I bambini di Gaza in Italia: rinasce la speranza

Sono 88 le persone, bambini e adulti, giunte nel Belpaese per ricevere cure mediche essenziali

A cura di Aurelio Molè

Nell’immane tragedia della guerra nella striscia di Gaza si accende un piccolo lume di speranza e, come dice il proverbio: “È meglio accendere un fiammifero che imprecare contro il buio”. 88 persone, tra bambini e adulti, sono riusciti ad arrivare in Italia. Il primo gruppo è arrivato il 29 gennaio, il secondo il 5 febbraio. I bambini palestinesi di Gaza, feriti e bisognosi di cure, sono stati trasferiti negli ospedali Bambino Gesù di Roma, Gaslini di Genova, Meyer di Firenze, Rizzoli di Bologna, al Pediatrico Buzzi e all’Ortopedico Pini di Milano. Si è trattata di un’operazione complessa e difficile, l’Italia è l’unico Paese ad averla messa in atto, grazie all’intuizione e all’iniziativa di padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, che da 35 anni vive tra Gerusalemme e Betlemme. Di fronte ad un caffè nella sede della Custodia di Terra Santa a Roma ci racconta com’è andata.

Com’è la situazione dei bambini a Gaza?

Ogni giorno leggiamo notizie e siamo inondati di immagini della guerra a Gaza. Sono notizie e immagini devastanti. Direttamente dai bambini ho ascoltato i loro racconti sulle conseguenze della guerra. Tutti stanno male e soffrono a Gaza, ma i bambini sono le prime vittime innocenti. Manca tutto e dopo quattro mesi sta mancando anche la speranza. I bambini subiscono anche l’impossibilità di essere curati. Sono tanti i bambini ammalati e feriti e sono troppi i bambini che hanno perso la vita.

Come nasce l’iniziativa e come è stato possibile portare dei bambini di Gaza in Italia?

Sono stato ricevuto in udienza privata da Papa Francesco il 23 novembre scorso e informai Sua Santità della situazione in Terra Santa, ricevendo da lui parole di sostegno e di incoraggiamento. Subito dopo andai a salutare i miei amici medici dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù e vedendo la cura e l’affetto con cui seguivano i piccoli pazienti pensai di chiedere la possibilità di fare curare in Italia i bambini della Terra Santa. Scrissi al presidente Tiziano Onesti e la sua risposta fu accogliente e positiva. È stata poi una gara di solidarietà a cui ha partecipato l’Italia intera con il coinvolgimento importante del Governo Italiano e di tante altre istituzioni.

Come è riuscito a mettere d’accordo i vari interlocutori sulla bontà dell’operazione umanitaria?

Abbiamo parlato con tutti, israeliani, palestinesi, egiziani, italiani. I bambini erano al centro e la loro salvezza era l’obiettivo. In alcuni momenti ho temuto che non si potesse realizzare questo miracolo, in altri si raggiungevano gli accordi fra tutte le parti, ma si ponevano dei limiti e bisognava rivedere le liste. A volte i nomi di alcuni bambini presenti nelle liste venivano sostituiti da altri perché nel frattempo erano deceduti o non avevano un accompagnatore perché diventati orfani. Una tragedia nella tragedia.

Da sinistra: Tiziano Onesti, presidente dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù; Issa Kassissieh ambasciatore di Palestina presso la Santa Sede; Padre Ibrahim Faltas, Vicario della Custodia di Terra Santa.

Quali sono le loro storie dei bambini portati in Italia?

Sono storie terribili, tristi e impensabili. I bambini mi hanno raccontato le loro sofferenze, la mancanza di beni essenziali, il distacco dall’affetto dei propri cari per fuggire dalla guerra e arrivare in Egitto per essere poi portati in Italia. Nonostante tanto dolore, sono contenti di essere in Italia. Si sentono al sicuro, curati, amati, protetti. Chiedono solo di poter riabbracciare presto i loro familiari. Ho fatto loro questa promessa: spero che Dio mi conceda la possibilità di aiutarli nel realizzare questo desiderio.

Come sono arrivati in Italia e dove sono stati portati in Italia?

Undici bambini con tredici accompagnatori sono arrivati a Roma il 29 gennaio con un ponte aereo dell’Aeronautica militare italiana e sono stati poi portati al Bambino Gesù a Roma, al Meyer di Firenze e al Gaslini di Genova. Altri diciotto bambini accompagnati e altri adulti erano a bordo della nave ospedale Vulcano che è arrivata il 5 febbraio nel porto di La Spezia. I bambini hanno poi raggiunto gli ospedali pediatrici citati e il Rizzoli di Bologna. La macchina degli aiuti è complessa, ma l’Italia è sempre in prima linea per affrontare le emergenze con competenza e con disponibilità.

Che cosa si può fare per loro?

Bisogna pregare Gesù Bambino che guarisca le ferite visibili e invisibili di questi bambini. Rimarranno in Italia fino a quando le condizioni del loro ritorno a Gaza lo consentiranno. Dopo le cure saranno accolti dalle comunità di Sant’Egidio e da altre istituzioni. Penso che avranno bisogno di tante cose, ma soprattutto avranno bisogno dell’affetto degli italiani. Sono sicuro che non mancherà perché conosco il cuore dell’Italia.

Ci sono altre città in Italia pronte ad accogliere i bambini di Gaza?

Ho ricevuto richieste di accoglienza dei bambini della Terra Santa da ogni parte d’Italia. Regioni, Ospedali, Istituzioni mi hanno chiesto di curare e di accogliere. É una gara di solidarietà che mi commuove. Non avevo dubbi che sarebbe successo. Ritorna la speranza. Che Dio benedica il popolo italiano!

Vedi anche l’esperienza di accoglienza di una famiglia afgana a Roma: https://www.focolaritalia.it/2024/02/27/si-puo-fare-di-piu/




Progetto: “Greenclusive”

Giovani – Inclusivo – Formazione – Sostenibilità – Locale – Globale

PREMESSA

Il progetto vuole sostenere il percorso del “pathway verde” e l’ impegno delle nuove generazioni per l’ambito ecologico promuovendo la sostenibilità ambientale con un approccio che fa protagonisti alle minoranze sociali.

METODOLOGIA

Prevede un approccio sequenziale learn, act , share con fasi di formazione, azione e condivisione.

  • green trainings – formazione “verde”
  • local green activities – cantieri
  • communication and dissemination – united world week, ecc

TARGET




Corso per una cittadinanza attiva 2024

Le “Scuole di partecipazione” del Movimento politico per l’unità intendono essere un luogo di dialogo, di studio, di sperimentazione, aperto a tutti i giovani che vogliono vivere il presente della propria città in modo attivo, responsabile e generoso.

Il corso è aperto ai giovani dai 18 ai 35 anni.

Modulo di iscrizione: https://forms.gle/apZrpXnRQzyMPLpu6




La Regola d’Oro

LA REGOLA D’ORO
Non trattare gli altri in maniere che tu stesso troveresti dannose (BUDDISMO)
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la legge ed i profeti. (VANGELO DI MATTEO 7,12)
Una parola riassume tutta la base di una buona condotta: la bontà. Non fare agli altri ciò che tu stesso non vorresti fosse fatto a te. (CONFUCIANESIMO)
Questa è la sintesi del dovere: non fare agli altri ciò che sarebbe causa di dolore. (INDUISMO)
Nessuno di voi è credente se non desidera per il fratello ciò che desidera per sé stesso. (ISLAM)
Non fare al prossimo ciò che non vorresti fosse fatto a te: questa è tutta la torà, il resto è commento. Va e studia. (GIUDAISMO)

Sono all’ultima ora del turno di lavoro pomeridiano, ho quasi concluso il mio giro, la situazione sembra abbastanza tranquilla. E ’inevitabile, lo confesso, guardare all’orologio e vedere quanto manca! Non sono una persona superstiziosa ma certo mi auguro che tutto fili liscio fino alla fine; per questo quasi faccio finta di non sentire la moglie di un paziente che cerca un cardiologo…

Sento l’infermiera che le dice: a quest’ora signora…non c’è più nessuno…cosa si sente? Solo mi gira un po’ la testa… la pressione è appena un po’ più alta del normale; ok mi dico, è a posto, non mi riguarda.

Dopo qualche minuto entro nell’ultima stanza che mi mancava: oh no mi ritrovo proprio davanti quella signora! E’ giovanile, dinamica, all’apparenza sta bene e poi mi racconta sintomi così sfumati, trascurabili… penso di liquidarla dicendole: niente di urgente signora, si rivolga al suo medico.

Eppure, un medico ce l’ha davanti, non è una mia paziente ma è qui, mi sta chiedendo consiglio. Venga signora, mi racconti meglio…la visito…riscontro un grave disturbo del ritmo cardiaco, allerto il 118 e invio la paziente in codice rosso, impianto di pacemaker.

Signora quella dottoressa le ha salvato la vita… che impressione mi fanno quelle parole! Le 20.00 sono passate da un pezzo, ma che importa!

Paola Garzi




Città Nuova cambia veste… e non solo

La grafica, le firme, la APP: la rivista accompagna i suoi lettori in un mondo che cambia

Diciamo che la camicia ormai ci andava un po’ stretta. Per Città Nuova, mensile di opinione del Movimento dei Focolari, c’era bisogno di una nuova visibilità, leggibilità e completezza di proposta.

I più giovani chiedevano un modo di fruizione dei contenuti più al passo coi tempi, i meno giovani caratteri più leggibili (con o senza occhiali) e una grafica più sobria, i palati più esigenti aspettavano una proposta editoriale più completa e capace di riflettere la varietà di sensibilità esistente nella società di oggi, pur senza perdere il filo unitario di una precisa visione del mondo.

Dunque il processo di adeguamento della rivista al cambiamento tumultuoso della società, portato avanti dai due precedenti direttori, Michele Zanzucchi e Aurora Nicosia, fa un ulteriore passo avanti, in un contesto in continuo cambiamento.

Lo fa in varie direzioni: una grafica nuova di zecca, una riorganizzazione della scansione delle sezioni della rivista, un arricchimento dei contenuti offerti ai lettori con altre firme che entrano (o rientrano) a far parte del team di Città Nuova, una APP per sfogliare ed ascoltare la rivista sul cellulare (e sul sito).

Grafica e scansione della rivista

Dal numero di febbraio 2024, abbiamo riorganizzato le sezioni, per rendere più chiari e riconoscibili i contenuti: Italia, Mondo, Persona e così via. In particolare, abbiamo valorizzato le storie, ma anche i temi ambientali, dando risalto alle reti e ai progetti che nei territori fanno crescere le nostre comunità.

La nuova grafica, sobria ed elegante, ha dato il suo contributo migliorando la leggibilità, allo stesso tempo rafforzando l’identità della rivista con la copertina, le immagini e le illustrazioni, dando anche più spazio ai contenuti.

Contenuti

Per quanto riguarda gli autori, negli ultimi mesi hanno arricchito la rivista, solo per citare alcune firme, Luigino Bruni, Tommaso Bertolaso, Fernando Muraca, Patrizia Bertoncello, Leonardo Becchetti, Antonio Maria Baggio, Ana Cristina Montoya. Le inchieste su temi caldi hanno di solito coinvolto più sezioni della rivista, completando la riflessione sul tema in oggetto con esperienze ed interviste correlate.

Un altro aspetto da sottolineare è la forte attenzione a quello che vivono le comunità (del Movimento e non solo) nei territori. Questo è un aspetto da sviluppare ulteriormente, con l’obiettivo di valorizzarle, incoraggiarle, metterle in rete e diffondere al largo quello che fanno. Perché Città Nuova vuole essere la loro voce.

APP Città Nuova edicola

Uno dei problemi per la diffusione della rivista è sempre stata la necessità di parlarne, avendo però a disposizione solo una copia cartacea da offrire. Chi era interessato doveva “fidarsi” e fare un abbonamento quasi al buio.

Un altro aspetto da considerare è il fatto che i giovani sono ormai abituati ad una fruizione dei contenuti editoriali tramite il cellulare e i podcast.

Da febbraio 2024, la possibilità di sfogliare, leggere e ascoltare la rivista utilizzando una APP facilmente scaricabile, sia in ambiente Apple che Android, è quindi una vera svolta nel nostro modo di comunicare. Tra l’altro, molti articoli sono letti dagli stessi autori, che è tutto un altro modo di ascoltare!

