Benedetto XVI e la sua eredità

Cordoglio da parte del Movimento dei Focolari Italia per la scomparsa di Papa Benedetto XVI. Riportiamo qui alcuni articoli apparsi su Città Nuova.

La notizia è appena arrivata: papa Benedetto ha raggiunto colui che ha sempre amato. Uomo di Dio e grande teologo, ha lasciato un segno indelebile nella storia della Chiesa.

Grandi papi hanno guidato la Chiesa cattolica in quest’ultimo periodo della sua lunga storia: grandi per statura spirituale e testimonianza di vita, per sapienza e cultura, per discernimento sociale e profezia. Nel solco del Vaticano II. Ciascuno col suo stile e la sua interpretazione della fede, del ministero petrino dell’unità e del suo ruolo nello sfidante contesto dell’oggi. Tra questi a pieno titolo Joseph Ratzinger, asceso alla cattedra di Pietro col nome di Benedetto XVI. Suo imperdibile contributo è stato richiamare con la sua autorevolezza di uomo di Dio e di grande teologo una decisiva verità: l’opera di rinnovamento messa in moto dal Vaticano II va promossa in presa diretta col nucleo vivo del Vangelo di Gesù e nell’alveo della Tradizione ecclesiale. Come ha puntualizzato nel magistrale discorso alla Curia romana del dicembre 2005 – primo anno del suo pontificato – quando dell’evento conciliare ha tracciato la risolutiva chiave d’interpretazione: “Riforma nella continuità”.

Leggi tutto l’articolo di Piero Coda:

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Grazie e Auguri per il nuovo anno 2023!

Grazie di questo anno 2022 vissuto insieme, auguri di frutti e segni di speranza per il nuovo anno 2023!




La profezia di Gioele

Diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni (Gioe 2,1-5).

E’ cominciato tutto con un quaderno dalla copertina a scacchi, carico di appunti evidenziati, di fermagli colorati, di lacrime nascoste.

Lì dentro c’è la storia del mio training formativo in cure palliative, quando, all’età di 60 anni, affrontavo un percorso tutto nuovo, in una branca della Medicina che solo ora affiora ai corsi di specializzazione. Si chiama “formazione sul campo” con l’acquisizione di nuove competenze che mi costringono a riprendere in mano anatomia, fisiologia, farmacologia.

Un percorso duro ma non solitario, perché nessuno può percorrere da solo la strada delle cure palliative. Come un’arte che si tramanda, il mio quaderno ha preso via via forma dalle pagine d esperienza di altri colleghi che mi facevano da tutor. E’ stato mio compagno inseparabile nei primi mesi di lavoro, consultato furtivamente per confermarmi nella scelta di un farmaco o di un dosaggio.

Con il passare dei giorni, le pagine restate bianche si sono riempite di altre note perché anche io cominciavo ad arricchire il bagaglio delle conoscenze in questo campo, sempre mutevoli così come sono le condizioni dei nostri pazienti.

Poi con il tempo pian piano è rimasto in fondo alla borsa, poi in macchina, non più consultato ma mai dimenticato, troppo prezioso, troppo sofferto. Un giorno, inaspettatamente, una giovane dottoressa mi chiede qualche spiegazione sull’impiego degli oppiodi; cominciamo a parlare, noto la serietà del suo ascolto, la sfumatura di entusiasmo che le fa brillare gli occhi, il coraggio di mettersi in gioco.

E così, come nel ciclo della vita, torna fuori il mio quaderno consumato e passa in altre mani. Lo tratta quasi con riverenza e ne sorrido, ma poi penso che sì, i giovani hanno bisogno di qualcuno accanto perché possano volare da soli.

Paola Garzi

 




Di sorrisi si vive

Una persona che ti sorride ti dimostra apertura e ti comunica che sta bene con sé stessa. Un sorriso da chi non te lo aspetti è come un raggio di sole improvviso che ti rasserena.

Parto da queste due frasi che sintetizzano un recente vissuto. In Cure Palliative uno degli aspetti fondamentali è la presa in carico globale della persona con particolare attenzione al sollievo del dolore e degli altri sintomi associati.

E’ gratificante per me rivedere al mattino una persona che la sera precedente è timorosa di come passerà la notte per il dolore che si ripresenta. Dolore temuto sia per la sofferenza che comporta, sia per il suo significato più nascosto di pericolo per l’integrità dell’esistenza. Gli oppiacei sono farmaci ancora temuti perché poco conosciuti ed è necessario – come sempre del resto quando si propone un piano di cura – un dialogo aperto. Il sorriso pieno, i tratti distesi, mi dicono ancor prima della risposta verbale che sì la notte è andata bene, ed anche io mi sento meglio.

Osservo la postura obbligata di un’altra persona, sono entrata varie volte nella sua stanza e non avevo mai pensato che potesse avere dolore; forse perché non parla e la sua mimica è ridotta a cenni degli occhi. Occorre un fatto evidente perché me ne renda conto. Ma signora, ha dolore? La chiusura delle palpebre è un assenso e mi chiedo: ma come non mi sono accorta prima? E’ vero, il dolore esiste anche fuori dell’ambito oncologico, ma occorre ricercarlo. Proposta ed accettata la terapia, l’espressione sempre corrucciata si distende, gli occhi sorridono.

Nel trovarmi ad affrontare ogni giorno il mio limite, sperimentato quanto più cerco di trascenderlo invece di accettarlo, può capitarmi di non sorridere. In quei momenti l’altro, un collega, un familiare, un operatore, mi fa da specchio e mi aiuta a guardarmi dentro. Ho bisogno di una buona dose di umiltà per imparare a starvi accanto. Di fronte allo specchio inevitabilmente cerco di domare i miei capelli ricci ma poi sorrido di come sono; di fronte a voi, transitata la nube, vedo la possibilità di ricominciare.

Paola Garzi




Spazio ai carismi…

Insieme ai laici, protagonisti dellazione ecclesiale

Paolo Comba è parroco di tre parrocchie alla periferia di Torino. Aiutato nelle domeniche da alcuni religiosi salesiani, segue 20 mila fedeli, eppure non è sopraffatto dal lavoro. Il suo segreto: la fiducia posta nei laici e la valorizzazione dei loro doni. Alla radice di ciò, una visione “mistica” – se così si può dire – del ministero, del laicato, della pastorale.

Tessere di un mosaico: ognuna è preziosa

Come un mosaico le cui tessere sono importanti, ciascuna con il proprio colore e la propria forma, a far sì che l’opera riveli tutto il suo splendore. È questa l’immagine che ho della vita di una parrocchia: luogo dove diversità e complementarità si intrecciano e dove tutti sono chiamati a edificare la Chiesa. Questa immagine trova ancora maggiore conferma quando, per le circostanze diverse e le necessità del presente, il parroco è chiamato a guidare tre parrocchie, tre comunità, ognuna con le proprie caratteristiche, la propria storia, le proprie esigenze. E tutto questo evitando di diventare un funzionario o semplicemente un amministratore!

Come fare? Il primo focus necessario è che non si tratta di mera organizzazione, ma di far risplendere quelle tessere che devono comporre il mosaico: ogni tessera è preziosa: mancandone una, l’opera perderebbe la propria lucentezza e preziosità.

Da dove partire? Da uno sguardo su quella porzione particolare di Chiesa, Corpo composto di diverse membra, ognuna con la propria originalità. Ho più volte osservato le mie comunità, ho incontrato e ascoltato storie, conosciuto percorsi, ricollocando il tutto in una prospettiva ecclesiale, con un respiro quindi più ampio, con una missione alta, una forza potente che viene da Dio.

Come padre e pastore di questa porzione di popolo mi sono sempre più convinto che anche quella parrocchia più piccola, quel gruppo più scarno, è il frammento in cui c’è il tutto. Perché l’origine è dall’Alto: un pezzo di cielo si riflette anche nella pozza più piccola, come nel lago più grande.

Al servizio della vocazione dei battezzati

Questa visione, maturata nel tempo, mi ha portato a fare delle scelte pastorali che certo aiutano me nel mio ministero, ma soprattutto realizzano la vocazione specifica del laico, battezzato, nella Chiesa.

Il primo passo è stato quello di prendere maggiore consapevolezza che i laici nella Chiesa non sono “di meno”, ma sono parte integrante e necessaria della vita della Chiesa stessa. La radice di questa maggiore consapevolezza l’ho riscoperta, e la riscopro continuamente, nella celebrazione del sacramento del Battesimo. Ai genitori spiego che, con il Battesimo, ci è data una compagnia per tutta la vita, la Chiesa, e che il compito, la testimonianza, è essere a nostra volta compagnia di altri fratelli, uomini e donne.

Ho riflettuto a lungo su questo: se camminiamo come compagnia, se è lo Spirito Santo che “ci riunisce in un solo corpo”, allora la vocazione di ciascuno è proprio nella Chiesa, come ricorda in un noto testo santa Teresa di Lisieux.

Questo primo passo mi ha portato al secondo passo: cosa è realmente il mio ministero di pastore? La domanda sembra scontata, la risposta altrettanto e potrebbe esaurirsi in un elenco di cose che bisognerebbe fare ma che non si ha tempo di fare e in cose che si fanno e… che non si dovrebbero fare.

La consegna di Gesù nel Cenacolo – l’istituzione dell’Eucarestia e la lavanda dei piedi – mi rimandano alla radice del mio essere presbitero. È il rendere Gesù presente tra la mia gente, il motivo del nostro ritrovarci intorno alla Mensa, uniti in un solo Corpo perché partecipiamo della comunione a lui.

E non c’è altro atteggiamento che quello del servire fedelmente Dio per servire fedelmente gli uomini. Una mistica del ministero presbiterale non significa una astrazione, ma dare la giusta misura, alta, del mio essere pastore e padre della comunità.

Scoprire nei laici vocazioni e carismi 

In una visione del ministero in questi termini, è importante comprendere la teologia e la mistica del laicato. La domanda allora ritorna insistentemente: si tratta solo di dividere incombenze? Di far fare ai laici ciò che io non so o non dovrei fare? O di far eseguire ordini e disposizioni?

L’appartenenza alla Chiesa, l’essere nella Chiesa, esige una partecipazione attiva e responsabile e il partecipare attivamente della vita della Chiesa non può eludere una responsabilità poiché implica la libertà.

Persuaso profondamente di questo, ho iniziato in questi anni un cammino non semplicemente di coinvolgimento dei laici, ma di condivisione di fatiche, speranze, sogni, attese, preoccupazioni e visioni della realtà in cui viviamo.

A uno sguardo attento e accompagnato dalla preghiera, ho visto il germogliare di vocazioni e carismi diversi che, messi a frutto, sono una primavera delle comunità e una promessa di benedizione.

