Ho amici in Paradiso

Foto da Flickr psy-com
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Come un film può ricordare il vissuto di Simonetta Magari, focolarina, psichiatra e psicoterapeuta

di Aurelio Molè

È raro che un film ricordi un’amica, non perché narra la sua storia personale, ma perché in quell’ambiente ha vissuto, lo ha permeato con il suo essere, cercando di comunicare i suoi ideali. Rivedendo su Raiplay, la pellicola Ho amici in Paradiso (2016), non può tornare in mente la testimonianza di Simonetta Magari, focolarina, psichiatra, psicoterapeuta e già direttrice del Centro Don Guanella di Roma. La storia nasce dall’esperienza reale del regista Fabrizio Maria Cortese che ha avuto un amico in cura nel noto centro di riabilitazione. A contatto con l’energia, la freschezza, l’assenza di filtri di persone diversamente abili Fabrizio Maria Cortese ha maturato l’idea della trama, non teorica, ma partendo da due anni di laboratorio teatrale con otto di loro che sono diventati i protagonisti del film. Era la prima volta che accadeva: un gruppo intero di persone diversamente abili che interpreta la loro vita reale, seppur in una trama di fantasia.

La vicenda narra la vicenda di Fabrizio Castriota, un commercialista salentino, attratto dal lusso e dai facili guadagni derivanti dal riciclaggio dei soldi della malavita. Colto in flagranza di reato, viene inviato al Centro Don Guanella, in affido ai servizi sociali, dove superando prove, crisi, conflitti potrà diventare una persona migliore guidato da una ricchezza, una bellezza incontrata per la prima volta fatta di relazioni autentiche, amicizia, amore e la scoperta che essere “privi di simmetria” è ciò che ci rende unici e irripetibili.

Divagando un po’, si può dire che in fondo ogni storia è il cammino di crescita di un eroe, un monomito – direbbe Joseph Campbell, saggista e storico delle religioni statunitense. Da uno stadio iniziale si passa ad uno successivo tramite il superamento di svariate prove. Il protagonista di ogni storia parte da un Mondo Ordinario – direbbe lo sceneggiatore Chris Vogler – ed entra in un Mondo Straordinario dove deve risolvere dei conflitti, con se stesso, con gli altri, con la società – direbbe Robert McKee, sceneggiatore. Ogni storia parte in media res, deve affrontare un evento dinamico iniziale, scavallare dei punti di svolta, fino al climax, con la risoluzione finale e il raggiungimento o meno di un obiettivo drammaturgico conscio e inconscio.

È anche la storia di tutti noi. Nella vita ci accade un fatto, un evento, un imprevisto che dobbiamo fronteggiare potenziando le nostre risorse, attuando, dalla crisi, un processo di cambiamento per diventare uomini e donne migliori.

Usando le metafore della montagna del Metodo Multisetting per leggere un film si potrebbe dire che la “valle” corrisponde al nostro passato e alla definizione delle coordinate essenziali della nostra storia che corrisponde grossomodo al primo atto del film, set up, l’ambientazione – direbbe lo sceneggiatore Syd Field. Attraversare un “guado” vuol dire percorrere la crisi fino ad un “crinale”, il momento delle ridecisioni, che accade nel punto di svolta alla fine del secondo atto di un film definito confrontation, il confronto. E si prosegue fino alla “vetta”, l’apice della storia dove realizziamo il nostro obiettivo nel terzo e ultimo atto di un film, chiamato resolution, la risoluzione.

Sarebbe interessante leggere il film Ho amici in Paradiso, secondo la struttura della sceneggiatura, secondo il monomito, secondo il viaggio dell’eroe, secondo il cammino di consapevolezza umana e di crescita psicologica del Metodo Multisetting, ma si può guardare il film partendo dal cuore, dai sentimenti, dalle emozioni che genera. Sarà la porta di accesso per entrare nel processo di cambiamento vissuto dal protagonista.

Quando è stato girato il film, la psichiatra Simonetta Magari, in una intervista a Città Nuova ha dichiarato: «Normalmente si affronta la disabilità in modo pietistico oppure sono attori che interpretano la disabilità, invece in questo caso sono i ragazzi che parlano di loro stessi e ne parlano per come sono. La disabilità intellettiva è un modo diverso di essere al mondo, non è una malattia o qualcosa da curare, ma semplicemente è un qualcosa da esprimere nella bellezza della diversità. Dal punto di vista riabilitativo, il film ci ha permesso di raccontare al grande pubblico quello che stiamo facendo da anni, allontanando lo stereotipo comune del disabile che non potrà mai fare nulla. Invece questi ragazzi possono fare molto e possono anche aiutarci. La trama del film è pensata proprio per mostrare quello che loro sono, cioè persone pronte, anche nella loro incoscienza, a voler bene a tal punto da rischiare tutto pur di salvare un amico».

Vedere il film è uno dei modi di ricordarla, per comprenderla in modo più profondo ed è stato uno dei modi di farlo durante il Congresso internazionale dal titolo Crossing the borders: psychological foundations of coexistence, organizzato da Psicologia e Comunione dei Focolari nel Centro Mariapoli di Castelgandolfo, realizzato in onore di Simonetta Magari, deceduta nell’ottobre 2021.

Tre attori diversamente abili protagonisti del film sono ora in Paradiso: con Simonetta Magari ne rideranno, ancora, a crepapelle.

Il link del film https://www.raiplay.it/video/2017/07/FILM-Ho-amici-in-paradiso-70021b84-b0e4-4dff-a32d-de8fd1526718.html

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