In questo modo Città Nuova è sempre con noi, a casa ma anche in mobilità. Ovunque e sempre.

Impatto

Abbiamo cercato di rendere la rivista al passo con i tempi e con i gusti dei lettori, in un processo continuo di rinnovamento reso possibile dall’attenzione e dall’affetto col quale molti ci seguono. Perché, alla fine, in redazione possiamo farci venire tutte le idee possibili, ma quello che conta è se la rivista piace e i suoi contenuti soddisfano i lettori.

Quando penso a Città Nuova infatti mi chiedo: i lettori e le lettrici che oggi leggeranno la rivista, alla fine della lettura saranno più contenti e incoraggiati o più tristi di quando l’hanno cominciata? Passano i secoli, cambiano i gusti, si passa dalla tavoletta al papiro alla stampa al tablet, ma quello che conta è sempre il piacere di leggere e ascoltare. Città Nuovavuole accompagnare i suoi lettori.

E ora?

Non finisce qui. Ci siamo dati altri obiettivi per i prossimi mesi, ma ne parleremo solo quando avremo qualcosa di concreto da mostrarvi. Restate in contatto

Giulio Meazzini

Fonte: https://www.cittanuova.it

NUOVA GRAFICA DELLA RIVISTA

NUOVA APP CITTA’ NUOVA EDICOLA

 

SCARICALA DA: 

        GOOGLE PLAY        

          APP STORE 

 




Il giro d’Italia dell’ecumenismo

In occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, dal 18 al 25 gennaio, dedicata al tema “Amerai il Signore tuo Dio e il prossimo tuo come te stesso” molte le iniziative a cui hanno partecipato i Focolari lungo tutto il Belpaese

Non solo preghiere, veglie, meditazioni hanno animato la Settimana di unità dei cristiani da poco conclusa, ma anche pizze, cacce al tesoro, il caffè alla valdostana e tante altre idee frutto della creatività al servizio dell’unità. Un breve excursus sulle iniziative diocesane, il Centro Studi per l’Ecumenismo ne ha censite 162 in tutta Italia, ci porterà in alcuni dei luoghi dove membri dei Focolari sono impegnati in prima persona.

Prima tappa: Avezzano. I due partecipati appuntamenti tenutesi il 23 e il 24 gennaio, rispettivamente nella chiesa cattolica di San Giovanni e nella chiesa metodista evangelica di Villa San Sebastiano, sono stati caratterizzati da «un incontro tra persone – commenta Anna Lucia Botticchio – che da tempo cercano di vivere la comunione, uno scambio di esperienze di vita che parte dalla propria Chiesa, ma arriva ed aiuta anche l’altra Chiesa». Prevale l’unità sulle differenze, la fratellanza sulle divisioni, la carità fattiva e concreta sull’astrattezza dei pensieri. Il frutto concreto è stata una colletta, tra i cristiani delle diverse Chiese, per aiutare una famiglia del territorio in difficoltà. «Il patrimonio comune – conclude Anna Lucia Botticchio – è più grande di quello che ci divide. E nel libro Varcare la soglia della speranza San Giovanni Paolo II scrive: “Non potrebbe essere che le divisioni siano state una via che ha condotto e conduce la Chiesa, a scoprire le molteplici ricchezze contenute nel Vangelo di Cristo?”».

Seconda tappa Bologna. Un elemento emerso quest’anno, è un’attenzione al coinvolgimento dei giovani nel cammino ecumenico. La veglia ecumenica del 19 gennaio alla Santissima Annunziata a Porta Procula è stata organizzata da ragazzi e ragazze di diverse Chiese e sabato 20 gennaio una visita alle chiese sorelle è stata organizzata per i bambini del catechismo, i gruppi delle medie e le famiglie. Un programma itinerante con più 150 partecipanti alla scoperta della bellezza artistica e di fede delle chiese cristiane non cattoliche di Bologna. «Entrare – spiega Ermes Rigon – per conoscere le diversità e i punti in comune della concezione architettonica, dell’uso dell’altare, delle icone delle altre chiese è stata una scoperta affascinante. Le risposte, poi, date alle domande dei ragazzi da parte dei responsabili delle varie Chiese hanno dato spessore ad un evento inedito: era la prima volta che accadeva. Tanti non immaginavano la profondità di quello che è emerso e un genitore ha commentato: “Questo è catechismo vivo e capiamo quanto è importante il dialogo tra cristiani, anche perché i figli frequentano le stesse scuole”. La settimana si è conclusa nella Cripta della Chiesa di Bologna con una preghiera dei cristiani per la pace con un’attenzione particolare al Medio Oriente». Una celebrazione molto partecipata in uno spirito fraterno tangibile aperta alle nuove generazioni.

La tappa di Milano si è conclusa con i cori giovanili e delle diverse chiese cristiane. «La bellezza del canto – commenta Paola Pietrogrande -, nelle sue diverse espressioni tradizionali e culturali, dai tamburi eritrei alle monodie copte, dalla polifonia russa al gregoriano, è sempre un aiuto all’unità. Lo abbiamo sperimentato».

Verona: giovedì 18 gennaio la settimana ecumenica si è aperta con un’ora di preghiera nel Tempio valdese per l’unità e la pace, intensa e partecipata, preparata e presieduta dalla Pastora valdese e il Pastore luterano. «La riflessione del Pastore – commenta Claudio Santin – sulla domanda “chi è il mio prossimo, il tuo prossimo?” ci ha portati a guardare in faccia non tanto chi ci è vicino, ma chi è lontano dal nostro cuore, chi non la pensa come me, chi sta dall’altra parte. E non è stato così anche per Gesù quando dice di lasciare le 99 pecore per quella lontana? Da tempo la mia preghiera è proprio per chi decide la guerra, terroristi, camorristi, chi usa armi, ogni sorta di violenza, chi ha il potere assassino». Una straordinaria presenza di sacerdoti e il coro ecumenico hanno coronato la liturgia della Parola.

Originale il gesto di amicizia compiuto nella diocesi di Civitavecchia-Tarquinia su proposta delle Chiese del Burkina Faso e adattato ad una tradizione della Valle D’Aosta. Per simboleggiare la reciproca accoglienza e la condivisione, è stata usata “la Grolla dell’amicizia” che viene utilizzata con l’intento di accogliere gli ospiti più cari e condividere con loro il “caffè alla valdostana”.

Il gesto profetico si esprime in due momenti. «All’inizio – chiosa Felice Mari – i rappresentanti delle Chiese versano dell’acqua da ampolle diverse nella Grolla (simbolo dei doni spirituali che ciascuno porta); il secondo momento, a fine celebrazione, vede ogni Pastore e Sacerdote versare l’acqua dalla Grolla in un bicchiere e poi porgerlo da bere ad un altro per simboleggiare il reciproco scambio di doni che sono stati messi in comune e che provengono dalla stessa fonte. Ci è sembrato un gesto che ha dato il giusto significato alle liturgie di questa settimana».

Un modo alternativo, che punta alla relazione, per vivere la settimana ecumenica, è stato vissuto a Bari. Alcune persone dei Focolari con i loro amici di Comunione e Liberazione hanno fatto visita alla famiglia di Padre Mykolai della Chiesa ortodossa ucraina e hanno festeggiato il compleanno dei loro due figli gemelli. «La condivisione – dice Rita Sforza Seller – crea una nuova familiarità per camminare insieme nella comune avventura cristiana».

A Roma alcune focolarine si sono recate presso il Pontificio Collegio Beda nei pressi della Basilica di San Paolo fuori le mura. «È stata veramente – scrive Carla Cotignoli – una celebrazione bella, serena e partecipata. La Reverenda Tara Curlewis, della Chiesa Presbiteriana di Scozia, nel suo sermone ha usato questa immagine molto suggestiva: il rapporto tra le varie Chiese dovrebbe essere come quello di due innamorati che ballano insieme, abbracciati, ma lasciando lo spazio perché ciascuno possa muoversi liberamente». La cena a buffet preparata con cura «è stata occasione di conoscere e scambiare esperienze con tante persone, sacerdoti, seminaristi, suore, parecchie delle quali conoscono o almeno hanno sentito il nome del Movimento dei Focolari. Siamo rimasti molto contenti di questa esperienza speciale e del tutto al di sopra delle nostre aspettative. Nel cuore sentiamo tanta gratitudine e il desiderio di intensificare la preghiera e l’azione per l’unità, per realizzare il sogno di Chiara Lubich».

Ultima tappa di questo non esaustivo giro d’Italia si conclude nella Chiesa di San Domenico Savio a Vittoria (RG) con un “concerto ecumenico” (vedi Concerto ecumenico) alla presenza di 400 persone. Sette le chiese che hanno organizzato, quattro quelle che hanno portato un contributo musicale, ma tutte sono state coinvolte nell’organizzazione della serata, nella presentazione e nella lettura dei testi. «Il clima – commenta Cettina Zafarana – è stato di grande condivisione, con la certezza che la fraternità è possibile ed è il dono più grande che Gesù ci ha lasciato. Possiamo viverla e sperimentarla su questa terra al di là delle diversità tra le diverse chiese».

Aurelio Molè




Camminare insieme tra storia e profezia

Attualità della lettera pastorale del card. Michele Pellegrino

di Associazione Centro Maria Orsola

con la prefazione di mons. Roberto Repole arcivescovo di Torino

Contiene in appendice il testo della Camminare insieme

Il Convegno ha inteso ripercorrere le situazioni storiche, economiche, sociali ed ecclesiali in cui nacque la Camminare insieme, come venne recepita localmente (in quanto Pellegrino, nel 1977, si ritirò a vivere a Vallo Torinese dopo le dimissioni da arcivescovo di Torino) e, soprattutto, la sua attualità, sia per i contenuti sia per la genesi della sua preparazione. La tavola rotonda seguita alle relazioni ha permesso di illustrare alcuni brani della lettera pastorale con esperienze di vita vissuta ad essa collegate. Gli atti sono preceduti dalla prefazione di mons. Roberto Repole, attuale arcivescovo di Torino, che sottolinea l’attualità e la profezia della Camminare insieme, in relazione al cammino sinodale ora in corso nella Chiesa e al magistero di papa Francesco

INDICE

Prefazione (✠ Roberto Repole)

Presentazione del Convegno (Claudio Malfati)

Saluto ai partecipanti (don Ugo Borla)

La Camminare insieme, profezia di un cammino sinodale (Alberto Colombatto)

Padre Pellegrino e la sua città. Il contesto storico, economico, sociale ed ecclesiale in cui nasce la lettera pastorale Camminare insieme (Stefano Passaggio)

Il contesto locale della Camminare insieme e il Gruppo Presenza (Giancarlo Chiarle)

Rileggendo la Camminare insieme del cardinale Michele Pellegrino nell’oggi del percorso sinodale (Piero Coda)

Tavola rotonda e testimonianze

Appendice. Cenni biografici sul cardinale Michele Pellegrino

Camminare insieme. Linee programmatiche per una pastorale della Chiesa Torinese (✠ Michele Pellegrino)

Maria Orsola Bussone era una giovane della parrocchia di Vallo Torinese, morta improvvisamente nel 1970 a soli sedici anni. Ha creduto fino in fondo all’amore di Dio, con entusiasmo e impegno, bruciando le tappe della sua maturazione e crescita cristiana e, ancora oggi, è un modello per molti. Dal 2015 è stata riconosciuta Venerabile dalla Chiesa cattolica.

I curatori

Contributi di

Renato Airaudi, Ugo Borla, Andrea Bussone, Fernanda Caglio, Giancarlo Chiarle, Piero Coda, Sarah Cogotti, Alberto Colombatto, Sergio Fedrigo, Marina Giachetti, Osvaldo Maddaleno, Carla Serafin, Diana Tosi.

Per maggior informazioni: https://editrice.effata.it/libro/9788869291609/camminare-insieme-tra-storia-e-profezia/




Febbraio 2024

«E tutto ciò che fate, fatelo con amore» (1Cor 16,14)1.

