Si può fare di più

Condividi

La comunità dei Focolari di Roma in aiuto di una famiglia afgana

di Aurelio Molè

15 agosto 2021: una data che non si dimentica. L’Afganistan è di nuovo nelle mani dei Talebani. L’aeroporto di Kabul diventa l’unica via di fuga dal Paese. Migliaia di civili si accalcano per partire. Una folla impressionante. Tra loro la famiglia afgana Khrosh che, tramite la mediazione della Nunziatura vaticana, può imbarcarsi alla volta di Kiev con il corpo diplomatico ucraino. Gli accordi prevedono che, una volta atterrati nel Vecchio Continente, i profughi afgani saranno distribuiti in vari Paesi europei. Ma c’è un intoppo per la famiglia Khrosh: mancano dei documenti per Mehin, 4 anni, la figlia di Zabi, un medico, e Aqela, un’ostetrica, e non può partire. Aqela è incinta all’ottavo mese, estrae alcuni indumenti per il marito che parte da solo, con una busta di plastica e pochi vestiti. «Ci rivedremo!» – è la promessa e il commiato di Aqela.

Nel febbraio del 2022 la comunità di Roma dei Focolari organizza una apericena per conoscere e far conoscere tra di loro i vari afgani presenti nella capitale. Nell’occasione incontrano Zabi e decidono di aiutarlo. Vive in un centro di accoglienza, non ha lavoro, la famiglia è scappata in Iran ed è nata una seconda figlia, Barin. Ma come fare?

Tiziano Binaghi, uno dei volontari, pronuncia uno stentato «proviamo!», anche se è forte il senso di inadeguatezza per la mancanza delle competenze necessarie. Con l’aiuto di alcune docenti della facoltà di Lingue e scienze orientali dell’università La Sapienza raccolgono fondi per coprire le spese dei visti e dei biglietti aerei per il ricongiungimento che avviene nel settembre del 2022. «Ricordo ancora – racconta Tiziano – la forte emozione di Mehin che correva sul molo di Fiumicino per guardare per la prima volta il mare che non aveva mai visto». Nel frattempo, poco prima, a giugno, era avvenuto il primo miracolo: Zabi trova lavoro, non come medico, ma per una ditta che lavora alla sterilizzazione dei ferri chirurgici per il Policlinico Umberto I di Roma. Dapprima, dopo l’insistenza di Tiziano, in prova per una settimana, poi per periodi più lunghi, ma sempre a tempo determinato.

Ora il lavoro c’è, poco e precario, ma manca una casa dove accoglierli. A Tiziano e a sua moglie Paola viene in mente la casa disabitata a Casperia (RI) dei genitori di lei, ormai in Cielo. È l’unica soluzione concreta e non funziona. Per Zabi diventa un’impresa impossibile raggiungere il lavoro. La stazione di treno più vicina è a Poggio Mirteto e, a turno, persone dei Focolari, parenti e amici, devono recarsi a Casperia e portare Zabi alla stazione. Un trasferimento a Poggio Mirteto, ospiti a casa di una loro cugina, dovrebbe ridurre il tempo di percorrenza per il lavoro, ma non di molto. Anche questa soluzione è temporanea. A Paola viene un’idea. A Roma è impossibile comprare una casa, con i loro risparmi, aggiungendo quelli di sua sorella e della sorella di Tiziano acquistano un piccolo appartamento a Monterotondo. Dal giugno 2023 la famiglia Khrosh abita lì.

Altro scoglio il permesso di soggiorno. L’ associazione “Una città non basta” lo indirizza, ma Tiziano è incerto sul da farsi quando accompagna Zabi all’Ufficio Immigrazione e non sa a che santo appellarsi. Gli viene, però, in mente il santo del giorno, san Francesco: è il 4 ottobre. «Ho pregato san Francesco – racconta Tiziano con la sua carica di simpatia – anche se ho pensato che cosa c’entra? Poi, però, mi è venuto in mente che è il patrono degli italiani. San Francesco pensaci tu, io non so che fare. Al cancello ho avuto l’impressione di un miracolo». All’ingresso incontra Simone. «Lo conosco perché i suoi genitori e quelli di sua moglie sono di Casperia e d’estate danno una mano per la festa della Madonna della Neve, ma non sapevo fosse un poliziotto. Mi è sembrato di vedere un angelo: si è messo a disposizione, ha cercato il mediatore culturale e ci ha aiutato in tutti i modi per completare l’iter della richiesta». Ad agosto del 2023 hanno ottenuto il permesso di soggiorno.

La provvidenza si manifesta in molti modi. Un giorno Tiziano passeggia, da solo, e una telefonata lo avverte che Zabi è stato assunto. Pensa sia il solito rinnovo del contratto, invece è assunto a tempo indeterminato. Non è semplice trattenere la commozione.

Da sin: Tiziano, Mehin, Zabi, Paola, Aqela e Barin

Il lavoro di accompagnamento continua e non è possibile enumerare i piccoli e grandi atti di generosità compiuti dalle persone più diverse che contribuiscono con vestiario, denaro, viveri, visite gratuite da parte di un ortopedico, un dentista, un pediatra.

«Con questa esperienza – chiosa Tiziano – ho scoperto tanti segni della provvidenza. Come se Dio mi dicesse: “Buttati, rischia!”. La mia impressione è che potremmo fare molto di più, per renderli autonomi e metterli nelle condizioni di portare il loro contributo alla società. Anche così costruiamo un pezzetto di mondo nuovo, in pace».

La speranza per il futuro è che Zabi possa avere riconosciuto in Italia il suo titolo di studio e così poter lavorare come medico, professione che esercitava già da vari anni.

image_pdfimage_print
Condividi

1 commento

  1. Si che si può fare molto di più, da soli si può fare tanta strada, insieme si fa tantissima strada in più, si è fortunati nell’essere medico , lo si è molto meno se un titolo non c’è l’hai , insieme i miei limiti vengono superati dai talenti dell’altro …

LASCIA UN COMMENTO