Fraternità ed Economia: una sfida possibile

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Generare valore con l’Economia Civile e di Comunione

Un evento dal titolo provocatorio quello promosso dal COMUNE DI BRA e organizzato da AIPEC – Associazione Italiana Imprenditori per un’Economia di Comunione – che si è tenuto sabato 28 maggio a Bra, presso il Centro Polifunzionale G. Arpino.

Come si conciliano, soprattutto oggi, Fraternità ed Economia?

Foto dal sito www.aipec.it

Per scoprirlo siamo stati aiutati da Leonardo Becchetti, Professore Ordinario di Economia Politica Università Tor Vergata, Roma, fondatore di NEXT, Nuova Economia per tutti, direttore del FESTIVAL dell’ECONOMIA CIVILE di Firenze, che si svolgerà a Firenze dal 16 al 18 settembre 2022 e da Luigino Bruni, Economista e storico del pensiero economico, Ordinario di Economia Politica alla LUMSA ,promotore e cofondatore insieme a Stefano Zamagni della SEC, Scuola di Economia Civile, già coordinatore internazionale del progetto Economia di Comunione, responsabile scientifico di EoF, Economy of Francesco, che si svolgerà ad Assisi dal 22 al 24 settembre 2022.

Ma il focus dell’evento sono state soprattutto le “storie” di un gruppo di imprenditori AIPEC impegnati a vivere e portare “la cultura del dare” nella reciprocità nell’impresa, tra le imprese, nella comunità per rendere la fraternità in economia una sfida possibile.

A coordinare il tutto è stata chiamata Eugenia Scotti, giornalista, conduttrice ed autrice di TV2000.

Un’occasione per ricordare il 20° anniversario del conferimento della cittadinanza onoraria a Bra, Marene e TorinoChiara Lubich Fondatrice del Movimento dei Focolari ed ispiratrice del progetto dell’Economia di Comunione.

SITO AIPEC

https://www.ideawebtv.it/2022/05/16/fraternita-ed-economia-una-sfida-possibile-a-bra-un-convegno-con-aipec/




L’ex preside

Un giorno, per strada, incrociai il preside dell’istituto dove insegnavo: proprio lui che tempo prima, con un pretesto, mi aveva licenziato. All’epoca era ancora sacerdote, poi aveva lasciato il ministero e si era sposato. Quando mi riconobbe, cercò di evitarmi, ma io gli andai incontro. Per rompere il ghiaccio gli domandai sue notizie. Mi disse che viveva in un’altra città, sposato con una vedova madre di due figli, ed era venuto in cerca di lavoro.

Ottenuto con difficoltà il suo indirizzo, ci salutammo. Il giorno dopo, tra i miei amici sparsi la notizia che stavo cercando un lavoro di un certo tipo per uno che ne aveva bisogno. La risposta non tardò e mi venne segnalato qualcosa che poteva rispondere a tale richiesta. Presi tutti i dati, andai a casa di quell’ex-sacerdote. Quando seppe di una offerta di lavoro, quasi non riusciva a crederci! Lo accettò profondamente grato e commosso che proprio io mi fossi interessato a lui. A me arrivò poi il “centuplo” perché mi furono offerti due lavori sempre desiderati sin da quando avevo incominciato l’università

(Tratto da Il Vangelo del giorno, Città Nuova, anno VIII, n. 1, gennaio-febbraio 2022)

 




Nel Buon Samaritano di Van Gogh il nostro dover essere

Nel quadro del Buon Samaritano dipinto da Van Gogh nel 1890, pochi mesi prima di morire, troviamo l’immagine dell’uomo come è stato pensato, il nostro vero sé. Un uomo aperto alle infinite possibilità di bene.

Due figure giganteggiano al centro della scena. Il Samaritano, che ha il volto di Van Gogh, e il ferito. Hanno entrambi i pantaloni di colore blu, forse un simbolo del mettersi nei panni degli altri. Il Samaritano ama con i muscoli, agisce, prima si è chinato a terra per un primo soccorso come mostra la fascia bianca nella testa del ferito, ora è evidente lo sforzo, fa fatica, il corpo è teso, la schiena si inarca, punta il piede e spinge sul terreno per sollevare il ferito a peso morto.

Sollevare è lo stesso verbo usato nel Vangelo di Marco per indicare la Risurrezione. Chi ama passa dalla morte alla vita, sollevando ci si solleva. Il ferito è più in alto del soccorritore, l’altro è più in alto. A terra rimangono gli oggetti, le cose, che, ora, diventano insignificanti. Il Samaritano è imponente, per dire che chi non ama rimane un eterno bambino, egocentrico nel proprio mondo, nel proprio dolore, non cresce, non diventa un uomo di grande statura, un adulto.

Ora se tracciamo una linea diagonale che va dall’alto da sinistra verso il basso a destra, notiamo che, nella parte in alto, occupata dal ferito, i colori sono freddi, gelidi, cupi. Il tratto ondulato esprime la tempesta interna. La parte occupata dal Samaritano è dipinta con colori caldi, vivi, i tratti sono più dolci. Il male raffredda, congela, inibisce. Il bene, l’amore, riscalda, scioglie, rigenera.

Nella parte sinistra dobbiamo porre attenzione per notare le figure di due uomini, il sacerdote e il levita, due persone religiose. Sono piccole, girate di spalle. Sono passate oltre, non si sono fermate e restano sullo sfondo della tela, della vita, come piccoli uomini. Chi non si prende cura delle ferite dell’altro, fosse anche un uomo di Dio, diventa piccolo.

Particolari che dicono come il valore e la grandezza di una persona non dipendano dal ruolo, dalla ricchezza, ma dalla sua capacità di guardare il volto dell’altro. L’indifferenza ci fa diventare estranei a noi stessi. E se non ho occhi per me, non li ho neanche per l’altro. Il paradosso è che i samaritani, considerati, al tempo di Gesù, persone spregevoli, possono vivere la volontà di Dio meglio dei credenti.

Diceva Dostoevskij: “Ognuno di noi è colpevole davanti a tutti per tutti e per tutto ed io più degli altri”. Nella mia responsabilità è il senso della mia soggettività. E il soffrire per ridurre la sofferenza dell’altro è l’unica giustificazione della sofferenza e la nostra più grande dignità. Nel Buon Samaritano scrive Francesco è “la nostra vocazione di cittadini del nostro Paese e del mondo intero, costruttori di un nuovo legame sociale”.

Gabriele Amenta




X Incontro Mondiale delle Famiglie

 

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Il X Incontro Mondiale delle Famiglie, come annunciato con un video messaggio da Papa Francesco, si è tenuto in forma “multicentrica e diffusa” ed ha avuto delle caratteristiche diverse rispetto agli appuntamenti degli anni precedenti. L’evento, già rimandato di un anno a causa della pandemia di Covid-19, non poteva comunque prescindere dal mutato contesto globale dovuto alla situazione sanitaria.

A Roma l’appuntamento principale, a cui sono intervenuti i delegati delle Conferenze episcopali di tutto il mondo nonché i rappresentanti dei movimenti internazionali impegnati nella pastorale familiare. Nelle diocesi allo stesso tempo sono stai organizzare eventi analoghi nelle proprie comunità locali.

https://www.romefamily2022.com/it/

Programma-completo-it




Un progetto per salvare il mare

Abbiamo raccolto la testimonianza di Piero De Santis,  imprenditore di Porto Sant’Elpidio  che, insieme ad un gruppo di persone, ha avviato un progetto per la salvaguardia del mare e della salute delle persone.

“L’anno scorso (2020-2021), quando il governo ci ha imposto la chiusura del locale nel periodo del lockdown, sono stato parecchio tempo con mio fratello Giuliano, presidente di Assoittica, un’associazione che riunisce i commercianti di pesce a Civitanova Marche, sede del più grande mercato ittico della zona. L’associazione ha quasi 90 associati che acquistano il pesce dell’Adriatico tutte le settimane da circa 37 motopescherecci locali.

immagine dal sito assoittica.it

Egli era da tempo scoraggiato a causa di diversi problemi legati all’attività professionale e aveva intenzione di dimettersi dalla carica di presidente. Ne abbiamo parlato a lungo ed è venuto fuori come questo lavoro, quello del pescatore, era importante e non si poteva trascurare il fatto che avevamo la possibilità di dare il nostro contributo affinché il nostro mare potesse sempre di più ricevere le attenzioni e le cure adeguate per un vero risanamento ambientale. L’enorme quantità di plastica che si trova in mare, il tema legato al consumo di pesce a km zero – perché l’80% del consumo in Italia è di pesce proveniente dall’estero -, il problema della legalità nei mercati ittici, erano tutte problematiche che ci toccavano da vicino.

Abbiamo pensato così con i nostri amici di Agorà, un’associazione di Macerata che si occupa di diritti civili, cittadinanza attiva e formazione politica, a un progetto che abbiamo chiamato “Mare Pulito”, articolato su tre punti: la pulizia del mare, il consumo del pesce e la legalità.

immagine dal sito assoittica.it

Una legge statale, emanata l’anno scorso, autorizza e promuove dei tavoli di coprogrammazione che partono dalla base. Abbiamo organizzato il primo incontro a Civitanova Marche, all’interno del mercato ittico, con il Comune, WWF, Legambiente,  Adiconsum, la grande pesca, la piccola pesca, le parrocchie e abbiamo parlato del primo tema che è la pulizia del mare. L’11 maggio 2022 è stata una giornata storica per il mare perché è stata approvata in via definitiva dal Senato la cosiddetta “Legge Salvamare”. In pratica ai pescatori  sarà consentito di portare a terra la plastica recuperata con le reti, che veniva scaricata in mare, perché costituiva reato il trasporto illecito di rifiuti.