Questo mese, come lampada per i nostri passi, (2) ci lasciamo illuminare dalla parola e dall’esperienza dell’apostolo Paolo. Egli annuncia anche a noi, come ai cristiani di Corinto, un messaggio forte: il cuore del Vangelo è la carità, l’agape, l’amore disinteressato tra fratelli.

La nostra Parola di vita fa parte della conclusione di questa lettera, in cui la carità è abbondantemente ricordata e spiegata in tutte le sue sfumature: è paziente, benevola, ama la verità, non cerca il proprio interesse (3) … L’amore reciproco vissuto così nella comunità cristiana, è balsamo per le divisioni che sempre la minacciano e segno di speranza per tutta l’umanità.

«E tutto ciò che fate, fatelo con amore».

Colpisce che Paolo – nel testo greco – esorti ad agire “essendo nell’amore”, come a indicarci una condizione stabile, un dimorare in Dio, che è Amore. Come potremmo infatti accoglierci reciprocamente ed accogliere ogni persona con questo atteggiamento, se non riconoscendo di essere noi amati da Dio per primi, anche nelle nostre fragilità?

È questa coscienza rinnovata che ci permette di aprirci senza paura agli altri, per comprenderne i bisogni e metterci loro accanto, condividendo risorse materiali e spirituali. Guardiamo come ha fatto Gesù; è lui il nostro modello.

Egli ha sempre donato per primo: “[…] la salute agli ammalati, il perdono ai peccatori, la vita a tutti noi. All’istinto egoista di accaparrare oppone la generosità; all’accentramento sui propri bisogni, l’attenzione all’altro; alla cultura del possesso quella del dare. Non conta se possiamo dare molto o poco. L’importante è il come doniamo, quanto amore mettiamo anche in un piccolo gesto di attenzione verso l’altro. […] È essenziale l’amore, perché sa accostare il prossimo anche solo con un atteggiamento di ascolto, di servizio, di disponibilità. Quanto importante […] è cercare di essere l’amore accanto a ciascuno! Troveremo la via diritta per entrare nel suo cuore e sollevarlo” (4).

«E tutto ciò che fate, fatelo con amore».

Questa Parola ci insegna ad accostarci agli altri con rispetto, senza falsità, con creatività, dando spazio alle loro migliori aspirazioni, perché ognuno porti il proprio contributo al bene comune.

Ci aiuta a valorizzare ogni occasione concreta della nostra vita quotidiana: “[…] dai lavori di casa o dei campi e dell’officina, al disbrigo delle pratiche d’ufficio, ai compiti di scuola, come alle responsabilità in campo civile, politico e religioso. Tutto può trasformarsi in servizio attento e premuroso” (5). Potremmo immaginare un mosaico di Vangelo vissuto nella semplicità.

Due genitori scrivono: “Quando una vicina, angosciata, ci ha detto che suo figlio era in prigione, abbiamo accettato di andare a fargli visita. Abbiamo digiunato il giorno prima di andare, sperando di avere la grazia di dirgli la cosa giusta. Poi abbiamo pagato la cauzione per farlo rilasciare” (6).

Un gruppo di giovani di Buea (Camerun sud-occidentale) ha organizzato una raccolta di beni e di fondi per aiutare gli sfollati interni a causa della guerra in corso (7). Hanno fatto visita a un uomo che ha perso un braccio durante la fuga. Convivere con questa disabilità è diventato per lui una grande sfida, perché le sue abitudini sono cambiate drasticamente. “Ci ha detto che la nostra visita gli ha donato speranza, gioia e fiducia. Ha sentito l’amore di Dio attraverso di noi”, ha raccontato Regina. Aggiunge Marita: “Dopo quest’esperienza, sono davvero convinta che nessun dono sia troppo piccolo se fatto con amore… Non c’è bisogno d’altro: è l’amore che muove il mondo. Sperimentiamolo!”

A cura di Letizia Magri e del team della Parola di Vita

_________________________________________________________________

1 Per questo mese, la Parola di Vita che proponiamo è la stessa che un gruppo di cristiani di varie Chiese della Germania, ha scelto di vivere lungo tutto l’anno.
2 Cf. Sal 119 [118], 105.
3 Cf. cap. 13
4 C. Lubich, Parola di Vita ottobre 2006, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) pp. 791-792.
5 Ibid. p. 792.
6 S. Pellegrini, G. Salerno e M. Caporale, Famiglie in azione. Un mosaico di vita, Città Nuova 2022, pp.70-71.
7 testo adattato dal sito https://www.unitedworldproject.org/workshop/camerun-condividere-con-gli-sfollati/.




Il Segreto dell’Unità

“Ama il Signore Dio e ama il prossimo come te stesso” Lc 10,27. E’ l’amore evangelico al centro della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani attualmente in corso. Forse mai come quest’anno si sono moltiplicati gli appuntamenti di preghiera in  tutta Italia promossi dalle diverse Chiese presenti nelle nostre città. Ovunque favoriscono la comunione e la conoscenza reciproca. Già anni fa Chiara Lubich, in un articolo sull’Osservatore Romano evidenziava “quanto l’ecumenismo spirituale sia sempre più l’anima del cammino verso la piena unità visibile dei cristiani e susciti nuova speranza per il futuro”. In questa luce ricordava gli inizi dell’Ottavario di preghiera. Riportiamo qui di seguito uno stralcio di quella sua riflessione.

Il Segreto dell’Unità
Osservatore Romano, 24 gennaio 2008

L’iniziativa dell’Ottavario di preghiera, nata 100 anni fa per opera  di Padre Paul Wattson, era uno dei primi segni del risveglio che lo Spirito Santo suscitava, chiamando i cristiani al rinnovamento, alla riconciliazione e alla comunione dopo secoli di lotte, incomprensioni e pregiudizi.

Molte sono le vie percorse dallo Spirito Santo per richiamare con forza la cristianità a questa conversione.  In tutti i tempi, infatti, sa “far cavare” dal Vangelo quel che serve all’umanità di quell’epoca e che di secolo in secolo appare talmente nuovo e rivoluzionario da sembrare prima quasi ignorato.  E’ per me una meraviglia sempre nuova,  costatare la varietà dei doni, ancora sconosciuti ai più, che lo Spirito Santo ha riversato nel nostro tempo nelle diverse Chiese cristiane, facendo scoprire le molteplici ricchezze contenute nel Vangelo di Cristo e nella redenzione da Lui operata.  Per la comune esperienza dell’incontro con Gesù, per il capovolgimento di vita che provoca diventa possibile una profonda comunione.

E’ stata proprio l’esperienza del Vangelo vissuto narrata ad alcuni pastori e religiose luterani in Germania all’inizio degli anni Sessanta, che ha aperto il dialogo della vita con quel mondo e poi con molte altre Chiese cristiane. Ero rimasta colpita dalla sorpresa di quel piccolo gruppo che mi aveva ascoltato: “Come? Anche i cattolici vivono il Vangelo?”.

Erano state le circostanze drammatiche del secondo conflitto mondiale che avevano favorito un nuovo approccio al Vangelo. Per una grazia certamente particolare quelle  Parole  mi erano apparse  straordinariamente nuove. Nei rifugi antiaerei portavamo solo quel piccolo libro. Quanto ci sono apparsi annacquati in quel tempo  i libri spirituali che avevamo letto e meditato! Ogni parola di Gesù, invece, era un fascio di luce incandescente: tutto divino!

Volevamo amare Dio come voleva essere amato. Tra le molte parole che Gesù aveva detto, scopriamo che c’è un comando che chiama “mio” e “nuovo”: “che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati”.  Da allora non facciamo un passo se non siamo unite dalla mutua carità: “…ante omnia…” (cf. 1, Pt 4).  Non è sentimentalismo. E’ costante sacrificio di tutto il proprio io per vivere la vita del fratello. E’ la perfetta rinuncia di sé, il portar l’uno i pesi dell’altro. E’ un partecipare di tutto ciò che possediamo, beni materiali e spirituali, al fratello. E in questo mutuo amore ci siamo accorte di vivere  quell’ultima  preghiera di Gesù al Padre, “che tutti siano uno, come io e te”, divenuta nostra regola, quale sintesi evangelica.

La forza che ci proveniva dall’unità ci ha spinto ben presto a riflettere sulle parole di Gesù: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). Gesù dunque è in mezzo noi, spiritualmente presente, quando siamo uniti nel suo nome! La sua presenza si avverte per abbondanza di Luce soprattutto, e d’amore, e di forza. Come si avverte la sua assenza quando per qualche momento siamo disuniti, per mancanza d’amore. Allora sembra che tutto crolli. Ed operare il bene è pesante e quasi impossibile. Tutto sembra vuoto e inutile. Finché si ristabilisce l’unità e Gesù torna fra noi a risplendere come il sole, rendendoci capaci d’ogni sacrificio.

E ovunque ci troviamo, nei più diversi ambienti di lavoro, di studio, di famiglia, a contatto con ogni fratello che ci troviamo accanto, si ha la forza di vivere come Lui. Amando il fratello senza discriminazione alcuna, senza  pretendere di essere amati,  prendendo sempre l’iniziativa, “vivendo” il fratello, sentendoci peccato col fratello peccatore, errore col fratello errante, fame col fratello affamato, la Vita che è in noi passa a lui e siamo da lui riamati. ”Entrare” nel fratello, suscita la rinascita del fratello: rivede la Luce perché sente l’amore e nella luce la speranza che allontana la disperazione, e la carità verso noi e verso tutti. Si ha l’impressione che si scarceri la redenzione, agendo Gesù – mistica Vite – attraverso i suoi tralci uniti a Lui.

Il segreto di questa via dell’unità è racchiuso in quel “come” Gesù ha amato noi: dando tutto di sé sulla croce sino a lanciare al cielo quel misterioso grido “Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato? In quel grido, ci ha dato l’altissima, divina, eroica lezione su che cosa sia l’amore.

a cura di Carla Cotignoli

Vedi anche: https://www.focolaritalia.it/events/testi-per-la-settimana-di-preghiera-per-lunita-dei-cristiani-2024/

Di Gesù Abbandonato ce ne parla direttamente Chiara Lubich:




Bando Volontari Servizio Civile Universale a Loppiano per giovani dai 18 ai 28 anni

prorogato il bando del SERVIZIO CIVILE al 22 febbraio p.v. ore 14.

Per la prima volta anche la cittadella internazionale del Movimento dei Focolari, Loppiano, è stato riconosciuto con un un progetto all’interno del gruppo Confcooperative Toscana.

Scopri i progetti.

Possono aderire al bando giovani dai 18 ai 28 anni, italiani o stranieri con un regolare permesso di soggiorno in Italia. 

I giovani che volessero aderire devono presentare la propria candidatura online qui scegliendo il Progetto “Giovani insieme”

codice sede PAFOM 218330 o codice sede PAMOM 218341.

Presentazione domanda entro il 15 febbraio 2024.

Maggior informazioni sul sito di Loppiano: https://www.loppiano.it/2024/01/22/servizio-civile-a-loppiano-aperto-il-bando-2024/

Pieghevole-servizio-civile

Per ulteriori domande o chiarimenti si può contattare

Roberta Pansera della Segreteria Amministrativadi Loppiano Tel. 335.6613966.




“Contaminazioni”: un dialogo tra generazioni

“Contaminazioni” è un congresso che ha avuto luogo a Roma tra il 5 e il 6 gennaio 2024. Questo momento di confronto è stato ideato da giovani e adulti, legati al Movimento dei Focolari, proprio per parlare, attraverso le generazioni, di temi importanti quali l’impatto nella società che ognuno può avere con la propria professione. La capacità di fare comunità è poi tornata più volte come concetto, diventando un legame nei discorsi degli esperti, negli interventi in sala e nei gruppi di dialogo, a fronte dei piccoli e grandi conflitti nel mondo.

Benedetta Ferrone, una giovane che ha partecipato all’incontro e che ha contribuito ad organizzarlo, racconta: «Le stelle brillano solo se c’è il buio che fa da sfondo. Credo che non ci sia metafora più azzeccata per descrivere quello che questi due giorni mi hanno lasciato: una maggiore consapevolezza nelle ferite della società che può accendere la speranza, da cui deriva il coraggio del cambiamento per generare vita. Come quella che è nata da questa contaminazione intergenerazionale e interdisciplinare».

