Albania terra sorella

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Dall’Italia nella “terra delle aquile” per vivere la Gmg, con chi non è potuto andare a Lisbona, per il Summer Campus 2023: Think outside the box

Uscire dal tracciato, dalla propria zona di comfort e dai propri confini: questi sono stati i motivi che hanno spinto 32 giovani provenienti diverse Regioni italiane, dal 2 al 12 agosto, a mettersi in gioco, ancora una volta, in occasione del Summer Campus, Think outside the box, organizzato dai giovani del Friuli-Venezia-Giulia, col notevole supporto della locale comunità dei Focolari. Per la prima volta nella storia di questo evento, le attività si sono svolte in una delle periferie d’Europa: l’Albania. L’iniziativa si è sviluppata in due fasi: la prima, dal 2 al 6 agosto, a Tirana, la seconda, dal 6 al 12, nel Sud del Paese, nella località turistica di Valona.

Nei laboratori di formazione si è parlato di scelte e di libertà, temi che hanno portato a riflettere sul nostro posto nel mondo, quale sia la direzione che vogliamo dare alla nostra vita, quale sia il contributo che ciascuno di noi può dare, per non essere meri turisti bensì costruttori capaci di “lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato” (Baden Powell). Soprattutto, però, di fondamentale valore formativo e fonte di ispirazione è stato ogni incontro con l’altro: l’ascolto della vita di questo popolo e delle testimonianze di coloro che, controcorrente, rimangono e scelgono di vivere per l’Albania, nonostante le innumerevoli difficoltà.

In Albania convivono pacificamente numerose fedi presenti sul territorio: musulmani, bektashi – una religione ibrida tra islam e cristianesimo – cattolici e ortodossi. Basta passeggiare nel centro di Tirana, per osservare campanili e minareti, per vedere statue di Madre Teresa di Calcutta e ascoltare il richiamo alla preghiera dei musulmani.

Durante una cena con la comunità dei Focolari di Tirana e il nunzio apostolico Mons. Luigi Bonazzi, è emerso l’orgoglio del rapporto speciale che hanno instaurato con i colleghi musulmani e di come imparino quotidianamente dallo scambio reciproco. Marian, giovane di origine irachena: “Non è semplice – commenta – vivere in un Paese in cui la maggioranza crede in un’altra religione. Anche io vengo da un Paese a maggioranza non cristiana e so quanta sofferenza questo comporta. Nonostante le incomprensioni e la mancanza di condivisione degli stessi valori, mi sembra che in Albania vi sia una fede più grande e salda, che non si spegne ma che, invece, si alimenta.”

Nel corso dei dieci giorni trascorsi nella “terra delle aquile”, (significato di Albania ndr) abbiamo conosciuto la sua storia: a Kruja, antica capitale, l’eroe nazionale Skanderbeg ha unito popolazioni diverse e ha difeso il territorio dall’avanzata turco-ottomana. A Tirana sono evidenti le piaghe che affliggono oggi il Paese: la corruzione, l’abusivismo edilizio e la miseria. Era scioccante camminare per le strade illuminate, tra monumenti e auto lussuose e, allo stesso tempo, vedere case diroccate o edifici nuovi di zecca ma disabitati, frutto del mero lavaggio di denaro sporco. Non è semplice lottare contro un sistema corrotto, ma abbiamo ascoltato la testimonianza dei proprietari del fast food “Ciki”, che hanno aperto un ristorante di cibo tipico nel centro, con l’intenzione di lavorare in maniera etica e rispettosa, invitando i concittadini a fare lo stesso.

Nel corso delle mattinate trascorse a Tirana, in gruppi, sono proseguite le visite presso diverse strutture che offrono un servizio nelle periferie. Alcuni hanno giocato, ballato e pregato con i bambini accolti in una parrocchia di suore di Charles de Foucauld. “Quest’esperienza con i bambini – racconta Ettore – mi ha fatto comprendere come una partita di calcio può essere un tramite tra culture diverse. Non conta ciò che si ha, bensì quello che si è disposti a dare, un piccolo gesto può far comparire un sorriso sul volto di un bambino donandogli felicità”.

 Altri hanno intrapreso una strada impervia per salutare delle famiglie che vivono sperdute nell’entroterra e che non godono di alcun servizio di comunicazione, nemmeno di una strada asfaltata per raggiungere il primo centro abitato. I giovani rivelano che è stato impattante scontrarsi con una realtà piena di contrasti a livello economico e sociale, tra ville moderne e discariche. “Una delle famiglie – spiega Samuele – ha raccontato che i primi due di otto fratelli sono costretti a lavorare fin da ragazzi per poter garantire un’istruzione ai loro fratelli minori e sostenere economicamente la madre, rimasta da sola. Questa esperienza mi ha segnato, perché spesso non ci si rende nemmeno conto della fortuna che abbiamo a vivere in un Paese del primo mondo dove si tende a dare molte cose per scontate”.

