuro migliore – dice Antonio – non è più utopia, ma una speranzosa realtà, perché noi giovani lo vogliamo e chi ha fede sposta le montagne, perché non è mai solo! L’ essenziale è donare il proprio sacrificio con amore incondizionato per realizzare i sogni di ognuno di noi».

Istruttrice di scherma e studi in Mediazione linguistica e interculturale, Francesca Di Giulio di Ariccia (RM) sottolinea «la resilienza e lo spirito di adattamento anche nelle situazioni più difficili», perché hanno vissuto dei giorni fuori dalla zona comfort e dai soliti schemi facendo «un’esperienza meravigliosa che mi ha permesso di scoprire qualità che non credevo di possedere».

«Provate, pensate – commenta Francesco Gattadi fare esperienze di questo genere. Dormire per terra, mangiare cibo dentro delle scatolette e non in un piatto o avere solamente un pezzo di pane per reggersi e fare chilometri a piedi: è una cosa più unica che rara, per noi che abitiamo in un Paese dove non manca nulla. Vivere un’altra realtà ti fa apprezzare anche le cose minime e i piccoli gesti. Avrai così il tuo giusto equilibrio e potrai aiutare le persone anche facendo piccole cose, ma che magicamente diventano grandi».

Da Torino, l’accompagnatrice Christy Sawaya nota come «dopo innumerevoli ore di sonno, dopo avere svuotato il frigo diverse volte, nell’anima non ricordo stanchezza, sporcizia, sfide, ma l’incanto di aver incontrato Dio e fratelli veri, di aver avuto momenti di silenzio dentro e fuori di me, di essermi buttata ad aiutare concretamente, anche quando difficilmente si riusciva a stare in piedi, di essermi sentita amata, accolta, e perciò anch’io capace di amore e accoglienza. Ho tantissima gratitudine a Dio, a ognuno/a con chi abbiamo condiviso quei giorni, e soprattutto l’esperienza di vedere che l’unità vissuta nel silenzio che grida gioia e testimonia vita ai fratelli che, prima di salutarci, chiedono di continuare il cammino insieme».

Gruppo di Roma

Una grande gioia provata da tutti come testimonia anche Greta Cardilli di Roma: «A me hanno colpito molto le parole del Papa: “La gioia è missionaria”. La dobbiamo portare agli altri, non tenerla solo per noi stessi. L’abbiamo ricevuta da coloro che sono stati parte della nostra vita e che rappresentano le radici della gioia. Noi giovani dobbiamo trasmettere questa gioia che crea altre radici».

Gruppo di Latina

Da Latina ha partecipato anche un gruppo della parrocchia di San Luca. Per Giulia Zorzetto «è stata un’esperienza che ha segnato tutti noi; faremo tesoro dei momenti passati insieme, della gioia vista sui volti degli altri giovani, delle chiacchiere scambiate con i ragazzi stranieri, dell’aria di festa presente in ogni piazza e strada di Lisbona, memori di come questi momenti ci abbiano aiutato a crescere come singoli, ma soprattutto nel nostro cammino di fede».

Singolare l’esperienza di un gruppo di 32 giovani, soprattutto del Friuli, che ha deciso di andare fuori schema e condividere la Gmg di Lisbona andando a trovare i loro coetanei in Albania e seguire con loro l’evento a distanza. Il programma si è dipanato in due fasi: la prima, dal 2 al 6 agosto, a Tirana; la seconda, dal 6 al 12, nel sud del Paese, nella località turistica di Valona, ma ne parleremo in un successivo articolo più dettagliatamente. Il senso di questi giorni è ben spiegato dall’accompagnatore Fabio Teofani: «La nostra è stata un’esperienza di grande gioia per tanto amore dato e, soprattutto ricevuto». Il titolo dell’iniziativa, “Think outside the box”, pensa fuori dagli schemi, li ha portati a spostarsi per operare nelle periferie «che si rivelano un cammino d’amore, sempre via di “resurrezione”, che ha trasformato tanti cuori, compresi i nostri. E le tre parole pronunciate dal Papa durante la Veglia a parco Tejo (“brillare, ascoltare e non temere”) le ho viste riflesse negli occhi e incarnate nelle azioni dei nostri giovani. Per me è stata una vera e propria lezione di vita che mi ha riempito il cuore di speranza. Da parte di tutti emergeva un’enorme gratitudine e il desiderio di ritornare quanto prima in questa terra che ormai sentiamo sorella».

Alcuni di questi giovani hanno partecipato alla trasmissione di Rai 1 A sua immagine di domenica 13 agosto, dove potete vedere i loro volti e ascoltare le loro impressioni.