Qual è stato il risultato di questo lungo e approfondito confronto? Sessanta partecipanti, per la maggioranza giovani, i cui feedback alla fine dell’evento sono stati positivi in termini di voler fare di più nel proprio ambito, dall’arte alla scienza e cultura, dall’economia passando per politica e comunicazione… Il segreto di questo voler fare di meglio è stato proprio il dialogo con chi già si impegna ad essere cittadino attivo e propositivo nella propria società.

Immagine dal sito cittanuova.it

Tante infatti le storie di valore condivise dagli ospiti, a partire da illustri testimonianze come quelle di Pasquale Ferrara, direttore generale per gli affari politici e di sicurezza presso la Farnesina, che ha parlato dell’importanza del fare comunità di fronte ai conflitti, e Leonardo Becchetti, insegnante di economia presso l’Università di Tor Vergata, che ha spiegato come non sia l’economia di guerra a portare ad un vero guadagno per i soggetti coinvolti, che invece si raggiunge in modo sano, con la cooperazione.

Ancora, don Luca Margaria e Valentina Gaudiano, filosofa e docente di Filosofia della conoscenza e Antropologia filosofica presso l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano, che ha definito con precisione cosa siano comunità e singolarità. Come entrambe vadano tutelate nella loro interezza, nessuna a scapito dell’altra. Solo in questo modo, dopo averle attuate nella realtà, si possono portare in modo prolifico anche nella realtà virtuale, nelle piazze dei social media, per viverle positivamente.

Lucia Fronza Crepaz, che è stata deputata della Repubblica italiana, ha parlato di instaurare un linguaggio comune tra piccole e grandi comunità e di andare incontro a chi è chiuso nel proprio piccolo, anche se connesso con il mondo, con un atto di gratuità descritto poi dal medico-geriatra e bioeticista clinico Valter Giantin come qualcosa di profondo valore. Nella società di oggi, estremamente monetizzata, fare rete e creare legami, che di necessità sarebbero fragili se costruiti sui soldi anziché sul dono.

La testimonianza della dottoressa Anna Spatola, imbarcatasi per salvare i migranti nel Mediterraneo, o di Letizia Selleri, una donna che ha deciso di lasciare una vita normale e mediamente confortevole per dedicarsi alle periferie torinesi, sono state altrettanto decisive nel volere lasciare agli ospiti questo desiderio di attivarsi, anche nel proprio piccolo, per dare un apporto positivo alla società. Di mettere, usando una metafora, la propria piccola goccia nel mare giusto, e che questo porterà la gioia unica di aver fatto la cosa più giusta che in quel momento si è stati in grado di fare.

Fonte: sito di Città Nuova 

leggi anche Weekend Contaminazioni – riflessione di Benedetta Ferrone




Cantiere Ragazzi per l’Unità a Palermo: “Siamo fatti per amare”

Dal 27 al 31 dicembre 2023 a Palermo nei locali dell’ istituto salesiano Gesù Adolescente, si è tenuta una nuova edizione del cantiere dedicato ai Ragazzi per l’ Unità. Ragazzi/e dai 14 ai 17 anni provenienti da tutta la Sicilia accompagnati dai loro animatori con entusiasmo si sono incontrati per vivere questi quattro giorni  insieme.

“ Siamo fatti per amare” il titolo dato a quest’ evento, un titolo che porta in se la risposta ad uno dei più grandi perché, perché sono nato? per amare. Amarsi per amare, amare per vivere in pienezza.

Le ore dei giorni vissuti insieme sono state scandite da un programma intenso. Le due mattine, di giorno 28 e 29, sono iniziate con due motti, la prima mattina “ amare tutti” mentre la seconda “ fa agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te” in seguito al motto iniziale sono stati trattati due temi  approfonditi da esperte, mentre il motto del 30, ultima mattina di cantiere è stato “ fare di ogni ostacolo una pedana di lancio” ed in seguito è stata data a ciascuno una matita con tale scritta per indicare che ciascuno continuerà a scrivere la propria storia nella propria città e quotidianità ma i rapporti di amicizia  intessuti durante i giorni vissuti insieme continueranno ad esserci nonostante le distanze.

Nel corso della prima mattina il tema è stato “ il rapporto con gli altri e con se stessi”, un’ opportunità per i ragazzi/e ma anche per gli aduti presenti di riflettere sul rapporto con se stessi, con gli altri, con l’ ambiente che ci circonda perché siamo in constante relazione ma è importante capire come ci relazioniamo e che impatto hanno tali relazioni in noi stessi e nei contesti che abitiamo.

Il tema della seconda mattina invece è stato “ cittadini consapevoli”, con il supporto di  esperte, i presenti sono stati chiamati in causa nell’ analizzare il proprio modo di comunicare, perché le parole sono importanti ed hanno un notevole impatto sia sul mittente che sul destinatario, dopo tale riflessione il focus si è spostato sul convertire parole e azioni che richiamano alla guerra con parole e azioni che richiamano alla pace, un’ occasione per mettere in discussione il proprio modo di agire ed interagire. Mattine in cammino con il cuore e la mente, pomeriggi in cammino per la città. Lo stupore e l’ ascolto sono stati protagonisti dei due pomeriggi.

Il pomeriggio del 28 dicembre i partecipanti al cantiere hanno svolto una caccia al tesoro per alcune vie di Palermo, lo stupore è stato protagonista sia nei giovani palermitani che hanno avuto la possibilità di guardare la propria città con occhi nuovi, scorgendo tra le diverse vie dettagli di norma ignorati per la frenesia della routine, sia nei non autoctoni che hanno avuto la possibilità di sorprendersi di una bellezza inedita, tra colori, profumi, arte e le mille luci natalizie che hanno dato un tocco di magia.

Il secondo pomeriggio è stato dedicato al conoscere alcune realtà della città impegnate nella cittadinanza attiva, tra le quali il Centro Padre Nostro, la Missione Speranza e Carità e la Casa di tutte le genti, un’ occasione per conoscere storie, luoghi e persone che vivono Palermo all’ insegna della reciprocità.

Come consuetudine in questo genere di eventi l’ ultima sera si è tenuto un talent arricchito da diverse esibizioni nel quale erano presenti alcune persone  della comunità del Movimento dei Focolari di Palermo.

Riguardo a tale esperienza un ragazzo dice “ mi sono divertito molto tra alti e bassi, è stata, sicuramente un’ esperienza unica per maturare e arricchire la mente e il modo di pensare” un altro invece scrive “ ogni anno apprezzo sempre di più queste esperienze perché incontro persone che fanno uscire la parte più bella e spontanea di me”, mentre un altro ancora racconta “ questo cantiere mi ha portato tanta gioia e serenità, sono stati giorni bellissimi e ricchi di amore”.

Molti sono i commenti  fatti dai ragazzi/e  per descrivere i giorni vissuti insieme ed in ciascuno emerge gioia, gratitudine e serenità, un commento fatto da uno degli adulti può  essere definito una sintesi “ in questo cantiere […] abbiamo vissuto l’ amore soprannaturale, cioè umano e divino insieme, è quello che il mondo attorno a noi cerca”.

“Siamo fatti per amare” un titolo che si è sviluppato e divenuto concreto nei giorni vissuti insieme nel corso di tale esperienza, una consapevolezza che va oltre i quattro giorni vissuti insieme  per concretizzarsi nei rapporti che ciascuno vive nella propria quotidianità. Ogni esperienza inizia e finisce ma il vissuto resta e si trasforma cammin facendo. Un “a presto” immerso nella bellezza semplice dell’ esserci ha chiuso il sipario di questo cantiere e riaperto quello della quotidianità di ciascuno in cui la parola “insieme” ha assunto un posto di rilievo.

Melina Morana




“Portico della pace” a Bologna

Il Portico della Pace nasce da una proposta della Papa Giovanni 23° nell’autunno del 2015 che ha portato alla prima marcia della Pace del primo gennaio 2016.

E’ una rete informale di espressioni varie dell’associazionismo che nella attiva e aperta società civile di Bologna trova un humus molto fertile. Portico perché da sempre i portici sono un simbolo di Bologna, ne caratterizzano l’identità, e sono segno di un luogo accogliente dove trovare riparo e potersi incontrare. Non un portico qualsiasi ma un Portico della Pace, cioè un luogo dove sognare insieme la pace e lavorare perché diventi realtà.

In diversi della comunità locale del Movimento dei Focolari abbiamo partecipato a quel primo evento e da allora siamo in cammino insieme: APG23, LMC (Laici Missionari Comboniani), Percorsi di Pace, AVOC, OFS, Pax Christi…

Dopo la marcia del 1° gennaio fu la volta del 2 giugno per la “festa della repubblica che ripudia la guerra”. Dal 2016 siamo rimasti fedeli al “pendolo” che da capodanno va al 2 giugno con una partecipazione numerosa e un coinvolgimento crescente delle autorità civili e religiose.

Con l’avvento della pandemia sono state sospese le manifestazioni di piazza ma è stato possibile continuare sul web: anche se piccolo è comunque un gesto che fa opinione, un contributo ad una causa che ci sta tanto a cuore.

Oggi il Portico della Pace continua a essere un punto di incontro fra amici: camminare insieme e lavorare gomito a gomito ci ha permesso di scoprire le tante realtà associative e le persone che le animano con impegno e entusiasmo (ultimo esempio l’azione per la Rotta Balcanica).

Attraverso questa esperienza ci siamo aperti come comunità alla città con tutta la sua ricchezza di espressioni multiculturali e religiose, di volontariato e di impegno sociale e politico. Guardare insieme alla comunità cittadina ci permette anche di cogliere le difficoltà e le opportunità per essere così più attenti e presenti, parte attiva di un percorso che, con luci e ombre, cerca di stare al passo con la storia.

Come Movimento dei Focolari Italia ci sembra che partecipare al Portico e alle sue iniziative è un “uscire fuori”, un aprirsi agli altri “spendendo” il grande dono del carisma che abbiamo ricevuto e di cui la società civile ha grande bisogno (e anche tanta stima): costruire ponti, relazioni di solidarietà e amicizia, unità fra culture e generazioni diverse. Non è l’unica occasione per farlo, ma è certamente una grande opportunità per “abitare” il fermento dell’umanità, o come dice Chiara Lubich, per «perdersi nella folla, per informarla del divino, come si inzuppa un frusto di pane nel vino».

Giulio Boschi

https://www.facebook.com/?locale=it_IT

porticodellapace@gmail.com




Up2Me: dipende da me

Un progetto educativo integrale per la formazione alla relazione con gli altri

Emozioni, affettività, sessualità, conoscenza di sé, fisiologia umana, mass media, gender, rapporto uomo-donna, lgtb+: l’educazione dei figli è un impegno arduo. I genitori, spesso, non sono preparati. I figli rischiano di vivere in balia degli umori della società dei consumi che nutre interesse per loro solo in quanto target commerciali.

L’educazione, poi, al mondo emotivo è ancora più complicata. I genitori sono cresciuti con modelli di apprendimento e relazionali più cognitivi e razionali. I figli, nativi digitali, dopo l’avvento dei Social, sono esposti alle correnti emotive più ingannevoli.

Eppure, l’educazione al mondo emotivo: emozioni, sentimenti, sessualità resta lo strumento più importante per far diventare i nostri figli veri uomini e vere donne capaci di conquistare la propria libertà diventando padroni di se stessi.

Il dominio del cuore è la vera arte del vivere. I due ostacoli, “acconsenti a ciò che senti” o la sua negazione “vivi negando quello che senti”, sono due argini al cui interno è possibile costruire il fiume della conoscenza di sé che è il primo passo per l’autoconsapevolezza, per poter fare scelte mature e responsabili, a qualsiasi età.

Del resto, i casi dei femminicidi lo dimostrano, si può essere emotivamente immaturi a qualsiasi età. È un affare che riguarda tutti, ogni generazione. Un cuore a briglie sciolte senza una corretta gestione delle emozioni genera sfracelli, dipendenze di vario tipo e violenze tanto efferate quanto incomprensibili.

C’è una frase idiomatica nella lingua inglese che recita: «It’s up to you». Vuol dire dipende da te. Si usa nelle semplici scelte della vita quotidiana e nelle faccende più complesse.