Dopo questo incontro iniziale si è costituito il primo tavolo di lavoro alla presenza della Capitaneria di porto, del Cosmari Mc, l’ente che fa la raccolta differenziata nel maceratese, della piccola pesca e grande pesca.

Si proseguirà con altri progetti che riguarderanno il Comune, la Regione e lo Stato per ottenere finanziamenti. Sentiamo che il nostro compito è quello di mettere in rete persone e associazioni per poter incidere di più sull’ambiente e la salute delle persone. Inoltre si è già in contatto con una cooperativa di Ascoli Piceno, che ha anche la gestione del museo del Mare a San Benedetto del Tronto, con alcuni amici di Cesena e abbiamo intenzione di arrivare fino a Rimini.

Si stanno coinvolgendo anche le scuole, come il Liceo Scientifico di Civitanova, che ha una sezione dedicata all’ambiente marino e il Politecnico delle Marche.

Stiamo lavorando affinché le nostre mense scolastiche delle scuole primarie forniscano agli studenti, almeno una volta alla settimana, il pesce fresco dell’Adriatico. Coinvolgere le parrocchie è stato un passo importante soprattutto per la presenza dei giovani”.

Patrizia Mazzola

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Giugno 2022

“Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene” (Sal 16[15],2).

La Parola di Vita di questo mese è tratta dal libro dei Salmi, che raccoglie le preghiere per eccellenza, ispirate da Dio al Re Davide e ad altri oranti, per insegnare come rivolgersi a Lui. Nei Salmi tutti possiamo ritrovarci: si toccano le più intime corde dell’anima, si esprimono i sentimenti umani più profondi e intensi: dal dubbio, al dolore, all’ira, all’angoscia, alla disperazione, alla speranza, alla lode, al ringraziamento, alla gioia. È per questo che possono essere pronunciati da ogni uomo e donna di tutti i tempi, culture e in ogni momento della vita.

“Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene”.

Il Salmo 16 era il preferito da tanti autori spirituali. Per esempio, Santa Teresa d’Avila commentava: “Nulla manca a chi possiede Dio: Dio solo gli basta!”. Padre Antonios Fikri, teologo della Chiesa Ortodossa, notava: “Questo è il salmo della risurrezione, quindi la Chiesa lo prega nelle prime ore […], siccome Cristo è risorto all’alba. Questo salmo ci dà speranza nella nostra eredità eterna, quindi lo troviamo intitolato “dorato”, vuol dire che è una parola d’oro, una gemma della Sacra Scrittura”.

Proviamo a ripeterlo, pensando ad ogni parola.

“Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene”.

Ci avvolge questa preghiera, sentiamo che la presenza attiva e amorosa di Dio comprende tutto di noi e del creato, percepiamo che Lui raccoglie il nostro passato, il nostro presente, il nostro futuro. In Lui troviamo la forza per affrontare con fiducia le sofferenze che incontriamo sul nostro cammino e la serenità per alzare lo sguardo, oltre le ombre della vita, alla speranza.

Come potremo vivere allora la Parola di Vita questo mese? Ecco l’esperienza di C.D. “Qualche tempo fa ho iniziato a star poco bene, quindi mi sono sottoposta ad una serie di visite mediche che richiedevano lunghi tempi di attesa. Finalmente, quando ho saputo qual era il mio male, il morbo di Parkinson…. è stato un colpo! avevo 58 anni, come era possibile? mi chiedevo: “perché?” sono un’insegnante di Scienze Motorie e Sportive, l’attività fisica è parte di me! Mi sembrava di perdere qualcosa di troppo importante. Ma ho ripensato alla scelta che avevo fatto quando ero giovane: “Sei tu, Gesù Abbandonato, l’unico mio bene”! Grazie ai farmaci ho iniziato subito a stare molto meglio, ma non so di preciso cosa mi succederà. Ho deciso di vivere l’attimo presente. Mi è venuto spontaneo, dopo la diagnosi, scrivere una canzone, cantare a Dio il mio SÌ: l’anima si riempie di pace!”.

La frase di questo salmo aveva anche avuto una particolare eco nell’anima di Chiara Lubich, che scriveva: «Queste semplici parole ci aiuteranno ad avere fiducia in Lui, ci alleneranno a convivere con l’Amore e così, sempre più uniti a Dio e pieni di Lui, porremo e riporremo le basi del nostro essere vero, fatto a Sua immagine» (1).

Eccoci, allora, in questo mese di giugno uniti ad innalzare a Dio questa “dichiarazione d’amore” a Lui e ad irradiare pace e serenità attorno a noi.

Letizia Magri
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C. Lubich, Parola di Vita luglio 2001, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma, 2017) p. 643.

ESPERIENZE #FOCOLARITALIAFRATERNITA’

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Nuova Parola di Vita adolescenti 2022




Il card. Zuppi ci fa sentire quanto la Chiesa è vicina

Il Movimento dei Focolari esprime al neopresidente della CEI sostegno nella vicinanza e nella cura di ogni persona e della complessa realtà italiana.

È con immensa gioia, gratitudine e riconoscenza per la sua grande passione per la Chiesa che il Movimento dei Focolari in Italia accoglie la notizia della nomina del card. Zuppi a presidente della CEI. Gratitudine e riconoscenza per come ci ha accompagnato quando, vescovo del settore centro di Roma, ci ha aperto la strada per quello che anni dopo sarebbe diventato il Focolare Point – spazio di incontro testimonianza e dialogo – recentemente inaugurato; e per come ci ha sostenuti con il Villaggio per la Terra in collaborazione con altre associazioni attive nella salvaguardia dell’ambiente e attente alle sfide della città. Sostegno e incoraggiamento continuato in questi anni, da arcivescovo di Bologna.

Abbiamo toccato con mano la capacità di essere prossimo con ogni persona, sempre accanto con la preghiera, presente nelle situazioni dove ci sono dolori da abbracciare, preoccupazioni da sollevare, vicinanza da esprimere, costantemente in dialogo.

L’augurio che gli rivolgiamo in questa nuova chiamata al servizio della Chiesa è che si estenda a tutta l’Italia il calore del suo cuore fraterno che sa far sentire a ciascuno quanto la Chiesa è vicina, senza fare distinzione alcuna: un cuore capace di farti sentire amato da Dio.

Raccogliamo l’invito a continuare insieme il cammino sinodale, in cui con la Chiesa italiana e universale siamo impegnati, a partire dall’ascolto, anche quando “l’ascolto ferisce”. Come Focolari desideriamo sostenerlo in questo impegno di vicinanza e di cura per le persone e per la realtà italiana così complessa, per essere, insieme a tutta la comunità ecclesiale “madre vicina” e andare incontro ai “tanti compagni di strada di questo viaggio”. Carissimo don Matteo, i nostri più cari auguri!

CS_FocolariZuppi25.05.2022




Mettiamoci la firma. Come destinare il nostro 5xMille

Ti ricordiamo che, anche quest’anno, lo Stato italiano permette a qualsiasi persona fisica che risulti debitore IRPEF la facoltà di destinare parte di questa imposta al tuo Comune di residenza o ad un’organizzazione no-profit, con il fine di sostenerne le attività in vari campi, come l’inclusione sociale, la ricerca scientifica e sanitaria, la tutela dei beni culturali e paesaggistici, le attività sportive dilettantistiche.

Non è un obbligo, ma una forma di “sussidiarietà fiscale orizzontale”, mediante la quale i contribuenti possono decidere direttamente a chi destinare parte delle imposte con cui apportano alle spese pubbliche. È quindi anche un modo in cui possiamo sentirci più responsabili nei confronti della comunità, dando il nostro personale contributo nell’individuare enti meritevoli di ricevere finanziamenti pubblici. Se non si esercita questo diritto, semplicemente l’intero importo dell’IRPEF pagata da un contribuente rimane in qualità di imposta nelle casse dello Stato.

Se sei tenuto a presentare una dichiarazione dei redditi, puoi dunque devolvere il tuo 5X1000 in 4 semplici passi:

  • Compila il tuo modello Redditi Persone Fisiche, 730 o CU
  • Cerca la scheda “Scelta per la Destinazione del Cinque Per Mille dell’IRPEF”
  • Apponi la tua firma nel riquadro tematico di tuo interesse
  • Inserisci il codice fiscale dell’ente a cui intendi destinarlo; se apponi la tua firma nel riquadro, ma non inserisci il codice fiscale di un ente, il tuo contributo sarà ripartito tra tutti gli enti beneficiari in misura proporzionale alle preferenze ricevute dagli altri contribuenti

Anche se non sei tenuto a presentare una dichiarazione dei redditi ma sulla CU hai, al rigo 21, le ritenute IRPEF, puoi comunque devolvere il tuo 5xMille, seguendo questi passi:

  • Compila la scheda fornita insieme alla CU dal tuo datore di lavoro o dall’ente erogatore della pensione, oppure scaricala direttamente dal sito dell’Agenzia delle Entrate
  • Apponi la tua firma nel riquadro tematico di tuo interesse e inserisci il codice fiscale dell’ente a cui intendi destinare il tuo 5xMille
  • Inserisci la scheda in una busta chiusa con su scritto il tuo nome, cognome e codice fiscale e la dicitura “Scheda per le scelte della destinazione dell’otto, del cinque e del due per mille dell’Irpef”
  • Consegna la busta ad un ufficio postale (servizio gratuito) o a un intermediario abilitato alla trasmissione telematica (CAF, commercialisti…)

In Italia esistono decine e decine di migliaia di enti che svolgono un preziosissimo lavoro di sostegno alla comunità. Se non lo fai già, invitiamo, allora, anche te a destinare il tuo 5xMille, aiutandoli a compiere sempre meglio questa funzione insostituibile. Ed eventualmente a consigliare amici e parenti in questo esercizio di cittadinanza attiva.




