Maggio 2024

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1 Gv 4,8).

La prima lettera di Giovanni si rivolge ai cristiani di una comunità dell’Asia Minore per incoraggiarli a ripristinare la comunione tra loro, poiché sono divisi da dottrine diverse.

L’autore li esorta a tenere presente ciò che è stato proclamato “fin dal principio” della predicazione cristiana e ripete ciò che i primi discepoli hanno visto, udito e toccato con mano nella convivenza con il Signore, affinché anche questa comunità possa essere in comunione con loro e, quindi, anche con Gesù e con il Padre (1).

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Per ricordare l’essenza della rivelazione ricevuta, l’autore sottolinea che, in Gesù, Dio ci ha amato per primo, assumendo fino in fondo l’esistenza umana con tutti i suoi limiti e le sue debolezze.

Sulla croce, Gesù ha condiviso e sperimentato sulla sua pelle la nostra separazione dal Padre. Dando tutto sé stesso l’ha risanata con un amore senza limiti né condizioni. Ci ha dimostrato cos’è l’amore che ci aveva insegnato con le parole e con la vita.

Dall’esempio di Gesù si comprende che amare davvero implica coraggio, fatica e il rischio di dover affrontare avversità e sofferenze. Ma chi ama così partecipa alla vita di Dio e sperimenta la Sua libertà e la gioia di chi si dona.

Amando come Gesù ci ha amati, ci liberiamo dall’egoismo che chiude le porte alla comunione con i fratelli e con Dio e possiamo sperimentarla.

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Conoscere Dio, colui che ci ha creati e che conosce noi e la verità più profonda di tutte le cose, è da sempre un anelito, magari inconscio, del cuore umano.

Se Lui è amore, amando come Lui possiamo intravedere qualcosa di questa verità. Possiamo crescere nella conoscenza di Dio perché viviamo essenzialmente la Sua vita e camminiamo alla Sua luce.

E ciò si compie pienamente quando l’amore è reciproco. Se ci amiamo l’un l’altro, infatti, «Dio rimane in noi» (2). Avviene un po’ come quando i due poli elettrici si toccano e la luce si accende, illuminando quanto ci circonda.

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Testimoniare che Dio è amore, afferma Chiara Lubich, è «la grande rivoluzione che siamo chiamati ad offrire oggi al mondo moderno, in estrema tensione», così «come i primi cristiani la presentavano al mondo pagano di allora» (3).

Come farlo? Come vivere questo amore che viene da Dio? Imparando da Suo Figlio a metterlo in pratica, in particolare «[…] nel servizio ai fratelli, specie quelli che ci stanno accanto, cominciando dalle piccole cose, dai servizi più umili. Ci sforzeremo, ad imitazione di Gesù, di amarli per primi, nel distacco da noi stessi ed abbracciando tutte le croci, piccole o grandi, che tutto questo può comportare. In tale modo non tarderemo ad arrivare anche noi a quella esperienza di Dio, a quella comunione con Lui, a quella pienezza di luce, di pace e di gioia interiore, a cui vuole portarci Gesù» (4).

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Santa visita spesso una residenza per anziani, un ambiente cattolico. «Un giorno, con Roberta, incontra Aldo, un uomo alto, molto colto, ricco. Aldo guarda le due giovani con sguardo cupo: “Ma perché venite qui? Che volete da noi? Lasciateci morire in pace!” Santa non si perde d’animo e gli dice: “Siamo qui per lei, per vivere qualche ora insieme, conoscerci, diventare amici”. […] Ritornano altre volte. Roberta racconta: “Quell’uomo era particolarmente chiuso, molto abbattuto. Non credeva in Dio. Santa è stata l’unica che è riuscita a entrare nel suo cuore, con tanta delicatezza, ascoltandolo per ore”». Pregava per lui, e una volta gli ha regalato un rosario, che lui ha accettato. «Santa viene poi a sapere che Aldo è morto nominandola. Il dolore per la sua morte è attenuato dal fatto che è morto serenamente, tenendo fra le mani il rosario che un giorno gli aveva regalato» (5).

A cura di Silvano Malini e del team della Parola di Vita

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1 Cf. 1 Gv 1,1-3.
2 Cf. 1 Gv 4,12.
3 C. Lubich. Conversazioni, a cura di M. Vandeleene (Opere di Chiara Lubich 8/1); Città Nuova, Roma 2019, p. 142.
4 C. Lubich, Parola di Vita di maggio 1991, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5),
Città Nuova, Roma 2017, p. 477.
5 P. Lubrano, Un volo sempre più alto. La vita di Santa Scorese, Città Nuova, Roma 2003, pp. 83-84,107.




Genfest Italia 2024, insieme per prendersi cura

Gli appuntamenti e le iniziative in Italia dei giovani dei Focolari

di Aurelio Molè

Alcuni dei momenti più belli della nostra vita li abbiamo vissuti nei Genfest. Ognuno può sfogliare il proprio personale album di ricordi. Nel mio, uno dei miei momenti clou, ma non solo, è stato il Genfest del 1990. Il muro di Berlino, sembrava fino ad allora una barriera impossibile da rimuovere, eppure si sgretolò in pochi minuti nel novembre del 1989. Un mondo più unito si faceva storia concreta. Le frontiere si aprirono e, per la prima volta, era possibile incontrare centinaia di giovani dell’Est Europa. Dalla ex Yugoslavia fino alla Lituania. Dei popoli e dei giovani bellissimi, ancora incontaminati dal consumismo Occidentale, con cui era possibile sperimentare una unità di cuori palpabile. Nel 1990 San Giovanni Paolo II al Palaeur di Roma disse che il mondo unito «è la grande attesa degli uomini d’oggi, la speranza e, nello stesso tempo, la grande sfida del futuro» perché «è la via della pace». Parole quanto mai attuali in un mondo che vive una terza guerra mondiale a pezzi.

Il Genfest, deriva da gen “generazione nuova”, il settore giovanile dei Focolari, e da fest, festival. Nasce nel 1973 a Loppiano, una piccola cittadella dei Focolari vicino Firenze, quando non erano ancora state ideate le Giornate mondiali della gioventù e si ripete ogni sei anni radunando centinaia di migliaia di giovani dai cinque continenti per condividere attraverso esperienze, canti, coreografie, interventi la propria passione per la fraternità universale. L’ultima edizione si è svolta nel 2018 nelle Filippine, la prossima sarà in Brasile dal 12 al 24 luglio 2024 dal titolo “Insieme per prendersi cura” per costruire un mondo di fraternità al di là delle differenze culturali, etniche e religiose prendendosi cura del pianeta e delle persone, soprattutto le più vulnerabili. Si snoderà in tre fasi: volontariato, un evento centrale e la creazione di comunity per continuare a costruire un mondo più unito nel proprio territorio.

In Brasile, ad Aparecida, sono attesi seimila giovani e una diretta streaming in 120 Paesi, ma non tutti potranno partecipare. In Italia sarà possibile vivere una sorta di staffetta. Si comincia dalla Toscana. Dal 12 al 21 luglio si vive dapprima con le mani in pasta in una settimana di volontariato locale diffuso in città della Toscana come Firenze, Prato, Massa, Pistoia, Grosseto, Lucca e Pisa. In collaborazione con associazioni, parrocchie, case di accoglienza e nella cornice più ampia del Progetto Milonga “Embrace Humanity che da anni si occupa di volontariato internazionale.  Lo sguardo sarà rivolto a persone migranti che mettono a rischio la propria vita in cerca di speranza; a chi è costretto a vivere nella disumanità di una guerra; a chi è povero e affamato; a chi è escluso e emarginato dalla vita sociale o, discriminato per la sua appartenenza etnica, per l’identità di genere, perché persona con disabilità mentale o fisica; di chi è prigioniero di una dipendenza, di chi è anziano e solo. Non si tratta solo di azioni ma anche di formazione ai fenomeni e temi e di condivisione nella fase finale che avverrà a Loppiano dal 19 al 21 luglio. Tre giorni vissuti insieme con persone provenienti da varie regioni d’Italia e qualche Paese europeo. Sono previsti collegamenti in diretta con il Genfest internazionale del Brasile e la creazione di community per aree tematiche per formare dei gruppi in base agli interessi che potranno continuare le loro azioni sul territorio perché il Genfest non è solo un evento, ma un processo generativo che si spera continuo nel tempo.

«In Toscana – commenta Nadia Xodo, una delle organizzatrici – abbiamo notato un risveglio nelle comunità, un coinvolgimento con l’organizzazione di cene solidali, nell’ ospitare i giovani presenti nelle loro città, e una nuova coscienza nel prendere cura del proprio territorio».

Il modello è “Una città non basta” proposto da Chiara Lubich in cui invita a prendere le misure della città per cercare i poveri, gli abbandonati, gli orfani, i carcerati per non lasciare nessuno solo e dare sempre «una parola, un sorriso, il vostro tempo, i vostri beni» e condividere ogni cosa «momenti di gioia e di vittoria, di dolore e di fallimento, perché la luce non si spenga». «Ma “una città non basta”: sì, con Dio, una città è troppo poco. Egli è colui che ha fatto le stelle, che guida i destini dei secoli e con Lui si può mirare più lontano, alla patria di tutti, al mondo. Ogni nostro respiro sia per questo, per questo ogni nostro gesto, per questo il riposo e il cammino. Alla fine, facciamo in modo di non doverci pentire di aver amato troppo poco».

Dopo la Toscana, la Calabria che prenderà il testimone per tutto il Sud Italia coinvolgendo la Sicilia, la Campania, la Basilicata, la Puglia, la Sardegna e persone dalla Palestina, dall’Egitto per gettare ponti di fraternità sulle sponde del Mediterraneo. Tre gruppi sono al lavoro da tutte le regioni per il programma dal 26 al 30 luglio per un percorso immersivo e pratico di conoscenza della cultura della pace, della fraternità e della solidarietà. Le tre fasi del Genfest del Brasile saranno declinate anche il Calabria. La mattina del 27 luglio apertura a Lamezia terme (CZ) per andare in profondità su quello che è il primo “ambiente” dove viviamo, e cioè noi stessi, la nostra identità, chi siamo, verso dove andiamo e come prendersi cura di sé. Sono previsti anche collegamenti con il Genfest internazionale del Brasile e con gruppi di giovani in Ungheria e Giordania. Il pomeriggio si continua con la vita, con l’amore concreto, «con i muscoli», l’ascolto, la vicinanza: incontri con comunità di recupero, accoglienza di persone ai margini della società, di minori stranieri non accompagnati e ambiente con la pulizia delle spiagge, visite ad azienda agricole controcorrente che rifiutano di pagare il pizzo. Al tramonto è tempo di festa con una cena e una serata artistica nella piazza di Curinga (CZ) in collaborazione con la Proloco del Comune. La mattina del 28 luglio ci si sposta a Isola di Capo Rizzuto (KR) per approfondire con esperti il tema “Mediterraneo. Un caleidoscopio di crisi, sfide, opportunità”.  Sulla spiaggia di Cutro, nel pomeriggio, si ricorderà la tragedia del naufragio dei migranti con una Messa, l’incontro di alcuni protagonisti del tragico evento e un flash mob. Senza tralasciare la conoscenza delle bellezze culturali e naturali di Isola di Capo Rizzuto. La giornata conclusiva del 29 luglio sarà il giorno della creazione di community per continuare ad agire nel proprio territorio in base ai propri interessi, di tirare le conclusioni e di chiudere il Genfest con una grande festa sul lungomare di Lamezia terme aperto a tutti con cantanti, esperienze, testimoni, interventi.