 Sporcarsi le mani con pennello e pittura per imbiancare un’area di una casa di riposo gestita dalle suore di Madre Teresa di Calcutta, o fare compagnia ad alcune signore anziane è stato un servizio concreto. Per Chiara, alla sua prima esperienza in una struttura di questo tipo, non è stato facile, non conoscendo la loro lingua, rapportarsi con le ospiti. L’impatto iniziale è stato sconfortante, ma l’indomani i giovani sono rimasti sorpresi nel vedere le signore al balcone che aspettavano sorridenti e raggianti, in attesa del loro arrivo. “Il secondo giorno – chiosa Chiara – è stato pieno di musica, balli, disegni, regali, sguardi d’affetto e baci scambiati timidamente. Posso dire che questa sia stata la prova che l’amore può davvero tutto, al di là dei limiti linguistici!”

 Un gruppo si è recato presso la struttura Papa Giovanni XXIII, centro diurno che ospita persone con disturbi psichiatrici. I ragazzi e le ragazze si sono cimentati in attività per aiutare la comunità, cucinando il pranzo, preparando una torta e distribuendo da mangiare ai senza tetto. Il momento più intenso è stato sicuramente la condivisione avvenuta con gli operatori e gli utenti del centro, che nonostante gli ostacoli linguistici, hanno raccontato le loro storie, senza filtri e con una sincerità commovente. “Quando vedi – commenta Michele – che fai il tuo lavoro con tanto impegno, ma in cambio ricevi così tanto amore che capisci di aver fatto la scelta giusta“.

Il campus si è svolto in concomitanza con la Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona, a cui, seppur a distanza, hanno partecipato i 32 italiani assieme a 120 giovani albanesi e kosovari. Nella notte tra il 5 e 6 agosto presso l’Università Nostra Signora del Buon Consiglio, è stata ricreata un’ambientazione simile a quella portoghese: accampamenti nelle aule universitarie, canti, balli tipici, un momento di adorazione e diretta streaming per seguire in modo originale questo evento.

“Cari giovani, vorrei guardare negli occhi ciascuno di voi e dirvi: non temete, non abbiate paura”. Le parole di Papa Francesco durante la veglia hanno permesso di vivere un momento di riflessione e di raccoglimento.

La seconda parte del campus si è svolta nella prefettura di Valona presso le suore francescane alcantarine di Babicache operano per aiutare bambini e famiglie del luogo.

Dal lunedì al venerdì le porte della struttura si aprivano per accogliere fino a 50 tra bambini e ragazzi, per giocare a basket, a pallavolo, calcio e ping-pong, per cantare assieme e fare la merenda. Inoltre, abbiamo aiutato le suore con lavori di manutenzione della struttura, ripulendo le strade circostanti da erbacce e spazzatura, carteggiando le pareti esterne e drenando l’acqua accumulata nel campo da calcio affinché i bambini vi potessero giocare.

Nella cittadina di Orikum c’è stata la possibilità di giocare con tanti bambini. “Un’esperienza di mani – commenta Anna– che si stringono e occhi che si cercano. Il limite della lingua mi ha insegnato ad essere ancora più attenta all’altro. Ai suoi e ai miei gesti. Un’esperienza fatta di sguardi, di bicchieri d’acqua da riempire dopo una corsa, di nastrini colorati, di pochi discorsi, ma di abbracci che parlano molto chiaramente”.

Intense le testimonianze ascoltate durante le serate. Il vescovo di Valona, mons. Giovanni Peragine, suor Laura e suor Carmela hanno aperto scenari impensati su una Chiesa missionaria e un Paese in cui molti giovani emigrano, lasciando così un Paese senza futuro e con poche prospettive. Non sono mancati i momenti di relax e di riposo al mare, sulle spiagge di Borsh e la visita al sito Unesco di Butrinto.

L’Albania è entrata nel cuore di ognuno, con le sue contraddizioni, le sue difficoltà e la sua continua voglia di rivalsa. Nel cuore è maturato il desiderio di ritornare quanto prima in questa terra che ormai sentiamo sorella.

Da Francesca e Martina del Friuli Venezia Giulia

Le nostre esperienze in Albania

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