Chiesa dalle porte aperte

Il quartiere della Balduina, a Roma, nato attorno agli anni ’60, è conosciuto come una zona della capitale dove sono vissuti personaggi che hanno fatto la storia d’Italia. Ancora oggi la popolazione appartiene alla media-alta borghesia: professionisti, magistrati, professori universitari, persone di cultura. Da circa due anni e mezzo vi è parroco don Andrea Celli, presso la chiesa di San Pio X, con una comunità che conta circa 14 mila fedeli.

Abbiamo trovato don Andrea in mezzo a tanti impegni. Egli non usa WhatsApp, predilige il rapporto diretto con la gente: sentire la voce, vedere le persone… Chi lo vuole incontrare viene in canonica anche perché, secondo lui, aspettare un po’ – se necessario –, fa bene!

Avevamo preparato delle domande da rivolgergli, ma la sua simpatia e il suo entusiasmo ci hanno trascinati come un fiume in piena. L’avevamo conosciuto per il suo impegno nella parrocchia di San Tommaso Moro, non lontano dall’Università La Sapienza, un quartiere piuttosto difficile dove era riuscito a creare una vivacissima comunità giovanile. […]

Come ti sei mosso in concreto?

Da subito ho diviso gli adolescenti in giovanissimi e giovani, proponendo loro rispettivamente un percorso di cresima e di post cresima. Poi ho lanciato il tema degli universitari e post universitari. Oggi se uno fa un master, se inizia il lavoro, ancora si sente giovane, quindi ho preso in rilievo anche questa fascia, dai venti ai trent’anni.

E poi la formazione permanente degli adulti, quindi la catechesi ogni 15 giorni. Vedevo che la fascia più difficile da raggiungere era quella delle giovani coppie, perché mi scaricavano magari i bambini delle elementari per il catechismo o per la messa e poi se ne andavano. Mi sono inventato – e questo è un lavoro in nuce – le cosiddette cellule del Vangelo. Cioè, vedersi in parrocchia per la catechesi e poi dividersi in gruppetti nelle case per un percorso di preghiera o di approfondimento di come l’amore di coppia può diventare fecondo.

Siamo partiti con una quindicina di coppie che si incontrano ogni quindici giorni e approfondiamo temi della fede rilevanti per la vita. Purtroppo, al momento ci incontriamo solo in parrocchia, perché adesso, con il rischio Covid, nelle case è un po’ complesso.

Quest’anno ha preso forma anche il gruppo anziani. Qui in zona abitano anziani squisiti, che non si lamentano dell’età né delle loro situazioni di salute e che hanno fatto un po’ la storia d’Italia. Il gruppo di anziani si incontra regolarmente il giovedì pomeriggio che diventa un grande contenitore e laboratorio di idee: confronto tra di loro, Parola di Dio, preghiera, film, giochi, “il medico risponde”.

Devo dire che per me questo appuntamento è estremamente prezioso, perché ho riscoperto la ricchezza della terza età che spesso viene messa un po’ da parte e scartata come ha fatto ripetutamente notare papa Francesco.

Anche qui hai messo insieme fede e cultura…

Secondo me oggi la fede la veicoliamo, più che mai, attraverso la cultura. E questo è un quartiere da questo punto di vista molto stimolante. Si tratta di veicolare l’annuncio della fede attraverso le arti: la prosa, il teatro, la musica, la danza, la presentazione di libri, le conferenze… […]

Secondo te, quale è il modo migliore per essere generativi?

Per essere generativi, forse non bisogna fare chissà che cosa, secondo me basta non cadere nella sterilità. Faccio un esempio: è possibile che molte delle nostre chiese chiudano alle ore 13? Il professionista, che esce dallo studio durante la pausa pranzo, mangia un panino e poi vuole andare un attimo in chiesa per pregare e forse andrebbe anche a messa… non lo può fare perché trova chiuso!

Io direi: niente chiusure, vale a dire andare incontro agli altri, entrare nei negozi, cam- minare sulle strade. Andare incontro alle persone, vuol dire non legarsi a strutture: questa è la grande intuizione di papa Francesco. La struttura, la parrocchia è a servizio delle persone, deve essere trasparente e abitabile.

Vi racconto un fatterello. A Natale ho noleggiato un asino vero, una ragazza universitaria si è vestita da Maria, un ragazzo vestito da Giuseppe, e siamo andati in giro per tutto il quartiere. I negozi erano diventati gli ostelli che non accoglievano Maria e Giuseppe. I bambini vestiti da angioletti. Più di mille persone in piazza. Alla fine, siamo saliti in chiesa, abbiamo chiesto perdono per la nostra non accoglienza. Il segno è stato forte. Simili cose piacciono, sono segnali che ci interpellano su come viviamo la fraternità e l’accoglienza.

Don Andrea, un’ultima domanda: come è la Chiesa che vorresti?

Papa Francesco per me è un riferimento forte, sta traghettando la Chiesa attraverso una rivoluzione, per cui non si può tornare indietro e non si deve tornare indietro: la Chiesa della verità, dell’autenticità, la Chiesa della strada, la Chiesa del rapporto con il prossimo nel quale si incarna Cristo, la Chiesa dell’incontro, la Chiesa della misericordia. Una Chiesa più sollecita e più Madre. Chissà se una parrocchia come questa gli piacerebbe?

Leggi l’articolo completo sul nuovo numero di Ekklesia sulla generatività.

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Si parla spesso di “fine della Christianitas” in Europa, a significare il tramonto di un tipo di cristianesimo che, venendo meno, sembra portare via con sé anche i contenuti del cristianesimo stesso. Invece no, in tempi di crisi si cercano sempre nuove vie e la Chiesa si auto-genera nella vita della Parola.

Una delle vie che la pastorale attuale  sta riscoprendo è quella della generatività, concetto ripreso dalle scienze umane ma che si può applicare anche all’ambito ecclesiale. La parola già esprime molto: che genera vita, che produce frutti…. Ma come arrivarci?

Il presente numero di Ekklesía parte, appunto, dalle scienze umane per scoprire cosa c’è sotto questo nuovo approccio socio-antropologico della realtà; attraverso riflessioni e esperimenti concreti, si arriva poi ad enunciare alcune caratteristiche di una pastorale generativa.

  • Silvia Cataldi, professore associato di sociologia all’Università La Sapienza (Roma), evidenzia come generativitàstia diventando una parola chiave in tutte le sfere dell’agire umano, e ne illustra alcune sue applicazioni in ambito sociale.
  • Carlos Gomes Esteves, argentino, psicologo, psicoterapeuta e docente, parla dello “stadio” dello sviluppo psicosociale che si può considerare “generativo” e che in genere corrisponde soprattutto all’età adulta, mettendo in evidenza le condizioni che aiutano a viverlo in pienezza.
  • Nella pastorale, secondo Jesus Moran, filosofo e co presidente del Movimento dei Focolari, la generatività comporta il passaggio da una mentalità “quantitativa” ad un approccio di vicinanza e di rapporti che portano ad una trasformazione; mentre Christian Hennecke, ormai conosciuto dai nostri lettori per i suoi approcci innovativi, ci parla di una “pastoral d’engendrement”, nata in Francia una ventina di anni fa ed ora già applicata in diverse diocesi.
  • Seguono poi alcune testimonianze di agire pastorale: l’approccio di Chiara Amirante, fondatrice di nuovi Orizzonti, nella ricerca del “popolo della notte”; le testimonianze di don Andrea Celli, parroco a Roma . .

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Movimento dei Focolari e Azione Cattolica insieme per promuovere e far generare fraternità

Il 13 maggio i gruppi di presidenza di Azione Cattolica e Movimento dei Focolari si sono incontrati per dialogare e dar vita ad un cammino comune.

Un patto di collaborazione è stato stretto tra l’Azione Cattolica Italiana e il Movimento dei Focolari. Un’alleanza che, come ha sottolineato il presidente nazionale dell’AC, Giuseppe Notarstefano, unisce al valore fondativo di una collaborazione che si fa sempre più concreta l’importanza del riconoscimento dell’altro, dello stare insieme. Il terzo incontro tra la presidenza dell’Azione Cattolica Italiana e quella del MdF si è svolto venerdì 13 maggio a Roma, nel Centro nazionale dell’AC di via Aurelia.

Ricordando le parole pronunciate dalla fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich, durante i bombardamenti di Trento nel corso della II Guerra mondiale, “Tutto vince l’amore”, la presidente del Movimento dei Focolari, Margaret Karram, ha sottolineato il desiderio reciproco di un’alleanza che, con questa certezza, riesca a concretizzare i progetti e i sogni delle due organizzazioni, per essere ancor più e insieme dono per la Chiesa.

Dopo due ore di preghiera, conoscenza, confronto e dialogo è stato deciso l’impegno ad avviare e consolidare progetti locali sui diversi territori tra MdF e AC, per partire dal dialogo che nasce dalla vita, per ridare forza e slancio insieme alle comunità locali e lavorare ad un percorso di collaborazione sempre più concreto e intergenerazionale, che promuova la gentilezza, la tenerezza, come modo di essere e di stare insieme, come auspicato da papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti. Tre i temi prescelti: 1) patto educativo globale; 2) economia civile, impegno politico ed ecologia integrale; 3) ecumenismo e dialogo interreligioso a livello formativo.