Alcuni giovani che hanno raccontato le loro impressioni sulla Gmg di Lisbona ad A sua immagine di Rai1

Videomessaggio del Papa ai giovani della Gmg: tenete vivo il ricordo di Lisbona




Progetto: “Prendersi cura dell’Italia”. Carta degli impegni

Il progetto “Prendersi cura dell’Italia” è stato sollecitato dall’urgenza di rispondere alle ferite della società causate, a più livelli, dall’attuale pandemia.

In Italia esiste un tessuto sociale molto attivo. Anche nell’ambito del Movimento dei Focolari, i suoi membri hanno intrapreso varie iniziative, spesso in collaborazione con altre persone e associazioni/istituzioni.

Papa Francesco, nell’enciclica “Fratelli tutti”, afferma: “Prendersi cura del mondo che ci circonda e ci sostiene significa prendersi cura di noi stessi. Ma abbiamo bisogno di costituirci in un “noi” che abita la Casa comune (da “Fratelli tutti” – par. 17).

Da qui, l’obiettivo concreto del Progetto “Prendersi cura dell’Italia”: partendo dalle numerose azioni già in atto, vorremmo contribuire a costituire questo “noi” e diffondere  una cultura nuova, la cultura della cura.

La “Carta degli impegni” vuole essere uno strumento per l’applicazione di questo Progetto:guardare insieme alla complessità dei problemi e cercare di lenire le tante ferite che attraversano il nostro Paese, senza esimerci di rivolgere lo sguardo al mondo intero. Questa “Carta” enuncia, a titolo esemplificativo, alcune azioni che potranno essere prese di mira ma vuole rimanere un documento aperto a tutte quelle che si renderanno necessarie.

Il luogo privilegiato in cui poter declinare le più varie azioni attuative del Progetto, sono le numerose comunità locali sparse in tutto il Paese che potranno renderlo così più solidale.

L’auspicio è che ciascuno possa sperimentare gli effetti del “prendersi cura” gli uni degli altri!

Carta degli Impegni

Per maggior informazioni verso.impegnocivico@gmail.com




“Economia disarmata”: gruppo di riflessione e azione

Gruppo di riflessione e azione su disarmo, riconversione e cammino della pace   promosso dal Movimento dei Focolari Zona Italia

Dopo la prima assemblea generale del Movimento dei Focolari in Italia, tenutasi a Castel Gandolfo dal 23 al 25 ottobre 2015, si è costituito un gruppo di lavoro per dare attuazione alla direttiva di seguire l’impegno per la costruzione della pace a partire dalle scelte nel campo della finanza e dell’industria del nostro Paese.

Il gruppo, che si è autodefinito, perciò, con il nome di “Economia Disarmata

  • Esercita un’attività di riflessione a servizio di azioni coerenti e consapevoli
  • Promuove direttamente e sostiene le attività di formazione e di impegno che si intende intraprendere in tal senso in Italia
  • Esprime posizioni nel dibattitto pubblico in concorso e condivisione con i responsabili nazionali del Movimento dei Focolari.

L’impegno per la pace è coessenziale al carisma dell’unità del Movimento nato storicamente con Chiara Lubich, sotto il bombardamento della città di Trento, e che ha come cofondatore Igino Giordani, che si definiva “deputato di pace” e perciò segno di contraddizione. Un tratto mantenuto ben saldo nel servizio svolto da Città Nuova con riferimento ai ricorrenti scenari di guerra.

Il primo compito da affrontare è quello dell’educazione integrale capace di alimentare una coscienza in grado di ribellarsi sempre verso la menzogna e la violenza.

Come osserviamo abitualmente, la consapevolezza dell’ingiustizia può produrre, invece, solo un’indignazione temporanea perché prevale l’accettazione della sconfitta, l’inutilità dell’azione secondo giustizia.

La diffusione più efficace del messaggio con i social media o la presenza agognata sui maggiori mezzi di informazione non risolvono la questione principale di trovare un soggetto umano capace di prendere posizione, anche da solo se necessita. Ce ne accorgiamo con molti dei nostri compagni di viaggio, anche e soprattutto credenti, che, pur bravi e sensibili, hanno interiorizzato una sconfitta profonda, fino a percepire l’impossibilità di poter fare qualcosa per cambiare il mondo.

Esiste una frattura molto profonda nel vissuto personale conseguente alla fine di ogni mito rivoluzionario. Il campo educativo, non solo per giovani, va quindi pensato a partire da questo stato di cose trovando il modo efficace per andare alle radici della coscienza con percorsi di interiorizzazione della vicenda di Milani, Mazzolari, La Pira, Giordani, Capitini, ecc.