Da 10 anni nei Focolari è nato il percorso educativo Up2Me, che vuol dire “dipende da me”. Vuol dire, una volta, acquisiti alcuni strumenti educativi sta a me navigare tra le onde delle emozioni, governare la nave e approdare in un porto sicuro. È rivolto ai bambini, ai ragazzi, ai giovani, ai genitori che sono seguiti con dei tutor, degli insegnanti, con un percorso, un metodo e un approccio interattivo, multidisciplinare e scientifico.

Tre mila ragazzi in 25 nazioni di quattro continenti hanno effettuato il percorso che dura diversi mesi ed è calibrato per fasce d’età: bambini (4-8 anni), ragazzi (fino a 17 anni), giovani dai 18 in su. I genitori sono accompagnati in gruppi separati e i tutor sono formati con scuole dedicate. La formazione procede utilizzando giochi di ruolo, materiali multimediali, attività di gruppo, interventi di esperti per fare in modo di avviare il processo di saper compiere scelte consapevoli e saper vivere relazioni positive.

«Up2Me – spiegano Paolo e Barbara Rovea dell’equipe internazionale di Up2Me – si conferma uno strumento, insieme ad altri scaturiti dal carisma dell’unità dei Focolari, per aprirsi ad alcune delle più urgenti e delicate sfide oggi presenti nel mondo intero: aiutare, cioè, ragazzi, giovani e famiglie a fare scelte di vita coerenti con la visione cristiana dell’uomo, in relazione armonica con sé stessi, con tutte le persone e con il creato».

Numerose le esperienze anche in Italia, dal Nord al Sud. Impossibile citarle tutte. Ci concentriamo sulla fascia d’età dell’adolescenza.

Vicino Napoli, a Pomigliano D’Arco, un gruppo di ragazzi dagli 11 ai 14 anni, da maggio a luglio ha approfondito le sei dimensioni della persona (sociale, intellettuale, spirituale, emozionale, fisico-corporale, storico-ambientale), la conoscenza delle emozioni, il corpo che cambia, il rapporto con i coetanei, la sessualità e la fertilità, i rischi dell’ambiente digitale, le amicizie in rete, il progetto di vita.

«L’approccio è induttivo – spiegano i tutor Luigi Fornaro e Nunzia Di Prisco – informa e suscita domande sulle loro esperienze. Molte attività di gruppo rendono attiva la partecipazione dei ragazzi. I genitori ci hanno più volte ringraziato e hanno espresso la loro stima per quanto facciamo. E il parroco che ci ospitava ci ha chiesto di ripetere l’esperienza con i ragazzi della sua parrocchia perché ha trovato validi il metodo e i temi affrontati».

«Per noi – concludono – è stata un’occasione straordinaria per conoscere la ricchezza e la profondità del mondo giovanile attuale che, se stimolato in maniera adeguata, diventa portatore di riflessioni sul bisogno di relazioni autentiche».

Giulia e Luca Adriani di Milano, nonostante le loro professioni e i ritmi familiari molto intensi, hanno deciso di accompagnare i ragazzi come tutor di ragazzi dai 14 ai 17 anni. «Avvertiamo – spiegano Giulia e Luca – che il presente è investire su queste tematiche per aiutare, formare, educare i ragazzi a prendere consapevolezza di chi sono, a capire come funzionano dal punto di vista biologico, psico-affettivo, perché anche l’apprendimento della sessualità passa via Social media. Ognuno di questi ragazzi ci ha dato tanto, sono delle perle preziose e vanno opportunamente stimolati e motivati».

A Milano il percorso di Up2me si è snodato in sette incontri senza “ricette preconfezionate”, ma lasciando emergere il loro vissuto e «attraverso puntuali didattiche si è cercato di guidare i ragazzi ad essere consapevoli nelle proprie scelte e nella conoscenza di se stessi come persona. Hanno vissuto ogni momento con molta serietà. È stato molto importante la presenza dei medici e di una psicologa che sono stati a disposizione dei ragazzi per meglio chiarire alcune criticità e dubbi, instaurando un dialogo fruttuoso».

Positive le impressioni dei ragazzi. Il percorso ha dato loro consapevolezza e sicurezza. Eccone alcune. «Lo consiglierei a qualunque adolescente, qualunque sia le scelte che compirà, ogni ragazzo deve avere gli strumenti per capire cosa vuole». «Up2me mi è servito a crescere, a conoscermi di più come persona, soprattutto in modo più profondo. Mi ha aiutata ad avere più coscienza del mondo che ci circonda, dei rischi e pericoli della vita». «Non è un corso che ti vuole insegnare qualcosa, ma ti aiuta a compiere una crescita a 360°».

Dal 2015 Giampaolo e Irene Filisetti operano come tutor in Toscana al progetto Up2Me seguendo decine di gruppi di adolescenti, dai 12 ai 17 anni, in molte città: da Firenze a Pisa, da Arezzo a Empoli. «Up2Me – commentano – ci appassiona. È sfidante: periodicamente dobbiamo aggiornare i materiali e documentarci perché i ragazzi cambiano continuamente e quello che due anni fa era quasi uno scandalo, per i ragazzi di oggi è la normalità. È gratificante: i ragazzi ci dicono che cambia la loro prospettiva sulla vita, che nel confrontarsi trovano un modo di relazionarsi più profondo con i coetanei».

Il lavoro di tutor è una opportunità di crescita anche per la relazione di coppia, che deve informarsi, confrontarsi, riflettere, valutare, decidere insieme. «Questo ci porta ogni volta a guardare alla nostra storia e anche a scoprire la storia dell’altro, a chiederci che genitori stiamo diventando. Ci porta ad uscire dall’immagine ideale dei figli, a chiederci quali sono le loro reali potenzialità, attitudini e sogni e come possiamo aiutarli a diventare le persone che possono essere. Anche in questo percorso non ci sono docenti e discenti, perché ognuno è esperto dei propri figli; ci sono piuttosto tante domande, tanta condivisione di esperienze, punti di vista e non manca mai la condivisione di buone pratiche e la conclusione che un lavoro prezioso che spesso ci dimentichiamo di fare è quello su noi stessi per essere agli occhi dei figli testimoni che diventare grandi e realizzati è bello e ne vale la pena».

 Up2Me si conferma un ottimo percorso per la formazione e la prevenzione dei nostri figli anche da situazioni a rischio come: bullismo, cyberbullismo, sexting e stalking.

Aurelio Molè

Vai al sito di Up2Me

 




“Non possiamo restare in pace”

Se vuoi la pace, lavora per la pace. Le armi portano solo morte e distruzione.

Non possiamo restare in pace in questo fine anno segnato dalla tragedia che sconvolge la Terra Santa, mentre nel cuore dell’Europa continua la sofferenza del martoriato popolo ucraino.

Resta desolatamente senza risposta ogni ragionevole appello per porre termine alla follia della guerra e alla strage degli innocenti.

È un tempo che ci invita alla conversione profonda per non restare inerti e indifferenti davanti a scelte che appaiono delegate solo ai capi delle nazioni, gli stessi ai quali si è rivolto papa Francesco per ribadire che «a nulla giova conservare oggi un’autorità che domani sarà ricordata per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario» (Messaggio alla Cop28 del 2 dicembre 2023).

Per questo motivo, alla vigilia del 2024, come cittadini di questo Paese e del mondo intero, rinnoviamo la forte sollecitazione a mettere al centro del dibattito pubblico il ripudio della guerra a partire dalla necessità di bandire non solo l’uso ma anche il possesso delle armi nucleari.

L’Italia ha un ruolo storico e morale da svolgere come promotrice di una cultura di pace in uno scenario che appare sempre più incerto.La consapevolezza dell’irrompere dell’intelligenza artificiale pone, ad esempio, gravi questioni politiche «nel contesto ideologico di un paradigma tecnocratico, animato da una prometeica presunzione di autosufficienza» (Messaggio di papa Francesco per la 57esima Giornata Mondiale della Pace).

Tale vertigine di onnipotenza conduce, ora, al paradosso di affidare ad un algoritmo la decisione finale dell’arma letale di autodistruzione di massa. Non è più tempo di sterili polarizzazioni ma di prendere sul serio l’appello di Joseph Rotblat, lo scienziato che si rifiutò di partecipare al progetto Manhattan dell’arma nucleare usata nel 1945 su Hiroshima e Nagasaki: «Ricordatevi della vostra umanità, e dimenticate il resto».

Cominciamo, dunque, il nuovo anno con il mese di gennaio dedicato alla pace affrontando apertamente la questione dell’adesione dell’Italia al Trattato Onu del 2017 di messa al bando delle armi nucleari. Una grande occasione per rimettere l’Europa stessa al centro di un processo di pace.

Cominciamo il nuovo anno anche rivolgendo un forte appello al Governo e al Parlamento affinché il nostro Paese faccia sentire alta e forte la propria voce per chiedere l’immediato cessate il fuoco in Medio Oriente. La strage degli innocenti va assolutamente fermata. La politica e la diplomazia devono tornare con determinazione ad essere i mezzi per la risoluzione delle controversie internazionali.

Similmente chiediamo alle Forze Politiche del nostro Paese di attivarsi affinché l’Europa sia protagonista, in modo deciso e determinato, di un’azione di pace anche nel conflitto in atto in Ucraina: la logica delle armi porta solo morte e distruzione.

27 Dicembre 2023

Emiliano Manfredonia
Presidente nazionale delle Acli

Giuseppe Notarstefano
Presidente nazionale di Azione Cattolica Italiana

Matteo Fadda
Presidente dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII

Gabriele Bardo e Cristiana Formosa
Responsabili nazionali del Movimento dei Focolari Italia

Mons. Giovanni Ricchiuti
Presidente nazionale di Pax Christi

Ascolta anche il podcast – Radio Vaticana – Vatican News




Gennaio 2024

«Amerai il Signore Dio tuo… e il tuo prossimo come te stesso» (Lc 10,27).

La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (1) offre quest’anno come spunto di riflessione la frase sopracitata che trova la sua origine nell’Antico Testamento (2). Nel suo cammino verso Gerusalemme Gesù viene fermato da un dottore della legge che gli chiede: “Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?(3).

Si apre così un dialogo e Gesù risponde con una contro-domanda: “Che cosa sta scritto nella Legge?”(4), facendo suscitare la risposta all’interlocutore stesso: l’amore per Dio e l’amore per il prossimo nel loro insieme sono considerati la sintesi della Legge e dei Profeti.

«Amerai il Signore Dio tuo… e il tuo prossimo come te stesso».

“E chi è il mio prossimo?”, continua il dottore della legge. Il Maestro risponde raccontando la parabola del buon samaritano. Egli non elenca le varie tipologie di persone che possono rappresentare il prossimo ma descrive l’atteggiamento di profonda compassione che deve animare qualunque nostra azione. Siamo noi stessi che dobbiamo farci “prossimi” degli altri.

La domanda da farci è: “E io, di chi sono prossimo?”. Proprio come ha fatto il samaritano, occorre prenderci cura dei fratelli dei quali conosciamo le necessità, lasciarci coinvolgere fino in fondo nelle situazioni che si presentano senza alcun timore, avere un amore che si preoccupa di aiutare, sostenere, incoraggiare tutti.

Occorre vedere nell’altro un altro sé e fare all’altro quello che si farebbe a sé stessi. È la cosiddetta “regola d’oro” che ritroviamo in tutte le religioni. Gandhi la spiega in modo efficace: “Tu e io siamo una cosa sola. Non posso farti del male senza ferirmi io stesso”(5).

«Amerai il Signore Dio tuo… e il tuo prossimo come te stesso».

“Se noi rimaniamo indifferenti o rassegnati di fronte alle necessità del nostro prossimo, sia sul piano dei beni materiali come dei beni spirituali, non possiamo dire di amare il prossimo come noi stessi. Non possiamo dire di amarlo come lo ha amato Gesù. In una comunità, la quale voglia ispirarsi all’amore che ci ha insegnato Gesù, non può esserci posto per le disuguaglianze, i dislivelli, le emarginazioni, le trascuratezze. […] Fintanto che noi vediamo nel nostro prossimo l’estraneo, colui che disturba la nostra quiete, che scompiglia i nostri progetti, non potremo dire di amare Dio con tutto il nostro cuore”(6).

«Amerai il Signore Dio tuo… e il tuo prossimo come te stesso».