«I protagonisti e gli ideatori sono i giovani – chiosa Gabriella Zoncapè, tra le organizzatrici –, ma gli adulti dei Focolari sono di supporto per la parte logistica. Si è avviato un processo di comunione, partecipazione, fraternità non solo all’interno dei Focolari, ma con associazioni, movimenti ecclesiali, scuole, comuni, diocesi». Il Genfest è già iniziato!

Per iscrizioni al Genfest in Calabria: link

Instagram: Genfest_ Calabria2024

Email: genfest.italia@gmail.com

Iscrizioni al Genfest Toscana a questo link

Info: giovanifocolaritoscana@gmail.com

LIBRO DEL GENFEST

SITO WEB GENFEST INTERNAZIONALE 




Aprile 2024: Congressi gen3 Italia Albania

SOGNA RAGAZZO SOGNA

Metti insieme quasi 600 ragazzi e adolescenti dai 9 ai 18 anni di tutte le regioni italiane con una dirompente voglia di vivere; circa centocinquanta adulti appassionati e creativi, che provano a lavorare per mesi in rete, e un tema intrigante come l’essere oggetto di una precisa scelta, di Qualcuno che ti dice: “Dai, adesso – se vuoi – vieni con me …” Una miscela di vitalità e gioia, un programma, anzi due, avvincente e vario con attività interattive, giochi collaborativi, musica, sport. Ma anche approfondimenti preparati con i ragazzi stessi e momenti sacri, nel cuore della Settimana Santa.

È questo il “Congresso gen3” per l’Italia che ha visto a Castel Gandolfo dal 27 al 31 marzo una inaspettata partecipazione, tanto che ha costretto gli organizzatori a rivedere al rialzo il primo numero previsto. C’è voglia di esserci, di stare insieme.

Due congressi, in realtà, in cui i ragazzi si sono distinti per fasce d’età: gli JUNIOR (9-13 anni) e i SENIOR (14-18). Ogni giorno una parola, leit motiv delle ore da vivere: Spalancare, Rispondere, Scegliere: non poco! Altrettanti atteggiamenti, davanti alla chiamata di Gesù che invita prima di tutto a superare l’indifferenza. Ma a quell’età, il cuore va subito oltre!

Gli Junior, con l’aiuto di un… mago, sono entrati con la semplicità e la gioiosità tipica della loro età a capire che… c’è un “libretto di istruzioni” che in ogni circostanza e situazione ti può far da guida a realizzare per davvero, senza cadere in inganni, il tuo sogno: è il Vangelo! Per i Senior l’aiuto di esperti, un percorso alla scoperta di sé stessi. Per tutti tante proposte come il grande gioco/esperienza FAME ZERO ispirato all’Agenda 2030, dialoghi in piccoli gruppi, un Talent Show e l’attesissimo concerto degli As One hanno mostrato la grinta e le potenzialità di queste giovani generazioni che ci credono: “Ogni istante della vita è una scelta, una strada in salita… Ci vuole coraggio!” cantano infatti nell’ultimo brano da loro stessi composto in parole e musica.

Un coraggio che è diventato adesione personale, quando in cappella, a partire dal giovedì sera, ragazzi e adolescenti hanno sfilato in gruppetti o singolarmente per apporre liberamente la loro firma su un grande tabellone messo in modo significativo sotto la croce: “Amarci come lui ci ha amato… CI STAI?”

Le lunghe ore dei viaggi di ritorno hanno solo momentaneamente placato i nostri, mentre da un punto all’altro dell’Italia rimbalzavano sulle chat espressioni di gioia e di impegno, la voglia di rimanere in contatto: ci stiamo tutti… qui, in Calabria, in Piemonte, in Veneto, in Sicilia… ovunque!

“Sogna ragazzo, sogna, quando sale il vento nelle vie del cuore…”

Anche Vecchioni sembra avesse colto nel segno…

INTERVISTA AD ANDREINA – ASSISTENTE ACCOMPAGNATRICE

  • Andreina, che effetto ti ha fatto arrivare al Congresso dopo aver collaborato alla preparazione’?

L’aria era effervescente: “gen3 & soda” direi … Anche noi accompagnatori eravamo trascinati dal gusto di vivere con i ragazzi e di aver lavorato con loro e per loro cercando di intuire le loro istanze e le sfide che vivono … Confesso che, arrivata al Centro Mariapoli,  ho sentito un tuffo al cuore … Con gli animatori, avevamo lavorato tanto, in tanti, dai mille angoli della penisola, perlopiù in videochiamate, ed ora c’eravamo sul serio. Sentivamo tutti che c’era stato un intenso percorso comune.

  • Spiegati meglio:che cosa vi accomunava così strettamente?

Abbiamo imparato la fiducia. Fiducia nel futuro, nella possibilità di poter ancora dire/fare qualcosa di significativo, fiducia nei nostri ragazzi e adolescenti e nella loro chiamata al carisma dell’’unità, fiducia tra noi, gli uni degli altri. E poi abbiamo riscoperto la passione. Quella che si nutre di reciprocità, del modo in cui si guarda alla vita. Quella che ci fa credere in ciò che si decide liberamente e gioiosamente di fare. Come, nel nostro caso, occuparsi del Congresso e/o regolarmente dei ragazzi.

  • Quello che descrivi è un bellissimo ‘paesaggio’ da guardare ma qual è l’esperienza che ci sta sotto?

La cosa più significativa è stata aver fatto esperienza di corresponsabilità orizzontale insieme al TeamGen3 Italia.  Infatti  tra noi non è emersa una struttura o qualche personalità più decisionale o dominante ma, a tutti i livelli,  una rete che è stata determinante per superare le difficoltà.

Infatti non avevamo esperienza di eventi per grandi numeri, non ci conoscevamo, non potevamo vederci di persona. Questa complessità avrebbe potuto far saltare tutto … o quantomeno complicarlo ma  … non è accaduto. La linea del programma – definita insieme all’inizio – è rimasta coerente ed anzi si è arricchita notevolmente di spunti inediti, attuali e creativi … Gli ‘ingranaggi’ nonostante gli incidenti di percorso … hanno funzionato!

Credo proprio che questa bella rete sia stata intreccciata da ‘Qualcuno’ che si è ‘immerso’nella rete con noi…!!

  • Se non sbaglio, avete puntato molto sui ‘testimoni’ su storie ‘vere’ da raccontare… ci dici qualcosa della Living Library ?

Sì, è stata una modalità di testimonianza: una ventina di living books: di persone-storia ” che hanno accettato con curiosità e gratitudine la proposta ed hanno sviluppato i loro ‘capitoli’ con originalità e convinzione. Hanno delineato possibili risposte del carisma dell’unità negli ambiti della politica, dell’ecologia, dello sport, nel sociale. Hanno incontrato i ragazzi in piccoli gruppi in modo da poter dialogare: uno scenografo, un frate, un medico, una giovane coppia con bimbi piccoli, una vocal coach, un imprenditore che si spende per migranti e rifugiati, l’iniziatore di un progetto mondiale per la Pace, un testimone dei primi passi del Movimento gen … e tanti altri … tutta gente che è ciò che è in questo momento, perché da ragazzi hanno iniziato –proprio come i gen3 di oggi – con in cuore in grande sogno, l’amicizia solida e sincera con altri e una chiamata, condivisa ma personalissima che ha riempito di senso e di valori le loro vite.

Personalmente, conoscere e dialogare con queste persone ha fatto nascere in me  un pensiero: Il nostro Movimento – da alcuni punti di vista – può anche attraversare un momento difficile riguardo a governance, struttura, rapporti, priorità …. ma credo che persone come queste abbiano il potere di salvare tutti noi: un dono, un vero dono!

E chissà da cosa nasce cosa… è emerso il desiderio di sviluppare l’esperienza con i ragazzi magari attraverso la creazione di un talent multi artistico e musicale o un Supercongresso in nuova formula o  un evento all’interno del progetto ‘Villaggio per la terra’ della città di Roma e…chissà …

  • Andreina, qualcosa per finire…

Non posso che ringraziare tutti … Credo sia stata un’esperienza generativa di altre: ha corroborato di nuova fiducia e passione la nostra vita anche come assistenti, ha innescato relazioni che ci fanno camminare verso il futuro con una nuova luce negli occhi, con nuovo coraggio e vitalità. Un assistente ricordava l’ormai famoso proverbio africano: “Per educare un bambino ci vuole un villaggio …” Ecco, forse abbiamo fatto esperienza di un “villaggio dell’unità” … un grande villaggio!

Andreina e Umberta




Vedere il tutto dal punto di vista dell’anello più debole

Mi è capitato di ascoltare l’esperienza di una comunità che raccontava il processo non facile e anche abbastanza lungo per prendere una decisione sul come aiutare una famiglia di immigrati.

Le idee di ognuno non coincidevano con le idee dell’altro. Era una situazione che creava anche qualche difficoltà nei rapporti. Ma il fatto di voler cercare la volontà di Dio mantenendo l’unità, unito al consiglio di una persona che invitava a vedere il tutto dal punto di vista dell’anello più debole della catena (in questo caso i bambini), ha portato la luce necessaria per arrivare ad un consenso.

In questo tempo di sinodalità, ascoltare questa storia mi è parso illuminante e di grande aiuto per capire che vale sempre la pena di cercare l’unità, anche quando sembra difficile.

Matteo




La festa del Genstella (1974-2024): 50 anni insieme

Un concerto a Lamezia Terme (CZ) ripercorre la storia di un complesso musicale nato nel solco del Movimento Gen

di Aurelio Molè

Si può raccontare una vita, spiegare una melodia, trasmettere l’emozione di una amicizia, comunicare l’esperienza della presenza di Dio tra gli uomini? La reunion del complesso musicale Genstella ci ha provato, in occasione del suo cinquantesimo, al Teatro Grandinetti a Lamezia Terme lo scorso 23 marzo davanti a 600 persone.

Correva l’anno ’74, in piena contestazione giovanile, con bande armate di terroristi rossi e neri che imperversavano nel Belpaese, l’impennata dei prezzi con l’inflazione al 20%, gli attentati di piazza della Loggia e dell’Italicus che alimentavano la strategia della tensione, il referendum sul divorzio e, allo stesso tempo cresceva, nel solco del Vangelo, del comandamento dell’unità e dell’amore scambievole, il carisma del Movimento dei Focolari. La musica era il veicolo, come oggi i Social, per narrare la propria esperienza nel mondo giovanile e non solo. C’era la passione per la musica, il mettere in gioco i propri talenti, la forza del gruppo per poter donare l’incredibile scoperta di un Dio vicino e innamorato dell’uomo, il rapporto di amicizia che ne scaturiva, la profonda partecipazione gli uni alla vita dell’altro.