Purificare la visione dei Movimenti 

C’è una ricchezza grande nelle nostre parrocchie e territori ed è costituita dalla presenza dei Movimenti ecclesiali. Abbiamo bisogno di purificare una visione di questi come sette o gruppi autoreferenziali. È vero, il rischio lo corrono tanti Gruppi e Movimenti nella misura in cui sono esclusi dalla vita delle comunità locali e dimenticano il rapporto con Cristo! Il carisma è dato per aiutare a vivere il rapporto con Cristo, diversamente diventa autoreferenziale e divisivo! Fin dagli anni di seminario ho avuto la grazia di avere un rettore saggio, uomo di comunione, che ci faceva conoscere i Movimenti e le loro peculiarità. In parrocchia, nella pastorale, ho scoperto come la ricchezza di questo florilegio di doni dello Spirito Santo è di grande aiuto per l’annuncio del Vangelo. Nelle mie parrocchie ci sono famiglie appartenenti al Movimento dei Focolarini: allora, mi sono detto, perché non chiedere loro di accompagnare le famiglie dei ragazzi che frequentano il catechismo, soprattutto le situazioni particolari (figli non battezzati, ragazzi iscritti con ritardo …)? Conosco alcune persone di Comunione e Liberazione, allora ho chiesto loro di aiutarmi nel promuovere la cultura cristiana: ne è nata una collaborazione con il Centro culturale della Città. La famiglia di Emanuela e Sara è una famiglia che vive l’esperienza del Rinnovamento nello Spirito. A loro ho chiesto di aiutarmi ad animare i momenti di preghiera e catechesi comunitari…

Cammino e confronto, responsabilità condivisa e verifica

E poi la scelta di dare responsabilità ai laici: dall’amministrazione delle parrocchie alla guida dei diversi settori (catechesi – caritas – giovani – anziani…); lo stile è quello del cammino e del confronto (sinodalità), della responsabilità condivisa con me, della verifica periodica e della correzione.

Ai miei collaboratori – etimologicamente coloro che con me partecipano del lavoro di edificazione del Corpo di Cristo – chiedo tre atteggiamenti fondamentali: la libertà per servire Dio nei fratelli e nelle sorelle, perciò non guardiamo il risultato, ma il motivo per cui facciamo qualcosa; la consapevolezza di partecipare dell’opera di Dio, perciò è necessario liberarsi di preconcetti e pregiudizi, ma bisogna lavorare sapendo che si lavora per un’opera più grande e quindi lasciarsi “sorprendere” dal mistero; la fede di fronte al mistero di Dio, perciò non può esserci azione o iniziativa senza la preghiera, senza un Tu a cui domandare il tutto. Per loro chiedo al Signore il dono di una gioia interiore: lieti non solo per quello che fanno, ma soprattutto e prima di tutto per quello che essi sono, figli amati.

Chiesa poliedrica e freschezza del Vangelo

I tasselli del mosaico hanno ciascuno il proprio posto, come i carismi e i doni dello Spirito Santo, diversi tra loro e complementari, per l’edificazione del Corpo di Cristo che è la Chiesa e per far risplendere, al contempo, quella poliedricità della Chiesa che la rende la sposa bella per lo Sposo.

Le mie tre comunità parrocchiali, così diverse tra loro e vivaci, microcosmo nella Chiesa universale, sono per me la palestra della sinodalità: un cammino insieme, ascoltandoci e riconoscendo i segni dei tempi che, se visti nella luce del Sole che sorge dall’alto, non sono tempi nefasti, ma tempi di grazia in cui sperimentiamo la sempre attuale freschezza del Vangelo e viviamo la verifica della fede.

Solo così può continuare o riprendere sempre la corsa di Giovanni e Pietro dal sepolcro ai fratelli, per un annuncio di gioia.

Paolo Comba

Tratto dalla rivista Ekklesia 2022/4

 




Luce e lievito per trasfigurare la vita

Il Sinodo delle Chiese diocesane di Cuneo e di Fossano.

L’esperienza di un Sinodo diocesano nel Nord Italia che ha affrontato le sfide legate alla pandemia e al cambiamento d’epoca, portato avanti il processo d’unificazione di diocesi unite finora solo nella persona del vescovo e riorientato la pastorale perché sia testimonianza incisiva del Vangelo nelle circostanze odierne.

Un duplice sguardo

Due sono gli “sguardi” che hanno portato ad ideare ed orientare il cammino sinodale unitario delle Chiese diocesane di Cuneo e di Fossano, iniziato il 28 maggio 2021 nella Cattedrale di Cuneo e concluso il 24 giugno 2022 nella Cattedrale di Fossano con la consegna del Libro sinodale.

Uno sguardo più generale derivante dalla situazione di cambiamento epocale che si sta vivendo a livello di Chiesa e di umanità, accentuata dall’emergenza prodotta dalla pandemia. «Vediamo attorno a noi – è scritto nell’introduzione del Libro sinodale – frammentazione, multietnicità, crescente isolamento, apatia religiosa, relazioni precarie, grande mobilità, stordimento per dati ed informazioni, fragilità psicologiche crescenti, paura del futuro, progettazioni limitate … in una parola, grande fragilità». Al tempo stesso la globalizzazione presenta aspetti che sono da interpretare con un senso aperto a nuove speranze quali sono le «esigenze di rapporti segnati da una nuova fraternità a tutti i livelli, sentita come premessa indispensabile per una pace planetaria».

Il secondo sguardo più concreto è l’avvio più deciso del processo di unificazione delle due diocesi, che dal 1999 camminano sotto la guida del medesimo vescovo, ma hanno mantenuto finora strutture distinte. Negli ultimi anni l’idea di diventare un’unica realtà ecclesiale ha avuto reazioni differenti, non sempre concordanti. Si può dire che il primo segno distintivo del Sinodo sia l’aspetto unitario del cammino compiuto, sia nella sua ideazione che, poi, nelle sue conclusioni.

Far emergere questioni basilari

La proposta del Sinodo era maturata all’i- nizio del 2020, con l’idea di non farne un cammino onnicomprensivo come i precedenti Sinodi diocesani, ma di far emergere alcune questioni basilari. La dilatazione della pandemia, a marzo del 2020, pone in crisi tale proposta: è opportuno affrontare un processo di questo tipo, quando le persone, le famiglie e le comunità sembrano sommerse da problemi di tutt’altro tipo? Si è voluto affrontare la sfida dell’“ascolto” proprio nel contesto del ripensamento della fede e della realtà ecclesiale provocato dal periodo tormentato che stiamo vivendo.

Di qui sono scaturite quattro schede di consultazione e di confronto: I cambiamenti, La fede, La parrocchia, I preti, a cui se n’è aggiunta una quinta in fase di Assemblee sinodali: Il ruolo dei laici. Nel frattempo le varie comunità parrocchiali, le Associazioni e i Movimenti sono stati coinvolti per la scelta dei delegati alle Assemblee diocesane: 120 persone, sacerdoti, religiosi e laici hanno dato voce alle varie realtà delle due diocesi, che complessivamente assommano a circa 150 mila abitanti.

Un cammino inclusivo

Il cammino è stato il più inclusivo possibile, procedendo come a cerchi concentrici: dalla Segreteria, che ha formulato le domande-guida delle schede, alle comunità; dalle comunità alla Segreteria per la sintesi dei contributi da presentare ai delegati nelle Assemblee. Dieci sono state le sessioni sinodali, per la metà in collegamento Zoom, per la metà in presenza. Ogni Assemblea ha proceduto a riformulare, in un confronto aperto e vivace, ma mai eccessivamente dialettico, le proposizioni scaturite dalla consultazione.

Non possiamo affermare che la partecipazione e la condivisione della “base” sia stata corale, proprio per i disagi provocati dall’emergenza pandemica, ma sono state offerte proposte e suggestioni rimarchevoli di attenzione. Ne è emersa tutta la fatica del momento, ma pure la speranza della “forza” di un messaggio, quello evangelico, capace di ridare senso alle scelte da operare a livello personale e comunitario. «Siamo chiamati ad offrire una testimonianza nuova e gioiosa del Vangelo – è scritto nella prima delle proposizioni –. Esso ha la capacità di sostenere e illuminare le coscienze delle persone nella ricerca della verità e della giustizia, di essere luce e lievito per trasfigurare la vita, anche nel contesto della società e della cultura contemporanea, diversa da quella del passato»

Conversione della mente e del modo di organizzarci

È proprio questa convinzione rinnovata che offre il coraggio di affrontare cambiamenti e riforme anche importanti: «Vogliamo promuovere il percorso di riforma della Chiesa locale».

In effetti, il frutto più evidente che ne è scaturito è la rinnovata decisione di procedere verso l’unificazione attesa da anni: in attesa dell’unificazione giuridica, di spettanza della Sede apostolica, si è fatto un passo decisivo nell’unificazione pastorale. Ora le due diocesi non avranno più soltanto l’unico vescovo, ma una curia unificata negli uffici pastorali e giuridici, un unico vicario generale e un unico vicario per la pastorale.

La «conversione della mente e del modo di organizzarci» che interessa gli organismi diocesani investe così anche gli altri ambiti.

Le sei Costituzioni, che rappresentano la parte centrale del Libro sinodale, danno concretezza agli orientamenti emersi nelle proposizioni formulate nel corso delle Assemblee diocesane.

Oltre gli organismi diocesani, le Costituzioni propongono linee vitali per la formazione, le parrocchie e unità pastorali, la presenza e testimonianza dei laici, la presenza e testimonianza dei sacerdoti e dei diaconi, i passi prioritari da compiere.

Il tutto è affidato ora non soltanto ai decreti attuativi, ma all’attenzione e corresponsabilità dei consigli diocesani e parrocchiali, alla nuova presa di coscienza di tutti i battezzati, laici, consacrati, ministri ordinati, che come christifideles inseriti nel Popolo di Dio riscoprono il loro compito di “messaggeri” dell’unico messaggio capace di ridonare vita all’umanità ferita: «Aiutiamoci ad essere Chiesa che ascolta, che dialoga con tutti, che non si chiude nelle proprie strutture, che non ha paura della propria identità e non si nasconde, che ama la vita e trasmette speranza per il futuro, che si caratterizza per l’accoglienza senza pregiudizi» (dagli Orientamenti).

Tonino Gandolfo

Tratto dalla rivista Ekklesia 2022/4

 




Aldo Bertelle, lo sguardo fisso verso il domani

Una vita spesa per i ragazzi più abbandonati per farli diventare cittadini del mondo. Ultima iniziativa è “L’Italia intarsiata”

Nella vita le cose, a volte, cominciano per caso. Sono così provvisorie che diventano stabili. Accade anche ad Aldo Bertelle, 68 anni, che nel 1974, quando era ancora studente, gli fu chiesto di sostituire per una settimana la direttrice di Villa San Francesco, una comunità di Facen Pedavena (Belluno), in Veneto, che ospita bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni, in difficoltà per problemi familiari, personali e bisognosi di riferimenti affettivi. La direttrice era stata ricoverata per una broncopolmonite e purtroppo morì. «Da allora sono ancora qui ad aspettare un sostituto». Di origine contadine, ex arbitro di calcio, Aldo Bertelle non parla volentieri di sé; lo fa solo per valorizzare i suoi ragazzi dietro le domande impertinenti di qualche cronista che gliele “estorce”.

