Reciprocità alla prova dei fatti

Quando in una parrocchia si condivide non soltanto l’Eucaristia…

(di Emilio Rocchi – tratto dalla rivista Gen’s n.3/2016 p.127/128)

Domenica 22 marzo 2015. Nella parrocchia di santa Maria Apparente – chiamata così a motivo di un’apparizione della Madonna il 5 giugno 1411 – alla periferia di Civitanova Mar- che, tanta gente si muove a donare oggetti, portare viveri, materiale diverso… per condividerlo con i più in difficoltà. Inoltre varie persone si dichiarano disponibili a dare del tempo per i “più piccoli” di cui parla Gesù. E’ il parroco stesso il narratore di quest’esperienza.

In parrocchia, dove mi trovo dal 25 ottobre 2014, vi sono diversi membri e aderenti del Movimento dei Focolari con i quali ogni mese cerchiamo di vivere una Parola biblica (frase a senso compiuto scelta in genere dal Nuovo Testamento). Nel marzo 2015, avevamo la frase: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mc 8, 34). Nel commento di Fabio Ciardi si riportava una espressione di Igino Giordani che mi ha molto toccato: «La scalata, fatta in cordata, da molti, concordi, diviene una festa, mentre procura un’ascesa» (1).

Così, quando vennero Alessandro e Sonia a dirmi che volevano proporre a quel nostro gruppo di fare “il fagotto”, di mettere cioè in comune quello che uno ha di superfluo cosicché altri, nella necessità, potessero usufruirne, mi sono sentito spinto a dire: «E se questo lo proponessimo a tutte le persone che vengono alla Messa domenicale? Non potrebbe essere importante mettere a servizio di tutti quelle intuizioni che Dio ha dato a Chiara Lubich e che possono offrire soluzioni a tanti problemi di oggi?». E aggiunsi: «Ve la sentireste di dirlo nella Messa principale?».

Era immediata la loro adesione e così hanno preparato un invito che hanno poi letto in chiesa la domenica e appeso pure bacheca parrocchiale.

In quest’azione erano coinvolte, innanzi tutto, le persone impegnate a vivere la Parola di vita e le loro famiglie, e non ci si rendeva conto sino al giorno fissato di come la proposta avesse trovato accoglienza e intercettato la sensibilità di molti.

Un elemento si aggiunse ma che non ha creato disagio. Fui ricoverato in ospedale all’indomani dell’annuncio fatto in chiesa, per sostenere un’operazione e, a motivo della convalescenza, non ebbi modo di seguire gli sviluppi dell’iniziativa. Tornai in parrocchia poche settimane dopo, e lì venni messo a conoscenza di ciò che era accaduto: numerose persone avevano portato al mattino e nel pomeriggio oggetti, ma anche diversi erano andati a vedere se potevano trovare ciò di cui avevano bisogno.

E tutto vissuto in una grande semplicità cosicché non c’era né orgoglio in chi aveva dato né disagio in chi andava a prendere qualcosa. Nello stupore di tutti – a cominciare dal mio – si è visto come la comunità avesse vissuto la “cultura della reciprocità”.

Per diversi giorni si è trattato di distinguere e selezionare quanto era arrivato in modo da poterlo mettere a disposizione nel modo più armonioso e pratico possibile. Il molto che è avanzato, lo si è portato nel dispensario della Caritas cittadina e nella sede di quella diocesana.

1) Cf. I. Giordani, La divina avventura, Città Nuova, Roma 1966, pp. 149ss.