Il Genstella nasce a Reggio Calabria da un gruppo di giovani attratti dalla musica e dalla spiritualità del Movimento Gen, cioè Generazione nuova. Il nome “Stella” lo attribuì direttamente la fondatrice dei Focolari Chiara Lubich che in una missiva scriveva: «È così che (per la fede) nacque una posterità numerosa come le stelle del cielo». La band crebbe, maturò, si affermò coinvolgendo 120 giovani tra cantanti, musicisti, mimi, tecnici. In 50 anni sono più di 250 gli spettacoli, 200 mila le persone che hanno partecipato, 70 mila i chilometri percorsi tra Calabria, Sicilia, Puglia, Campania, Lazio, Polonia, quattro le audiocassette, due le compilation incise su CD. Incontri reali, personali, nei luoghi più impensati, in grandi città e nelle periferie esistenziali e geografiche del nostro Paese. Spettacoli divulgati senza Social, cellulari, mezzi di comunicazione di massa, ma con il passaparola, l’entusiasmo e la convinzione di avere qualcosa da dire e che valeva di più accendere un fiammifero piuttosto che imprecare contro il buio.

Una citazione particolare merita lo spettacolo di Gibellina, nella Valle del Belice, distrutta dal terremoto del 1967, davanti alle baracche di 2 mila terremotati attentissimi. Sui loro volti dipinti il terrore, la paura e la speranza del messaggio cristiano in cuori sensibili perché provati dalla sofferenza. Tra le esperienze più toccanti i due concerti svolti a Gela (CL) e nel carcere di Noto (SR) perché inseriti in contesti in cui, la criminalità organizzata, esercita la sua azione vessatoria sul territorio in modo costante e violento.

Poteva sembrare ingenuo, idealistico, ma l’esperienza era autentica come quando si fa una nuova scoperta. Non importa che si sia inventato solo un grammo di penicillina, ma che si possa moltiplicare per guarire i mali del mondo. O almeno per fare la propria parte per un mondo più unito.

Lo stesso spirito di fratellanza si è respirato sul palco di Lamezia Terme dove si sono alternati i componenti del Genstella tra storie, ricordi, aneddoti divertenti, avventure e brani musicali del loro repertorio. Un concerto che sa di un piccolo miracolo per essere riusciti a mettere insieme 40 persone provenienti da 20 città diverse, che hanno fatto le prove del concerto solo tramite una piattaforma online e che sono riusciti a coinvolgere la platea per più di due ore di spettacolo con il loro entusiasmo e la condivisione di quell’essenziale che è invisibile agli occhi, ma che si respirava tra loro. La commozione era palese nell’esplosione finale con il brano “Resta qui con noi” cantato da tutti. Non sono mancate le profonde esperienze di vita, come quella di Salvatore Ignaccolo che da oltre 30 anni vive come focolarino in Africa e di don Piero Catalano, un sacerdote focolarino che si è speso per i bambini abbandonati, per i malati di AIDS e per il recupero di molti giovani dalla dipendenza della droga.

È stato possibile seguire l’evento anche online e sono molti i riscontri positivi arrivati al Genstella. «Anche a 1.000 km di distanza è arrivato l’amore di tutti voi. È stata una festa bellissima per donare a tutti l’unità che scaturisce dall’amore scambievole che mi ha fatto partecipe della famiglia del Genstella». «Non è la fine di una storia, perché nella vita di ogni giorno dobbiamo continuare a realizzare l’Ideale che ci ha preso il cuore». «Tempo fa, in una situazione molto dolorosa in casa, senza la fiamma che avete acceso in me e che mi ha legato all’amore di Dio, non so che fine avrei fatto. Grazie!». «La sera parlando con mio figlio e i suoi amici quattordicenni, li ho visti con negli occhi una luce diversa». «La musica e i testi sono stati per l’anima carezze di persone rinnovate dall’Amore ricevuto e donato». Tra i presenti anche il vescovo di Lamezia Terme, mons. Serafino Parisi: «Sono felicemente sorpreso – ha commentato – da questa comunicazione gioiosa del Vangelo. Ci sono state parole di pace, da costruire nel nostro piccolo. I temi dell’amore, della fraternità, dell’amicizia ci hanno trascinato con la forza della musica, in modo empatico e coinvolgente per diventare tutti come il Genstella cantori della pace».

Un bell’incoraggiamento e un passaggio di testimone per i giovani di oggi in vista del Genfest che si svolgerà in Brasile dal 12 al 24 luglio 2024. (qui il link). Il Genfest si svolgerà non solo in Brasile ma anche con dei collegamenti in diverse parti del mondo: uno dei punti sarà proprio a Lamezia Terme (qui le varie informazioni).




In ricordo di Daniela Zanetta

38° ANNIVERSARIO DELLA PARTENZA PER IL CIELO DI DANIELA ZANETTA: 14 APRILE 2024

Si è da poco celebrato l’anniversario della partenza per il Cielo di Daniela Zanetta, la giovane di Maggiora dichiarata “venerabile” dalla Chiesa: esattamente 38 anni dal momento in cui ha lasciato il suo corpo terreno, piagato sin dalla nascita da una rarissima malattia – l’epidermolisi bollosa distrofica -, per nascere a nuova vita.

Chiara Bonetti, presidente del Comitato, precisa: “Sin da subito ma anche e soprattutto in questi ultimi anni, giungono a Lucia, la madre di Daniela, o ai contatti del nostro Comitato, attestazioni di grazie chieste e ricevute, testimonianze particolarmente toccanti di come, nel silenzio dei cuori, la ‘nostra’ Danielina operi conversioni, guarigioni del corpo e dei cuori. Già dal 2021 abbiamo raccolto in viva voce i ricordi e il vissuto di chi l’ha conosciuta sia a scuola, sia in parrocchia, sia con le Gen del Movimento dei Focolari (testimonianze che si possono ascoltare sul sito https://danielazanetta.webnode.it/ e sulla pagina Facebook https://www.facebook.com/groups/137911955121/?ref=share). Ora vorremmo poter far altrettanto con chi si è sentito ‘toccato’ in modo particolare, attraverso la meditazione e la preghiera, dalla forza spirituale della ‘venerabile’. Per questo lanciamo un appello: chiunque abbia ricevuto una grazia per intercessione di Daniela, può contattarci e scriverci agli indirizzi sopra citati. In attesa di un miracolo che possa dare slancio alla Causa di beatificazione, tali attestazioni sono quanto mai preziose”.

Lucia Zanetta aggiunge: “Di recente mi è arrivata dal Nuovo Continente una lettera, piena di affetto e gratitudine, per quanto Daniela ha operato nel cuore della persona che ha scritto e che ha conservato di lei un fervido ricordo. Capita sovente anche di trovare biglietti con richiesta di intercessioni o con un ringraziamento presso la sua tomba, mentre continua incessante la visita da parte di singoli o di gruppi di preghiera o di giovani degli oratori alla sua cameretta, dove si respira aria di Cielo, perché lì, ogni venerdì, negli ultimi anni, Daniela era solita stare in adorazione per tre ore davanti al Santissimo”.

Il Comitato prosegue nella sua opera di diffusione della figura e dell’esperienza della “venerabile” con pubblicazioni come “Inno alla vita”, (il libro illustrato pensato per i più giovani ed edito dalla Velar) e attraverso i suoi scritti, raccolti nel libro “I segreti del cuore”, edito da Città Nuova.




Maria Orsola Bussone: “Quanto è bello amare Dio”

Maria Orsola Bussone è il frutto maturo di una comunità parrocchiale: una ragazza come tante altre, che incontra Dio e si butta a testimoniare la bellezza di amarlo, pienamente impegnata insieme alla sua comunità, aperta al mondo. All’età di 16 anni viene chiamata in modo improvviso da Dio all’altra vita. Si è iniziato nel 1996 il processo di beatificazione e nel 2015 è stata dichiarata venerabile.

«Sarei disposta a dare la vita perché i giovani capiscano quanto è bello amare Dio». Questa la frase detta un giorno da una sedicenne al suo parroco, parole che san Giovanni Paolo II ha ripreso nel 1988, parlando a Torino a sessantamila giovani, indicandola come modello per fare della propria vita un dono.

Questa ragazza è Maria Orsola Bussone, nata il 2 ottobre 1954 a Vallo Torinese in una famiglia unita e serena: il papà Umberto, artigiano nell’officina in proprio, la mamma Luigina, sarta, e il fratello Giorgio, di tre anni più giovane, con cui condividerà per tutta la vita un profondo rapporto spirituale.

Tappe decisive

Maria Orsola Bussone

L’esperienza in famiglia sarà per Maria Orsola la prima palestra di vita cristiana, ma durante il periodo delle scuole medie due eventi particolari segneranno il suo cammino spirituale.

Il primo è il ritiro predicato, nell’aprile 1966, dal suo parroco, su “La gloria di Dio”. Questo messaggio la affascina profondamente, tanto che diventa per lei un motto costante e motivo della sua vita: «Tutto per dare gloria a Dio», anche nelle cose più piccole.

Appunta sul suo diario: «Domenica mattina ero tutta indaffarata per prepararmi ad andare all’incontro; a un certo punto però mi sono accorta che non stavo facendo le cose per Dio, ho cercato allora di fare le cose bene, affinché anche il vestirmi e il prepararmi servisse a dare gloria a Dio» (12.10.1969).

L’altro momento – sempre su invito del parroco – è il primo Congresso del Movimento parrocchiale del Movimento dei Focolari nel giugno 1967 a Rocca di Papa (Roma). Maria Orsola vi partecipa insieme alla sua famiglia e ad altre 44 persone di Vallo Torinese.

L’impatto con la spiritualità dei Focolari suscita in parrocchia un cammino di rinnovamento personale e comunitario che concorre efficacemente ad attuare le novità del Concilio Vaticano II e gli indirizzi pastorali dei vescovi.

La parrocchia si apre a un più concreto e intenso impegno di apostolato nei contatti con altre comunità parrocchiali, con gruppi giovanili, incontri con sacerdoti, seminari, comunità religiose e diocesane.

Costruita dalla comunione

«Io penso che in una spiritualità del futuro l’elemento della comunione spirituale fraterna, di una spiritualità vissuta insieme, possa giocare un ruolo più determinante, e che lentamente ma decisamente si debba proseguire lungo questa strada» (1). Questa intuizione del teologo Karl Rahner spicca evidente nel cammino che Maria Orsola ha intrapreso a contatto con gli amici della sua parrocchia e un gruppo di coetanei.

Insieme alla sua famiglia e alla sua comunità, è come un terreno fertile nel far proprio il carisma dell’unità da cui trae aiuto per dare un’anima alle attività della parrocchia, nella ricerca costante, gioiosa ed entusiasta di costruire la Chiesa comunione.

Non si spiegherebbe Maria Orsola senza l’inserimento attivo ed evangelico nella sua comunità parrocchiale e il coinvolgimento in più ampie esperienze ecclesiali, anche a livello internazionale. L’aver incontrato all’età di tredici anni un carisma nuovo nella Chiesa, una spiritualità comunitaria, collettiva, le ha permesso di entrare nel cuore del Vangelo più profondamente e di esserne rinnovata.

Intervistata sulla comunità parrocchiale afferma: «A noi giovani serve, e molto, perché sentiamo l’esigenza di avere una famiglia in cui tutti si vogliono bene e capiscano i nostri problemi. Non parlo della famiglia naturale, chiaro: parlo di una famiglia spirituale dove le nostre difficoltà trovino risposta, aiutandoci a vicenda a vivere la Parola di Vita e ad amare Gesù crocifisso e abbandonato».