Ma dopo una vita spesa per gli altri non pensa di andare in pensione? «Non riesco a dimettermi, ad andare in pensione, ma se lo facessi mi piacerebbe pregare di più, avere più tempo per Dio. Vivere a tempo pieno per i ragazzi è oggi la mia preghiera». E dei ragazzi Aldo è un “padre”. Da Villa San Francesco ne sono passati migliaia, in questo momento ce ne sono 22. Non si può capire la sofferenza degli altri se non la si è prima sperimentata e trasformata. Una ferita che diventa feritoia. Il dolore amato diventa amore, luce, dono per gli altri e per sé, perché amare è il più alto atto di reciprocità. Va e torna. Dà e riceve. Aldo, nonostante la sua ritrosia, potrebbe parlare per anni e riempire libri di episodi di vita reale.

La sua ferita personale è databile nell’infanzia. All’età di cinque anni. Negli anni ’50 in Veneto il latte fresco si mungeva “in diretta” dalle mucche e la mamma di Aldo restò paralizzata mentre compiva quell’atto quotidiano. In un attimo tutto cambia all’improvviso. «Mi trovai invecchiato di anni. Mia madre da allora non si muoveva e parlava più». Nel piccolo Aldo si forma la convinzione che la sofferenza non si colma con le parole, ma anche con il silenzio, i gesti, gli sguardi. L’amore è concreto, pratico, si esercita con l’essere e con il fare. «Amare – chiosa Aldo – vuol dire pagare – e la cosa più difficile non è amare ma capire una persona. La conosci con tre passaggi fondamentali. Il primo conoscere la sua infanzia. Il secondo conoscere un fatto, anche tragico, che lo ha segnato. Il terzo, quando capiterà, vedere come uno muore».

Aldo sposa la causa dei bambini e ragazzi in difficoltà perché lui lo ha vissuto, porta quella ferita sulla sua pelle. La sa capire, perché una ferita, anche se è rimarginata, resta nel corpo e nell’anima. Diventa un segno indelebile. Anche nel corpo di Gesù Risorto sono rimaste le ferite della crocifissione, ma non fanno più male, sono solo il segno dell’aver sofferto che rende possibile il saper soffrire e capire gli altri. Al di fuori di questa dimensione la solidarietà è solo parola, omelia, predica esterna all’uomo.

Un grande amico di Aldo Bertelle e della comunità di Villa San Francesco è stato il cardinale Loris Capovilla, già segretario di Papa Giovanni XXIII. «Poche ore prima che Capovilla morisse – racconta Aldo – ero accanto al suo capezzale. Non parlava più, ma mi indicò con l’indice della mano destra la sua guancia. Non capivo. Voleva un bacio sulla guancia. Era lo stesso gesto che suo padre gli chiese prima di morire: “Loris dammi un bacio”. Loris era allora ancora un bambino e questo fatto lo determinò fino a diventare un grande sostenitore della comunità».

Nel 1985 una grande nevicata attraversa l’Italia e causa molti danni a edifici, strutture, aziende. Il peso della neve procura il crollo di un capannone delle serre dove si svolgono le attività di “Zolla in fiore” della comunità Villa San Francesco. «Un signore mi informa per telefono – racconta Aldo – presi la macchina, arrivai lì e ho pianto. Tutto distrutto. Il lavoro di anni». Poco dopo Aldo Bertelle viene avvisato che due bambini di sette anni sono spariti. Li hanno visti uscire dal cancello e dirigersi verso il paese. Aldo li cerca e li trova sotto il capannone crollato. Li raggiunge e urla: «Cosa fate?». E loro: «Raccogliamo le primule, così poi le vendiamo». Un ottimismo, una fiducia nella vita, un senso di responsabilità verso la comunità. Cosa altro si può insegnare a dei ragazzi? Non è questa l’educazione? Qualche giorno dopo Loris Capovilla, allora ancora arcivescovo, chiama Aldo Bertelle e lo sente con un tono di voce basso e lui gli spiega che il cattivo umore è dovuto al crollo del capannone delle serre. «Coraggio! – dice Capovilla – dirò una preghiera». Qualche giorno dopo, invece, arriva una raccomandata con un milione di lire per ricominciare. «Come fai – commenta Aldo – a non credere che lo Spirito Santo esiste, anche se ha i suoi tempi».

La storia di Villa San Francesco racconta di quattro mila ragazzi aiutati a diventare adulti, a trovare una famiglia, a venir educati alla vita, formati al lavoro. Tutto ebbe inizio nel 1948 subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando il C.I.F. di Venezia accolse in Facen di Pedavena (BL), bambini fisicamente fragili e bisognosi di ristoro: li ospitava per periodi più o meno lunghi, per riconsegnarli, poi, alle loro famiglie, sollevate nel ritrovarli irrobustiti. Nel 1975 l’attenzione si sposta sulle necessità pedagogiche per sviluppare le potenzialità personali e nasce la “Comunità Villa S. Francesco”. Che fare una volta compiuti i 18 anni? Ragazzi accolti e aiutati a crescere ora hanno la necessità di lavorare e si fonda Arcobaleno ’86, i colori della vita dopo il buio del temporale, con la prima cooperativa di solidarietà sociale della provincia di Belluno. Oggi si occupa di componentistica, rubinetti per le cisterne, soprattutto per il mercato Usa e di ortofloricoltura: ciclamini, stelle di Natale, crisantemi, gerani. A corredo anche l’attività di manutenzione del verde pubblico e privato. La cooperativa riesce così ad avere la sua autonomia economica, dà lavoro ai ragazzi della comunità, senza mai aver chiesto finanziamenti pubblici.

Aldo Bertelle è un fiume in piena, anche di fantasia, e il fiore all’occhiello della comunità è un Museo dei Sogni, della Memoria, della Coscienza e dei Presepi, circa 2 mila provenienti da 178 Paesi del mondo. Scolaresche, gruppi, singoli devono aspettare anche cinque mesi per una visita guidata per uno spazio dall’alto valore educativo che spalanca l’orizzonte sul mondo intero. Sono raccolte le terre di 199 Paesi del mondo e in modo simbolico, mescolate insieme e inserite dentro i “mattoni del mondo” fatti di vetro che sono spediti in tutti i Paesi della Terra come semi di pace perché ogni nazione di questo mondo possiederà, in piccolo, l’intero pianeta.

All’interno dello spazio espositivo sono presenti i segni delle ferite del mondo. Si va dalla tegola di Hiroshima, al mattone di un forno di Auschwitz; dalla pietra della casa di don Milani a Barbiana, all’intonaco manoscritto di Alda Merini; dalla scheggia del Muro di Berlino, al sasso del Monte di Mosè; dal frammento delle Torri Gemelle, al mattone della casa di Lech Walesa a Danzica; dal frammento della diga del Vajont col suo carico di tragedia, all’asfalto sollevato in via D’Amelio dal tritolo che uccise Borsellino; dalla roccia del Golgota, al sampietrino romano su cui cadde il bossolo allo sparo di Alì Agca contro papa Wojtyla.

«L’impegno – spiega Aldo – è spendere e ritornare nelle strade educative del futuro quanto imparato, capito, ricevuto, condiviso in tanti anni di bene solidale e comune, capaci tutti di scrivere insieme una nuova grammatica della cittadinanza, quella dei nuovi cittadini di tutto il mondo».

Impossibile descrivere tutte le iniziative. L’ultima novità è l’esposizione dell’“Italia intarsiata” con oltre 160 legni provenienti da tutte le regioni italiane che raccontano storie positive di bene, memoria, vita. I lavori saranno esposti fino a fine gennaio 2023. Tutti segni di rinascita, vita nuova, rigenerazione sociale.

Aldo Bertelle non solo non si è mai pentito della sua scelta, nonostante le molte difficoltà, ma «tengo lo sguardo fisso al domani, al futuro».

Aurelio Molè

 




Gennaio 2023

«Imparate a fare il bene, cercate la giustizia» (Is 1,17).

La parola di vita del mese di gennaio è tratta dal primo capitolo del profeta Isaia. Questa frase è stata scelta per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si celebra in tutto l’emisfero nord dal 18 al 25 gennaio. I testi sono stati preparati da un gruppo di cristiani del Minnesota, negli Stati Uniti (1). Il tema della giustizia è un argomento scottante. Le diseguaglianze, le violenze e i pregiudizi crescono sul terreno di una società che fa fatica nel testimoniare una cultura di pace e di unità.

E i tempi di Isaia non erano molto diversi dai nostri. Le guerre, le ribellioni, la ricerca della ricchezza, del potere, l’idolatria, l’emarginazione dei poveri avevano fatto smarrire la strada al popolo di Israele. Il profeta richiama con parole molto dure la sua gente a un cammino di conversione, indicando la strada per ritornare all’originario spirito dell’alleanza fatta da Dio con Abramo.

«Imparate a fare il bene, cercate la giustizia».

Cosa significa imparare a fare il bene? Occorre metterci nella disposizione di imparare. Richiede uno sforzo da parte nostra. Nel cammino di tutti i giorni abbiamo sempre qualcosa da comprendere, da migliorare, possiamo ricominciare se abbiamo sbagliato.

Cosa significa cercare la giustizia? Essa è come un tesoro che va cercato, desiderato, è la meta del nostro agire. Praticare la giustizia aiuta a imparare a fare il bene. È saper cogliere la volontà di Dio, che è il nostro bene.

Isaia offre degli esempi concreti. Le persone che Dio maggiormente preferisce, perché sono le più indifese, sono gli oppressi, gli orfani e le vedove. Dio invita il suo popolo a prendersi concretamente cura degli altri, soprattutto di chi non è in grado di far valere i propri diritti. Le pratiche religiose, i riti, i sacrifici, le preghiere non sono a Lui graditi se ad essi non corrisponde la ricerca e la pratica del bene e della giustizia.

«Imparate a fare il bene, cercate la giustizia».

Questa parola di vita ci spinge ad aiutare gli altri, ad avere uno sguardo attento, soccorrendo concretamente chi è nel bisogno. Il nostro cammino di conversione richiede di aprire il cuore, la mente, le braccia soprattutto verso coloro che soffrono.

«Il desiderio e la ricerca della giustizia sono da sempre inscritti nella coscienza dell’uomo, glieli ha messi in cuore Dio stesso. Ma nonostante le conquiste e i progressi compiuti lungo la storia, quanto è ancora lontana la piena realizzazione del progetto di Dio! Le guerre che anche oggi si combattono, così come il terrorismo e i conflitti etnici, sono il segno delle disuguaglianze sociali e economiche, delle ingiustizie, degli odi. […] Senza amore, rispetto per la persona, attenzione alle sue esigenze, i rapporti personali possono essere corretti, ma possono anche diventare burocratici, incapaci di dare risposte risolutive alle esigenze umane. Senza l’amore non ci sarà mai giustizia vera, condivisione di beni tra ricchi e poveri, attenzione alla singolarità di ogni uomo e donna e alla concreta situazione in cui essi si trovano» (2).