Il presidente Notarstefano ha espresso il desiderio di “abitare” insieme concretamente i diversi territori, assicurando presenza e passione nelle reti di dialogo e confronto esistenti nelle Chiese locali, incoraggiando e accompagnando a vivere questa strada di concretezza, di pazienza e dedizione. È importante che, in questo disorientamento generale, si realizzino, dal basso, luoghi di fraternità che, nella tempesta di quanto avviene intorno a noi, diventino barche a cui le persone possano aggrapparsi.

Si vuole testimoniare che stare insieme è possibile, per “promuovere”, far generare, la fraternità anche con un’iniziativa simbolica congiunta e nazionale che valorizzi quanti si impegnano per costruire un “noi” più grande nell’educazione, per l’ecologia integrale, per “partecipare” insieme, anche in politica, ad un cammino generativo aperto ad altre realtà, che sia un investimento al servizio delle generazioni future, per la promozione della persona.

L’impegno ad incontrarsi nelle diverse città, ha commentato la presidente dei Focolari Karram, potrà far emergere le tante e differenti azioni concrete che è possibile realizzare nelle Chiese locali. A tal fine, è stato creato un gruppo di lavoro, che sarà coordinato da Michele Tridente (AC) e Patrizia Bertoncello (MdF), per valutare le proposte emerse nell’incontro di venerdì e pensare a possibili collaborazioni che vedano insieme le due organizzazioni, aperte ad altre realtà, per un arricchimento dei diversi territori e delle comunità locali.




RETINOPERA. APPELLO UCRAINA

Fonte sito di Retinopera: http://www.retinopera.it/2022/05/07/appello-di-retinopera/




Costruttori di pace in classe

Stamattina abbiamo accolto il ragazzo ucraino che d’ora in poi farà parte della nostra classe prima. In classe c’è anche un ragazzo di origine russa. Venerdì scorso avevo parlato con i ragazzi e detto loro che oggi sarebbe venuto il nuovo compagno e che la nostra classe avrebbe avuto la grande opportunità di costruire la Pace.

Approfittando anche del fatto che il ragazzo russo era assente avevamo parlato del fatto che nessuno doveva “tifare” per questo o per quello, ma che dovevamo essere costruttori di Pace nella nostra classe, e che avremmo dovuto avere delicatezza e attenzione per entrambi. Abbiamo fatto una specie di patto: i ragazzi erano entusiasti!

Stamattina eravamo tutti presenti ed ho fatto presentare i ragazzi uno per uno. Quando è toccato al ragazzo russo, il bimbo ucraino e la sua mamma (che è stata con noi tutta la mattina) hanno fatto un sobbalzo e mi hanno guardato sorpresi. Ho ripetuto loro quello che avevo detto ai ragazzi venerdì e, dopo la traduzione, tutta la classe è scoppiata in un applauso. Tutti erano contenti.

Il ragazzo russo mi ha fatto “ok” con il dito, e il ragazzo e la mamma ucraini un bel sorriso disteso. Casualmente (ma niente viene a caso) i due ragazzi si sono trovati accanto di banco, e il ragazzo russo si è messo subito a disposizione, per prestargli le sue cose e per tradurre perché capiva cosa diceva il bimbo ucraino. Insomma, anche se è una goccia nel mare, alla Scuola media di Piano di Conca, stiamo costruendo un ponte di Pace.

Elisabetta, Viareggio

 




Gen Verde: noi scegliamo la Pace. We Choose Peace.

Il nuovo singolo del Gen Verde per gridare la pace.

Guerre, morti, violenze e tanto dolore. Come restare indifferenti dinanzi a tutto questo e alle tante immagini che ci bombardano costantemente? Il Gen Verde non resta nello sgomento e nello smarrimento, anzi più che mai sente urgente gridare dai tetti quel grido di tanti, quel grido che fa meno rumore delle bombe, ma che risuona nei cuori di molti: noi scegliamo la Pace (‘We Choose Peace’).

Ecco, allora, un nuovo singolo del Gen Verde! “Abbiamo cercato di mettere insieme la voce di tutte le persone che aderiscono al messaggio della pace, del dialogo, della fraternità – spiega Nancy Uelmen degli U.S.A –; e per far questo abbiamo invitato nel nostro studio di registrazione persone di tutto il mondo che hanno cantato nella loro lingua originale le parole ‘noi scegliamo la pace’. Un gesto simbolico per esprimere coloro che in tutti i continenti (e non sono pochi!) scelgono quotidianamente di contrapporre il dialogo alle armi”.

Il Gen Verde ha lanciato “We Choose Peace” ed è disponibile qui.

Click per ascoltare la canzone su tutte le piattaforme digitali.

Nei concerti dal vivo, sia in Italia sia nel tour europeo che la band sta facendo, ha già il suo posto nella scaletta e tanti la cantano già!

Inoltre, la band racconta la genesi del brano, insieme a Naya, una delle giovani che ha partecipato alla canzone e al videoclip. Ecco il link:

https://youtu.be/9HufPg4Nz50

Per più informazione, vai su https://www.genverde.it

E-mail: press@genverde.it

Instagram: @genverdeofficial

Facebook: @GenVerdeOfficial

Youtube: GenverdeOfficial

Twitter: @GenVerdeMusic




Una scuola per generare comunità vive nell’amore

Oltre 1000 i partecipanti italiani alla proposta di formazione per i coordinatori delle comunità del Movimento dei Focolari nel mondo, per abbracciare i tanti dolori della nostra umanità ferita. 

Azioni sociali che risollevano la dignità umana ferita, la cura per l’ambiente nostra casa comune, il lavoro vissuto come servizio ai fratelli, la misericordia che si vive nelle nostre famiglie, la malattia offerta e la preghiera che accompagna e consola: sono alcune tra le molteplici sfumature delle esperienze condivise dalle comunità, all’insegna di una vita radicata nel Vangelo, che non nasconde le tante difficoltà e i limiti del cammino, ma che è alla ricerca di sempre nuovi slanci e ripartenze. La scuola internazionale del 7-10 aprile è stata uno di questi. Prossimo appuntamento per l’Italia: 1 e 2 ottobre.

Col titolo “Uscire per farsi prossimi: le comunità glocali sulle orme di Gesù abbandonato”,  il corso ha visto un collegamento mondiale quotidiano nella fascia oraria centrale (ore 12-14) per poter abbracciare tutti i fusi orari, mentre il resto del programma era gestito localmente, in gruppi più o meno numerosi, con uno scambio di esperienze ed esigenze, lavori di gruppo e approfondimenti. Rappresentanti delle comunità di intere regioni si sono trovati il 9 e 10 aprile in presenza in Piemonte (Centro Mariapoli di Bra), Lombardia (Centro Mariapoli di Frontignano), Campania (Torre Annunziata), Toscana (Loppiano), Sardegna (Torre Grande in provincia di Oristano), Puglia e molti altri in altre città oppure online: la gioia di ritrovarsi, per alcuni dopo tanto tempo, è stata il primo segno visibile di essere parte di un’unica famiglia di dimensioni mondiali, che dà testimonianza di una fruttuosa convivenza tra tutti, comprese le nuove generazioni.

Uno degli obiettivi della scuola era avviare una riflessione sulla funzione oggi di “luoghi” visibili come possono essere le comunità, di fronte alle sfide del dopo pandemia, dei cambiamenti climatici, di tante crisi che investono la chiesa, la famiglia, la società, e con la necessità di uscire dagli schemi che negli anni ciascuno possa essersi costruito. Il cammino sinodale della Chiesa tutta ci interroga e ci aiuta in questo discernimento.

“Se potessi dirvi due parole su cui fondare la vita delle vostre comunità locali – ha esordito Margaret Karram, presidente dei Focolari, in apertura dell’incontro –  vi direi: ‘testimonianza ed evangelizzazione’. Queste due azioni dovrebbero essere sempre più il nostro distintivo; dovrebbero essere le “fondamenta” su cui fondare una vera comunità; ciò che la distingue da un qualsiasi gruppo o aggregazione di persone”.  La comunità locale è anche lo spazio più adatto per vivere la cultura della prossimità, avvicinare le  persone che soffrono e individuare i loro bisogni reali, luogo di accoglienza di persone di altre culture dando un esempio vivo di fratellanza universale. Infatti, continua Margaret, “più nella comunità circola l’amore scambievole, più ciascuno sente crescere dentro di sé l’energia per fare scelte coraggiose e generose. Aumenta così la fantasia dell’amore e ci si inventa nuove modalità di aiuto, collaborazione”; “mantenere viva e costante questa qualità dell’amore non è sempre facile, è una sfida di ogni giorno, occorre saper sempre “ricominciare” per far propri, in profondità, i sentimenti di Gesù, il suo pensiero, la sua fede e fiducia, il suo sguardo d’amore verso ogni fratello”. 