Testimoniare e portare Dio

È in questa realtà di parrocchia che nascono diversi gruppi con lo scopo di aiutarsi a vivere il Vangelo e per crescere in quell’amore reciproco che fa sperimentare la presenza di Gesù tra due o più uniti nel suo nome (cf. Mt 18, 20). Per fare esperienza di quest’unità, è necessario un buon allenamento.

«Ho voluto buttarmi – scrive Maria Orsola sul suo diario – e lasciar perdere completamente i giudizi e le cose del passato riguardanti noi ragazze, cioè ho detto: devo vederle nuove, quindi non le ho mai conosciute e di conseguenza non conosco i loro difetti o le loro virtù, so solamente che sono persone che vogliono amare Dio» (12.10.1969).

Nell’aprile del 1968, a Rocca di Papa, Maria Orsola partecipa al 1° Congresso europeo del Movimento Gen. Il messaggio di Chiara Lubich la tocca profondamente. Sente il bisogno di ringraziarla e di consegnarle il suo programma di vita: «Ho capito che la chiave della gioia è la croce, è Gesù Abbandonato. Sai Chiara, voglio amare, amare, amare sempre, per prima, senza aspettarmi nulla, voglio lasciarmi adoperare da Dio come vuole lui e voglio fare tutta la mia parte, perché quella è l’unica cosa che vale nella vita e perché tutti i giovani conoscano che cos’è la vera felicità e amino Dio».

Scoprire l’amore di Gesù fino a sperimentare l’abbandono del Padre le dona uno sguardo universale che spalanca il suo cuore al desiderio costante di testimoniarlo e di portarlo agli altri, specialmente ai giovani.

Per lei la missione del cristiano è «dare Dio agli altri» e lo fa diventare suo programma di vita da realizzare con l’esempio, con la parola, con lo scambio epistolare e attraverso le varie attività parrocchiali.

Un campo particolare d’impegno è il complesso musicale, di cui Maria Orsola fa parte come voce solista. Scrive all’amica Maria: «Noi con il complesso continuiamo a gironzolare e ad andare in diversi posti per portare, per donare agli altri quel Dio Amore che abbiamo scoperto e cerchiamo di vivere» (10.4.1969).

E ancora: «Quando abbiamo cantato “Resta con noi” e precisamente: “Ti porteremo ai nostri fratelli lungo le strade”, ho capito che niente doveva più fermarmi, neanche il rispetto umano, quindi anche portarlo in classe tra i compagni e non aver paura di essere giudicata, perché se noi doniamo loro Dio puro, così com’è, non contraffatto, un giorno ci ringrazieranno di aver fatto conoscere loro questo “TUTTO”» (Diario, 10.12.1969).

In mezzo alla normalità

Maria Orsola è una ragazza come tutte le altre, ama la musica, lo sport, il mare, la montagna, gli amici, si innamora, ha i suoi momenti tristi, si arrabbia, cade, ma la familiarità con Dio la aiuta sempre a non arrendersi agli sbagli e a rialzarsi ricominciando con nuovo slancio.

Ne scrive all’amica Enrica: «Certamente è difficile ricominciare, però basta avere un po’ di fede in Dio Amore, cioè nell’amore che Dio nutre continuamente per noi. Perché anche se noi sbagliamo, anche se non amiamo Dio per giorni e giorni, anche se siamo dei vigliacchi, delle meschine creature, Dio ci ama in modo straordinario» (5.4.1970).

«Ma posso ricominciare», è quanto disse nel tardo pomeriggio del 10 luglio 1970 all’in contro sulla Parola di Vita con gli altri giovani e ragazzi presenti al campo-scuola della parrocchia a Treporti (Venezia). Si era accorta, infatti, di non aver amato troppo.

Poche ore dopo, la fulmina la scarica elettrica di un phon difettoso mentre si asciuga i capelli per poi partecipare alla messa. Ha 16 anni.

Nel maggio 1996 prende il via la fase diocesana della causa di beatificazione. In quell’occasione l’arcivescovo di Torino, il card. Saldarini, esalta la modernità, la normalità, la fedeltà e l’esemplarità gioiosa di questa giovane, affermando tra l’altro:

«Maria Orsola, se verrà proclamata beata, sarà uno degli esempi preclari, e credo importanti, specialmente per il nostro tempo, di santità parrocchiale». 19 anni dopo, il 18 marzo 2015, viene dichiarata venerabile da papa Francesco.

Santificarsi in una parrocchia

Maria Orsola testimonia che è possibile santificarsi nella realtà di una parrocchia animata da una forte spiritualità, eredità raccolta non solo dai suoi coetanei di allora, ma che ancor oggi continua nei volti e nei cuori di tanti, mettendo insieme trasversalmente generazioni di adulti e giovani con gli stessi ideali.

«Seguire l’esempio di Maria Orsola è facile e impegnativo allo stesso tempo. Il programma lei l’aveva scritto su quel foglietto trovato accanto al suo lettino in campeggio, in quell’ultima estate quaggiù. Tre punti, tre passi verso l’Alto, altrettanti scalini verso il Cielo: Vedere Gesù negli altri, dare Dio agli altri, fare la volontà di Dio. Non è un testamento. È un programma di viaggio per raggiungere il Paradiso. La santità passa anche da qui. Anche per una ragazzina di sedici anni, innamorata della vita» (2)

Claudio Malfati

1 K. Rahner, Elementi di spiritualità nella Chiesa del futuro, in Problemi e prospettive di spiritualità, a cura di T. Goffi – B. Secondin, Queriniana, Brescia 1983, pp. 440-441.
2 Gianni Bianco, Evviva la vita, San Paolo, Torino 2006, p. 193.

Articolo tratto dalla rivista Ekklesia n.22 – 2024/1




Festival delle relazioni 2024: verso una nuova comunità

Dal 2019 un gruppo di persone appartenenti al Movimento dei Focolari, in collaborazione con il Gruppo editoriale Città Nuova, propone una serie di incontri di riflessione e dialogo su tematiche emergenti allo scopo di offrire un contributo alla realizzazione di una società “nuova” che trova le proprie radici nel riconoscimento dei valori di ogni persona, nella cura reciproca, capace di tessere relazioni di reciprocità alle quali tanto anela l’animo umano.

Percorsi formativi che trovano casa nel Festival delle relazioni giunto quest’anno alla sesta edizione dal titolo: Verso una nuova comunità – Rilanciamo nuovi sguardi a partire dalle domande e dalle sfide del nostro tempo.

Come per ogni edizione, la ricerca delle tematiche avviene dietro il lavoro di confronto, rapporti personali nella comunità locale per l’individuazione dei temi da mettere a fuoco. Il comitato scientifico (composto da persone qualificate e dal direttore della casa Editrice Città Nuova) raccoglie le proposte, le osservazioni e i suggerimenti, in merito a contenuti e tempi, dando così corpo al percorso del Festival.

Il focus di questa edizione, come si evince dal titolo, è orientato a dare continuità al percorso iniziato lo scorso anno. Si è voluto rimettere in evidenza le sfide che il tempo presente vive per guardarle con occhi nuovi e identificarne gli aspetti generativi di “buone relazioni”, di piccole oasi di pace.

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Pasqua 2024: auguri di pace!

PASQUA 2024: SI ALZINO LE BANDIERE BIANCHE!
ASSOCIAZIONI E MOVIMENTI CATTOLICI INSIEME PER UN AUGURIO DI PACE

Nel drammatico contesto internazionale, segnato da terrorismo e guerre fratricide, le ACLI, l’AGESCI, l’Azione Cattolica Italiana, la Comunità Papa Giovanni XXIII, il Movimento dei Focolari Italia e Pax Christi dedicano, comunitariamente, alla Pace gli auguri per la Santa Pasqua 2024.

La pace è l’urgenza del Risorto. La pace è la nostra priorità, oggi che la fraternità stessa è messa in discussione, come ha ricordato il Card. Matteo Zuppi al Consiglio permanente della CEI lo scorso 18 marzo. Non possiamo accettare che solo la guerra sia la soluzione dei conflitti. Ripudiarla significa arrestarne la progressione. A cominciare dall’aumento sconsiderato della produzione di armi, a discapito di vere politiche di sviluppo. Osare la pace significa scegliere politiche di disarmo, nucleare e non. Osare la pace significa difendere la Legge 185/90 che oggi rischia di essere svuotata.

Come Papa Francesco siamo consapevoli che “per accogliere Dio e la sua pace non si può stare fermi, non si può stare comodi aspettando che le cose migliorino. Bisogna alzarsi, cogliere le occasioni di grazia, andare, rischiare. Bisogna rischiare”. Occorre ribadire ancora una volta l’immoralità di fabbricare e detenere armi nucleari e perciò imploriamo l’adesione dell’Italia al Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari.

La via della pace passa per il dialogo politico e sociale, non per le armi. Costruiamo Pace, scegliamo politiche di disarmo. Italia, ripensaci!

Auguri di Pace




Chiara D’Urbano nella APP di CN

A disposizione dei lettori la raccolta di alcuni articoli di Chiara D’Urbano su “Omosessualità e vocazione”, apparsi negli anni scorsi nella rubrica sul sito www.cittanuova.it

Care lettrici e lettori, amiche e amici di Città Nuova,

una sorpresa vi aspetta nella nostra APP Città Nuova edicola. Una volta al mese, orientativamente verso il 15, offriremo l’approfondimento di un tema di attualità, attraverso la raccolta di alcuni articoli già usciti sulla rivista e sul sito, oppure attraverso alcuni nuovi articoli a tema.

Questo mese trovate sulla APP la raccolta di alcuni articoli di Chiara D’Urbano, usciti sul tema “Omosessualità e vocazione” nella sua rubrica sul sito www.cittanuova.it. La raccolta è a disposizione sulla APP gratuitamente, quindi può essere l’occasione per far conoscere la APP e quindi Città Nuova ad amici e conoscenti.

Naturalmente anche sul sito www.cittanuova.it lo sfogliatore vi permette di vedere e ascoltare gli articoli della rivista, come nella APP.

Vi do un’altra anticipazione: dal primo aprile nella APP e nello sfogliatore troverete, come sempre, il nuovo numero di Città Nuova. Questa volta all’interno c’è un articolo di Margaret Karram(presidente del Movimento dei Focolari), che lei stessa ha voluto leggere come dono per chi usa la APP CN edicola e lo sfogliatore.

Buona lettura e buon ascolto di Città Nuova.

Fonte Città Nuova

APP di Città Nuova

 




La sfida del “per sempre”: esperienze dal Corso per Fidanzati a Loppiano

Dal 7 al 10 marzo, le Famiglie Nuove dell’Italia hanno accolto a Loppiano 44 coppie provenienti da tutta Italia e anche da diverse nazioni che partecipavano al corso per fidanzati intitolato: “Chiamati all’Infinito – essere 1 rimanendo 2”. Il “per sempre” è stato il tema di fondo dell’incontro.

La sfida, raccolta dai fidanzati, è stata di immaginare il “per sempre” come scenario del loro stare insieme, anche in vista, per alcuni, del matrimonio cristiano che si sarebbe celebrato entro l’anno.

I temi affrontati, presentati da esperti, sacerdoti e psicologi, coppie di sposi e fidanzati, sono stati i più vari: dalla comunicazione nella coppia al sapersi perdonare; dall’affettività alla sessualità, dalla vocazione al sacramento del matrimonio.

Molto apprezzata la metodologia che comprendeva dinamiche di coppia e di gruppo, che hanno permesso di esprimersi attraverso giochi, disegni e musica.