«Imparate a fare il bene, cercate la giustizia».

Vivere per il mondo unito è farsi carico delle ferite dell’umanità attraverso piccoli gesti che possono aiutare a costruire la famiglia umana.

Un giorno, J. dell’Argentina incontra casualmente il preside dell’istituto dove aveva insegnato e che con un pretesto lo aveva licenziato. Quando il preside lo riconosce, cerca di evitarlo, ma J. gli va incontro. Gli chiede sue notizie e il preside gli racconta le difficoltà di quell’ultimo periodo, che vive in un’altra città ed è in cerca di lavoro. J. si offre di aiutarlo e il giorno dopo diffonde tra i suoi conoscenti la notizia che sta cercando un lavoro per una persona. La risposta non tarda. Quando il preside riceve la notizia dell’offerta di un nuovo lavoro quasi non riesce a crederci! L’accetta, profondamente grato e commosso del fatto che proprio chi aveva un giorno licenziato si fosse interessato concretamente a lui. J. riceve poi il “centuplo” perché́ proprio in quel momento gli offrono due lavori che aveva sempre desiderato sin da quando aveva incominciato l’università. Anche lui stupito e toccato da questo amore concreto di Dio (3).

A cura di Patrizia Mazzola e del team della Parola di vita

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1 A Minneapolis, città del Minnesota, nel 2020, è stato ucciso George Floyd. Da questo omicidio è partito un movimento per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale.
2 C. Lubich, Parola di Vita novembre 2006, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) p. 795.
3 Tratto e riadattato da “Il Vangelo del giorno”, Città Nuova, anno VIII, n. 1, gennaio-febbraio 2022.

SOLIDARIETA’ ACCOGLIENZA

AUDIO

 




Appello campagna italiana di disinvestimento cattolico dalle fonti fossili

APPELLO a tutte le organizzazioni cattoliche italiane

A SOTTOSCRIVERE L’IMPEGNO A DISINVESTIRE DALLE FONTI FOSSILI LINK, quale testimonianza di prossimità verso i nostri fratelli e sorelle che resistono nei rifugi, sotto i bombardamenti, al fronte, senza elettricità al freddo in Ucraina.

«[…] Vorrei, con queste mio breve messaggio, ringraziarvi per avermi invitato a riflettere su un tema che considero centrale e non più rinviabile. L’ambiente rappresenta, infatti, la bussola del nostro agire e la chiave che tiene insieme tutto: dai cambiamenti climatici alle migrazioni, dalle sfide tecnologiche alle grandi questioni economiche e finanziarie. […] Oggi più che mai è necessario proteggere la nostra coesione, tutelare la nostra unità. La risposta è agire insieme, “prendersi cura” l’uno dell’altro e riscoprire l’importanza delle relazioni sociali nella comunità. Non è più accettabile uno sviluppo senza giustizia o una crescita senza diritti».

David Sassoli, 49a Settimana Sociale dei cattolici italiani, Messaggio del Presidente del Parlamento Europeo

OGGI 21 DICEMBRE 2022, ENTRANDO IN UN INVERNO CHE SI PREANNUNCIA TRA PIÙ FREDDI PER L’EUROPA DALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE.

Noi, realtà cattoliche nazionali italiane che abbiamo già deciso di non avere fondi investiti nelle compagnie di estrazione delle fonti fossili lanciamo questo Appello affinché altre istituzioni cattoliche si uniscano a noi impegnandosi a disinvestire nei prossimi cinque anni.

«Alzati in fretta» è l’invito, rivolto da papa Francesco in occasione della scorsa Festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, che risuona oggi ed interpella la nostra responsabilità NEL PRESEPE, contemplando con Gesù tutti i bambini che stanno soffrendo per il freddo e la guerra, quest’anno ponete significativamente la sottoscrizione del vostro impegno a disinvestire dalle fonti fossili quale segno:

• che vi siete “spogliati” da i vostri investimenti in un’economia estrattiva e del saccheggio, i cui interessi geopolitici stanno provocando conflitti in tutto il mondo e in particolare in Ucraina;

• che fate la vostra parte per accelerare la transizione ecologica verso energie rinnovabili, liberando dal peso di finanziare, ogni giorno che accendiamo la luce, il gas di cucina, il riscaldamento, perché dipendenti dal gas russo, un’economia di guerra.

***

Come Chiesa italiana stiamo vivendo la nostra “conversione ecologica” e stiamo facendo la nostra parte nel cambiare rotta verso un’economia di pace ogni volta che portiamo le nostre comunità a pregare ed a contemplare il dono della Creazione per sentirci parte di essa, ogni volta che assumiamo stili di vita personali e comunitari sostenibili e sobri, ogni volta che cerchiamo di rispondere all’invito a costituire Comunità energetiche, ogni volta che sosteniamo con responsabilità politiche lungimiranti e rispettose della giustizia anche verso le generazioni future.

L’adesione al prossimo annuncio globale di disinvestimento dai combustibili fossili, rendendo pubblica questa notizia, darebbe una risonanza a tutto il più ampio impegno della Chiesa italiana su questi temi prima e dopo Taranto.

«Nella Laudato si’ papa Francesco parla di uscire progressivamente dalle fonti fossili. Le nostre diocesi e parrocchie devono essere “carbon free” nelle loro scelte di gestione del risparmio».

Mons. Filippo Santoro, Conclusioni 49a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, Taranto 2021

Questa del risparmio responsabile verso il Creato è, infatti, una delle proposte di impegno delineate da mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e Presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani nelle conclusioni della Settimana Sociale.Nel documento Mensuram Bonam. Misure coerenti con la fede per investitori cattolici: un punto di partenza e un invito ad agire, pubblicato il 10 novembre scorso dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, viene fornita una griglia, dettagliata in appendice, di 24 criteri di esclusione, su questioni che richiedono un discernimento di fede tra cui si legge a pag 43 la tutela ambientale ed i cambiamenti climatici:

«La civiltà richiede energia, ma l’uso dell’energia non deve distruggere la civiltà […]. C’è la necessità urgente di sviluppare politiche che consentano, nei prossimi anni, di ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica e di altri gas altamente inquinanti, ad esempio sostituendo i combustibili fossili e sviluppando fonti di energia rinnovabile».

Francesco, Discorso su La transizione energetica e la cura della nostra casa comune, Città del Vaticano, 14 giugno 2019

Nelle sue linee guida, dopo il 5° anniversario della Laudato si’, il Tavolo Interdicasteriale della Santa Sede sull’Ecologia Integrale ha invitato tutti i cattolici a «promuovere investimenti sociali e ambientalmente responsabili, valutando ad esempio il progressivo disinvestimento dal settore dei combustibili fossili».

Alla Settimana Sociale pensavamo di uscire dalla pandemia ed è arrivata la tragica guerra in Europa che come italiani ed europei ci interpella in modo particolare perché, come ha scritto Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, il 1° settembre 2022, «Ascoltando queste grida amare, dobbiamo pentirci e modificare gli stili di vita e i sistemi dannosi».

Anche nella proposta di undici ex commissari e presidenti della Commissione europea, tra cui Romano Prodi, nella lettera indirizzata alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e al vicepresidente Frans Timmermans, si legge che la «risposta alla crisi Ucraina» va di pari passo con una «attuazione audace del Green Deal» e serve un «Patto Verde di Emergenza» per ridurre la dipendenza dell’Europa dalle fonti fossili «che finanziano la guerra». E il gruppo chiede una «mobilitazione» economica da «tempo di guerra» che aumenti l’ambizione dei target clima su edifici, trasporti, efficienza e rinnovabili ed eviti di creare nuova dipendenza da combustibili fossili, grazie alla creazione di un fondo sociale di emergenza, e alla creazione di maggiore «spazio fiscale» per gli investimenti degli Stati (allentare le regole di bilancio).

SOTTOSCRIVENDO L’IMPEGNO A DISINVESTIRE

UNENDOSI ALL’ANNUNCIO ECUMENICO GLOBALE DI DISINVESTIMENTO, CHE VERRÀ RESO PUBBLICO ALL’INIZIO DEL 2023, ANNUNCIAMO AL MONDO CHE NOI QUESTO CAMBIO DI ROTTA
LO VOGLIAMO E LO VOGLIAMO ACCELERARE ORA!

SIAMO QUI INSIEME A RILANCIARE CON CONVINZIONE

IL PROGRAMMA CATTOLICO MONDIALE
PER IL DISINVESTIMENTO DAI COMBUSTIBILI FOSSILI
per accelerare una giusta transizione ecologica ed il cambio di rotta per uscire migliori dalla pandemia e dalla guerra, risollevando i nostri fratelli e sorelle più vulnerabili dalle conseguenze della crisi climatica.

Oltre a noi, in Italia hanno già compiuto questo passo: sei arcidiocesi (Arcidiocesi di Palermo, Arcidiocesi di Salerno – Campagna – Acerno, Arcidiocesi di Vercelli, Arcidiocesi di Napoli, Arcidiocesi di Siracusa, Arcidiocesi di Ancona-Osimo); sette diocesi italiane (Diocesi di Pescara, Diocesi di Caserta, Diocesi di Gubbio, Diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, Diocesi di Civitavecchia – Tarquinia, Diocesi di Savona – Noli, Diocesi di Padova); le Suore Salesiane di Don Bosco Figlie di Maria Ausiliatrice a Milano e Napoli, la Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita, Comunità monastica di Siloe, il Dialogo Greenaccord onlus, Fondazione MAGIS, Lega consumatori, Nomadelfia, l’Istituto Serafico di Assisi, il Sacro Convento di Assisi, Pro Civitate Christiana di Assisi.

È il momento favorevole per dare in modo sinodale testimonianza di voler cambiare rotta ed essere pronti a farlo per accelerare la transizione energetica ed ecologica sostenibile e la libertà da un’economia estrattiva.
Al termine della Settimana Sociale di Taranto abbiamo celebrato la Santa Messa, nella Giornata Missionaria Mondiale «Testimoni e Profeti». È stato un segno forte.

In questa nuova fase del cammino sinodale, abbiamo bisogno urgente di una Chiesa che testimoni con i fatti di saper fare la propria parte per accelerare ora la transizione ecologica, una Chiesa che sia – come ha chiesto papa Francesco ai fedeli della città di Roma (18/9/2021) – sacramento di cura, in missione per offrirsi ed amare come lui ci ha amato.

MAGGIORI INFORMAZIONI SULLA CAMPAGNA MONDIALE DISINVESTIMENTO CATTOLICA SONO DISPONIBILI AL SEGUENTE LINK

Appello disinvestire fonti fossili_2022

https://www.avvenire.it

https://www.agensir.it

 




Camminare insieme? Non è facile…ma ce n’è proprio bisogno!

