Esperienza della comunità di Marino

Maria Grazia e Gianni, vivete a Marino un comune di 43.000 abitanti che tutti conosciamo…forse solo come uno dei Castelli Romani dove si festeggia la sagra dell’uva. Da qualche anno seguite la Comunità Locale del Movimento dei Focolari. Com’è andata?

Sempre più ci urgeva la necessità di non chiuderci fra di noi, membri del Movimento dei Focolari, ma portare l’esperienza di vita evangelica a tutta la nostra città.

Con questa necessità in cuore, ci siamo inseriti nel coro della parrocchia; era ed è ancor di più oggi un coro di persone anziane: l’obiettivo che ci siamo dati, al di là delle performances musicali necessariamente limitate, è quello di vivere fra di noi l’amore scambievole. 

Un giorno, una signora del coro della parrocchia, dopo un’omelia particolarmente ispirata, dice: «Ascoltiamo sempre tante cose belle del Vangelo, ma quand’è che cominciamo a metterle in pratica?» E’ stato questo il momento di svolta, di cambiamento.

La frase era risuonata di un’evidenza sconcertante, perché rispecchiava l’esigenza sentita anche da altri. Sei famiglie così decidono di raccoglierne la sfida. Un momento forte e anche un po’ solenne, in cui si impegnano a vivere l’amore scambievole, chiedendo insieme a Gesù di illuminarle sul da farsi.

Passano pochi giorni e uno di loro nel corso di volontariato alla Croce Rossa si trova a consegnare dei pacchi a una famiglia in difficoltà.  E’ scioccato dalla situazione al limite, sia economica che di malattia. La notte successiva non  ha dormito pensando cosa lui in prima persona potesse fare per loro. L’indomani mattina insieme a sua moglie hanno preso un po’ di provviste, coinvolgendo anche dei negozianti, e sono tornati a trovarli.

A quella famiglia non bastava il solo sostegno materiale ma occorreva ascolto e condivisione dei loro dolori. Abbiamo capito che forse era questa la strada che Dio ci indicava…, non un’attività meramente assistenziale,  ma qualcosa di più: un amore che arriva al cuore delle persone  viste nella loro dignità di fratelli.

Ci guardiamo intorno e ogni famiglia “adotta” una o due altre famiglie, li andiamo a trovare a casa, conosciamo le loro situazioni, in una parola diventiamo loro amici. Da lì si dipana una serie di circostanze impreviste.

Per procurarsi i generi alimentari necessari viene l’idea di fare una busta con una frase che invogli a donare, da distribuire a parenti, amici, vicini di casa. Ognuno si impegna per quanto può … è un susseguirsi di fatti, di Provvidenza che arriva quotidianamente in viveri, vestiario.

Questa iniziativa va avanti ormai da 6 anni e attualmente vi si dedicano circa 200 volontari, che seguono oltre 70 famiglie.

Venendo a contatto con queste famiglie, ci rendiamo conto che laddove la famiglia è in difficoltà, i bambini e i ragazzi lo sono ancora di più; nasce così l’idea, fortemente incoraggiata dai servizi sociali del Comune,  di mettere in piedi un centro aggregativo pomeridiano, nel quale si alternano attività di sostegno scolastico, laboratori creativi,  giochi . . .  lo abbiamo chiamato “PIT STOP” . Nello scorso anno scolastico al Pit Stop si sono registrate oltre 900 presenze di ragazzi dai 10 ai 16 anni.

Ci siamo costituiti in associazione, ed è nata  “Una città non basta onlus” che nel corso di questi anni si è rivelato di grande utilità perché ci ha permesso di dialogare con maggiore incisività con le altre associazioni, i comitati di quartiere e le istituzioni del nostro territorio.

Anche a Marino, come in tanti comuni italiani si accolgono famiglie di migranti e questo vi ha portato ad un ulteriore passo, vero?

Già nel primo anno di attività del Pit Stop, al piano di sopra dei locali che ci ospitano, arriva un centro di accoglienza per migranti; viene spontaneo andare a conoscerli e mettersi a disposizione per quello che è possibile per aiutarli; ne viene fuori un’attività lavorativa temporanea di raccolta delle olive con loro, una raccolta di materiale scolastico per alcuni ragazzi ospiti del centro, un corso di pizzaioli per gli adulti, corsi di addestramento per il cucito e la maglieria, etc.

Il contatto con loro fa crescere la nostra sensibilità e al tempo stesso fa crollare ogni possibile barriera e paura.  Ricorderete forse  l’appello del Papa all’indomani della foto del bambino siriano morto su una spiaggia: anche noi come tanti ci siamo sentiti interpellati, quale poteva essere una risposta adeguata? 

Sicuramente non un convegno, non solo un’opera di sensibilizzazione . . . accogliamoli, ci siamo detti, apriamo le nostre case e così è nato il progetto “Facciamo casa insieme”.

Maria Grazie e Gianni