Vibrante e costruttivo il confronto tra le coppie e con il team che ha curato il programma. La sfida dopo questo congresso, ha dichiarato una coppia, sarà potersi ritagliare momenti come quelli vissuti a Loppiano nel quotidiano. A proposito della cittadella, i partecipanti hanno segnalato come essa sia la sede ideale per corsi come questo.

La pace e la serenità che vi si respirano diventano elemento costitutivo dell’esperienza. «L’energia e l’amore donati da Loppiano – hanno affermato le coppie – sono sempre magici. E grazie a questo corso ne abbiamo avuto una prova concreta».

Ma passiamo la parola ai protagonisti: … sono stati giorni in cui abbiamo ascoltato testimonianze di coppie di sposi, di famiglie, hanno fatto luce su ogni ambito riguardante la relazione di coppia. In ognuna delle esperienze di coppia ascoltate, con il mio fidanzato ci siamo resi conto di aver ritrovato un “pezzo” di noi, del nostro vissuto, fatto di condivisione, comunione profonda, ma anche di tutte quelle difficoltà comuni ad ogni relazione affettiva. Durante il corso è venuto fuori anche quanto sia tutt’altro che facile mettere a nudo la propria anima, mostrare a chiunque, anche al proprio partner, fragilità e punti deboli.

Ed ancora: …questa esperienza condivisa a Loppiano è stata ricca e formante. Giorni intensi e impegnativi, soprattutto emotivamente. Fondamentale è stata l’occasione di potersi dedicare alla coppia con quei tempi che non avremmo mai trovato nella normale quotidianità, dedicarsi per intere giornate alla riflessione sia personale che condivisa ci ha fatto riscoprire e ci ha confermati nel sentimento d’amore che portiamo avanti da ben dieci anni da fidanzati verso l’esperienza del Sacramento del matrimonio.

 … E’ stato molto importante vedere come ogni coppia nella sua diversità è in grado di trovare una risposta propria e unica alle sfide della vita. Ora sappiamo che, come tutti, possiamo anche noi trovare assieme le nostre risposte.

“Beneaugurante” il messaggio lasciato da una coppia che dice: …siamo tornati a casa pieni di energia, Amore e con tanta voglia di sposarci e vivere per sempre insieme. Con alcune coppie siamo rimaste in contatto con la promessa di incontrarci presto e spesso perché ci siamo trovati subito in sintonia e perché vogliamo condividere insieme questo strepitoso cammino che stiamo percorrendo.

Tanti stimoli utili per la prossima edizione: maggior attenzione al tema dell’economia e degli stili di vita, dedicare più momenti al dialogo di coppia e in gruppo, nella consapevolezza che un corso di 4 giorni può dare gli strumenti: la sfida, come ha dichiarato una coppia, è ritagliarci questi momenti nella nostra quotidianità.




Ragusa, nasce “CO-GOVERNANCE – Laboratorio civico di sussidiarietà politica”

Il principio della fraternità approda nella politica cittadina. Iniziative di “sussidiarietà orizzontale” per una nuova collaborazione tra cittadini e istituzioni

Un patto di solidarietà e di sussidiarietà tra cittadini e istituzioni. È nata a Ragusa una nuova esperienza associativa, di cittadinanza attiva: Il suo nome è “CO-GOVERNANCE Laboratorio civico di sussidiarietà politica”.

 La nuova associazione è stata costituita il 12 marzo. Undici i promotori: presidente è Alfio Di Pietro, vicepresidente è Mariuccia Guastella, segretaria Patrizia Colucci. Giovanni Ottaviano sarà il tesoriere, Suzen Maria Battaglia è consigliera. Gli altri fondatori sono: Giuseppe Avveduto, Rolando Genovese, Valentina Gulino, Lina Tolaro, Giovannella Licitra, Giovanni Gulino.

CO-GOVERNANCE – Laboratorio civico di sussidiarietà politica” si presenterà ufficialmente alla città il prossimo 6 aprile, alle 9, con un seminario che sarà ospitato nell’aula del consiglio comunale di Ragusa.

Tema del seminario: “Oltre la Politica ideologica: la sfida della partecipazione propositiva”.

Relatori sono Antonio Maria Baggio, politologo, direttore del Centro di ricerca di politica e diritti umani dell’Istituto universitario Sophia di Loppiano (Firenze) e Giampietro Parolin, economista e docente di Strategie aziendali nello stesso Istituto Universitario, autori entrambi di numerosi scritti, articoli e pubblicazioni in tema di politica, di cultura politica e di politica economica.

Sono previsti alcuni interventi programmati di esponenti dei gruppi consiliari di maggioranza, di minoranza e della società civile, nonché un tempo di dialogo e di confronto fra tutti.

 “Il nome dell’Associazione – spiega il presidente Alfio Di Pietro – ne esprime all’evidenza il fine: avviare con le istituzioni comunali, i suoi organi elettivi, di governo e di amministrazione attiva, nonché con il mondo politico nella sua varietà e pluralità, un rapporto di collaborazione che manifesti e certifichi la possibilità nella vita pubblica della città di fare “sistema” e di farne un luogo generativo di comunità, di coesione e di sviluppo, di futuro”.

Il Consiglio direttivo dell’associazione

“Il Laboratorio – prosegue – intende farlo laicamente, senza alcuna colorazione o caratterizzazione partitica, democraticamente, favorendo e rendendo praticabile tra cittadini e istituzioni un confronto stabile, libero da pregiudizi, dando modo, nel contempo, agli attori politici, singolarmente e nel loro insieme, di intrattenere relazioni vere di amicizia attraverso cui ciascuno possa riscoprire la propria originale vocazione politica e le ragioni migliori del proprio impegno e ritrovare la capacità di parlarsi fra diversi senza tentare di coprire le divergenze e i possibili conflitti, ma chiarendole e precisandole nel loro significato costruttivo”.

Quale la ragione che anima il Laboratorio? “È venuto il momento ed è questo – chiarisce Alfio Di Pietro – di comprendere che il governo urbano è un compito complesso e le decisioni dell’oggi determinano il futuro delle nuove generazioni; per questo pensiamo che la città possa e debba divenire uno spazio di sperimentazione per trasformare paure, fratture sociali, conflitti, emarginazione, in opportunità generative di risposte e di crescita. La domanda di fondo è questa: che tipo di mondo e, dunque, che tipo di città desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che in essa stanno crescendo?”

“Il principio di fraternità – prosegue – è la matrice del Laboratorio. Nella sua declinazione politica esso trova traduzione nei principi costituzionali di “solidarietà” (art. 2 della Costituzione) e di “sussidiarietà orizzontale” (articolo 118, comma 4, della Costituzione). L’esperimento che ci proponiamo di realizzare non parte da zero: è stato avviato già un anno fa in prossimità delle elezioni amministrative e – nelle sue varie tappe – ha vissuto vari momenti di dialogo. In questi mesi, si è puntata l’attenzione su alcune iniziative e “buone prassi” della civica amministrazione, già in atto, che lasciano ben sperare”.

 Info e contatti:  Alfio Di Pietro338 157 7238    dipietroalf@tiscali.it

 Francesca Cabibbo

 




Aprile 2024

«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore» (At 4,33).

Questa parola, che cade nel tempo di Pasqua, ci invita, con la pienezza della libertà di chi ha ricevuto il messaggio evangelico, a essere anche noi testimoni dell’evento che ha segnato la storia: Gesù è risorto!

Per comprendere fino in fondo il significato di questo versetto tratto dagli Atti degli Apostoli è bene citare la frase che lo precede: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune»(1).

«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore».

Nel testo viene presentata la prima comunità cristiana animata dalla forza potente dello Spirito, caratterizzata dalla comunione che la spinge a proclamare a tutti il Vangelo, la buona novella, cioè che Cristo è risorto.

Sono le stesse persone che prima della Pentecoste erano spaventate e sgomente davanti agli ultimi avvenimenti accaduti e adesso escono allo scoperto, pronte a dare testimonianza fino al martirio grazie alla forza dello Spirito che ha spazzato via paure e timori.

Essi erano un cuor solo e un’anima sola, praticavano l’amore reciproco fino a mettere in comune i beni: era questa la realtà che andava coinvolgendo un numero sempre più grande di persone.

Donne e uomini al seguito di Gesù avevano ascoltato le sue parole, avevano vissuto con Lui nel servizio e nell’amore riservato agli ultimi, agli ammalati, avevano visto con i loro occhi i fatti prodigiosi operati da Gesù, la loro vita era cambiata perché chiamati a vivere una nuova legge, essi erano stati i primi testimoni della presenza viva di Dio in mezzo agli uomini.

Ma per noi, seguaci di Gesù oggi, che significa dare testimonianza?

«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore».

Il modo più efficace di testimoniare il Risorto è mostrare che Egli è vivo e abita in mezzo a noi. «Se vivremo la sua Parola, […] tenendo acceso in cuore l’amore verso il prossimo, se ci sforzeremo in modo speciale di conservare sempre l’amore scambievole fra di noi, allora il Risorto vivrà in noi, vivrà in mezzo a noi e irradierà intorno la sua luce e la sua grazia, trasformando gli ambienti con frutti incalcolabili. E sarà lui, mediante il suo Spirito, a guidare i nostri passi e le nostre attività; sarà lui a disporre le circostanze ed a fornirci le occasioni per portare la sua vita alle persone bisognose di lui»(2).

«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore».

Scrive Margaret Karram (3): «“Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura” (4) è la straordinaria consegna che 2000 anni fa gli apostoli hanno accolto direttamente da Gesù e che ha cambiato il corso della storia. Oggi Gesù rivolge anche a noi lo stesso invito: ci offre la possibilità di portarlo al mondo con tutta la creatività, le capacità e la libertà che Lui stesso ci ha donato» (5).

È un annuncio «che non finisce con la sua morte, anzi! Prende nuova forza dopo la Risurrezione e la Pentecoste, dove i discepoli sono diventati testimoni coraggiosi del Vangelo. E il loro mandato, poi, è arrivato fino a noi oggi. Attraverso di me, attraverso ciascuno di noi, Dio vuole continuare a raccontare la Sua storia d’amore a coloro con cui condividiamo brevi o lunghi tratti di vita» (6).

A cura di Patrizia Mazzola e del team della Parola di Vita

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1 At 4,32.
2 C. Lubich, Parola di Vita di gennaio 1986, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, p. 347.
3 Presidente del Movimento dei Focolari.
4 Mc 16,15.
5 Margaret Karram, Chiamati e inviati, Rocca di Papa, 15 settembre 2023.
6 Ibid.




Dammi tutti i soli

Ultimamente ricordo spesso la meditazione di Chiara Lubich: “Signore, dammi tutti i soli”.

Questa mattina, dopo la Messa in centro a Genova, sotto i portici di Via XX Settembre, davanti a me vedo un signore cadere. Subito si fanno attorno delle persone che lo aiutano ad alzarsi; gli offrono una sedia, ma lui rifiuta dicendo che sta bene. Riprende a camminare ma con un passo incerto.

Mi affianco e chiedo dove deve andare, se vuole che lo accompagni; mi dice che deve andare alla stazione. Mi offro di andare con lui, visto che devo andare da quella parte. “Qualche giorno fa mi è successa la stessa cosa – continua – sono solo, le assistenti sociali mi vogliono far ricoverare…sono senza mangiare da due giorni”.