 A Jesús Morán, copresidente del Movimento, il compito di introdurre al tema della leadership di comunione:  “Ben venga questo nuovo tipo di leadership. Ne abbiamo bisogno. Con le nostre categorie, diremmo che il mondo e le nostre comunità necessitano oggi di leader di comunione, e cioè, persone decise e  convinte, certamente, anche energiche, ma capaci di privilegiare il “noi” al di sopra del puro “io” […]”E descrivendo le caratteristiche di un  leader in questa nuova visione: “ è un facilitatore di Gesù in mezzo; è il primo ad amare, si prende a carico il dolore altrui […] cerca sempre la verità e per questo rompe al suo sorgere la dinamica maliziosa del chiacchiericcio […] sa farsi trovare, la disponibilità è quindi un tratto del suo carattere. L’umiltà lo muove, l’autocritica lo fa crescere“.

Per l’Italia – insieme a un gruppo dall’Albania – il programma proseguirà l’1 e 2 ottobre con un approfondimento proprio sul tema della leadership, che si vuole sempre più “dialogica” e “di comunione”. Lavorare su questo potrà aiutarci nella gestione dei conflitti e delle polarizzazioni, nella progettualità della comunità attraverso il discernimento comunitario, nel lavoro in sinergia. Ripartenza, dunque, dopo due giorni intensi che, a detta dei partecipanti, “hanno suscitato meraviglia nel vedere come il Vangelo ha Parole che sono uniche e rivoluzionarie, le sole capaci di ‘far rifiorire il deserto’”.




Maggio 2022

“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri” (Gv 13,34).

Siamo nel momento dell’ultima cena. Gesù, a mensa coi suoi discepoli, ha appena lavato loro i piedi. Di lì a qualche ora verrà arrestato, condannato a morte, crocifisso. Quando il tempo si fa breve e si avvicina la meta, si dicono le cose più importanti: si lascia il “testamento”.

Il Vangelo di Giovanni, in questo contesto, non ha il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia. Al suo posto vi è la lavanda dei piedi. Ed è a questa luce che va compreso il comandamento nuovo. Gesù prima fa e poi insegna e per questo la sua parola ha autorevolezza.

Il comandamento di amare il prossimo era già presente nell’Antico Testamento: “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Lev 19:18). Gesù ne mette in luce un aspetto nuovo, la reciprocità: è l’amore vicendevole che crea e contraddistingue la comunità dei discepoli.

Esso ha la sua radice nella stessa vita divina, nella dinamica trinitaria che l’uomo è abilitato a condividere grazie al Figlio. Lo esemplifica Chiara Lubich, dandoci un’immagine che ci può illuminare: «Gesù, quando è venuto sulla terra non è partito dal nulla come è di ciascuno di noi, ma è partito dal Cielo. E, come un emigrante, quando va in un Paese lontano, s’adatta senz’altro al nuovo ambiente, ma vi porta i propri usi e costumi e continua spesso a parlare la propria lingua, così Gesù si è adattato qui sulla terra alla vita d’ogni uomo, ma vi ha portato – perché era Dio – il modo di vivere della Trinità che è amore, amore reciproco» (1).

“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri”.

Qui si entra nel cuore del messaggio di Gesù, che ci riporta alla freschezza delle prime comunità cristiane e che può ancora oggi essere il segno distintivo di tutti i nostri gruppi, associazioni. In un ambiente dove la reciprocità è una realtà viva, si sperimenta il senso della nostra esistenza, si trova la forza per andare avanti nei momenti di dolore e di sofferenza, si è sostenuti nelle inevitabili difficoltà, si assapora la gioia.

Sono tante le sfide con cui ogni giorno ci confrontiamo: la pandemia, la polarizzazione, la povertà, i conflitti: immaginiamo per un istante cosa succederebbe, se riuscissimo a mettere in pratica questa Parola nel quotidiano: ci troveremmo di fronte a nuove prospettive, si aprirebbe davanti ai nostri occhi il progetto dell’umanità, motivo di speranza. Ma chi ci impedisce di risvegliare in noi questa Vita? E ravvivare attorno a noi rapporti di fraternità che si estendano a coprire il mondo?

“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri”.

Marta è una giovane volontaria che assiste i detenuti nel preparare gli esami universitari. “La prima volta che sono entrata in carcere, ho incontrato persone con paure e fragilità. Ho cercato di instaurare un rapporto prima professionale, poi d’amicizia, fondato sul rispetto e sull’ascolto. Presto ho capito che non ero solo io che aiutavo i carcerati, ma erano anche loro a sostenermi. Una volta, mentre aiutavo uno studente per un esame, io ho perso una persona della mia famiglia e lui ha avuto la conferma della condanna in corte d’appello. Eravamo entrambi in condizioni pessime. Durante le lezioni vedevo che lui covava dentro di sé un dolore grande, che è riuscito a confidarmi. Portare insieme il peso di quel dolore, ci ha aiutato ad andare avanti. A esame finito è venuto a ringraziarmi, dicendomi che senza di me non ce l’avrebbe fatta. Se da un lato era finita una vita nella mia famiglia, dall’altro sentivo di averne salvata un’altra. Ho capito che la reciprocità permette di creare relazioni vere, d’amicizia e di rispetto” (2).

Letizia Magri
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1 C. Lubich, Maria trasparenza di Dio, Città Nuova, Roma 2003, pp. 72-73.

ESPERIENZE #FOCOLARITALIAFRATERNITA’

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Nuova Parola di Vita adolescenti 2022




Impegno politico e cammino sinodale

La diocesi di Faenza–Modigliana, raccogliendo l’invito di Papa Francesco, ha organizzato 90 tavoli di confronto sinodale: 70, affidati a parrocchie e movimenti, mentre una ventina sono stati i tavoli tematici, dagli anziani agli imprenditori, dagli insegnanti agli ammalati. Tra questi, c’era il tavolo dell’impegno politico che mi è stato chiesto di moderare.

Oltre ad aver solleticato il mio orgoglio, questo invito mi ha fatto pensare a quanto, grazie al Carisma dell’Unità, avrei potuto contribuire costruendo un dialogo aperto e rispettoso, cosa che in politica non è scontata. Poi però ho dovuto fare i conti con i miei impegni professionali e personali, che quest’anno non mi permettono di assumere altri incarichi, e a malincuore ho dovuto declinare la proposta. Mi sembrava di sprecare un’occasione . . . .

La gioia quindi è stata grande quando l’equipe diocesana mi ha chiesto se avevo un’altra persona da consigliare, ed ho potuto proporre un amico, anche lui appartenente al Movimento dei Focolari, di un paese vicino al mio, che è stato anch’esso assessore per due legislature. Daniele ha accettato, e così è iniziata la sua avventura con tre sere di formazione per i moderatori e segretari curata dall’equipe diocesana, la scelta di un segretario per il gruppo ed infine l’individuazione delle persone da invitare. Lui però mi ha sempre aggiornata e coinvolta, e posso dire che abbiamo portato avanti tutto insieme, come diciamo noi, in unità.

Da parte mia ho contribuito nell’invitare le persone, riscoprendo tantissime relazioni che negli anni di impegno politico avevo costruito, a prescindere dalle sensibilità politiche. Durante gli inviti sono nate le prime difficoltà, mi è capitato infatti di ricevere la richiesta da parte di un invitato, di non invitare un’altra persona. È stato importante per me confrontarmi sempre con Daniele ed altri amici.

Sentivo infatti che quella richiesta non veniva da un capriccio o un desiderio di vendicarsi, ma dal fatto che a volte la politica, in nome di un fine magari giusto, o in nome di vincere un’elezione, passa sopra alle persone, creando ferite difficili da rimarginare. Ho chiesto, insieme agli altri, di avere un surplus d’amore per essere in grado di accogliere quel dolore, senza però modificare la lista dei nostri invitati. Anzi, forse noi potevamo proprio essere un luogo terzo dove trovare spazio per una riconciliazione, pur sapendo di esporci a situazioni complicate.

E finalmente a marzo ci siamo incontrati per tre serate di lavoro con i desideri, le difficoltà ed il bel futuro che vedo nel testimoniare Cristo insieme ai fratelli.
Per me è stata un’esperienza molto forte, che mi ha fatto capire quanto la fraternità universale sia attualissima per la Chiesa e per il mondo.

Forte dell’esperienza che facciamo come Movimento dei Focolari, nel renderci conto che siamo pochi e miseri ma, se ci buttiamo fuori con coraggio, lavorando con le altre associazioni fino quasi a scomparire, viviamo per una Chiesa capace di uscire dalla logica del contarsi o piantare la bandierina sulle attività o sui luoghi, ma piuttosto per una Chiesa disposta a valorizzare quanto l’uomo di buono già sta facendo, e semmai capace di portare un’anima in tutte queste iniziative.

In queste serate mi è rimbalzata nella mente “L’attrattiva del tempo moderno” (una meditazione di Chiara Lubich): “Perdersi nella folla, per informarla del divino, come s’inzuppa un frusto di pane nel vino . . .” e nel fare questo sentivo la gioia di un Carisma ancora attualissimo che ciascuno di noi può portare dappertutto.

Un’ultima parola vorrei dirla rispetto all’organizzazione concreta delle tre serate. Proprio perché io ero una semplice invitata, senza il pensiero di condurre la serata, mi sono potuta concentrare sull’accoglienza degli invitati, che salutavo personalmente, poi presentavo Daniele agli altri e viceversa.. Per me è stata una lezione sentire che pur non partecipando all’organizzazione dell’incontro, che Daniele preparava con la sua segretaria, la collaborazione era piena, anzi rafforzata dal fatto che avendo due ruoli diversi sentivamo che lo spirito del Carisma raggiungeva davvero ciascuno.