La vita è quello che ti succede nel momento presente. Accorgerci di chi ti sta accanto, saper ascoltare l’altro può aprire squarci interessanti e mettere in moto iniziative non previste. Così è successo a Victoria:

“In chiesa mi ha colpito la bellissima voce di una donna africana seduta accanto a me. Mi sono congratulata, incoraggiandola a unirsi al coro della parrocchia. Ci fermiamo a parlare. È una religiosa della Guinea Equatoriale di passaggio a Madrid. Nel suo istituto accolgono neonati, bambini e bambine abbandonati, che accompagnano fino all’età adulta attraverso gli studi universitari o insegnando un mestiere. Il laboratorio di sartoria è ben avviato ma le macchine da cucire non sono sufficienti. Mi offro di aiutarla a trovare altre macchine, fidandomi di Gesù, sicura che ci ascoltava e mi spingeva ad amare senza far calcoli. Uno dei miei amici conosce un artigiano, felice di partecipare a questa catena d’amore. Provvede a riparare otto macchine e ne trova anche una per stirare. Una coppia di amici si offre di portarle fino a Madrid, cambiando destinazione ai loro due giorni di vacanza e percorrendo quasi 1000 chilometri. Così, le “macchine della speranza”, attraverso un lungo viaggio via terra e via mare, arrivano fino a Malabo. Dalla Guinea non riescono a crederci! I loro messaggi dicono solo gratitudine!”.

A cura di Patrizia Mazzola e del team della Parola di Vita

_________________________________________________________________

1 Essa si celebra in tutto l’emisfero nord dal 18 al 25 gennaio e nell’emisfero sud nella settimana di Pentecoste. I testi della preghiera di quest’anno sono stati preparati da un team ecumenico del Burkina Faso.
2 Cf. Dt 6,4-5 e Lv 19,18.
3 Lc 10,25.
4 Lc 10,26.
5 C. Lubich, L’arte di amare, Città Nuova, Roma 2005, p. 24.
6 C. Lubich, Parola di Vita di novembre 1985, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) pp. 340-341.




Come Simeone

Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola;
perché i miei occhi han visto la tua salvezza
preparata da te davanti a tutti i popoli,
luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele.

CANTICO di SIMEONE
Lc 2,29-32

E sono di nuovo al turno di notte.

Tra i pazienti al piano terra ci sei anche tu, anziano, fragile, che tendi ad agitarsi, specie quando arriva il buio e i tuoi cari ti lasciano. Ti è già successo di cadere e per questo hai un’assistente notturna.

Passo nel corridoio e ti sento gridare. Lei si affaccia nel corridoio e mi chiama dicendomi: dottoressa venga, ma stia attenta perché è aggressivo, non si avvicini troppo! Io invece mi avvicino. Osservo il tuo respiro affannoso, i tuoi occhi febbricitanti, spaventati.

Ad un certo punto mi vedi: ti calmi, il respiro rallenta un po’; ti prendo la mano e me la porto al viso, come se tu volessi darmi una carezza. Sul tavolino i tuoi ti hanno lasciato un piccolo presepio, lo accendiamo e te lo diamo tra le mani. I colori si diffondono nella stanza, ti illuminano il viso e i tuoi occhi splendenti contemplano una Luce che si è fatta Bambino.

Al mattino non ci sei più ma questo attimo è fissato nell’Eternità.

Paola Garzi




Mai più accada – Corso online sulla prevenzione del femminicidio

“MAI PIU’ ACCADA” – Corso on-line gratuito sulla prevenzione del femminicidio e della violenza sulle donne.

  • 15 febbraio Gatti Nicoletta, biblista. Il pensiero di Gesù riguardo alle donne lapidate nel suo tempo per motivi di ottemperanza alla legge mosaica: lettura esegetica dell’ episodio di Gesù e l’adultera. Gesù e le donne nel Vangelo di Giovanni.
  • 22 febbraio Angela Maria Toffanin, sociologa. Sociologia delle emozioni e la violenza di genere. La violenza maschile contro le donne, pratiche e politiche di contrasto e superamento della stessa.
  • 29 febbraio Nibras Breigheche, Dottorato di Ricerca in Lingue, Letterature e Culture in Contatto (Università “G. D’Annunzio” Chieti-Pescara)
    La donna nell’islãm: studi e considerazioni attorno agli ahädith falsi e deboli. Prevenire la violenza di genere nelle religioni: come?
  • 7 marzo p. Mario Mingardi O.F.M.Conv. Violenza di genere e influenza del Maligno sulla mente e sulla volontà umane: la prevenzione dei femminicidi alla luce di Genesi 4,7.
  • 14 marzo dr. Diego Coelli, psicologo dell’emergenza. Percorsi personali e comunitari per prevenire la violenza sulle donne: questioni sulla formazione della coppia, della distribuzione dei poteri all’interno di essa, sulla relazione di coppia e l’evoluzione della stessa.

Iscrizioni: jonathan@davide.it




Termoli: “La pace, diritto di tutti i popoli”

L’evento di Termoli si è inserito nel percorso delineato dall’Ufficio CEI di Pastorale Sociale e del Lavoro, insieme a Caritas Italiana, Associazioni e Movimenti.

A partire dal convegno di Roma del 16 novembre 2023 “A 60 anni dalla ‘Pacem  in Terris’: non c’è pace senza perdono”, passando per la 56ª Marcia nazionale per la Pace, che si terrà a Gorizia il 31 dicembre e fino a tutto gennaio 2024, l’invito della CEI è stato ad organizzare nei territori iniziative sul tema della pace. 

 

;

Termoli, 15 dicembre “La Pace: diritto di tutti i popoli – A 60 anni dalla Pacem in Terris

Il 15 dicembre a Termoli, presso la Sala ex Cinema Sant’Antonio, ha avuto luogo il convegno dal tema “La Pace: diritto di tutti i popoli – A 60 anni dalla Pacem in Terris”, organizzato da Movimento dei Focolari Italia e da Pax Christi Italia, con la partecipazione della Comunità Papa Giovanni XXIII.

L’evento ha inteso rispondere all’invito della CEI al mondo cattolico, e a uomini e donne di buona volontà, ad essere autentici “architetti” e “artigiani” di pace e di fraternità e ad organizzare localmente iniziative sul tema della pace, nella prospettiva della 56ª Marcia nazionale per la Pace di Gorizia.

Padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa a Gerusalemme, in collegamento video, ha delineato la situazione in Terra Santa, dall’attacco di Hamas del 7 ottobre alla risposta di Israele, che ha dato inizio ad una guerra e una situazione terribile, a Gaza ma anche in Cisgiordania: mai era stata vissuta una situazione così grave. Da 75 anni, dalla Terra Santa si chiede invano alla comunità internazionale di trovare una soluzione perché i due popoli, palestinese e israeliano, possano vivere in pace ma la soluzione politica dei “due Stati” non è mai stata avviata e nessuno dei “potenti del mondo” chiede oggi il “cessate il fuoco”, a parte papa Francesco. La soluzione ai conflitti non può venire dalla violenza, l’odio e la vendetta, ma solo dal dialogo. E’ fondamentale, inoltre, costruire da subito una strategia per poter affrontare la situazione dopo che la guerra sarà cessata.

Mons. Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia, definisce la pace un diritto dell’umanità che richiede il rispetto dei diritti dei popoli, della persona umana e la solidarietà tra nazioni. Nel conflitto in Terra Santa ci troviamo dinanzi a crimini contro l’umanità e a una vendetta che non ha precedenti. La guerra “è follia”, non rassegnarsi ad essa è un dovere, ed è necessario cominciare a denunciare un’informazione a senso unico e incompleta. I cristiani sono chiamati a pregare, parlare e agire in nome della pace: essere “artigiani di pace” (papa Francesco) per realizzare “un mondo nuovo” (La Pira). Conclude citando Papa Giovanni XXIII (Pacem in Terris): “si diffonde sempre più tra gli esseri umani la persuasione che le eventuali controversie tra i popoli non debbono essere risolte con il ricorso alle armi; ma invece attraverso il negoziato”.

Alfredo Scognamiglio, per il Movimento dei Focolari, che opera per la fraternità universale e la pace e, per rispondere “all’economia che uccide” (papa Francesco), ha costituito in Italia il gruppo di lavoro “Economia Disarmata” che individua alcuni “nodi” decisivi a partire dalla destinazione a Paesi in guerra di armi prodotte in Italia, in molti casi violando la Legge 185/90. Emblematico il caso del Comitato Riconversione RWM (Iglesias), per chiedere la revoca delle autorizzazioni di vendita all’Arabia Saudita di bombe prodotte in Sardegna dalla ditta RWM e utilizzate per la guerra in Yemen; revoca ottenuta nel 2021 ma poi rimossa dal governo nel 2023. Il Comitato promuove il marchio “Warfree” che raccorda imprese “libere dalla guerra”. Ha ricordato la campagna “banche armate”, il sostegno alla campagna per l’adesione dell’Italia al trattato ONU di abolizione delle armi nucleari e la promozione di esperienze di dialogo di fronte al conflitto in Terra Santa.

Laila Simoncelli, della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha esordito dalla praticabilità della pace e lo spirito non-violento (Pacem in Terris), e dall’urgenza di organizzare la pace (don Benzi). La Comunità opera in due modi: essere presenti fisicamente nei conflitti con una vicinanza nonviolenta e lavorare per la pace come progetto politico, chiedendo istituzioni di pace: un Ministero della Pace che diventi “casa istituzionale degli artigiani di pace” che in Italia lavorano da anni – con azioni di giustizia riparativa, trasformazione dei conflitti, corpi civili di difesa non armata, cultura della pace nelle scuole – e consenta di costruire un piano strutturale di pace.E’ necessario esportare filosofie di pace (J. Hume), istituire un esercito civile europeo che vada a disinnescare le micce prima del conflitto. L’invito è ad agire prima che sia tardi, perché la pace è stata trascurata, data per scontata, mentre la violenza delle guerre si espande come una pandemia.

Francesca Ciarallo: l’Operazione Colomba, Corpo Civile e Nonviolento di Pace, della Comunità Papa Giovanni XXIII, nasce nel 1992 dal desiderio di volontari e obiettori di coscienza di vivere la nonviolenza in zone di guerra. Si fonda sulla necessità di una risposta nonviolenta a partire dalla vita e la condivisione con le vittime dei conflitti: “abitare il conflitto”. Dal ’92, si contano 3000 volontari, 20 conflitti “abitati”, incontri con le istituzioni (Multitrack diplomacy), azioni di denuncia e, soprattutto, migliaia di vittime con cui si è condiviso un cammino e sei presenze attive oggi: Palestina, Libano/Siria, Colombia, Grecia, Cile e Ucraina. Se un’alternativa alla guerra non parte dal vivere insieme a chi subisce la violenza in prima persona, difficilmente si potranno fermare i conflitti. Anche nei momenti più difficili, c’è una possibilità di alleviare il dolore di chi subisce la guerra. La vera speranza per il futuro sono i giovani, perché la vera pace si costruisce in tempo di pace.

Il moderatore, don Silvio Piccoli, ha arricchito la serata con fini analisi e citazioni storiche. Frequenti le citazioni di don Tonino Bello, importante riferimento per la pace. Tutti i relatori hanno sottolineato il percorso consolidato di collaborazione e convergenza tra le tre associazioni promotrici della serata, vera chiave verso un percorso di dialogo e costruzione della pace.

Salvatore Russo

Riportiamo qui sotto l’intervento di Alfredo Scognamiglio sull’esperienza del Movimento dei Focolari in Italia e la pace.

Il Movimento dei Focolari e la pace

 

 




Centro Sociale Chiara Luce, quando cuore e arte costruiscono il bene

Solidarietà può far rima in modo accattivante e denso con una serata d’arte, tra professionisti navigati e musicisti in miniatura, suore che cantano e danzano al ritmo cadenzato dal dj e testimonianze che danno a ogni performance il sapore della prossimità.