“Forse è per questo che si è sentito male – gli dico – vuole prendere qualcosa?”
Si schernisce: “No grazie”. Insisto, pensando che è senza forze perché digiuno. “Prendiamo un caffè insieme?” Accetta! Prende un cappuccino e un dolce, io il caffè.

“Grazie, quanta gentilezza…ma oggi non c’è più amore da nessuna parte”.
Gli dico che un’amica mi ha insegnato che: ‘Dove non c’è amore metti amore e troverai amore’. “E lei ci crede? – mi dice. “Sì rispondo, perché è l’unica cosa che rimane nella vita”.

Mi guarda e mi dice: “E’ vero! Grazie – continua – grazie per quello che ha fatto per me”.
Per toglierlo dall’imbarazzo gli dico: “Lei l’avrebbe fatto per me?” “Certo! – risponde con un sorriso – un giorno spero di poter ricambiare questo momento”.Lo saluto mentre sta ancora sorseggiando il cappuccino. In me è forte la sensazione di avergli riscaldato un po’ il cuore.

Natalina




“Il mezzo è il messaggio”

“Il mezzo è il messaggio” Marshall McLuhan – Sociologo canadese

Per “caso” questa mattina ho sentito riportare da un noto predicatore questa frase e subito mi è tornata in mente la giornata di ieri. Un’ora di formazione sulla comunicazione e poi il dialogo con te.

Non è la prima volta che ci confrontiamo su strategie terapeutiche e il risultato non è scontato perché le nostre posizioni di partenza sono asimmetriche. La mia potrebbe sembrare una posizione superiore, perché sono il medico e quindi ho dalla mia le conoscenze, ma tu sei moglie e dalla parte tua hai l’affetto per tuo marito, di cui possiedi anche la storia prima della malattia.

Ci potremmo irrigidire ed il confronto (si tratta di somministrare o meno certi farmaci) potrebbe portare ad una discussione che lasci entrambe scontente. Mi sembra importante far diventare questo dialogo un “trialogo” chiamando anche l’infermiera in turno, che più di me è a contatto con il paziente e conosce ogni sfumatura delle sue espressioni.

Prendiamo in mano la scheda della terapia (che non è un codice segreto da tenere nascosto!) ed insieme vediamo come e quante volte siano stati somministrati i farmaci in questione. Un ruolo importante lo gioca la professionalità degli infermieri che ovviamente valutano la situazione prima di ogni somministrazione.

Nel colloquio, progressivamente, si sgretola la mia posizione arroccata (non è il medico il depositario della verità?) e i tratti della signora si distendono. Le faccio vedere la sintesi dell’ora di formazione appena conclusa e le dico: vede, lo stiamo facendo insieme. Dal “trialogo” esce una proposta terapeutica nuova.

Non sarà ovviamente una soluzione definitiva perché le condizioni dei pazienti cambiano giorno per giorno, ma oggi siamo arrivate ad una decisione presa insieme e la signora conclude con un sorriso: e non abbiamo neanche litigato!

Paola Garzi




I Podcast di Focolari Italia

Un benvenuto ai Podcast del Movimento Focolari Italia!

Esperienze, testimonianze, storie di vita e di cambiamento . . .
la gioia di raccontarsi ed il beneficio che proviene dall’ascolto!

Episodi gioiosi o dolorosi: vita che vogliamo comunque e sempre valorizzare al massimo.

Situazioni in cui ci possiamo ritrovare e da cui ottenere speranza, un forte incoraggiamento a vivere di più e meglio il Vangelo: il tutto in un dono reciproco che vogliamo essere gli uni per gli altri.

 

I FOCOLARI E LE BRIGATE ROSSE: PRIMO EPISODIO DELLA STORIA DI VALTER DI CERA
https://www.focolaritalia.it/podcast/i-focolari-e-le-brigate-rosse-la-storia-di-valer-di-cera-primo-episodio/
Su YouTube: https://youtu.be/dvaj1rYh08Y?si=oMaRdGImikq_bluG

I FOCOLARI E LE BRIGATE ROSSE: SECONDO EPISODIO DELLA STORIA DI VALTER DI CERA
https://www.focolaritalia.it/podcast/i-focolari-e-le-brigate-rosse-secondo-episodio-della-storia-di-valer-di-cera/
Su YouTube: https://youtu.be/FeksboNN0Pk?si=3IkFwQXlMdBDznkc

I FOCOLARI E LE BRIGATE ROSSE: TERZO EPISODIO DELLA STORIA DI VALTER DI CERA
https://www.focolaritalia.it/podcast/i-focolari-e-le-brigate-rosse-terzo-episodio-della-storia-di-valter-di-cera/
Su YouTube: https://youtu.be/-bnY7y-Skps?si=mxCo9VbRyR7yavtG

 




Città Nuova di marzo nella nuova APP

Cosa c’è nel nuovo numero di Città Nuova che dal 1° marzo può essere letto o ascoltato nella APP CN edicola?

Non posso citare tutti gli articoli, per cui qui sottolineo solo alcuni temi, non necessariamente in ordine di importanza. Salto qua e là.

Bruno Cantamessa ci parla di Strategie di pace (pg. 58), perché ci siamo stancati di guerre, stragi e odio.

3 pagine di posta. Questa volta sono tante le lettere ricevute, alcune molto importanti e delicate, per cui abbiamo aumentato lo spazio di questa rubrica.

Il futuro di Città Nuova è nella bella foto della redazione di Teens a pg. 9.

«Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. Ci ho messo una vita a farmele». Questa famosa frase di Anna Magnani dà un’idea di cosa troverete nell’inchiesta su “bellezza e disturbi alimentari” a pg. 10.

Fabio Ciardi ci porta a Liverpool nel 1965 insieme a Chiara Lubich.

Non perdetevi l’esperienza di servizio e di amore di Anna Spatola a pg. 24 e la storia di Fernando Muraca a pg. 30.

A pg. 76 il papà e la mamma di un figlio gay raccontano

L’approfondimento di Silvio Minnetti su Fratelli d’Italia è il primo articolo (il secondo nel prossimo numero) sui due maggiori partiti italiani.

A pg. 18 intervistiamo Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli. Continuiamo il percorso di conoscenza degli altri movimenti e associazioni cattoliche in Italia.

Pornografia e Carriera alias sono 2 temi molto discussi.

Toulouse-Lautrec e la magia di Madera ci riempiono gli occhi in cultura.

Infine le nostre firme, con la new entry Cecilia Tumiatti (a pg. 74), che ci parla di cosa significa essere madre di adolescenti oggi.

Lo so, ho dimenticato di citare molti altri articoli importanti, ma lascio a voi il piacere della scoperta.

Buona lettura!

Giulio Meazzini

https://www.cittanuova.it

Vedi anche: https://www.focolaritalia.it/2024/01/30/citta-nuova-cambia-veste-e-non-solo/




Armi italiane e mercati di morte. L’impegno dei cattolici a favore della legge 185/90

Un appello alla coscienza dei Parlamentari contro il falso realismo della guerra.

Conferenza stampa lunedì 4 marzo 2024 ore 12

presso Focolare meeting point, Via del Carmine, 3 Roma (vicino piazza Venezia)

Diretta YouTube sul Canale Focolaritalia al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=iQMcoFOW9QA

Articolo Città Nuova 5 marzo 2024

Articolo Avvenire 5 marzo 2024

Articolo Romasette

Articolo Italia Caritas

La legge 185 del 90 che regola l’esportazione di armi è una grande conquista della società civile italiana che ha visto parte dell’associazionismo cristiano impegnato in prima fila nella campagna “Contro i mercanti di morte”.

L’appello lanciato per quella mobilitazione partiva da un realistico dato di fatto: «Armi italiane uccidono in tutto il mondo». «Una sorta di “ecumenismo” degli affari che permetteva – come aveva scritto Eugenio Melandri- di esportare armi a tutte le parti in conflitto».

La normativa è stata spesso aggirata in tanti modi, durante questi oltre 30 anni di vita, ma è rimasta costantemente sotto attacco.

Sono tanti gli interessi trasversali che la considerano un ostacolo all’espansione di un settore produttivo in forte competizione su scala planetaria nel contesto della guerra mondiale a pezzi. Lo testimonia la folta presenza delle aziende italiane nelle expo di armi come il “World Defense Show” che si è tenuto ad inizio febbraio in Arabia Saudita.

Il tentativo di procedere al progressivo smantellamento della legge 185/90 sembra ormai avviato a compimento con il voto del Senato dello scorso 21 febbraio come denuncia “Rete italiana pace e disarmo” che, con grande competenza, ha avanzato proposte migliorative rimaste senza riscontro.

Purtroppo siamo davanti ad uno scenario che avevamo previsto con la Conferenza stampa promossa alla Camera lo scorso 4 ottobre 2023 per affermare che salvare questa legge vuol dire applicare la Costituzione.

La 185/90 ha permesso, ad esempio, sempre grazie alla pressione della cittadinanza attiva, di interrompere, dal 2019 al maggio 2023, la partenza dal nostro Paese di migliaia di missili e bombe destinate ad essere usate nel disastroso conflitto in atto nello Yemen.

Alla vigilia del voto della Camera, che cambierebbe in peggio la legge, a cominciare dalla trasparenza sulle banche che finanziano il settore delle armi, sentiamo il dovere di rivolgere un ulteriore appello alla coscienza dei Parlamentari invitandoli a salvare e migliorare la legge 185/90 in nome della comune umanità che ripudia la guerra.

Giuseppe Notarstefano, presidente Azione Cattolica Italiana

Emiliano Manfredonia, presidente Acli

Matteo Fadda, presidente Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII

Cristiana Formosa e Gabriele Bardo, Responsabili Movimento dei Focolari Italia

Mons. Giovanni Ricchiuti, presidente Movimento Pax Christi Italia

Aderisce Agesci, Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani

Alla conferenza stampa è prevista, tra gli altri, la presenza di

Alex Zanotelli, missionario comboniano, tra i promotori della legge 185/90

Maria Elena Lacquaniti, coordinatrice Commissione globalizzazione e ambiente della Federazione Chiese evangeliche in Italia

Maurizio Simoncelli, cofondatore dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo

Andrea Baranes, Fondazione Finanza Etica

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Si può fare di più

La comunità dei Focolari di Roma in aiuto di una famiglia afgana

di Aurelio Molè

15 agosto 2021: una data che non si dimentica. L’Afganistan è di nuovo nelle mani dei Talebani. L’aeroporto di Kabul diventa l’unica via di fuga dal Paese. Migliaia di civili si accalcano per partire. Una folla impressionante. Tra loro la famiglia afgana Khrosh che, tramite la mediazione della Nunziatura vaticana, può imbarcarsi alla volta di Kiev con il corpo diplomatico ucraino. Gli accordi prevedono che, una volta atterrati nel Vecchio Continente, i profughi afgani saranno distribuiti in vari Paesi europei. Ma c’è un intoppo per la famiglia Khrosh: mancano dei documenti per Mehin, 4 anni, la figlia di Zabi, un medico, e Aqela, un’ostetrica, e non può partire. Aqela è incinta all’ottavo mese, estrae alcuni indumenti per il marito che parte da solo, con una busta di plastica e pochi vestiti. «Ci rivedremo!» – è la promessa e il commiato di Aqela.