Sull’incontro di Retinopera a Bologna

Le parole del titolo riprendono quelle pronunciate dal card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, in apertura ed in chiusura del convegno Retinopera 2002-2022: lavorare e camminare. Cattolici nell’economia, nel lavoro e nel sociale: orizzonti per il terzo millennio. L’evento, organizzato il 27 novembre 2022, si è svolto a Bologna, nella splendida sede di Coldiretti Emilia-Romagna a Palazzo Merendoni. Oltre ai rappresentanti delle associazioni cattoliche affiliate a Retinopera (sono 24, tra cui anche il Movimento dei Focolari), hanno partecipato numerosi relatori e decine di uditori, riempiendo l’aula nonostante l’evento fosse di domenica mattina.

Tante le sfide toccate, così come le contraddizioni emerse sull’Italia di questi anni. Siamo notoriamente un paese “familistico”, ma con poche politiche che sostengano la famiglia stessa. Siamo tra i più ricchi al mondo per corpi intermedi (basti pensare che il Centro Servizi per il Volontariato serve 80.000 enti e che ci sono circa 10 milioni di volontari), ma il rischio di individualismo è concreto anche nel mondo delle associazioni. E che dire poi dell’ambiente? La crisi climatica è ormai conclamata eppure si consumano 19 ettari di suolo al giorno in Italia, la cifra più alta degli ultimi 10 anni. Come se non bastasse, abbiamo 5,5 milioni in povertà assoluta secondo l’Istat, nonché 15 milioni a rischio povertà. In questo quadro drammatico, poi, i migranti fanno quotidianamente da emblema delle ingiustizie del nostro tempo, spinti verso di noi anche da un continuo aumento di popolazione a cui fa da contraltare il nostro “inverno demografico”.

Che fare allora? C’è accordo unanime sul fatto che ognuno sia responsabile di qualcosa, e ce n’è altrettanto su alcune metafore usate: quella del camminare (senza correre né stare fermi, quindi) ma anche quella del buon samaritano (con attenzione però a rendere più visibile cioè che facciamo!).

È ancora il card. Zuppi a ricordare i nostri limiti ma anche la nostra forza: ci accorgiamo molto di noi e poco degli altri…ma proprio questo dà valore al mettersi assieme, a patto che sia sempre una “comunione delle differenze” come è negli intenti di Retinopera.

Gabriele Manella




Oltre

Dovrei alzare più spesso lo sguardo in alto.

Sono stata catturata dalla bellezza di questa immagine: il contrasto di colori, la tempesta e uno squarcio di cielo azzurro, nonostante tutto. Quotidianamente tempeste si agitano sotto la superficie in apparenza tranquilla di alcuni nostri pazienti, non hanno voce, ma non per questo sono meno drammatiche. Verrebbe da scappare. Mi obbligo a stare lì.

Il tatto, il tono e il ritmo della voce, la mimica facciale (pur limitata dalla FFP2) voglio siano congruenti con il mio starvi accanto. Questo cielo azzurro lo devo trovare dentro di me, ogni giorno, se voglio comunicarvelo. La vostra prospettiva rimane la stessa, obbligati e dipendenti in tutto, con il monitor spento, perché gli occhi sono affaticati e non possono rispondere alla velocità della mia comunicazione. Mi insegnate un ritmo lento, che contrasta con la mia alacrità.

Voglio venire da voi ogni giorno con un pezzettino di cielo azzurro che dica speranza (1). Non è più il tempo delle grandi speranze, ma di quelle piccole, quotidiane: una notte riposata meglio, un maggior controllo di un sintomo invalidante, essere messo in bascula, uscire dalla stanza. Piccolissime prospettive ma che possono fare la differenza. (2) Spesso noi operatori ci scambiamo sguardi, veloci impressioni, sosteniamo momenti di silenzio perché ci troviamo a confronto con una cima molto alta da scalare, quella dove siete voi, irraggiungibili; tuttavia vorrei sapeste che ci proviamo, ogni giorno.

«Se davvero si vuole aiutare qualcuno, bisogna prima scoprire dove si trova. Questo è il segreto dell’assistenza. Se non si può scoprirlo, è solo un’illusione credere di poter aiutare un altro essere umano. Aiutare qualcuno significa comprenderlo più di quanto lui possa fare, ma prima di tutto bisogna comprendere ciò che egli comprende”». (3)

Paola Garzi

1 Elisabeth Kübler-Ross, «Infatti anche i malati più vicini alla morte, consapevoli della prognosi, realistici e collaboranti hanno in realtà bisogno di speranza, speranza che si esprime comunque nella possibilità che nel frattempo venga approntata qualche nuova terapia, che si potrà provare su di lui, o che comunque si possa verificare ancora una fase di remissione clinica che permetta di vivere più a lungo». La morte e il morire, Cittadella Editrice, Assisi 1976, pp. 162-164.
2 «stimolare tutte queste “piccole” e “penultime” speranze può anche nutrire la “grande speranza” di vivere un futuro che mai ha fine, una speranza che si annuncia e si abbozza concretamente nelle piccole speranze».
3 Gian Domenico Borasio, Raymond Voltz, Robert G. Miller,: Le cure palliative nella Sclerosi laterale amiotrofica, «La Rivista Italiana di Cure Palliative» n° 2 estate 2005 p. 27. www.sicp.it citazione del filosofo esistenzialista Kierkegaard, p. 29.




La porta aperta

“Sono stata trattata male!”

Questa la prima reazione a chi mi ha praticamente chiuso il telefono senza rispondere alla mia richiesta di informazioni. Sì subito ho pensato: è come se mi avessero chiuso la porta in faccia, sbattendola pure. Calmata la prima reazione di rabbia, provo a pensare a chi c’era dall’altra parte: un operatore come me, dai toni esasperati, probabilmente esausto per una giornata di continue emergenze, frustrato dalla sproporzione tra le proprie risorse e le continue richieste di aiuto. Questa porta chiusa mi segnala il disagio di un collega, un campanello di allarme per chi è al limite. Chi si preoccupa di lui/lei? Chi si prende cura di chi cura?

Basta pormi da quest’altra prospettiva e la mia porta si riapre, alla comprensione, alla evidente necessità di tutelare la salute psicofisica degli operatori sanitari. Sì le nostre professioni sono iscritte tra i lavori usuranti, ma forse noi stessi, finché non siamo al limite, non ce ne rendiamo conto. Pensando alla mia realtà quotidiana, penso che il primo passo che posso fare è accogliere l’altro così com’è, facendo attenzione ai segnali di stanchezza.

In un incontro svoltosi ad Assisi nel settembre del 2016, il sociologo Bauman si rivolse a papa Francesco con queste parole: «Ho lavorato tutta la vita per rendere l’umanità un posto più ospitale. Sono arrivato a 91 anni e ne ho viste di false partenze, fino a diventare pessimista. Grazie, perché lei è per me la luce alla fine del tunnel».

Penso che qualcosa di simile possiamo dirlo anche noi, specie alla fine di giornate dure, quando vorresti solo lasciarti tutto alle spalle e non ci riesci.

Per aiutarci in questo percorso, trovo convincente ed attuabile, anche nel nostro contesto, l’invito di Papa Francesco a «iniziare processi più che a possedere spazi»(Evangelii gaudium, n. 223).

Cercherò di muovermi nel tempo più che nello spazio, facendo la mia parte per creare occasioni di distensione e clima di lavoro sereno; sono sicura che l’uno così custodirà gli altri.

Paola Garzi




Dio, la nostra roccia

Era una giornata piena di telefonate e lavoro in ufficio. Strilla di nuovo il telefono e dall’altra parte c’e un signore , a me sconosciuto, che chiede una alloggio per una famiglia giovane dell’Ucraina, con un bambino di 3 anni e una coppia di gemelli, nate due mesi fa….in una cantina…

Sto guardando il calendario e vedo che abbiamo affitate tutte le stanze del nostro Centro di Incontri….fino alla fine dell’anno…Mi sembra impossibile e chiedo aiuto a Dio, pensando alle esperienze dolorosi di questa famiglia in fuga. Voglio già rispondere che non possiamo aiutare, ma in cuore mio una voce forte: “No, no ,stai ferma, pensaci sopra” e cosi dico a questo signore, che lo richiamo qualche ora più tardi o in un giorno.

Parlo con la nostra responsabile di casa e troviamo una soluzione impensata. La madre di lei prende questa famiglia per qualche giorno a casa sua e poi, parlando con altre persone, possiamo mettere a disposizione un’alloggio adatto a questa giovane famiglia. In cuore mio sono felice, per me è una esperienza di Natala attuale….

Illes




Gen Verde – Playlist di Natale 2022

Disponibili su YouTube i singoli brani del nostro concerto “Together at Christmas” 2021.

Manca meno di un mese al Natale e fervono i preparativi per questa data specialissima!

Perciò il Gen Verde ha pubblicato nel loro canale YouTube, una playlist con i brani del concerto del 2021, “Together at Christmas – Natale con il Gen Verde”.

Ogni settimana, prima di Natale, il Gen Verde aggiunge i brani del concerto per vivere insieme questo Avvento e prepararci, nel miglior modo possibile, alla nascita del bambino Gesù.

Ci auguriamo a vicenda di riuscire a prenderci del tempo per riscoprire cosa è essenziale e fare spazio a questo Dio che si fa bambino, uomo con noi e che ci chiede un posto dove stare.

Clicca qui per ascoltare la playlist! E ricordati che puoi salvarla e condividerla con chi vuoi!

Buon ascolto e buon avvento!




Insieme per Loppiano

L’idea è nata da “menti giovani” nel mese di settembre dopo la Scuola per le Comunità. Uno dei temi trattati è stato: “Conoscere le persone, scoprire i talenti di ognuno”.

La Chiesa di Loppiano così ferita, come l’avevamo vista dopo l’uragano di agosto è stato il motivo della nostra iniziativa. La Chiesa è parte della nostra Famiglia, dovevamo aiutare.

“Buttiamo le idee e lasciamo fare ai Giovani”. I giovani della nostra Comunità sono pochi ma “trascinatori” … e subito hanno accolto, condiviso, chiamato, coinvolto. E di conseguenza hanno “spinto” anche noi meno giovani a coinvolgere anche le Comunità vicine.

Quale momento migliore, se non il Natale, per favorire la generosità di tanti?
“Insieme per Loppiano” ecco il titolo.
“I Meridiana” ecco il gruppo musicale.
“Un Oratorio di Rozzano”, raggiungibile con i mezzi da Milano e da altre zone dell’hinterland, ecco il luogo.
“Sabato 3 dicembre” (prima delle feste ) ecco la data.

Una cosa tira l’altra….ci siamo anche noi ballerini, cantante, attori, luci, suoni, fotografo, esperti del web e della comunicazione, inesperti del catering, parcheggiatori improvvisati, braccia forti, ecco i Talenti!

In pochi giorni pronto il manifesto, il programma per prenotare online, la scaletta dello spettacolo.

Il Covid ha dato qualche problema all’organizzazione dell’apericena..vicini, lontani, mascherine sì o no, cosa si mangia, cosa si potrebbe bere, in piedi, seduti, chi porta cosa, basta, non basta! “Va bene così!”