L’idea degli organizzatori si basava su un pensiero chiaro, “fare del mondo una famiglia”, e un pezzo di famiglia internazionale è quello che si è ritrovato il 2 dicembre nell’Aula Magna della Università Pontificia Auxilium di Roma, retta dalle religiose salesiane, per un pomeriggio musicale e l’obiettivo di raccogliere fondi per il progetto di AFN Onlus che sostiene il Centro Sociale Chiara Luce, a Kirama, in Burundi. Un luogo in cui 174 bambini con le loro famiglie ricevono istruzione, alfabetizzazione, nutrizione, cure igieniche e della salute, ovvero carezze che sanno di buono e di futuro per una popolazione che porta sulla pelle i segni di un passato di guerra e crisi terribili.

L’iniziativa è partita dalle Famiglie Giovani del Movimento dei Focolari di Roma, decise a mettere in campo un’azione solidale in vista del Natale, e la risposta è stata da grandi numeri, con 250 persone in sala oltre a quelle collegate in streaming da varie parti d’Italia, dalla Francia e perfino dall’Azerbaigian.

Una coppia, Eugenia e Giuseppe, con la piccola Agnese di 2 anni, ha illustrato le finalità del progetto in Burundi e le diverse modalità di sostegno finanziario. A loro si è sostituita una seconda coppia di presentatori, coppia anche nella vita, un vero manifesto di “mondialità” ben armonizzata, tra la misura di Jean Paul, libanese, e il brio di Melissa, colombiana, che hanno introdotto via via le esibizioni in programma.

A suscitare la prima ovazione sono stati Giacomo Fiorelli, 6 anni, con il suo piccolo violino suonato con allegra grazia, assieme alla sorellina Elisabetta Fiorelli di 4 anni, lei seduta a stringere una minuscola arpa celtica a imitazione della mamma, Claudia Dominici, che dopo aver suonato con figli ha regalato al pubblico un assolo di arpa moderna.

Tra una breve esecuzione e l’altra, sullo schermo alle loro spalle i disegni ispirati al Natale e alla pace realizzati da bimbi del quartiere e delle famiglie presenti. Sul palco anche il piano del maestro Paolo Vergari, passato dai ritmi delle filastrocche in musica dei primi due piccoli musicisti a un’aria classica e poi a un pezzo pop cantati dal soprano Cristina De Carolis. Un breve intermezzo video ha aperto una finestra sulla vita del Centro Chiara Luce in Burundi, con interviste ai responsabili, che hanno raccontato con schiettezza la sfida che comporta la cura quotidiana dei loro ospiti.

Musica e spettacolo sono ritornati con l’ensemble di artisti del gruppo ARTETECA e la loro miscellanea di vari generi, dal monologo di Luca Martella, tratto da un pezzo di Giorgio Gaber, alla comicità ritmata dalla chitarra del cantautore Claudio Cirillo, con l’accompagnamento del pianista Luca Miller, fino alla voce Gabriella Marino, che ha svariato tra brani di vario tipo con i suoi registri intensi.

L’alternanza tra spettacolo e testimonianza ha di nuovo portato sulla ribalta Ruth, una consacrata del Movimento dei Focolari, vissuta per 16 anni in Burundi, che ha assistito alla nascita del progetto, e più avanti una famiglia di origine burundese – Emime Ndihokubwayo con il marito Jean- Claude Bidogeza – ora in posti di responsabilità presso l’IFAD, il Fondo internazionale per lo sviluppo dell’agricoltura. Da loro la conferma che è l’istruzione l’arma che può sconfiggere guerre e criminalità e, viceversa, favorire sviluppo economico e formazione alla pace e alla fratellanza universale.

Le ultime note che hanno accompagnato in dissolvenza la conclusione della serata sono state quelle del dj egiziano Bishoy Lito, che hanno scatenato il ballo di tanti bambini in sala e pure quello insospettabile delle suore salesiane, che hanno fatto festa in galleria suscitando il sorriso di tutti. Sorriso che non vuole spegnersi, perché è di questo tipo di entusiasmo che si nutre quella solidarietà che ha l’ambizione, silenziosa ma potente, di fare del mondo una famiglia unita.

A conclusione della serata, un buffet frutto della generosità e della condivisione delle famiglie, con l’attenzione anche alle intolleranze per un amore concreto e personale, è stata l’occasione per un gioioso momento conviviale di conoscenza con gli artisti e tra tutti i partecipanti al concerto.

di Alessandro De Carolis
giornalista vaticanista

È sempre ancora possibile donare il proprio contributo
Bonifico intestato a: Azione per famiglie Nuove onlus
Causale: Progetto Burundi
Codice IBAN: IT92J0501803200000016978561
BIC/SWIFT: ETICIT22XXX




1943 – 2023: 80 anni del Movimento dei Focolari

Siamo continuamente sorpresi dal rapido concatenarsi di eventi inquietanti a dimensione globale. Guerra alle porte d’Europa e in Medio Oriente che ci lasciano con il fiato sospeso. Senza dimenticare la pandemia, l’incombente disastro ecologico, la denatalità crescente, la crisi paventata come fine del cristianesimo. Ai timori per l’avanzare inarrestabile e incontrollabile dell’Intelligenza Artificiale…. Sembra spegnersi la speranza.

Ma non è tutto…  Da più parti, non ultimo Papa Francesco, ci raggiunge l’appello a saper intravvedere in questa notte, le prime luci dell’alba. “Più buia è la notte, più luminose sono le stelle. Più profondo è il dolore, più vicino è Dio”. Parole di Fedor Dostoevskij, che riecheggiano nei social. Utopia?

“Luce e donazione di sé a Dio”, ben più che due parole: segnano  una storia che ha inizio proprio in un tempo di smarrimento generale, di odio, di guerra, tempo di tenebra, quale è stato il secondo conflitto mondiale. Una ricorrenza ci offre l’occasione per rileggere questa storia anche solo per titoli, per scoprirne l’ insospettata attualità.

Chiara Lubich. Foto © CSC Audiovisivi

Il 7 dicembre 2023 richiama il 7 dicembre 1943. Una giovane, poco più che ventenne, all’alba, in una cappella a Trento, pronuncia in segreto il suo sì a Dio per sempre. E’ sola. Una lacrima per i ponti che crollano. Gioia: “ho sposato Dio, da lui mi attendo cose grandi!” Il suo nome: Chiara Lubich. In quale contesto?

1943-2023. Due epoche che ora appaiono drammaticamente vicine e si richiamano reciprocamente. La parola bombardamenti che avevamo archiviato nella storia passata, ora riappare in tutto il suo drammatico potenziale distruttivo. Quelle grida di dolore disperato, quell’odio, quell’orrore a cui assistiamo ogni giorno, ci aprono gli occhi, ci spalancano una comprensione nuova, ben più realistica, di quanto “quella giovane e le coetanee che l’hanno seguita avevano vissuto a Trento. I quadri si sovrappongono.

2 settembre 1943 – Shock.  La città, sino ad allora risparmiata dal conflitto è colta di sorpresa: in pieno giorno  90 bombardieri anglo americani in tre minuti sganciano  200 tonnellate di bombe. Poi l’occupazione tedesca, l’annessione al Terzo Reich.  I bombardamenti cesseranno solo il 4 maggio 1945.Tra i più devastanti quello del 13.5.1944.  In una lettera del 7 giugno, Chiara confiderà: “Ho avuto anch’io la mia casa sinistrata e inabitabile, ho dormito sotto le stelle, ho sofferto e pianto. Ho visto tanti morti nelle condizioni più miserabili… ho fatto chilometri a piedi”. Si aggiunge il distacco dalla sua famiglia che sfolla in montagna, dall’amatissimo fratello che entra tra le file partigiane comuniste, poi arrestato, torturato, condannato a morte a cui poi riuscirà a sfuggire.

 “Più buia è la notte, più luminose si vedono le stelle…”. E’ proprio l’intensità di quel soffrire sulla sua pelle quell’orrore, quel buio così cupo di ieri come di oggi che rivela la forza dirompente che si è sprigionata dalla luce che la investe e le fa dire: “Tutto crolla, ma non Dio. Ora so chi è Dio,  Dio è Amore! E’ immersione in quell’Amore che trasforma cuore, mente, anima. In Lui ritrova il Padre che in quel non senso della guerra, dà senso alla sua piccola storia e alla grande storia dell’umanità.

La sua fede è adamantina: “Abbiamo creduto all’Amore che tutto vince, proprio nei disagi della guerra, sotto i bombardamenti, anche vicino alla morte”. E’ consapevole partecipazione alla vita stessa di un Dio.  Fede che la accompagnerà tutta la vita e che apre un orizzonte che tocca cielo e terra, quell’immortalità iscritta nel più profondo del nostro essere che oggi riaffiora come  un miraggio  affidato  alla pur temuta Intelligenza Artificiale. “No, non è questa la vita vera – scrive.  “No a nulla dobbiamo attaccarci perché tutto muore solo Dio che è amore deve accendere in noi una Fiamma che durerà questa vita e tutta l’Eternità”. Fiamma che contagerà, si diffonderà, si mostrerà allora come in questi 80 anni, la carta vincente che dilegua l’odio… risposta, allora come oggi, all’urgenza di ricomporre la fraternità nel mondo dilacerato, sino a quell’Uno chiesto da Gesù al Padre.

Le parole del Vangelo diventano vita della loro vita, forza di contestazione al modo di pensare e di agire corrente, terreno di sperimentazione delle promesse: “date e vi sarà dato”, “chiedete e otterrete” … della promessa di quella sua costante tangibile presenza in mezzo a noi, se uniti nel suo nome nell’amore.

Quella storia in questi 80 anni di fronte ai ripetuti momenti in cui pare che  “tutto vada alla rovina” è segnata in Chiara e in chi l’ha seguita da un sempre nuovo ritorno alla “connessione con l’Eterno” che sempre più appare come “il Tutto concreto”, “la Vita del Tutto”, “l’Amore che muove il sol e le altre stelle” (Dante). Mentre senza, “per le vie cammina la nullità che passa”, già echeggiato da grandi filosofi e poeti se Nietzsche lucidamente parla di morte di Dio e dell’“eterno precipitare, vagare attraverso un infinito nulla” dell’uomo. E se T.S. Eliot, traccia l’identikit di “uomini vuoti, descrive detriti che dicono decomposizione, fa udire il grido di chi disperatamente invoca acqua in una terra arsa senza vita.

Chiara Lubich – Foto © CSC Audiovisivi

 “Più profondo è il dolore, più vicino è Dio”.  In Lui la forza della resurrezione che scaturisce proprio, allora e sempre, da una morte infamante, da un corpo straziato che culmina nel grido lancinante di abbandono lanciato da un Uomo Dio, catalizzatore della violenza e dell’odio, dell’anti-vita, dell’anti-essere che feriscono l’umanità dai secoli passati, al presente e a venire. Questo grido risuona in Chiara come una chiamata forte e decisiva. Chiamata che troverà eco in mille toni in persone di ogni età, condizione, cultura, e direi fede, pur tra infedeltà, fragilità, limiti.  E che risuona oggi con particolare veemenza.

Il condividere il dramma del Dio abbandonato da Dio, quella luce di resurrezione che scaturisce da quell’amore estremo, dà occhi  e cuore nuovo. Mette in moto un amore generativo simile al mestiere del robdomante, come scrive il teologo gesuita Chistoph Teobald che sa trovare fonti d’acqua anche in luoghi aridi, fa sgorgare la sorgente viva nascosta in ciascuno.  Chiara lo descrive in un articolo pubblicato nel difficile dopoguerra, nel 1949 , ma ancor più vitale nel nostro oggi in cerca di speranza con un titolo significativo: Resurrezione di Roma.  Vede la chiave per una nuova cultura della Resurrezione nel “far rinascere Dio in noi, tenerlo vivo e traboccarlo sugli altri come fiotti di Vita e resuscitare i morti. E tenerlo vivo fra noi amandoci. Allora tutto si rivoluziona: politica ed arte, scuola e religione, vita privata e divertimento. Tutto”.