Nel febbraio del 2022 la comunità di Roma dei Focolari organizza una apericena per conoscere e far conoscere tra di loro i vari afgani presenti nella capitale. Nell’occasione incontrano Zabi e decidono di aiutarlo. Vive in un centro di accoglienza, non ha lavoro, la famiglia è scappata in Iran ed è nata una seconda figlia, Barin. Ma come fare?

Tiziano Binaghi, uno dei volontari, pronuncia uno stentato «proviamo!», anche se è forte il senso di inadeguatezza per la mancanza delle competenze necessarie. Con l’aiuto di alcune docenti della facoltà di Lingue e scienze orientali dell’università La Sapienza raccolgono fondi per coprire le spese dei visti e dei biglietti aerei per il ricongiungimento che avviene nel settembre del 2022. «Ricordo ancora – racconta Tiziano – la forte emozione di Mehin che correva sul molo di Fiumicino per guardare per la prima volta il mare che non aveva mai visto». Nel frattempo, poco prima, a giugno, era avvenuto il primo miracolo: Zabi trova lavoro, non come medico, ma per una ditta che lavora alla sterilizzazione dei ferri chirurgici per il Policlinico Umberto I di Roma. Dapprima, dopo l’insistenza di Tiziano, in prova per una settimana, poi per periodi più lunghi, ma sempre a tempo determinato.

Ora il lavoro c’è, poco e precario, ma manca una casa dove accoglierli. A Tiziano e a sua moglie Paola viene in mente la casa disabitata a Casperia (RI) dei genitori di lei, ormai in Cielo. È l’unica soluzione concreta e non funziona. Per Zabi diventa un’impresa impossibile raggiungere il lavoro. La stazione di treno più vicina è a Poggio Mirteto e, a turno, persone dei Focolari, parenti e amici, devono recarsi a Casperia e portare Zabi alla stazione. Un trasferimento a Poggio Mirteto, ospiti a casa di una loro cugina, dovrebbe ridurre il tempo di percorrenza per il lavoro, ma non di molto. Anche questa soluzione è temporanea. A Paola viene un’idea. A Roma è impossibile comprare una casa, con i loro risparmi, aggiungendo quelli di sua sorella e della sorella di Tiziano acquistano un piccolo appartamento a Monterotondo. Dal giugno 2023 la famiglia Khrosh abita lì.

Altro scoglio il permesso di soggiorno. L’ associazione “Una città non basta” lo indirizza, ma Tiziano è incerto sul da farsi quando accompagna Zabi all’Ufficio Immigrazione e non sa a che santo appellarsi. Gli viene, però, in mente il santo del giorno, san Francesco: è il 4 ottobre. «Ho pregato san Francesco – racconta Tiziano con la sua carica di simpatia – anche se ho pensato che cosa c’entra? Poi, però, mi è venuto in mente che è il patrono degli italiani. San Francesco pensaci tu, io non so che fare. Al cancello ho avuto l’impressione di un miracolo». All’ingresso incontra Simone. «Lo conosco perché i suoi genitori e quelli di sua moglie sono di Casperia e d’estate danno una mano per la festa della Madonna della Neve, ma non sapevo fosse un poliziotto. Mi è sembrato di vedere un angelo: si è messo a disposizione, ha cercato il mediatore culturale e ci ha aiutato in tutti i modi per completare l’iter della richiesta». Ad agosto del 2023 hanno ottenuto il permesso di soggiorno.

La provvidenza si manifesta in molti modi. Un giorno Tiziano passeggia, da solo, e una telefonata lo avverte che Zabi è stato assunto. Pensa sia il solito rinnovo del contratto, invece è assunto a tempo indeterminato. Non è semplice trattenere la commozione.

Da sin: Tiziano, Mehin, Zabi, Paola, Aqela e Barin

Il lavoro di accompagnamento continua e non è possibile enumerare i piccoli e grandi atti di generosità compiuti dalle persone più diverse che contribuiscono con vestiario, denaro, viveri, visite gratuite da parte di un ortopedico, un dentista, un pediatra.

«Con questa esperienza – chiosa Tiziano – ho scoperto tanti segni della provvidenza. Come se Dio mi dicesse: “Buttati, rischia!”. La mia impressione è che potremmo fare molto di più, per renderli autonomi e metterli nelle condizioni di portare il loro contributo alla società. Anche così costruiamo un pezzetto di mondo nuovo, in pace».

La speranza per il futuro è che Zabi possa avere riconosciuto in Italia il suo titolo di studio e così poter lavorare come medico, professione che esercitava già da vari anni.




Raccolta fondi per l’accoglienza di profughi e migranti

Riapriamo la raccolta per portare avanti il nostro impegno verso altre situazioni critiche, emerse nel frattempo in varie aree del mondo.  Contiamo ancora sulla grande generosità di quanti sostengono i nostri progetti a favore dei migranti.

Per ulteriori informazioni scrivere a: reteimmigrazione@gmail.com

 

Da sempre il Movimento dei Focolari e la sua espressione sociale Umanità Nuova sono accanto a uomini e donne che non chiedono niente ma hanno bisogno di tutto. Sostieni i nostri progetti a favore di migranti e profughi che giungono in Italia.

DONA ORA:
IBAN: IT28K 05018 01600 00001 70778 27 intestato all’Associazione Arcobaleno O.D.V. di Milano, Ente individuato  per la raccolta dei contributi.

Per la detrazione fiscale scrivi nella causale del versamento: “Erogazione liberale per accoglienza migranti”. Aggiungi il nominativo completo cui intestare la ricevuta e l’indirizzo email a cui inviarla.

Raccolta precedente: https://www.focolaritalia.it/2022/08/16/nuova-raccolta-fondi-per-laccoglienza-di-profughi-e-migranti/




Ho amici in Paradiso

Come un film può ricordare il vissuto di Simonetta Magari, focolarina, psichiatra e psicoterapeuta

di Aurelio Molè

È raro che un film ricordi un’amica, non perché narra la sua storia personale, ma perché in quell’ambiente ha vissuto, lo ha permeato con il suo essere, cercando di comunicare i suoi ideali. Rivedendo su Raiplay, la pellicola Ho amici in Paradiso (2016), non può tornare in mente la testimonianza di Simonetta Magari, focolarina, psichiatra, psicoterapeuta e già direttrice del Centro Don Guanella di Roma. La storia nasce dall’esperienza reale del regista Fabrizio Maria Cortese che ha avuto un amico in cura nel noto centro di riabilitazione. A contatto con l’energia, la freschezza, l’assenza di filtri di persone diversamente abili Fabrizio Maria Cortese ha maturato l’idea della trama, non teorica, ma partendo da due anni di laboratorio teatrale con otto di loro che sono diventati i protagonisti del film. Era la prima volta che accadeva: un gruppo intero di persone diversamente abili che interpreta la loro vita reale, seppur in una trama di fantasia.

La vicenda narra la vicenda di Fabrizio Castriota, un commercialista salentino, attratto dal lusso e dai facili guadagni derivanti dal riciclaggio dei soldi della malavita. Colto in flagranza di reato, viene inviato al Centro Don Guanella, in affido ai servizi sociali, dove superando prove, crisi, conflitti potrà diventare una persona migliore guidato da una ricchezza, una bellezza incontrata per la prima volta fatta di relazioni autentiche, amicizia, amore e la scoperta che essere “privi di simmetria” è ciò che ci rende unici e irripetibili.

Divagando un po’, si può dire che in fondo ogni storia è il cammino di crescita di un eroe, un monomito – direbbe Joseph Campbell, saggista e storico delle religioni statunitense. Da uno stadio iniziale si passa ad uno successivo tramite il superamento di svariate prove. Il protagonista di ogni storia parte da un Mondo Ordinario – direbbe lo sceneggiatore Chris Vogler – ed entra in un Mondo Straordinario dove deve risolvere dei conflitti, con se stesso, con gli altri, con la società – direbbe Robert McKee, sceneggiatore. Ogni storia parte in media res, deve affrontare un evento dinamico iniziale, scavallare dei punti di svolta, fino al climax, con la risoluzione finale e il raggiungimento o meno di un obiettivo drammaturgico conscio e inconscio.

È anche la storia di tutti noi. Nella vita ci accade un fatto, un evento, un imprevisto che dobbiamo fronteggiare potenziando le nostre risorse, attuando, dalla crisi, un processo di cambiamento per diventare uomini e donne migliori.

Usando le metafore della montagna del Metodo Multisetting per leggere un film si potrebbe dire che la “valle” corrisponde al nostro passato e alla definizione delle coordinate essenziali della nostra storia che corrisponde grossomodo al primo atto del film, set up, l’ambientazione – direbbe lo sceneggiatore Syd Field. Attraversare un “guado” vuol dire percorrere la crisi fino ad un “crinale”, il momento delle ridecisioni, che accade nel punto di svolta alla fine del secondo atto di un film definito confrontation, il confronto. E si prosegue fino alla “vetta”, l’apice della storia dove realizziamo il nostro obiettivo nel terzo e ultimo atto di un film, chiamato resolution, la risoluzione.

Sarebbe interessante leggere il film Ho amici in Paradiso, secondo la struttura della sceneggiatura, secondo il monomito, secondo il viaggio dell’eroe, secondo il cammino di consapevolezza umana e di crescita psicologica del Metodo Multisetting, ma si può guardare il film partendo dal cuore, dai sentimenti, dalle emozioni che genera. Sarà la porta di accesso per entrare nel processo di cambiamento vissuto dal protagonista.

Quando è stato girato il film, la psichiatra Simonetta Magari, in una intervista a Città Nuova ha dichiarato: «Normalmente si affronta la disabilità in modo pietistico oppure sono attori che interpretano la disabilità, invece in questo caso sono i ragazzi che parlano di loro stessi e ne parlano per come sono. La disabilità intellettiva è un modo diverso di essere al mondo, non è una malattia o qualcosa da curare, ma semplicemente è un qualcosa da esprimere nella bellezza della diversità. Dal punto di vista riabilitativo, il film ci ha permesso di raccontare al grande pubblico quello che stiamo facendo da anni, allontanando lo stereotipo comune del disabile che non potrà mai fare nulla. Invece questi ragazzi possono fare molto e possono anche aiutarci. La trama del film è pensata proprio per mostrare quello che loro sono, cioè persone pronte, anche nella loro incoscienza, a voler bene a tal punto da rischiare tutto pur di salvare un amico».

Vedere il film è uno dei modi di ricordarla, per comprenderla in modo più profondo ed è stato uno dei modi di farlo durante il Congresso internazionale dal titolo Crossing the borders: psychological foundations of coexistence, organizzato da Psicologia e Comunione dei Focolari nel Centro Mariapoli di Castelgandolfo, realizzato in onore di Simonetta Magari, deceduta nell’ottobre 2021.

Tre attori diversamente abili protagonisti del film sono ora in Paradiso: con Simonetta Magari ne rideranno, ancora, a crepapelle.

Il link del film https://www.raiplay.it/video/2017/07/FILM-Ho-amici-in-paradiso-70021b84-b0e4-4dff-a32d-de8fd1526718.html




Presentazione del Bilancio di Comunione del Movimento dei Focolari

Il Movimento dei Focolari ha appena pubblicato il suo secondo bilancio di missione definito “Bilancio di Comunione”. Tema: Il dialogo.

Per leggere il Bilancio di Comunione in italiano clicca qui.