Ed eccoci al 3 dicembre…pioggia intensa, molti influenzati, il batterista suonerà con una mano sola perché reduce da un infortunio!!!! Ma la macchina è partita già dal mattino. Tutto OK.

Ragazzi pieni di entusiasmo e generosità. Attenzione per tutti e per tutto; per chi arriverà con i mezzi, per chi ha avuto problemi di trasporto, per chi non sa come arrivare, per chi non riesce a trovare il Teatro, per chi può mangiare solo cibi particolari ecc..

Lo spettacolo inizia con Il collegamento da Loppiano. Dalla nostra sala Giada, una Gen che ha trascorso diversi mesi in questa Cittadella, ci ha raccontato la sua esperienza. Anche da Loppiano due Gen stranieri ci hanno parlato delle loro giornate tra studio all’Università Sophia e vita all’insegna del Vangelo con altri giovani provenienti da tutto il Mondo; qualche aggiornamento sui lavori di ricostruzione del Santuario Maria Theotokos e poi.. via con la Musica! Rock, Rap…cose che piacciono ai giovani insomma, ma che non hanno disturbato noi vecchietti.

Due ragazzini Thomas e Greta si sono scatenati in un saggio di danza Hip Hop; Mariangela ha cantato una canzone del Gen Rosso e una del Gen Verde; due giovani attori, Gaia e Francesco, ci hanno divertito con esempi di incontri di coppie. E alla fine tutti in piedi a battere le mani a tempo e a cantare la canzone dei Meridiana “Mi tufferò”.

Apericena riuscitissima con i giovani al lavoro a servire panini, tartine, torte dolci e salate… e occasione di incontrare finalmente “dal vivo” e con gioia persone che da due anni non vedevamo, senza fretta, rilassati come a casa propria.

Tanto lavoro e stanchezza, qualcosina che poteva andar meglio (ma poi, esiste la perfezione?), ma alla fine tanta contentezza. Per aver “chiamato” e aver visto la risposta dei giovani che si sono impegnati in tutto collaborando con gli adulti “alla pari”; per il risultato, una donazione a Loppiano di 1.440 Euro al netto delle spese; per la gioia nei volti di chi ha partecipato e, soddisfazione, per aver potuto far seguire via zoom da casa, chi non aveva potuto essere presente.

La Comunità Hinterland MilanoSud




Natale è fraternità, giustizia e concretezza. Dona ora!

Sostieni i progetti di Umanità Nuova a favore di migranti e rifugiati

Con 10,00 – 20,00 – 50,00 euro al mese, o con una singola donazione, puoi sostenere il percorso di accoglienza e integrazione di tante persone giunte faticosamente in Italia.

Sostieni i progetti di Umanità Nuova del Movimento dei Focolari!

Con il tuo piccolo ma prezioso impegno realizzerai i sogni di tanti.

DONA ORA:
IBAN: IT28K 05018 01600 00001 70778 27 intestato a Associazione Arcobaleno o.d.v. di Milano, ente individuato per la raccolta dei contributi.

Per la detrazione fiscale scrivi nella causale del versamento: erogazione liberale per accoglienza migranti.

Aggiungi il nominativo completo cui intestare la ricevuta e l’indirizzo email a cui inviarla.

Per ulteriori informazioni scrivi a: reteimmigrazione@gmail.com

 




Figli adolescenti e oltre: spunti per genitori

Il 26 e 27 novembre 2022 ci siamo ritrovati per il secondo appuntamento del Progetto Formato Famiglia a Loppiano, una proposta mensile su vari temi aperti a tutte le famiglie. Il tema del week end era : “Figli adolescenti e oltre: spunti per genitori”. Hanno partecipato 13 famiglie con i loro 17 figli dai 6 ai 17 anni.

Per tutti è stata l’occasione di conoscere qualcosa in più della cittadella di Loppiano, le sue origini, le scelte dei suoi abitanti e alcune realtà presenti, come ad esempio la Scuola Loreto per famiglie.

Cecilia (psicologa)  e Davide Damosso hanno poi accompagnato il gruppo genitori attraverso un percorso di conoscenza e presa di coscienza della fase adolescenziale che spesso è fonte di preoccupazione e relazioni difficile nelle famiglie, puntando in particolare su “che cosa si può fare come genitori” senza lasciarsi sopraffare dai cambiamenti e dalle esigenze del figlio adolescente.

A momenti di informazione si sono alternati confronti di coppia, condivisione in gruppo, domande e risposte con gli esperti che hanno creato un clima di lavoro impegnativo e profondo ma sereno e di speranza.

I ragazzi hanno avuto modo di conoscere alcune realtà di Loppiano, tra  cui la Bottega di Ciro che ha rivelato la bellezza e la meraviglia del riconoscere un futuro ancora da raccontare negli oggetti ormai inutilizzati, attraverso il loro ri-utilizzo per creare piccole e grandi opere d’arte.

Il pomeriggio di sabato, con alcuni ragazzi e animatori della cittadella, è stato dedicato a giochi di conoscenza e di gruppo  e, per i più grandi, un momento di confronto sull’adolescenza vissuta in prima persona. La domenica, con un meraviglioso sole splendente che metteva in risalto tutti i colori delle colline toscane,  i ragazzi si sono avventurati in un workshop naturalistico sensoriale  nei boschi dei dintorni, molto partecipato e apprezzato da tutti.

Non è mancato un momento artistico serale, condiviso con la cittadella, con Cesare Cesarini che ha accompagnato tutti in un simpatico e scoppiettante spettacolo di “umoristica applicata”, tra umorismo e Vangelo.

Santina e Pier Luigi Crocchioni




Partecipazione, autorità e leadership: tre parole-chiave

C’è un filo rosso che attraversa questo numero di Ekklesía e che si snoda secondo tre parole-chiave. Innanzi tutto, l’emergere di una crescente prassi di partecipazione nel cammino del Popolo di Dio.

[…] Tale dinamismo di partecipazione, che con l’attuale processo sinodale mondiale è entrato in una nuova tappa, non abolisce il ruolo dellautorità. Sinodalità e ministero episcopale appartengono ugualmente alla natura della Chiesa, come riconosce anche il cammino sinodale tedesco, benché ciò traspaia ben poco dai media. Con un’efficace immagine Matteo Visioli, il cui articolo fondamentale pubblichiamo in due parti su questo numero (nel Focus e nella Sezione Buone pratiche), paragona il ruolo dell’autorità e quello dell’intera comunità ai due punti focali del colonnato di Piazza San Pietro: non si possono ridurre l’uno all’altro né privilegiare l’uno rispetto all’altro.

Il Cristo Risorto «è presente, tanto nella gerarchia, che guida la Chiesa mediante la struttura sacramentale, quanto nella comunione fraterna di tutto il Popolo di Dio, in particolare lì dove vi sono due o tre riuniti nel suo nome (cf. Mt 18, 20)». Sta qui una discriminante della sinodalità rispetto alla semplice democrazia: essa non prescinde dall’autorità ma vi rinvia. E viceversa! Una presa di coscienza emersa pure nel dialogo anglicano-cattolico come illustra una breve nota di Callan Slipper e che fa riflettere a Piero Coda sul ruolo anche deliberativo degli organi di comunione.

Terza parola-chiave è il termine leadership che, alla luce di quanto detto fin qui, necessita di adeguati distinguo quando adoperato in ambito ecclesiale. Si tratta di sviluppare uno stile di guida che non sostituisca e mortifichi la partecipazione bensì la favorisca, anzi la sprigioni e la valorizzi. Una leadership di comunione pertanto, come spiega Jesús Morán, che non può essere identica a quella in atto in altre organizzazioni ma deve essere costitutivamente al servizio, e al servizio non solo dei componenti della comunità ma al contempo dell’ideale evangelico, ci fanno capire Eva Gullo e Alberto Frassineti. Una leadership “battezzata” quindi e pertanto pasquale, attraversata dalla reciprocità dell’amore e dalla dinamica del perdere e ritrovare, che spalanca lo spazio al Leader per eccellenza: Gesù, presente col soffio dello Spirito a pari titolo in chi svolge il servizio dell’autorità e nella comunità unita nel suo nome.

Perché, nella Chiesa e oltre (cf. l’articolo di Lucia Fronza Crepaz), si possa sempre più realizzare una simile leadership, ci sono degli atteggiamenti e delle linee d’azione da apprendere (da qui una precisa istanza di formazione!). Ne trattano i contributi di Tiziana Merletti e di Christian Hennecke, ma anche testimonianze di esperienze in atto: il vescovo filippino Gerard Alminaza, don Paolo Comba, parroco nella cinta di Torino, e Giulia Iotti – Roberto Ruini a proposito di un’unità pastorale nell’Emilia Romagna.

Il filo rosso di questo numero di Ekklesía si colloca però in un orizzonte che non può mai mancare e che deve dare l’indirizzo a tutto: la missione. Partecipazione, autorità, leadership, non sono fine a sé e non si possono esaurire all’interno della comunità ecclesiale. Dove queste dimensioni si articolano bene tra loro, si verificano infatti le condizioni per un salto di qualità. Il Vangelo non rimane allora affidato alla testimonianza e all’annuncio di pochi “professionisti”, ma vede soggetto tutti i componenti del Popolo di Dio nella quotidianità e così può penetrare in modo poliedrico e capillare in tutti gli ambiti del vivere umano. Ne parlano, fra l’altro, i contributi della Sezione Testimoni che ci portano in Germania, in Myanmar e in Argentina.

Fa pensare il fatto che questa modalità più partecipativa dell’essere Chiesa raccolga anche aspre critiche ed emerga in un momento in cui il ministero ordinato, a causa dello scandalo degli abusi, vive una crisi di credibilità e una dura purificazione. Non potrebbe essere però che tali travagli facciano parte delle doglie del parto di un nuovo avvento del cristianesimo al servizio dell’umanità intera

Hubertus Blaumeiser

Editoriale Ekklesía n. 17 (2022-4)

 




La luna di Kiev – 1. No more war but peace and love – Dedicato ai bambini Ucraini

“NO MORE WAR BUT PEACE AND LOVE” (per coro di Voci bianche, Violino, Violoncello e Pianoforte) testo e musica di Monica Nasti.

Il progetto di natura solidale LA LUNA DI KIEV vuole esprimere un messaggio di solidarietà ai bambini ucraini che stanno affrontando le atrocità di questa folle e inutile guerra, ma anche un messaggio di pace al mondo intero. Per tal ragione sono coinvolti nel progetto musicisti ucraini (2 pianiste e violinista ucraino).