Carla Cotignoli

Vedi anche:

https://www.focolaritalia.it/2023/12/06/unavventura-lunga-80-anni/

https://www.focolare.org/2023/12/04/il-movimento-dei-focolari-celebra-80-anni/

https://www.focolare.org/2023/12/07/ludienza-del-papa-ai-membri-dei-focolari/

https://www.cittanuova.it/80-anni-dei-focolari-la-presidente-karram-dal-papa-il-movimento-e-in-festa/?ms=001&se=013

Card. Kevin Farrell, prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita: omelia pronunciata nella Basilica di Santa Maria Maggiore (Roma) durante la Santa Messa di ringraziamento del 7 dicembre 2023, in occasione dell’ottantesimo anniversario della nascita del Movimento dei Focolari. https://www.focolare.org/2023/12/15/80-del-movimento-dei-focolari-il-carisma-come-dono/




Un’avventura lunga 80 anni

Il 7 dicembre 1943 a Trento (Italia) Chiara Lubich pronunciava il suo si a Dio. Un sì che, nel tempo, si moltiplica generando una numerosa famiglia, quella del Movimento dei Focolari,  formata da persone di diversi continenti, età, culture, vocazioni.

Non fu un voto, fu un “volo”. Un volo ardito come quello di Charles Lindbergh quando, per la prima volta, sorvolò l’Atlantico senza scalo. “Hai trovato la tua vocazione?”, le aveva chiesto il sacerdote vedendola tornare radiosa dal santuario di Loreto che custodisce la casa di Nazareth. “Sì”, le rispose con semplicità. “Ti sposi?”. “No”. “Vai in convento?”. “No”. “Rimani vergine nel mondo?”. “No”. Il sacerdote smarrito non aveva altre alternative da proporre. Allora? Era una quarta strada, quella che Chiara Lubich intravedeva davanti a sé. Quale? Non lo sapeva bene neppure lei, era una via nuova, che bisognava percorrere, con audacia e con coraggio.

Passano pochi anni. Sente dentro di sé una voce che le chiede: “Datti tutta a me”. Come? Dove? Non ha importanza, bisogna solo rispondere a quella voce. Il solo pensiero di darsi tutta a Dio la riempie di gioia. “Se vai per questa via non avrai una tua famiglia, insinua il sacerdote, non avrai dei figli, resterai sola nella vita…”. Sola? Finché ci sarà un tabernacolo sulla terra – si dice tra sé Chiara – non sarò mai sola. Gesù non ha promesso cento madri, cento fratelli e sorelle, cento figli a chi tutto abbandona per seguirlo? Ma in quel momento Chiara non pensa né a quello che avrebbe lasciato né a quello che avrebbe ricevuto in cambio. Sa soltanto che vuole sposare Dio. Nientemeno!

Il sacerdote si rende conto che, benché quella ragazza abbia soltanto 23 anni, avrebbe potuto spiccare un volo così ardito: è davvero decisa, sa quello che vuole. Le dà appuntamento nella cappella del collegetto. Però, le raccomanda, “passerai la notte in preghiera”, quasi una veglia d’armi, così come allora si usava. Nella sua stanzetta Chiara prende il crocifisso di famiglia, lo bacia e inizia a parlargli. Poco dopo il suo respiro si condensa sull’immagine di Gesù e lei si addormenta…

Al mattino presto veste l’abito più bello. I poveri – anche Chiara lo era – hanno sempre un vestito per la festa. Fuori la bufera, quasi qualcuno voglia trattenerla da un passo così temerario. Ella va incontro al vento e alla pioggia, decisa. Nella chiesetta è di nuovo avvolta dal silenzio. La messa, la comunione, il suo sì intero, totale, per sempre. Una lacrima, perché consapevole che un ponte crolla alle sue spalle, non sarebbe più potuta tornare indietro. Ma davanti c’è tutta la vita. Ha sposato Dio e può attendersi tutto da lui. Era il 7 dicembre 1943.

Sono passati 80 anni. Chiara Lubich non è rimasta sola. Lo Sposo l’ha fatta viaggiare con sé, spalancandole il Paradiso e rendendola partecipe delle sue bellezze, come lei stessa esclamerà più tardi: «Sposo mio dolcissimo, troppo bello è il Cielo e Tu come un divino Amante, dopo Mistiche Nozze …, mi mostri i tuoi possessi che sono miei! (…) Mio Dio, ma perché? Perché a me tanto? Perché tanta Luce e tanto Amore?». Chiara non è rimasta sola. Attorno a lei è nata una famiglia numerosa, fatta di uomini e donne di tutti i continenti, di tutte le vocazioni, di molte culture e religioni. Un sì fecondo il suo, perché Dio non si lascia mai vincere in generosità.

Dopo 80 anni quel “sì” si è moltiplicato e risuona ancora oggi, in mille modi. Infuriano le tempeste, il futuro appare incerto, il “volo” può somigliare a un salto nel buio, la paura paralizza… Eppure quella voce continua a farsi sentire in tanti, ora appena tenue ora forte: “Datti tutta a me, datti tutto a me…”. Come? Ognuno lo scopre lentamente, ma ogni chiamata richiede subito un sì generoso. Può essere un sì titubante e timido o deciso, un sì piccolo piccolo o grande grande… Basta che sia un sì, sincero, autentico…  Così Dio continua a farsi presente nel mondo e a costruire la sua storia che sboccerà nel Regno dei cieli.

Padre Fabio Ciardi, OMI

focolare.org

Piazza Duomo Trento.Immagine da: https://depositphotos.com/it 




Il Movimento dei Focolari celebra 80 anni

Il 7 dicembre prossimo Papa Francesco riceverà in udienza la Presidente Margaret Karram insieme ai responsabili dei Focolari nel mondo. Alle 18.00, seguirà una celebrazione eucaristica presso la Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, presieduta da S.E. il Cardinale Kevin Joseph Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.

Il 7 dicembre 1943 segna la data di nascita ufficiale del Movimento dei Focolari, il giorno, cioè, in cui Chiara Lubich si è consacrata per sempre a Dio. Nasce 80 anni fa una piccola comunità che nella devastazione del secondo conflitto mondiale vuole ricomporre la pace e l’unità tra tutti e che ben presto si diffonderà nel mondo, inserendosi nella corrente dei Nuovi Carismi della Chiesa. Al cuore della spiritualità e dell’azione dei Focolari c’è il Vangelo ed in particolare la preghiera di Gesù: “Che tutti siano una cosa sola” (Gv 17,21).

Oggi il Movimento è presente in 182 Paesi, segno dell’universalità e dell’urgenza dell’unità e della fraternità in questi tempi così frammentati e tragici. Ne fanno parte anche Cristiani di varie Chiese, fedeli di numerose Religioni e persone senza un preciso riferimento religioso.

Il 7 dicembre prossimo Papa Francesco riceverà in udienza Margaret Karram, Presidente dei Focolari, Jesús Morán, Copresidente e il gruppo di responsabili del Movimento. “Essere ricevuti dal Santo Padre proprio il 7 dicembre 2023, ad ottant’anni esatti da quel primo “sì” a Dio di Chiara Lubich, è per noi un dono straordinario e sorprendente”, spiega la Presidente. “Vogliamo portare al Papa l’amore e l’affetto delle migliaia di persone che nel mondo vivono il Carisma dell’unità e rinnovare il nostro servizio alla Chiesa in questo cammino sinodale, in collaborazione con tanti altri che vogliono contribuire alla pace e all’amore per lenire le piaghe dell’umanità”.

Alle ore 18.00 dello stesso giorno, presso la Basilica di Santa Maria Maggiore, ci sarà una Santa Messa di ringraziamento per questi 80 anni di vita dei Focolari presieduta dal Card. Kevin Joseph Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, insieme a diversi altri Cardinali, vescovi e presbiteri.

“Questa giornata – spiega ancora Margaret Karram – sarà a conclusione di un pellegrinaggio che abbiamo voluto fare in alcuni luoghi sacri e significativi ad Assisi, Loreto e Roma per ringraziare, chiedere perdono e ripartire con coraggio e speranza. Anche le comunità dei Focolari nel mondo vivranno questa ricorrenza con gli stessi sentimenti ed obiettivi, per essere “testimoni di vicinanza con l’amore fraterno che supera ogni barriera e raggiunge ogni condizione umana” (1).

Modalità di accreditamento

I giornalisti e gli operatori media che intendono partecipare alla Santa Messa del 7 dicembre 2023 alle ore 18.00 presso la Basilica di Santa Maria Maggiore devono inviare richiesta, entro 48 ore dall’evento, attraverso il Sistema di accreditamento online della Sala Stampa della Santa Sede, all’indirizzo: press.vatican.va/accreditamenti

Stefania Tanesini

1 Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti all’Assemblea Generale del Movimento dei Focolari – 6 febbraio 2021




Un annuncio che cambia la vita – Sacerdoti a Loppiano

Da mesi, preti e diaconi che aderiscono al Movimento dei Focolari si stanno preparando al Congresso annuale; un evento che si svolge, alternativamente, a livello internazionale e nelle diverse nazioni. Nel 2024, ministri ordinati provenienti dalle regioni italiane si troveranno dal 15 al 19 gennaio a Loppiano, cittadella del Movimento dei Focolari.

In preparazione all’Congresso dei presbiteri e diaconi che aderiscono al Movimento dei Focolari è stato inviato un questionario con lo scopo di condividere la sfida di un rinnovato annuncio del Vangelo che la situazione attuale pone alle nostre diocesi e ai nostri presbitéri. Temi del confronto sono stati il ministero e il servizio che svolgiamo nella Chiesa e per la Chiesa.

Il ministero: «Come affrontiamo la fatica (e la gioia!) del ministero con le sue stanchezze, fatiche, gioie e prospettive? Cosa ci delude e cosa ci dà gioia? Come gli inviti di papa Francesco ci hanno cambiato? L’Ideale ci aiuta a realizzarli?».

Il servizio alla Chiesa: «Come vivere il ministero pastorale oggi, in questa chiesa, con questi cambiamenti, con le difficoltà nell’annuncio della fede, con il “vuoto” che si è aperto in questo periodo post-pandemico? Come vivere oggi la relazione col “mondo” rispetto al quale alcuni hanno l’impressione di sentirsi come alieni, altri avvertono come “nemico” della fede e della Chiesa, altri ancora come luogo in cui soffia lo Spirito?».

In tutto questo lavoro non potevano essere assenti coloro che non hanno più responsabilità dirette per motivi di età o salute: «Come vivere il nostro ministero nella condizione di “pensionati”, spesso senza una responsabilità pastorale?».

Dalle risposte e dalle proposte pervenute, si è giunti a definire luogo e data dell’incontro, il tema: “Un annuncio che cambia la vita”, e il metodo da seguire.

Il programma che si è delineato presterà attenzione, nelle mattinate, alle dimensioni umana e spirituale della formazione: preghiera comune, meditazione sulla Parola di Dio, relazione sulla realtà della missione oggi, con spazi per condividere la vita. I pomeriggi saranno dedicati alle dimensioni culturale e pastorale: cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica postsinodale Pastores dabo vobis [25 marzo 1992].

L’aspetto missionario e la prospettiva comunitaria si evidenziano oggi come elementi indispensabili per offrire risposte adeguate al cambiamento d’epoca che incide così fortemente sul modo di vivere ed esercitare il ministero: cf. Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium [24 novembre 2013].

Da aggiungere che ci siamo impegnati a leggere personalmente o insieme la recente relazione finale del Sinodo, così da trarne indicazioni preziose.

Il programma appare particolarmente articolato e offrirà l’occasione di ripensare il ministero alla luce delle sfide che un mondo in continuo cambiamento pone all’annuncio del Vangelo: la cultura dell’incontro come antidoto alla cultura dello scarto. Si tratterà inoltre di imparare a valorizzare lo “stile sinodale”: la prossimità come risposta al dilagante edonismo individualistico. E si apriranno spazi per aiutarci a valorizzare i carismi e, in particolare, il carisma dell’unità sia nella vita che nella missione della Chiesa: fraternità e unità come correttivi all’indifferenza e alla guerra.

Con il dono dello Spirito Santo desideriamo riscoprirci artigiani, umili e creativi, della cultura dell’unità, esito “dall’alto” di uomini e donne che non rinunciano a vivere l’unica legge donataci dal Signore Gesù, il Comandamento nuovo: “Amatevi gli uni gli altri… da questo riconosceranno che siete miei discepoli…” (Gv 13, 34-35). Solo così si rinnova la speranza di vedere realizzata una delle promesse più sconvolgenti di Gesù: “Voi farete cose più grandi di me, perché io vado al Padre” (cf. Gv 14, 12).

Tonino Gandolfo – Emilio Rocchi

FONTE CITTA’ NUOVA