Leggi tutti gli articoli:

https://www.focolare.org/2024/02/22/bilancio-di-comunione-rendicontare-le-opere-per-far-circolare-il-bene/

https://www.focolare.org

https://www.cittanuova.it

https://www.agensir.it

https://www.vaticannews.va

https://www.famigliacristiana.it

RIVEDI LA DIRETTA:

SERVIZIO TG 2000




Marzo 2024

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo» (Sal 51[50],12).

La frase della Scrittura che ci viene proposta in questo tempo quaresimale fa parte del Salmo 51, laddove, al versetto 12, troviamo la struggente ed umile invocazione: “Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo”. Il testo che la contiene è noto col nome di “Miserere”.

In esso, lo sguardo dell’autore inizia con l’esplorare i nascondigli dell’anima umana per cogliervi le fibre più profonde, quelle della nostra completa inadeguatezza nei confronti di Dio e, al contempo, dell’insaziabile anelito alla piena comunione con Colui dal quale procede ogni grazia e misericordia.

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».

Il salmo prende spunto da un episodio ben noto della vita di Davide. Egli, chiamato da Dio a prendersi cura del popolo di Israele e a guidarlo sui cammini dell’obbedienza all’Alleanza, trasgredisce la propria missione: dopo aver commesso adulterio con Betsabea ne fa uccidere in battaglia il marito, Uria l’Ittita, ufficiale del suo esercito. Il profeta Natan gli svela la gravità della sua colpa e lo aiuta a riconoscerla. È il momento della confessione del proprio peccato e della riconciliazione con Dio.

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».

Il salmista mette sulla bocca del re invocazioni molto forti ma che sgorgano dal suo profondo pentimento e dalla totale fiducia nel perdono divino: “cancella”, “lavami”, “purificami”. In particolare, nel versetto che ci interessa, usa il verbo “crea” a indicare che la completa liberazione dalle fragilità dell’uomo è possibile unicamente a Dio. È la consapevolezza che solo lui può farci creature nuove dal “cuore puro”, ricolmandoci del suo spirito vivificante, donandoci la vera gioia e trasformando radicalmente il nostro rapporto con Dio (lo “spirito saldo”) e con gli altri esseri viventi, con la natura e il cosmo.

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».

Come mettere in pratica questa parola di vita? Il primo passo sarà quello di riconoscerci peccatori e bisognosi del perdono di Dio, in un atteggiamento di illimitata fiducia nei suoi confronti. Può accadere che i nostri ripetuti errori ci scoraggino, ci chiudano in noi stessi. Occorre allora lasciare socchiusa, almeno un po’, la porta del nostro cuore.

Scrive Chiara Lubich nei primi anni ‘40 a qualcuno che si sentiva incapace di andare oltre le proprie miserie: «Occorre levarsi dall’anima ogni altro pensiero. E credere che Gesù è attirato a noi dall’esposizione umile e confidente ed amorosa dei nostri peccati. Noi, per noi, null’altro abbiamo e facciamo che miserie. Lui, per Lui, a riguardo nostro, non ha che una sola qualità: la Misericordia. L’anima nostra si può unire a Lui soltanto offrendogli in dono, come unico dono, non le proprie virtù ma i propri peccati! […] se Gesù è venuto sulla terra, se s’è fatto uomo, se qualcosa brama […] è soltanto: Far da Salvatore. Far da Medico! Null’altro desidera»(1).

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».

Poi, una volta liberati e perdonati, e tenendo presente l’aiuto dei fratelli perché la forza del cristiano viene dalla comunità, mettiamoci ad amare concretamente il prossimo chiunque esso sia. «Quello che ci è chiesto è quell’amore vicendevole, di servizio, di comprensione, di partecipazione ai dolori, alle ansie e alle gioie dei nostri fratelli; quell’amore che tutto copre, tutto perdona, tipico del cristiano»(2).

Infine, dice Papa Francesco: «Il perdono di Dio […] è il segno più grande della sua misericordia. Un dono che ogni […] perdonato è chiamato a condividere con ogni fratello e sorella che incontra. Tutti coloro che il Signore ci ha posto accanto, i familiari, gli amici, i colleghi, i parrocchiani… tutti sono, come noi, bisognosi della misericordia di Dio. È bello essere perdonato, ma anche tu, se vuoi essere perdonato, perdona a tua volta. Perdona! […] per essere testimoni del suo perdono, che purifica il cuore e trasforma la vita»(3).

A cura di Augusto Parody Reyes e del team della Parola di Vita

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1 C. Lubich, Lettere 1943-1960, a Cura di F. Gillet, (Opere di Chiara Lubich 4/1), Città Nuova, Roma 2022; p. 350.
2 C. Lubich, Parola di Vita maggio 2002, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5),</em
Città Nuova, Roma 2017, pp. 658-659.
3 FRANCESCO, Udienza Generale, La misericordia cancella il peccato, 30 marzo 2016.




#Edc: cambio di testimone nella Segreteria Edc Italia

Passaggio generazionale nella Segreteria dell’Edc Italia: intervista ai nuovi responsabili, tutti protagonisti della “Costituente Giovani EdC” di qualche anno fa

A fine 2023 la Segreteria dell’ EdC Italiana ha rinnovato la sua composizione: dopo 5 anni Ornella Seca -responsabile- e Fabio Magrini -segretario- hanno passato il testimone alla gestione collegiale di Luca Guandalini, Maria Gaglione e Stefania Nardelli. I tre nuovi responsabili valuteranno nei prossimi mesi se e come integrare la segreteria. Questo avvicendamento è anche un significativo passaggio generazionale per l’ EdC Italiana. Per conoscerli meglio poniamo loro alcune domande.

Luca, cominciamo con te, di cosa ti occupi e da quanto tempo segui Economia di Comunione?

Luca Guandalini 02 400 rid«Attualmente sono consulente e formatore libero professionista in management e sostenibilità. Il primo contatto vero con l’EdC è stato attraverso l’imprenditore Pietro Comper che, a partire dal giorno della mia discussione di laurea, ha iniziato a coinvolgermi negli interventi che faceva nelle scuole. Da questo coinvolgimento e dalla riscoperta dell’EdC vissuta è nato poi un progetto per far conoscere in modo un po’ più strutturato ai ragazzi delle superiori l’esistenza di un’economia diversa, che è possibile perché già praticata e che dipende da ognuno di noi nelle scelte di ogni giorno. Da qui il coinvolgimento è poi aumentato quando ho cambiato lavoro e sono diventato libero professionista: cominciando a seguire alcune aziende sui modi di organizzare il lavoro o su aspetti di sostenibilità, ma sempre aiutando a conciliare obiettivi di “performance” economica con obiettivi di senso. Preziosa è stata, per esempio, l’esperienza di collaborazione con AIPEC al progetto europeo BEST(Boosting Environmental and Social Activities), per cercare di veicolare alcuni contenuti di EdC in una formazione per imprese ai primi passi per migliorare la propria sostenibilità. Dalla diffusione di quel progetto nelle scuole, arrivò poi la richiesta di aiutare la segreteria EdC seguendo l’aspetto della cultura “dal basso” ed eccomi qui.»

Maria, da qualche anno lavori nel comitato organizzatore di EoF, ultimamente poi sei stata nominata amministratrice delegata di EdiC SpA s.b., la società che gestisce il Polo Lionello, quale il tuo contributo alla EdC Italiana?

«In questo momento per me è come “unire i puntini” della storia, personale e lavorativa, Maria Gaglione Polo 400 riddegli ultimi 5 anni. Credo che l’Economy of Francesco (maggio 2019) sia una continuazione della profezia carismatica dell’Economia di Comunione, pur con le dovute differenze e specificità. Per cui il mio contributo all’EdC oggi si realizza prima di tutto cercando di occuparmi bene dell’EoF e custodendo il legame fra le due realtà. Inoltre, se la “casa di EoF” è il mondo intero perché i giovani sono ovunque e la “patria ideale” è Assisi perché Francesco è il modello a cui guardare, il Polo rappresenta la base operativa e, insieme ad Assisi, un luogo dello spirito – cioè delle ispirazioni, dell’ascolto, dell’incontro – per chi è stato chiamato a dare concretezza e ad assicurare sussidiarietà a questa vivace e giovane comunità di economisti e imprenditori impegnati in un processo di riflessione, impegno e azione attorno alle sfide di oggi, necessarie per una economia giusta, fraterna, sostenibile. Se poi facciamo un passetto indietro, l’inizio della mia storia con l’EdC è coincisa quasi da subito con il mio impegno al Polo: ero a Firenze per una supplenza a scuola e mi proposero di entrare nel CdA di EdiC spa.. Una fiducia immensa e un grande spazio di generosità che in punta di piedi e con lo zaino leggero accolsi, occupandomi in particolare della comunicazione e della formazione. Fino ad oggi e al nuovo incarico di Amministratore Delegato, che mi permette di continuare a sostenere e sviluppare il progetto dell’Economia di Comunione, attraverso la gestione e la promozione del Polo Lionello quale contesto valoriale, relazione e produttivo di riferimento.»

Stefania, tu lavori in AMU e negli anni passati ti sei occupata nella Segreteria EdC delle Povertà e del Terzo Settore che aderisce alla EdC. Immagino abbiate già lavorato al programma nazionale di quest’anno….

Stefania Nardelli 400 rid«Quando Ornella e Fabio ci hanno chiesto cosa avremmo fatto se loro fossero improvvisamente “partiti per la Thailandia”, dopo i primi attimi di sgomento, ci siamo detti che avremmo probabilmente chiamato subito tutti a raccolta, come si fa in una famiglia quando succede un fatto importante e bisogna discuterne. Dato che la nostra casa, la casa della famiglia EdC è il Polo Lionello, facendo coincidere le date con l’Assemblea dei soci della E.diC. Spa s.b., nelle date dal 24-26 maggio 2024, chiamiamo tutti a raccolta per una nuova edizione della Convention Edc Italia. Sarà una tre giorni di esperienze, buone pratiche, workshop e approfondimenti per rafforzare la comunione e accorciare le distanze. Il programma di quest’anno consiste quindi nel preparare insieme questo momento che sia di condivisione di quanto si sta portando avanti nell’EdC Italia ma anche di dialogo e confronto. Dato che esistevano già due tavoli di lavoro spontaneamente aperti su alcune tematiche, abbiamo proposto loro di diventare Circoli di Comunione, i circoli promossi nel 2022 dalla Commissione Internazionale EdC, in modo da allargare il confronto ad altri eventuali interessati sul territorio nazionale e aiutare a rilanciare la comunione nell’EdC.

Si tratta del Circolo del Terzo settore italiano dell’EdC che vuole raccogliere le associazioni e cooperative che si riconoscono nell’Economia di Comunione; il Circolo del Mondo della Finanza vicina all’EdC nato sulla spinta motivazionale di una partecipante ad Economy of Francesco e, alla luce anche di un lavoro di ascolto delle varie regioni da parte della Segreteria EdC fatto nell’anno precedente, abbiamo proposto la nascita di un terzo circolo dal titolo “Come trasmettiamo i valori dell’EdC ai collaboratori aziendali?”. Al momento i nuovi Circoli di Comunione effetivamente costituiti sono 2, ma non escludiamo la nascita di altri. Riportare il focus all’essenziale della Comunione ci sembrava il miglior modo per portare avanti, in cordata, l’Economia di Comunione

Fonte: edc-online.org