Ho pensato quante volte fare le cose insieme ha significato per me fare le medesime cose, che andavano sempre viste in unità, ma forse l’unità non è tanto sulle cose da fare, ma un modo di essere, un modo di accogliere l’altro, con la certezza che non sono solo io a farlo, siamo in due, anzi è Gesù in Mezzo a noi che agisce, che accoglie.

Maria Chiara




Pasqua con gli ucraini ortodossi

È tardi e sono anche stanco. Ciò nonostante, vorrei raccogliere alcuni sentimenti nati in questa giornata. Oggi i nostri amici ortodossi hanno celebrato la Pasqua. Ho voluto rappresentare la comunità parrocchiale, rendendomi presente nella sala dove la comunità ucraina la celebrava, guidata dal loro sacerdote Padre Vasil.

Ho contribuito alla celebrazione di questa Pasqua speciale, aiutandoli a cercare una sala e confrontandomi con il Vescovo e il Vicario generale. È stato un percorso non del tutto facile, ma che ha approfondito i rapporti di amicizia con Padre Vasil e anche con la comunità ucraina presente nella città. Posso dire che è avvenuto un avvicinamento fraterno, tale che la comunità stessa mi ha riconosciuto parte di loro, mi ha accolto come amico e come sacerdote.

Avevamo pensato, con alcune persone della comunità, di renderci presenti in questo momento di gioia, sapendo che si trattava di una Pasqua particolare nella storia dell’Ucraina. Pur esultando per la Pasqua di Gesù Risorto, si leggeva negli occhi e nelle espressioni esterne, che la gioia era frammista al dolore per l’invasione subita e i cari persi in questa terribile guerra. Sentivamo tuttavia, che la Pasqua è un segno di speranza e volevamo essere presenti e aiutarli a viverla bene.

Quando insieme ad Elisabetta, a Luisa e a Lina, sono entrato nella sala della celebrazione, vi assicuro che ho provato un’emozione profonda. Non sentivo la divisione tra noi cattolici e gli ortodossi, ma sentivo che eravamo una sola grande famiglia che esprimeva la preghiera in modo diverso, ma bello. La diversità del culto, dei colori, dei canti non è un ostacolo, non è un muro ma è un valore aggiunto. Questo sentivo nel mio cuore.

Padre Vasil mi abbracciava e diceva delle cose belle sul mio conto e io sentivo crescere dentro di me le parole di Gesù e la sua invocazione rivolta al Padre: “Padre che siano una cosa sola, come io e te”. In quel momento, sentivo che l’unità era la cosa più grande e più bella che potevamo sperimentare.

E poi come descrivere quei colori, quei visi e tutta la bellezza e l’armonia di quella celebrazione? Era qualcosa che penetrava l’anima e restava dentro. Si avvertiva la presenza di Gesù che trasmetteva una grande pace. Una pace che non mi ha lasciato più, per tutta la giornata. Alla fine di questo giorno devo dire che il mio cuore si è allargato, sono più ricco, ho nuovi fratelli, una famiglia più grande: questo è quello che mi resta.

Don Peppino Gambardella
Pomigliano D’Arco




Insieme per il “Cammino sinodale”: presentazione della proposta del Comitato direttivo della CNAL

Dopo il percorso di approfondimento sul Sinodo, e sulla conversione che implica per la Chiesa di oggi e per ciascuno di noi, ci mettiamo di nuovo al lavoro, insieme, per individuare e fare percorsi concreti di sinodalità nelle nostre realtà e Chiese locali. Il Comitato direttivo CNAL ritiene sia importante dare vita ad esperienze di ascolto e discernimento (come «Chiesa in uscita»), in quegli ambienti dove le parrocchie forse non arrivano, ma all’interno dei quali – in virtù del Battesimo e dei nostri specifici carismi – siamo comunque chiamati ad essere testimoni.
Si tratta allora di lavorare (due o tre associazioni, vicine per interessi e modalità di missione o presenti nello stesso ambiente, o l’intera Consulta, con tutte le associazioni che la compongono), in dialogo con i propri Vescovi, e organizzare gruppi di ascolto, non soltanto tra di noi, ma soprattutto con coloro che non hanno altri spazi per esprimersi.
Per presentare questa proposta, la cui parola chiave sarà «Insieme», e scambiarci idee e riflessioni a partire dalle nostre esperienze, ci siamo incontrati lunedì 21 marzo.

Per rivedere l’incontro, basta cliccare su questo link

Fonte: dal sito della CNAL

Proposta per laboratori ed esperienze sinodali per le Aggregazioni e le Consulte Diocesane dei Laici

Quanto elaborato ha valore di proposta e suggerimento per esperienze di sinodalità volte in modo prevalente all’ascolto delle realtà esterne alla vita ecclesiale. Il documento del sinodo su chiara indicazione di Papa Francesco invita la Chiesa all’ascolto anche di quelle realtà cristiane, religiose, sociali e culturali ordinariamente “fuori dal perimetro ecclesiale”.

Le associazioni cattoliche, i movimenti ecclesiali, le nuove comunità, spesso hanno rappresentato storicamente già realtà in dialogo con la società civile e differenti credi cristiani e interreligiosi, esplicando un carisma di Chiesa in uscita provvidenziale.

La proposta vuole però superare le capacità delle singole realtà di sapersi porre in relazione con i mondi esterni alla vita della Chiesa cattolica, e suggerire al laicato aggregato di qualche diocesi di farne una esperienza comune nel tempo della sinodalità.

Questo tipo di contributo, probabilmente, potrebbe diventare provvidenziale in molte diocesi dove si rischierebbe di effettuare un ascolto preminentemente intra ecclesiale, lasciando lo spazio di tale interlocuzioni “fuori perimetro” a strutture “specialistiche” oppure al tessuto parrocchiale, con il rischio di una mancata reale percezione della profondità dell’ascolto e dell’avvio di relazioni sinodali di lungo periodo che coinvolgo il vissuto della Diocesi in modo più ampio.

Per quanto ovvio non si attende da tutte le Aggregazioni e le CDAL l’avvio di tali laboratori. La proposta si iscrive nella nostra responsabilità di dare impulsi creativi alla vita delle CDAL e si pone come strumento di servizio e supporto alle loro attività, nel regime della piena libertà e autonomia delle CDAL Diocesane

Temi dei Laboratori

Si possono individuare tre macro-aree tematiche dove le Aggregazioni e le CDAL potrebbero cimentarsi:

  1. Ascolto con chi condivide un credo: dialogo ecumenico e interreligioso (nella logica Conciliare del Semina Verbi)
  2. Ascolto con chi fa del “bene comune” un impegno concreto: mondo del volontariato, terzo settore.
  3. Ascolto di chi svolge un ruolo educativo e culturale a vantaggio dei giovani e delle nuove generazioni.

Metodo:

Naturalmente applicare in modo creativo quanto già il documento del Sinodo indica come modalità. Il suggerimento che forse sarebbe opportuno dare è segnalare cosa non fare: (convegni, dibattiti pubblici, tavole rotonde con esperti, etc). Il suggerimento è di avviare creativamente modalità di ascolto sincero su piattaforme minimali condivise e cercare di capire cosa lo Spirito dice alla Chiesa (anche particolare).

Esiti

Sarebbe bello raccogliere poi quanto realizzato dalle singole CDAL che riescono a vivere l’esperienza e farlo diventare patrimonio comune per tutti.

Per questo motivo è stata realizzata una sezione dedicata nella homepage del sito web della CNAL, dal titolo: “Esperienze sinodali”.

Le aggregazioni, le CRAL e le CDAL sono tutte invitate a scrivere alla Segreteria per far pubblicare sul sito le varie esperienze.

Qualche criterio comune:

  • Il testo deve essere di 3300 battute massime, spazi inclusi
  • Ogni esperienza deve essere inviata completa delle seguenti indicazioni:
    • Titolo
    • Luogo di provenienza
    • Contesto in cui si è svolta
    • Partecipanti (chi sono? età e provenienza, …)
  • La narrazione dovrà riferirsi ad esperienze concrete e ad esiti di un percorso e non essere scritta in forma di riflessione.
  • Sarà possibile corredare il testo con una foto (inviarne più di una per poter consentire a chi edita una scelta) in cui le persone coinvolte non siano identificabili, per rispetto della privacy. In caso contrario si dovrà acquisire una autorizzazione scritta di consenso alla pubblicazione.

cnal@chiesacattolica.it

 




La nascita di Run4unity

La nascita di Run4unity raccontata da Agostino Spolti, uno dei protagonisti della prima ora che con Chiara Lubich ha avviato questa manifestazione che dal 2005 coinvolge ogni anno migliaia di ragazzi in tutto il mondo. Anche quest’anno si svolgerà il 8 maggio in diverse città di tutto il mondo ed anche in tante località italiane. Per maggior informazioni: https://www.focolaritalia.it/events/run4unity-2022-8-maggio/




In punta di piedi

Accompagnando dei separati

di Fiorella e Giovanni Gravina

Fonte: Ekklesía n.14 (2022/1)

In punta di piedi

«La separazione è come una bomba che esplode in una casa: sconvolge tutto; ciò che per anni hai costruito con sacrificio, pazienza e amore, crolla tutto insieme; tutto è sfasciato, nulla rimane al proprio posto, non sai più da che parte incominciare». (1) A descrivere così l’esperienza della separazione è una persona separata. Il suo dolore, e quello di tanti altri, ci ha coinvolti profondamente e ci ha portati a intraprendere un percorso di accompagnamento di chi vive sulla propria pelle questa realtà.