Tra le tappe del percorso di questo gruppo di lavoro si segnala il sostegno all’iniziativa sulla politica di pace e disarmo promossa il 16 marzo 2016 presso la Camera dei deputati dai Giovani per un mondo unito e dalle scuole di partecipazione del Movimento politico per l’unità.  Il dialogo avviato con alcuni parlamentari e pezzi della società civile ha condotto i responsabili del Movimento dei Focolari in Italia a prendere esplicita posizione sulla violazione della legge 185/90 che vieta l’invio di armi nei Paesi in guerra.

Di Economia civile e disarmata si è parlato, in maniera sempre più approfondita, e creando sinergie, con l’istituto universitario Sophia , il Polo Lionello per l’economia di comunione e Banca Etica a Loppiano il 19 aprile 2016.

Sempre a Loppiano, l’11 maggio si è svolta un’intera giornata seminariale promossa da Made in the world (associazione di riflessione per l’impegno sindacale), dove è stata affrontato il nodo della politica industriale di Finmeccanica e il ruolo dei lavoratori nelle aziende di armi.

Per dare continuità all’impegno e all’esplicita presa di posizione del Movimento dei Focolari in Italia, si è stimolato un confronto aperto in sede parlamentare con un seminario promosso dal Movimento politico per l’unità il 5 luglio 2016 presso la Camera dei Deputati su “Guerre, scelte di pace e riconversione industriale”. L’incontro è stato promosso assieme a numerose associazioni e reti civili con la partecipazione, oltre di deputati senatori diversi parlamentari delle commissioni industria e difesa, di due relatori di prestigiosi centri di ricerca: l’istituto Archivio Disarmo, con il quale è già iniziato un rapporto di collaborazione, e l’istituto Affari internazionali.

Alla questione dell’Economia disarmata è stata dedicata una parte significativa del programma della scuola estiva promossa a Siracusa dal 2 al 12 agosto 2016 dai Giovani per un mondo unito.

Il Movimento dei Focolari ha aderito e invitato alla partecipazione della Marcia Perugia Assisi 2016 per la pace e la fraternità del 9 ottobre, facendo precedere tale gesto, che ha coinvolto come sempre un centinaio di migliaia di persone di diverse culture, da un convegno svoltosi il 5 ottobre presso il Centro La Pira di Firenze assieme a  diverse associazioni (Fondazione Balducci, Rete Disarmo, Fondazione don Milani, Dialogo interreligioso).

In questa occasione i presenti, hanno ricevuto l’invito a continuare nella strada intrapresa da Michele Gesualdi, uno dei ragazzi della scuola di Barbiana che resta l’esperienza feconda di formazione delle coscienze alla pace senza sconti e compromessi fino alla necessaria disobbedienza alle leggi ingiuste.

Nell’ottica di andare alle radici di una scelta di pace è stato avviato un percorso di confronto tra la scuola del pensiero del realismo politico che giustifica la guerra giusta (Niebuhr), il centro La Pira di Firenze e l’associazione italiana Thomas Merton.

In vista della settimana mondo unito a Firenze del maggio 2017 si vuole offrire, tra l’altro, una conoscenza sempre più diretta dell’esperienza di don Milani andando alle radici del ripudio della guerra espressa nella lettera ai cappellani militari.

Nel più lungo termine, si vuole proporre  a cominciare dall’estate 2017, nel pieno del triennio di rievocazione del primo conflitto mondiale, un percorso di approfondimento sui luoghi dove si è consumata “l’inutile strage” che, secondo una certa retorica, avrebbe forgiato l’unità nazionale, ma che, in effetti, rappresenta la rottura epocale, spesso rimossa, che continua a segnare la nostra epoca avvolta da quella che papa Francesco invita a riconoscere come una guerra mondiale a pezzi alimentata da un’insensata economia delle armi.

Vedi anche articolo su Città Nuova

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Azione Cattolica e Focolari insieme

Intervista a Cristiana Formosa e Gabriele Bardo, responsabili del Movimento dei Focolari in Italia, in occasione dell’incontro delle presidenze diocesane di Azione Cattolica.

a cura di Giulio Meazzini

Nei giorni passati a Castel Gandolfo si è svolto l’incontro delle presidenze diocesane di Azione Cattolica. I 750 responsabili associativi hanno discusso sul tema “La Chiesa che sogniamo. Un cantiere sinodale per un’estate eccezionale”. All’incontro hanno partecipato come osservatori anche Cristiana Formosa e Gabriele Bardo, responsabili del Movimento dei Focolari in Italia. Li abbiamo intervistati.

Cosa vi ha colpito partecipando all’incontro di Azione Cattolica?