Oggi, 20 novembre, Giornata internazionale dei Diritti dell’Infanzia e Adolescenza, vi presentiamo il primo videoclip del progetto ‘LA LUNA DI KIEV’ (“Per un Futuro senza disuguaglianze”), “NO MORE WAR BUT PEACE AND LOVE” di Monica Nasti (referente e coordinatrice del progetto), prodotto dal Conservatorio Nino Rota di Monopoli e dedicato ai bambini Ucraini che in questo periodo stanno affrontando le atrocità di questa guerra, in cui di riflesso si esprime un messaggio di Pace al mondo intero, con l’ obiettivo di sensibilizzarlo sui DIRITTI DELL’INFANZIA, diritti spesso violati in modo brutale.

TANTI SLOGAN PER LA PACE, cantati in un girotondo di colori, dai bambini di tutto il mondo! Questo il messaggio ricco di UMANITÀ e SPERANZA che affiora dal brano, un appello accorato alla Solidarietà, Uguaglianza dei diritti per tutti i bambini e all’Unione tra gli uomini: sotto la stessa Luna siamo tutti fratelli, per riprendere le parole di Gianni Rodari nella sua poesia La luna di Kiev.

La freschezza, la genuinità dei bambini, la forte emotività del testo e della musica caratterizzano fortemente questo videoclip. Nella speranza che faccia breccia nei cuori di tutti trasformandosi in un “piccolo seme di umanità”, che si innesti nel campo dell’anima degli uomini e diventi stimolo, in questo momento storico turbolento, per risvegliare le menti e il cuore di alcune persone che hanno dimenticato cosa sia l’UMANITÀ, spesso assopita, abituata agli orrori a cui siamo quotidianamente esposti.

Il videoclip è realizzato con il coinvolgimento di musicisti Ucraini, studenti Erasmus presso il Conservatorio “Nino Rota” di Monopoli.

Il progetto di questo videoclip è sostenuto e patrocinato dalle seguenti associazioni e organizzazioni nazionali ed internazionali: SAVE THE CHILDREN – Italia COLORS FOR PEACE – Stazzema (Lu) RITMO, COLOR, Y SABOR – Italia, Perù BICENTENARIO DEL PERU’ 2021-2024 – Il MOVIMENTO DEI FOCOLARI Italia – SOLIDARIDAD.NET – Spagna FONDAZIONE SCUOLA DI MUSICA CARLO e GUGLIELMO ANDREOLI – Mirandola (Mo) A.R.CO.PU. – Associazione Regionale Cori Pugliesi A.E.R.CO. – Associazione Emiliano-Romagnola Cori.

NO MORE WAR BUT PEACE AND LOVE!

(testo e musica Monica Nasti)

C’è un mondo fortunato senza tristezza e dolore

V’è intorno una gran pace e tepore

La mamma ogni notte dà il bacio al suo bambino!

NON PER TUTTI È QUESTO MONDO!!

Niente favole e aquiloni!

C’è violenza tutt’intorno

di armi chimiche alluvioni.

NO MORE WAR BUT PEACE AND LOVE!

E’ lo slogan dell’Amore,

Dei diritti dei bambini

A viver la vita come un sogno!

Mani piccole imbrattate di mille colori

Il Giallo per il sole e l’allegria

Il Verde per la speranza

Il Rosso per l’amore

Il Blù per la serenità

Bum Taka Taka Bum Bum Tak

Bum Taka Taka Bum Bum Tak

E disegnano i Colori della Pace

In un mondo popolato da persone

Senza pregiudizi

Ma con tanta umanità!!

Bum Taka Taka Bum Bum Tak

Bum Taka Taka Bum Bum Tak

SI PER TUTTI È QUESTO MONDO!!

Con le favole e aquiloni!

Su cantiamo in girotondo

Con una forza da leoni:

NO MORE WAR BUT PEACE AND LOVE!

NO WAR, please NO WAR!

PEACE AND LOVE!

NO MORE WAR!

PLEASE NO WAR!!

Per gentile concessione https://youtu.be/jrR6MngPMwI




Il 2022 visto attraverso gli occhi del Gen Verde

Le emozioni e le vicende di un anno indimenticabile

Il riassunto di un 2022 pieno di concerti, workshop, nuove canzoni, tour, città, emozioni, persone ed esperienze indimenticabili, tutto raccontato dalle stesse componenti del Gen Verde.

Anche se il 2022 non è ancora finito, il Gen Verde ha appena pubblicato sul suo sito web un articolo dove ci racconta il suo 2022 pieno di concerti, workshop, nuove canzoni, tour, città, emozioni, persone ed esperienze indimenticabili. Attraverso le parole delle componenti della band, riviviamo le loro ultime vicende, ricche di testimonianze, emozioni e avventure!

Leggi l’articolo completo: https://www.genverde.it/il-2022-attraverso-gli-occhi-del-gen-verde/

Foto dal sito www.genverde.it




Dicembre 2022

«Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna» (Is 26,4).

La Parola di vita che vogliamo vivere questo mese è tratta dal Libro del profeta Isaia, un testo ampio e ricco, molto caro anche alla tradizione cristiana. Esso, infatti, contiene pagine molto amate, come l’annuncio dell’Emmanuele, “il Dio con noi” (1) o anche la figura del Servo sofferente (2), che fa da sfondo ai racconti della passione e morte di Gesù.

Questo versetto è parte di un canto di ringraziamento che il profeta mette sulla bocca del popolo di Israele quando, superata la terribile prova dell’esilio, farà finalmente ritorno a Gerusalemme. Le sue parole aprono i cuori alla speranza, perché la presenza di Dio accanto ad Israele è fedele, incrollabile come la roccia; Egli stesso sosterrà ogni sforzo del popolo nella ricostruzione civile, politica e religiosa.

Mentre la città che si crede “eccelsa” verrà rasa al suolo (3), perché non costruita secondo il progetto d’amore di Dio, quella costruita sulla roccia della Sua vicinanza godrà di pace e prosperità.

«Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna».

Quanto è attuale questo bisogno di stabilità e di pace! Anche noi, personalmente e collettivamente, stiamo attraversando momenti oscuri della storia, che minacciano di schiacciarci sotto il peso dell’incertezza e della paura per il futuro.

Come fare per superare la tentazione di lasciarci abbattere dalle difficoltà del presente, rinchiuderci in noi stessi e coltivare sentimenti di sospetto e sfiducia verso gli altri?

Come cristiani, la risposta è certamente “ricostruire” con coraggio prima di tutto il rapporto fiducioso con Dio, che in Gesù si è fatto nostro prossimo sulle strade della vita, anche quelle più buie, strette, tortuose e ripide.

Ma questa fede non significa restare in un’attesa passiva. Anzi, richiede di darci da fare, per essere protagonisti creativi e responsabili nel costruire una “città nuova”, fondata sul comandamento dell’amore reciproco. Una città con le porte aperte, accogliente verso tutti, soprattutto “i poveri e gli oppressi” (4), da sempre i prediletti del Signore.

E su questo cammino siamo certi di trovare come compagni tanti uomini e donne che coltivano nel proprio cuore i valori universali della solidarietà e della dignità di ogni persona, nel rispetto del creato, nostra “casa comune”.

«Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna».

Nel villaggio spagnolo di Aljucer, una intera comunità è impegnata a costruire rapporti di fraternità attraverso forme di partecipazione aperta ed inclusiva.

Raccontano: “Nell’estate del 2008 abbiamo dato vita ad una associazione culturale, con l’obiettivo di svolgere attività di vario genere, sia di nostra iniziativa che in collaborazione con altre associazioni del territorio, per promuovere spazi di dialogo e progetti umanitari internazionali. Ad esempio, fin dal primo anno, abbiamo promosso una cena di solidarietà per il progetto Fraternity with Africa, per finanziare borse di studio per giovani africani impegnati a lavorare nel loro paese per almeno cinque anni. Sono cene che riuniscono circa duecento persone, per le quali collaborano negozianti e associazioni. Siamo molto felici di lavorare da anni anche con un’altra associazione. Insieme organizziamo un evento annuale, aperto a personaggi del mondo della cultura, musica, pittura e letteratura, ma anche ad esponenti del mondo della politica, dell’economia e della medicina. È l’occasione per tutti loro di condividere esperienze di vita e le motivazioni più profonde delle loro scelte(5).

«Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna».

Siamo in attesa del Natale. Prepariamoci ad esso, accogliendo da subito Gesù nella sua Parola.

È la roccia su cui costruire anche la città degli uomini: «Incarniamola, facciamola nostra, sperimentiamo quale potenza di vita sprigiona, se vissuta, in noi e attorno a noi. Innamoriamoci del Vangelo fino al punto da lasciarci trasformare in esso e traboccarlo sugli altri. […] Non saremo più noi a vivere, Cristo si formerà in noi. Toccheremo con mano la libertà da noi stessi, dai nostri limiti, dalle nostre schiavitù, non solo, ma vedremo esplodere la rivoluzione d’amore che Gesù, libero di vivere in noi, provocherà nel tessuto sociale in cui siamo immersi» (6).

Letizia Magri

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1 Cf.Is7,14 e Mt1,23.

  1. Cf. Is 52,13-53,12.
  2. Cf. Is 26,5.
  3. Cf. Is 26,6.
  4. Esperienza tratta dal sito www.focolare.org.
  5. C. Lubich, Parola di Vita settembre 2006, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017), p.790.

#FOCOLARITALIAFRATERNITA’

AUDIO

 

VIDEO:

Nuova Parola di Vita adolescenti 2022

 




Padre ho paura . . . aiutami! La tromba d’aria e la fede di Sr. Angiola

2022/23 FOCUS SU PREGHIERA E UNIONE CON DIO: UN’ESPERIENZA.

Il 19 agosto 2022 i giornali toscani titolano: “Bufera in Toscana: due morti e decine di feriti, centinaia gli evacuati. La Regione dichiara lo stato di emergenza” – “Devastazione dopo il passaggio della tromba d’aria. Si contano i danni: tetti scoperchiati, alberi caduti e stabilimenti balneari divelti”.

Ma, ‘dentro la notizia’ , ormai sorpassata da qualche mese,  Suor Angiola mi racconta qualcosa: qualcosa di più.

Mi sorride con fare cordiale. Gli occhi sprizzano intelligenza e franchezza. Appartiene alla Congregazione delle Figlie di Gesù di Verona, ed ha trascorso una vita a ‘prendersi cura’: della gente, dei ragazzi, della Chiesa:  in Angola, Ruanda, Brasile e varie città italiane. Dal ’97 a Verona nella casa Generalizia, “anima” della  Scuola  Primaria dell’Istituto proprio in centro storico, zona ZTL, tra l’Arena e la Casa di Giulietta.

Ci conosciamo bene, ma Sr Angiola si è avvicinata alla grande famiglia del Focolare molto prima di me.  “Faccio parte del Focolare dal 1967” – confessa orgogliosa. La circostanza decisiva una visita a Loppiano.

Dice lei stessa: “Quel viaggio a Loppiano, mi ha portato a consegnare al Padre quel SI’ che Lui attendeva da molto tempo”. Era una vocazione alla vita religiosa. E una chiamata al Carisma dell’unità. Me ne parla così:

“E’ stato Lui a sciogliere i fili dei miei legami rivelando la sua presenza così vicina da non avere dubbi. Stavo vivendo il periodo della giovinezza quando ci si sente grandi, capaci, e si vuol fare di testa propria. Ma è proprio qui la mia esperienza con Lui, il Padre. Tenerezza e Luce. Pace. Quel giorno, capivo che Egli si era preso cura di me. Lui: quello che sarebbe diventato “il mio Fedele Compagno di viaggio”.