Gli inizi di un percorso

Un giorno di quasi nove anni fa abbiamo cenato insieme a una nostra amica separata. Durante la cena, ci ha aperto il cuore parlandoci del dolore di aver fallito il suo progetto di famiglia e del senso di colpa per non essere riuscita a salvare il suo matrimonio. Il marito aveva ormai un’altra relazione stabile e lei non si rassegnava a credere che non ci fosse più nulla da fare.

Siamo rimasti con lei fino a tarda sera, ascoltandola e consolandola. Il giorno seguente era domenica e alla Messa tutti e due, ognuno per proprio conto, abbiamo pregato per l’amica e davanti a Gesù Eucaristia abbiamo sentito il desiderio di svolgere in qualche modo un servizio per i separati. Alcuni mesi dopo aver condiviso questa nostra disponibilità, ci è stato proposto un corso di formazione organizzato dalla diocesi di Roma. È così che abbiamo iniziato.

Un grande aiuto è stato per noi conoscere il padre gesuita Paolo Bachelet che, ormai ultraottantenne, era tra i fondatori e il principale animatore a Roma del Movimento famiglie separate cristiane. Nei nostri incontri regolari, lui ci sosteneva e ci consigliava facendoci partecipi delle sue riflessioni. Padre Bachelet ci ha aiutati a capire che la nostra poteva essere un’accoglienza totale, di grande apertura verso tutti i separati, anche quelli che avevano intrapreso nuove unioni o nuove relazioni. Da lui abbiamo imparato a considerare ogni persona come fosse l’unica al mondo, destinata ad essere amata in un modo personalissimo.

L’inadeguatezza…

Per fortuna ci è stata compagna sin dall’inizio la consapevolezza di essere inesperti e inadeguati a trattare la piaga della separazione. Non dimenticheremo mai il primo incontro, nella nostra casa, con un gruppetto di persone separate, conosciute solo attraverso un primo contatto telefonico. Prima ancora di iniziare, una di loro ci ha chiesto a bruciapelo: «Ma voi come pensate di poterci capire e accompagnare se non avete mai vissuto la condizione dei separati?».

Era una domanda più che legittima: la realtà della separazione è molto complessa da capire. Noi abbiamo risposto che eravamo lì per amare, accogliere e ascoltare senza giudicare, col forte desiderio di stare accanto a loro in punta di piedi, di dare una mano come potevamo, di fare famiglia; e in nome di questo amore abbiamo proposto loro di fare un tratto di strada insieme.

Ricordiamo il silenzio che ne è seguito, quasi di sorpresa. Da quel momento è cresciuto un rapporto di fiducia reciproca che ha permesso a loro di aprirsi e a noi di cogliere e comprendere molti aspetti di questa realtà, sviluppando con il tempo una maggiore sensibilità e capacità di accoglienza verso queste situazioni.

… e l’abbraccio a Gesù che grida

Quando abbiamo iniziato questo percorso, c’era in noi il desiderio di aiutare questi fratelli, di non lasciarli soli. Nel tempo si sono stabiliti parecchi rapporti profondi e abbiamo vissuto con loro tanti momenti di famiglia, momenti anche forti. Molto è quanto abbiamo ricevuto da questa esperienza, sia umanamente che spiritualmente.

Se dovessimo indicare uno dei doni più sorprendenti, forse perché non pensavamo ci potesse arrivare da quel contesto, diremmo che è stato comprendere il valore profondo e la realtà mistica del sacramento del matrimonio. Vedere la testimonianza di fedeltà di alcuni di loro a questo patto con Dio, costatare quanto sia vero che gli sposi «sono una sola carne» è forte quando è testimoniato da una carne straziata dalla separazione.

Allo stesso tempo, e sempre di più, abbiamo capito quanto sia presente in questa realtà dolorosa il volto di Gesù che sulla croce grida l’abbandono. In molte situazioni, infatti, di fronte ad una famiglia spaccata, ci si rende conto che si può solo abbracciare lui in croce, che rimane inchiodato lì… fino alla morte. A volte abbiamo visto Gesù abbandonato in colui che non risponde, non riesce a farlo nonostante il nostro amore. Noi non possiamo farlo scendere dalla croce, pos- siamo solo star lì, come Maria, portare il suo silenzio, il suo amore.

Affidamento alla misericordia e concretezza

In questo rapporto con i separati e davanti alle loro difficoltà spesso la sensazione è di fare un tuffo nel vuoto, costretti ad un continuo esercizio di affidamento alla misericordia di Dio. In tanti momenti abbiamo sperimentato un senso di impotenza di fronte a situazioni che non possono cambiare o ai grossi problemi che spesso investono i figli di separati.

In queste situazioni pesanti, anche emergenziali, sarebbe necessario poter contare su una rete di specialisti con una specifica vocazione di “donazione” verso questa realtà. Parliamo di “donazione” perché il più delle volte le persone accompagnate non hanno la possibilità di pagare avvocati, psicologi, ecc… Dandoci da fare, per amore loro e con l’aiuto di Dio, piano piano abbiamo trovato degli aiuti: una psicologa, un avvocato, un sacerdote, ecc.

Spesso si prova anche un senso di solitudine: si vorrebbe che altri condividessero con noi la portata emotiva e il carico oggettivo della costruzione di rapporti personali che non si possono curare tramite WhatsApp, ma richiedono essenzialmente l’incontro, la condivisione, l’impegno a lunghi ed improvvisi colloqui, come pure ad aiuti concreti di vario genere. Il sentirci fratelli con loro, dopo i profondi momenti di condivisione vissuti, crediamo sia il sostegno che Dio ci dà per continuare

Accompagnare:non dare soluzionima camminare accanto

Ad un recente incontro con separati di varie città, una coppia che collaborava per la prima volta ci ha confessato: «Non immaginavamo una sofferenza tanto profonda nella vita dei separati con ferite così vive dopo magari dieci anni o anche oltre dalla separazione». Al termine dell’incontro questa stessa coppia ci ha espresso con parole che noi non avremmo saputo trovare il cuore più intimo e profondo di quella che è l’esperienza di accompagnamento.

«L’accompagnatore è simile a chi, giunto sul limitare di una terra sacra, resa tale dal dolore e dalla sofferenza del prossimo, sente la spinta interiore a fermarsi e togliersi i calzari. Egli è simile a un fondale di una scena ove il prossimo (separato) è l’attore protagonista, ciò non di meno con la sua presenza discreta crea casa, crea famiglia, crea quel silenzio pieno di partecipazione che attira comunione d’anima e confidenza. L’accompagnatore non offre soluzioni, piuttosto cammina a fianco a chi è nel dolore, perché egli stesso possa percepire dentro di sé ciò che lo Spirito Santo gli sussurra. La forte presenza del volto di Gesù Abbandonato nei partecipanti ha reso l’incontro straordinariamente intenso e profondo. Abbiamo sperimentato l’apporto prezioso che i separati danno alla vita della Chiesa col loro vissuto».

1 Cit. in P. Bachelet s.j., Da lacrime a perle. Un convegno di coniugi separati, in «Unità e Carismi», n. 2, marzo-aprile 2006.

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Amoris laetitia, e poi?
Maria do Sameiro Freitas

A cinque anni dalla pubblicazione dell’esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia, papa Francesco ha voluto indire un anno per rimettere al centro della vita della Chiesa l’identità e la missione della famiglia. Un anno che culminerà nel X Incontro mondiale delle famiglie, un evento mondiale e locale insieme, dal titolo L’amore familiare: vocazione e via di santità.

Il presente numero di Ekklesía dedica speciale attenzione a questo tema di così grande attualità, cercando di cogliere l’impatto che l’esortazione continua ad avere sulla vita delle famiglie e della Chiesa: Amoris laetitia, e poi?

  • A colloquio con la sottosegretaria del Dicastero laici famiglia vita, Gabriella Gambino, entriamo nella genesi e nella preparazione dell’Incontro mondiale, che si terrà dal 22 al 26 giugno 2022.
  • L’anno della famiglia è anche un’occasione per rileggere l’Amoris laetitia alla luce di una ricomprensione della teologia morale (Christian Hennecke, coordinatore dell’ufficio di pastorale di una diocesi in Germania) e per ricavarne impulsi innovatori per l’insieme della cristianità, evidenziati da Jens-Martin Kruse, pastore della Chiesa luterana.
  • Si offrono riflessioni esperienziali su alcune delle sfide indicate dall’esortazione apostolica: l’accompagnamento delle giovani coppie (Costruire il noi) e l’essere a fianco di persone separate e spesso anche in seconda unione (In punta di piedi)
  • Si presenta l’esperienza del centro internazionale di Famiglie Nuove del Movimento dei Focolari, in dialogo con i responsabili internazionali, Maria e Gianni Salerno. Un centro che, con un’equipe internazionale di coppie, lavora in rete con le varie regioni del mondo, offrendo aiuto e supporto a molteplici attività nell’ambito della famiglia.
  • Non mancano le buone pratiche: dalla nascita di Consultori di famiglie per famiglie in America Latina alle sinergie creative della diocesi di Fermo nel campo della pastorale familiare, all’esperienza di una parrocchia in Brasile dove l’accoglienza si dimostra vincente anche per l’avvicinamento alla Chiesa.
  • Suggestiva l’intervista al Angelo De Donatis, vicario generale del papa per la diocesi di Roma, sul cammino della diocesi in questi ultimi anni, nell’ascolto del grido della città.
  • Padre Fabio Ciardi omi ci fa scoprire la santità quotidiana e altamente feconda di alcune coppie cristiane mentre padre Roberto Cabello Canalejo fsf, ci dà il cuore della vocazione dell’Istituto dei Fratelli della Sacra Famiglia: essere famiglia.
  • Una riflessione di Aldo Giordano, rappresentante della Santa sede presso l’Unione Europea recentemente deceduto, ci apre su un nuovo volto della Chiesa, quella che si rinnova continuamente per la presenza del Risorto grazie all’amore reciproco.