Intanto la grande gioia che traspariva da tutti i partecipanti, abbiamo proprio toccato con mano la bellezza di questo incontro. Poi la varietà, geografica, anagrafica e di vocazione – laici e sacerdoti – di questi dirigenti di AC, provenienti praticamente tutte le diocesi italiane; tanti i giovani presenti con incarichi di responsabilità: da loro abbiamo ascoltato interventi maturi, esigenti e ricchi di prospettive.

Ci ha poi colpito il fatto che questo tipo di incontro trasversale, con tutte le generazioni di AC riunite insieme e non per settori, era la prima volta che si faceva in questi ultimi anni post pandemia. Questa parola “insieme” sottolinea un’irrinunciabile esigenza che sta risuonando pure nel nostro Movimento, ma in realtà in tutta la Chiesa, che si sta apprestando a vivere l’imminente Sinodo Universale.

Quali spazi di collaborazione concreta vedete tra Azione Cattolica e Focolari?

La presenza di tante sorelle e fratelli di AC riuniti al Centro Mariapoli di Castelgandolfo è un altro segno dell’ormai consolidato rapporto di amicizia e fraternità tra le nostre due realtà. Come dimenticare lo speciale incontro tra le due presidenze avvenuto il 13 maggio dello scorso anno presso la sede nazionale di AC?

E le collaborazioni a livello nazionale, e locale, pian piano crescono sempre di più in diversi campi, ad esempio con scambi sulle metodologie di formazione a livello di bambini e ragazzi, ma soprattutto sono consolidate nella promozione di iniziative concrete per la pace, come i vari appuntamenti proposti negli ultimi anni, insieme al mondo dell’associazionismo cattolico, per chiedere l’adesione dell’Italia al trattato ONU per la proibizione delle armi nucleari.

Ora c’è bisogno di un ulteriore salto di qualità, crescere nella collaborazione a livello di comunità locale.

Ce ne daranno l’occasione due importanti eventi, promossi dalla Chiesa Italiana, di cui Movimento dei Focolari e Azione Cattolica sono tra gli organizzatori insieme ad altre associazioni ecclesiali: il prossimo 16 novembre a Roma ci sarà un appuntamento di testimonianze sul perdono e la pace, con la presenza del Cardinale Zuppi; il 31 dicembre ci troveremo per la tradizionale marcia della pace, che quest’anno si terrà a Gorizia.

Alla luce di queste due importanti iniziative nazionali, è arrivato l’appello della CEI perché diocesi e associazioni si incontrino e mobilitino insieme nell’organizzare in quello stesso periodo tante manifestazioni a livello locale, per diffondere e incrementare la costruzione di quella “cultura di pace” di cui oggi c’è bisogno come non mai.

Abbiamo ascoltato il presidente Giuseppe Notarstefano indicare questo come uno dei percorsi principali per l’anno sociale di tutte le realtà diocesane di AC e ce ne siamo rallegrati perché anche come Movimento dei Focolari in Italia abbiamo diffuso questi appuntamenti a livello nazionale e locale come programma dei prossimi mesi.

Fonte Città Nuova

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Vita della Parola: tra storie&testimonianze

In collaborazione con la cittadella di Loppiano, iniziamo la pubblicazione di una nuova serie di Podcast (dopo le precedenti due che stiamo pubblicando da diversi mesi, cioè la Parola di Vita e Gocce di luce)  dal titolo: Vita della Parola: tra storie&testimonianze”.

Ogni mese, fin dagli albori del Movimento dei Focolari con Chiara Lubich a Trento, viene scritto un commento ad una frase del Vangelo: il noto foglietto della Parola di Vita viene oggi diffuso in circa 90 tra lingue e idiomi,  attraverso stampa, radio e televisione.

Sappiamo che la Parola di Dio è qualcosa di molto prezioso, va ascoltata, accolta, meditata, studiata, vissuta e testimoniata, e non basta ancora …. anche comunicata attraverso le esperienze, come un dono reciproco.

La grande novità della “Parola di vita” sta proprio nel fatto che possiamo condividere le esperienze, così come Chiara Lubich spiega quanto accadeva agli inizi: «Si sentiva il dovere di comunicare agli altri quanto si sperimentava, anche perché si era consci che donando l’esperienza rimaneva . . . mentre non donando lentamente l’anima si impoveriva».

Questa condivisione continua tuttora e vogliamo incrementarla ancora di più, anche attraverso questi podcast: “Vita della Parola: tra storie e testimonianze”, per una reciproca edificazione alla vita del Vangelo.

Disponibile anche sul Canale YouTube @Focolaritalia

Su Spotify e sul sito di Loppiano