Con uno sguardo eloquente Sr. Angiola mi fa intendere che molte esperienze e vicende si sono susseguite nella sua lunga ‘convivenza’  con Lui.

“Ma la scorsa estate” – afferma con un fremito –  “è accaduto qualcosa che mi ha lasciato senza fiato.  Ero a Marina di Carrara con un gruppo di bambini, vari giovani e adulti per una vacanza spensierata in una delle case della Congregazione. Quindici giorni splendidi e nello stesso tempo formativi, durante i quali i ragazzi hanno goduto tutto quello che avevamo costruito insieme nei mesi precedenti. Un programma semplice che, come sempre, ci tengo a preparare nelle settimane precedenti  con i ragazzi stessi. Quest’anno avevamo scelto di identificarci con gli ‘aquiloni’: i ragazzi erano entusiasti.

I giorni sono passati  in fretta ed improvvisamente è arrivata  la data della partenza. Mi sono svegliata di soprassalto alle quattro del mattino con una strana agitazione. Una sorta di presentimento.  Alle 7:45 colazione per il gruppo. Tutto era pronto e l’animazione per la partenza era alle stelle.

Ma il mio cuore non si calmava.  Ho invocato nel silenzio il Padre: avevo bisogno della sua forza e della sua tenerezza. Sentivo che i ragazzi dovevano partire il più presto possibile pur non capendo perchè. Il cielo era plumbeo e l’aria stranamente sospesa.

D’istinto ho chiesto a Paolo, l’autista del pullman, se era possibile anticipare la partenza visto che il gruppo era pronto. Così, dopo i saluti,  abbiamo iniziato il riordino della colonia e della nostra spiaggia. Io mi sono avviata a rassettare le cabine dove di solito i ragazzi depositavano i loro oggetti.

Ad un certo punto ha preso a sibilare un fortissimo vento: centoquaranta chilometri orari, ho saputo poi. Le raffiche raccoglievano e sparavano palle di sabbia ghiacciata, sassi, ombrelloni, pattini per salvataggio e tutto quello che incontravano.  Mi sono immediatamente rifugiata in una delle cabine tentando di chiudere la porta che, per la forza degli spostamenti d’aria faceva resistenza e sbatteva contro di me… niente da fare…!    Ho gridato. Ho gridato: ‘Padre salvami!’.  Ho afferrato allora  la scopa che avevo portato con me e ne ho infilato il manico nella griglia della porta quasi fosse un ordigno da guerra e sono rimasta così … letteralmente a combattere le spinte per venticinque minuti.

Nel frattempo era salita dal mare una nuvola bianca a forma di tronco di fungo sormontato da una formazione nera che, allargandosi inesorabilmente, aveva coperto la luce del sole. Sembrava notte fonda, un’eclisse surreale. ll pavimento della cabina ondeggiava paurosamente: ‘Padre, Padre aiutami, stringimi a Te, ho paura!’

Gridavo con tutto il fiato che avevo: ‘Non abbandonarmi!’.  La spiaggia era deserta ed io ero sola, in una delle 12 fragili cabine dipinte di verde chiaro. ‘Padre, non ce la faccio più, non ho più forza!’ Gridavo e piangevo. Piangevo e stringevo le mani alla griglia della porta. Mi rendevo conto che Il buio e il rumore del vento non permettevano a nessuno di vedermi o  sentire le mie richiesta di aiuto. ‘Padre resta qui con me, sono nelle tue mani!’

A tratti si sentivano alberi che si spezzavano come stuzzicadenti. La tempesta  sembrava non finisse più. Poi mi sono acquietata. Dentro di me ho cominciato a sentire un senso di consolazione e di pace. La bufera era durata cinquanta lunghissimi  minuti. Il fungo si era inabissato quasi completamente nel mare, il vento piano piano si stava indebolendo. Ho deposto la mia spranga improvvisata. Avevo il fiatone e le nocche delle dita bianche. Ero stremata. Incredula. Mi sono inginocchiata, commossa per la  gratitudine al mio Fedele Compagno di Viaggio.”

Ci siamo abbracciate: grazie, Sr. Angiola.

A cura di Andreina Altoè




Assemblea Generale della Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali

“Il contributo che i laici possono dare in questo secondo anno del Cammino sinodale”

Il tema che sabato 19 novembre è stato affrontato durante i lavori dell’Assemblea Generale della CNAL (sessione autunnale) è stato quello del contributo che il laicato associato può offrire nel secondo anno del cammino sinodale della Chiesa in Italia.E’ stata un’occasione per interrogarsi sulle sfide che la società sta vivendo, e sulla necessità di discernere quali spazi di responsabilità andrebbero abitati in questo momento della storia.

Questo sollecita a riflettere e confrontarsi sul ruolo/vocazione che si è ricevuto come singoli, come associazioni, come consulte (diocesane, regionali e nazionali), come Chiesa: i doni ricevuti sono infatti semi chiamati a crescere e a dare frutto per il bene comune.

E’ possibile rivedere i momenti in plenaria dell’incontro sulla pagina Facebook della CNAL (clicca sul link)

Fonte: https://www.cnal.it/2022/11/18/assemblea-generale-della-cnal-2/?fbclid=IwAR3VzX3UoJrdv9zE4RO8pvUD1i22bloDtcyQuitJxHtdULsePgx9n6McyDU

VEDI ARTICOLO SU AGENSIR: https://www.agensir.it/quotidiano/2022/11/24/consulta-nazionale-delle-aggregazioni-laicali-baturi-cei-costruire-e-riparare-la-chiesa-e-il-mondo-perche-siano-unita/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=la-newsletter-di-agensir-it_2

 




Marcello, il gelato di Cancello

Un carretto di gelati rimette in moto la città

Che l’iniziativa sia originale è evidente dai nomi e i relativi gusti dei gelati. Giuseppe Alberti, Marco Claudio Marcello, Manfredi di Svezia, Giovannella Stendardo, S. Alfonso Maria de Liguori, rispettivamente per ricotta stregata, ricotta e pera con glassa al cioccolato bianco, pistacchio variegato al mandarino con glassa al cioccolato verde con mandorle pralinate, fior di latte con glassa al cioccolato e granella di nocciole, fragola, vaniglia con limone e zenzero con glassa alla vaniglia. Lo scrivente, che è diabetico, è costretto a non dilungarsi sull’elenco perché già si sente male al solo dolce e immaginifico pensiero.

I lettori lo avranno intuito da soli: i nomi si riferiscono a personaggi della storia locale che hanno avuto a che fare con il territorio, i gusti sono quelli di un tempo, quando esistevano solo i prodotti a chilometri zero. Ça va sans dire: genuini, naturali, veraci.

Siamo a Cancello Scalo, sei mila anime di una frazione di San Felice in provincia di Caserta, e il principale luogo di ritrovo, la piazza, è dedicata al «Console Romano Marco Claudio Marcello – ci spiega uno degli ideatori dell’iniziativa Enzo Gagliardi – che in questo territorio accampò le sue legioni prima di attaccare le truppe di Annibale a Nola. Nei pressi della piazza c’era la chiesa di S.Pietro in Vinculis, in cui il Re Manfredi di Svevia nel 1255 ricevette gli ambasciatori della città di Napoli in segno di resa. Il castello medievale che sovrasta la collina, dono di matrimonio del Conte Tommaso d’Aquino per la sposa Margherita di Svevia».

L’idea nasce nel ménage familiare. La piazza è vuota, non ci sono iniziative, non è più un luogo di socializzazione, incontri, gioco, chiacchiere.

«Che fai esci?» – chiede la mamma Giusy Lollo al figlio. «E dove vado? – la risposta – in piazza non c’è neanche un gelataio!». Detto fatto. A Giusy con il marito Enzo si accende la lampadina di una nuova idea. Sono impegnati nel volontariato, in un’associazione culturale, ma cosa possono fare per i figli, per il paese, per valorizzare il patrimonio culturale, la conoscenza della storia e dei personaggi locali? Soprattutto per le nuove generazioni perché, chi per lavoro o per studio, lasceranno presto il loro paese.

Ed ecco a voi l’uovo di Colombo: Marcello il gelato di Cancello. Una dolce idea, un gelato artigianale fatto ad hoc da un produttore del luogo con i nomi e i gusti storici locali. Mangiando un gelato si ha un’occasione di andare in piazza, di parlare con gli amici, di passare una serata spensierata e al tempo stesso conoscere le radici della propria città. L’utile e il dilettevole.

Come realizzarlo se non mettendosi insieme, in rete? Ci vogliono risorse, persone e il carisma dell’unità di Enzo e Giusy che coinvolgono le tante associazioni locali impegnate nei campi più disparati, dal trekking al giardinaggio, con un autofinanziamento diffuso senza scopo di lucro per comprare un carretto da gelataio stile anni ’80. In un mese raccolgono la cifra necessaria, ottengono l’autorizzazione sanitaria dell’Asl per la distribuzione degli alimenti e l’entusiasmo di tante persone coinvolte.

L’incasso del venduto, detratte le spese, sarà subito reinvestito in nuove iniziative culturali. A chi generosamente ha partecipato alla sottoscrizione, ha avuto ben 20 gelati gratis. La fattura di acquisto del carretto da gelataio è pubblicata sul sito dell’associazione “Fatti per volare” (https://www.fattipervolare.org/ ) per la trasparenza assoluta che crea fiducia. Da maggio in poi, per tutta l’estate tre sere a settimana, venerdì, sabato e domenica, dalle 20 in poi, giovani e adulti sono stati protagonisti della vendita.

Anche il sacerdote del paese si è messo il grembiule e ha distribuito il gelato. Come non ricordare don Tonino Bello quando scriveva: «Io amo parlare della chiesa del grembiule che è l’unico paramento sacro che ci viene ricordato nel Vangelo. “Gesù si alzò da tavola, depose le vesti si cinse un asciugatoio”, un grembiule l’unico dei paramenti sacri».

La proposta è andata bene, ha coinvolto tante persone, altre frazioni hanno richiesto il carretto del gelato e soprattutto con la vendita sono state finanziate tante piccole serate culturali per valorizzare i talenti locali. La piazza si è allargata e riempita di tavolini, sedie, di nuovo luogo di ritrovo. Si sono esibiti cantanti, attori, musicisti con violino e fisarmonica.

Un’occasione anche per conoscere la canzone napoletana, fare un laboratorio artigianale sui giocattoli in legno e sull’importanza delle api per l’ecosistema, imparare a fare la pasta, la pizza e i biscotti. Insomma, il gelato che promuove la cultura, il bene comune, l’unità nella comunità per dare nuova vita alla Civitas.

Aurelio Molè