 




Vacanze in Mariapoli

Anche quest’anno riproponiamo la possibilità di trascorrere alcuni giorni di riposo presso i nostri Centri Mariapoli di Castel Gandolfo e Cadine (Trento) e nella Cittadella di Loppiano, per godere, oltre alle bellezze naturali e artistiche offerte dai territori circostanti, anche di un’esperienza di condivisione!




Una comunità oggi: quali diritti e quali doveri?

I vescovi del Mediterraneo si sono interrogati a Firenze sul ruolo delle comunità dei credenti nella vita odierna della città. Le indicazioni del prof. Possieri e del rettore di Sophia, prof. Argiolas.

Il tema dei diritti e dei doveri delle comunità di ispirazione religiosa presenti nella città è stato al centro della riflessione dei vescovi del Mediterraneo, riuniti a Firenze dal 23 al 27 febbraio scorsi. Istruttive le indicazioni emerse.

Incominciamo dai diritti. Il primo dei quali, per Andrea Possieri, docente di Storia contemporanea all’Università di Perugia, è «il diritto alla fraternità e all’amicizia sociale». Spiega: «Viviamo in un mondo interconnesso e interdipendente, che, da un lato, favorisce sia l’incontro digitale-globale tra le persone, che i flussi migratori in ogni latitudine, e, dall’altro, però facilita la nascita di gruppi umani ristretti, culturalmente selezionati, che non si aprono all’esterno e che portano alla creazione di circuiti sociali chiusi e autoreferenziali: religiosi, culturali, etnici». E aggiunge: «La pandemia ha aumentato la divisione sociale anche all’interno delle comunità religiose».

Il secondo diritto è quello alla libertà religiosa. «Diritto fondamentale – spiega il docente – perché legato anche all’esercizio della cittadinanza attiva nel Paese in cui si vive». Tale diritto è leso in un terzo dei Paesi della Terra e ne sono privati 646 milioni di cristiani. Terzo è il diritto alla pace. Possieri denuncia la «strumentalizzazione delle religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco». Le comunità religiose, pertanto, sono «chiamate a sviluppare processi di pace». Il professore evidenzia tre percorsi: «ricostruire il dialogo tra le generazioni»; «favorire l’educazione come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo»; «promuovere il lavoro per la piena realizzazione della dignità umana».

E veniamo ai doveri delle comunità dei credenti. Davanti alle povertà, il prof. Giuseppe Argiolas, rettore di Sophia,indica il dovere di toccare. «“Toccare” significa compromettersi, non solo “pensare”, ma “sentire” per essere capaci di “agire” per “sollevare”». E precisa: «Il Papa ci ricorda che “sapere” qualcosa è condizione necessaria ma non sufficiente per agire. Sapere e non fare equivale a non sapere affatto». Dunque, «“Toccare” le varie forme di povertà materiale, relazionale, esistenziale, culturale, per affrontarle. Siamo chiamati ad attivare la solidarietà e la comunione».

Camminare insieme è il secondo dovere di una comunità religiosa. «La relazione è essenziale al perseguimento di un obiettivo comune», afferma il rettore di Sophia, che cita Aristotele: «Due che marciano insieme hanno una capacità maggiore sia di pensare sia di agire». Commenta: «Nel marciare insieme nasce e cresce un’intelligenza capace di andare incontro alle specifiche esigenze della propria città, praticando la solidarietà».

Ma come garantire il “cammino comune”?, si chiede il rettore. Le comunità religiose sono chiamate a basarsi su un patto. E «il primo contenuto del patto è la fraternità», facendo riferimento al Documento sulla fratellanza umana firmato dal Papa e dal Grande Imam di Al-Azhar ad Abu Dhabi, che precisa lo scopo del patto: «Cooperare tra di noi e vivere come fratelli che si amano». Un patto e un processo che hanno bisogno di solidità e che Argiolas fonda su «un patto educativo globale, che metta al centro la fratellanza umana e faccia del dialogo tra tutti il metodo per avanzare». In modo da «offrire alle nuove generazioni una “educazione permanente”, urgenza del presente per “sognare” il futuro “con i piedi per terra”».

Su tali diritti e doveri è maturata la riflessione dei vescovi, cui si è aggiunto a Firenze l’approfondimento dei sindaci delle città del Mediterraneo, convenuti nel capoluogo toscano. Le conclusioni di entrambi hanno generato la Carta di Firenze  per un inedito e forte impegno comune.

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Come suona tutto questo, quali stimoli riceviamo per migliorare anche tutte le nostre comunità del Movimento dei Focolari?




Aprile 2022

“Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15).

Il vangelo di Marco affida le ultime parole di Gesù Risorto ad un’unica sua apparizione agli apostoli. Essi sono a tavola, come spesso li abbiamo visti insieme a Gesù anche prima della sua passione e morte, ma questa volta la piccola comunità porta il segno del fallimento: sono rimasti in undici, invece dei dodici che Gesù aveva voluto con sé, e nell’ora della croce qualcuno dei presenti lo ha rinnegato, molti sono fuggiti.

In questo ultimo, decisivo incontro, il Risorto li rimprovera per il cuore chiuso alle parole di chi ne aveva testimoniato la resurrezione (1), ma allo stesso tempo conferma la sua scelta: nonostante le loro fragilità, consegna nuovamente proprio a loro l’annuncio del vangelo, di quella Buona Notizia che è Egli stesso, con la sua vita e le sue parole.

Dopo questo solenne discorso, il Risorto torna al Padre, ma allo stesso tempo “rimane” con i discepoli, confermando la loro parola con segni prodigiosi.

“Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”.

La comunità inviata da Gesù a continuare la sua stessa missione non è dunque un gruppo di perfetti, ma piuttosto di persone chiamate prima di tutto a “stare” con Lui (2), a sperimentare la sua presenza e il suo amore paziente e misericordioso. Poi, solo in forza di questa esperienza, sono inviate a “proclamare a ogni creatura” questa vicinanza di Dio.

E il successo della missione non dipende certo dalle capacità personali, ma dalla presenza del Risorto che affida se stesso ai suoi discepoli ed alla comunità dei credenti, nella quale il Vangelo cresce nella misura in cui è vissuto e annunciato (3).

Ciò che dunque possiamo fare noi come cristiani è gridare con la vita e con le parole l’amore di Dio, uscendo da noi stessi con coraggio e generosità, per offrire a tutti, con delicatezza e rispetto, i tesori del Risorto che aprono i cuori alla speranza.

“Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”.

Si tratta di testimoniare sempre Gesù e mai noi stessi; anzi, ci è chiesto di “rinnegare” noi stessi, di “diminuire” perché Lui cresca. Occorre fare spazio in noi alla forza del suo Spirito, che spinge verso la fraternità: «[…] Debbo seguire lo Spirito Santo che, ogniqualvolta incontro un fratello o una sorella, mi fa pronta a “farmi uno” con lui o con lei, a servirli alla perfezione; che mi dà la forza di amarli se in qualche modo nemici; che mi arricchisce il cuor di misericordia per saper perdonare e poter capire le loro necessità; che mi fa zelante nel comunicare, quando è l’ora, le cose più belle del mio animo […] Attraverso il mio amore è l’amore di Gesù che si rivela e si trasmette. […] Con e per quest’amore di Dio in cuore si può arrivare lontano, e partecipare a moltissime altre persone la propria scoperta […] finché l’altro, dolcemente ferito dall’amore di Dio in noi, vorrà “farsi uno” con noi, in un reciproco scambio di aiuti, di ideali, di progetti, di affetti. Solo allora potremo dare la parola, e sarà un dono, nella reciprocità dell’amore» (4).

“Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”.

“Ad ogni creatura”: è una prospettiva che ci rende consapevoli della nostra appartenenza al grande mosaico del Creato e alla quale siamo oggi particolarmente sensibili. I giovani spesso sono punta avanzata in questo nuovo percorso dell’umanità; secondo lo stile del Vangelo, confermano con i fatti quello che annunciano con le parole.

Robert, dalla Nuova Zelanda, condivide la sua esperienza sul web (5): «Un’attività in corso sul nostro territorio sostiene il restauro del porto di Porirua nella parte meridionale della regione di Wellington, in Nuova Zelanda. Questa iniziativa ha coinvolto le autorità locali, la comunità cattolica Maori e la tribù locale. Il nostro obiettivo è quello di sostenere questa tribù nel desiderio di guidare il restauro del porto, assicurare che le acque scorrano pulite e permettere la raccolta di molluschi e la pesca abituale senza paura dell’inquinamento. Queste iniziative hanno avuto successo e hanno creato un vero spirito comunitario. La sfida è evitare che si tratti di un evento passeggero e di mantenere un programma a lungo termine che porti aiuto, sostegno e faccia davvero la differenza sul campo» .

Letizia Magri
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  1. Cf Mc 16, 9-13.
  2. Cf Mc 3, 14-15.
  3. Cf Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione Dei Verbum, n. 8.
  4. C. Lubich, Parola di Vita giugno 2003, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) pp. 691-692.
  5. Il testo integrale di questa e di altre esperienze è disponibile, in varie lingue, sul sito http://www.unitedworldproject.org/workshop.

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